Omelia 27 settembre 2009 – Ventiseiesima Dom. del Tempo Ord.

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Omelia 27 settembre 2009 – Ventiseiesima Dom. del Tempo Ord.

Questa traccia di omelia è stata preparata da P. Antonio Izquierdo, Legionario di Cristo, Professore di Sacra Scrittura presso l\’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma, collaboratore della rivista Sacerdos

Omelia per il 1° ottobre 2006
XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Letture

Prima: Num 11, 25-29;
seconda: Gc 5, 1-6;
Vangelo: Mc 9, 38-43.47-48

NESSO TRA LE LETTURE

I testi di oggi fanno tutti riferimento alla vita comunitaria, sia nel popolo in marcia verso la terra promessa, sia nella comunità ecclesiale. La prima lettura parla della donazione dello Spirito di Dio ai settanta capi del popolo in cammino attraverso il deserto. Nel vangelo si riflettono certi aspetti della vita dei discepoli e dei primi cristiani nelle loro relazioni interne e nelle relazioni con coloro che non appartengono alla comunità cristiana. Alla fine della sua lettera, san Giacomo si rivolge ai membri ricchi della comunità, per recriminare la loro condotta e farli riflettere su di essa alla luce del giudizio finale.

Messaggio Dottrinale

UNA COMUNITÀ IMPERFETTA. La prima cosa che salta agli occhi, leggendo i testi di oggi, è che la comunità cristiana primitiva e, prima ancora, la comunità giudaica del deserto sono segnate dalla limitazione e dall\’imperfezione. Risulta evidente l\’intolleranza esclusivista rispetto a coloro che non appartengono al proprio gruppo sia da parte di Giosuè: "Mio Signore Mosè, proibisciglielo" (prima lettura), sia da parte di Giovanni: "Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demoni in tuo nome e che non viene con noi, e abbiamo cercato di impedirglielo" (vangelo). Un altro punto è lo scandalo che alcuni membri "forti" e "grandi" della comunità danno ai "piccoli", mettendo in pericolo la loro fede semplice e la loro stessa appartenenza a Cristo (vangelo). Tra coloro che causano uno scandalo imponente sono i ricchi, che ripongono la sicurezza nelle loro ricchezze. E che oltretutto approfittano abusivamente dei poveri, non pagando giornalmente il salario agli operai, dandosi al lusso e ai piaceri, calpestando a discapito del povero la legge e la giustizia (seconda lettura). Apprendiamo una cosa: nessuna comunità cristiana concreta è esente da imperfezioni, debolezze e miserie. Il Papa, davanti a questa realtà, ci invita, rivolti al passato, a purificare la memoria e, rivolti al futuro, al pentimento e al rinnovamento. Una comunità imperfetta ci fa vivere più coscienti che lo Spirito di Dio, non l\’uomo, è l\’anima che la vivifica e la santifica con la sua presenza e i suoi doni.

UNA COMUNITÀ, RIFLESSO DI CRISTO. Innanzitutto, si deve ricalcare la grande tolleranza o, meglio, l\’enorme apertura di spirito di Gesù Cristo di fronte a coloro che non appartengono al gruppo, alla comunità credente. "Non glielo impedite", dice Gesù a Giovanni e ai discepoli. Questo comportamento di Gesù trova la sua prefigurazione in quello di Mosè, quando sa che il suo spirito è stato comunicato a Eldad e Medad che non appartenevano al gruppo dei settanta: "Forse sei geloso di me? Magari tutto il popolo di Jahvé profetizzasse perché Jahvé gli ha dato il suo spirito!". Gesù motiva la sua posizione con due riflessioni: 1) Chi invoca il mio nome per fare un miracolo, non può poi immediatamente parlare male di me. La persona di Gesù esercita un influsso universale, non può restare racchiusa entro i limiti istituzionali. 2) Chi non è contro di noi, è con noi. E questo è verità, perfino quando non si appartiene alla medesima comunità di fede. D\’altra parte, entro la comunità le relazioni tra i diversi membri debbono reggersi tramite il comandamento della carità. Codesta carità che potremmo chiamare "piccola", è moneta corrente per la convivenza quotidiana. Semplicemente, per fare un esempio, dar un bicchier d\’acqua con l\’unica intenzione di vivere la carità cristiana. Un altro modo di vivere la carità è evitare lo scandalo. Per amore verso il fratello si deve essere disposti a farla finita con qualsiasi cosa che lo possa danneggiare. Nei rapporti all\’interno della Chiesa deve regnare anche la giustizia tra i padroni delle terre e i salariati. I ricchi, da parte loro, devono essere ben coscienti che le loro ricchezze non sono tanto per goderle e sperperarle, quanto per metterle al servizio dei bisognosi.

Suggerimenti Pastorali

LA LIBERTÀ DELLO SPIRITO. Nel catechismo della Chiesa ci viene insegnato che "La Chiesa considera tutto ciò che di buono e di vero si trova nelle religioni… come un dono dato da colui che illumina ogni uomo, perché abbia finalmente la vita" (CIC 843). Lo Spirito è come l\’anima della Chiesa, ma senza carattere esclusivo né escludente. Lo Spirito gode di autonomia per agire al di là del corpo ecclesiale. Noi figli della Chiesa dobbiamo cercare di conoscere le manifestazioni e l\’impronta dello Spirito in altre religioni, e sentirci pieni di gioia per esse. Tutto ciò che nasce dall\’azione dello Spirito, dovunque sia, sarà buono, santo e autentico. È vero che, insieme all\’azione dello Spirito e mescolate con essa, ci sono le azioni umane, con tutta la loro imperfezione e perfino il peccato. Per questo, è necessario il discernimento, quella capacità di saper distinguere e separare l\’opera dello Spirito dall\’azione degli uomini. Distinguere e separare, non eliminare. "Non spegnete lo Spirito", ci esorta san Paolo. Nella congiuntura attuale della società e della Chiesa – e sicuramente questa situazione si accentuerà nel futuro – è importante che noi cristiani sappiamo accogliere la libertà dello Spirito. È importante, inoltre, che siamo educati, fin da piccoli, alla tolleranza e libertà di spirito, ma soprattutto alla prudenza e al discernimento cristiani. Hai avuto qualche opportunità, a scuola, al lavoro, nelle relazioni di amicizia, di esercitarti nella tolleranza, nel rispetto, nella prudenza e nel discernimento?

AUTORITÀ E RICCHEZZA NELLA CHIESA. Nella Chiesa soltanto alcuni sono stati chiamati da Dio per esercitare l\’autorità istituzionale, ma tutti abbiamo il diritto e il dovere di esercitare l\’autorità della santità. Dato che il cristiano concepisce l\’autorità come servizio, la gerarchia pratica il suo servizio vigilando sul buon cammino della comunità ecclesiale nella dottrina, nella vita morale, nelle azioni liturgiche. Da parte loro, le anime sante esercitano la loro autorità sulla comunità ecclesiale, dando con generosità le loro vite a Dio e agli uomini, attraendo molti verso Dio e verso lo Spirito, con il loro comportamento e la loro testimonianza di vita. Sono due modi diversi di esercitare l\’autorità, entrambi al servizio di tutta la Chiesa. Si può dire inoltre che molti membri della gerarchia, oltre che per l\’autorità giuridica di cui godono, eccellono anche per la loro autorità morale, per la loro santità. Nella Chiesa esistono alcuni ricchi di beni, e molti di loro sono allo stesso tempo ricchi di amore vero. Nella Chiesa ci sono anche i poveri di beni, ma che possiedono una ricchezza straordinaria di fede, di amore e di speranza. Ci sono anche, purtroppo, gli altri, i ricchi di beni e poveri di amore, i poveri di beni e ricchi di ansie di lucro e di ricchezze. Non ci inganniamo. Nella Chiesa i veri ricchi sono i santi. Se, oltre ad essere ricchi di santità, sono ricchi di dollari, molto meglio. Purché li pongano al servizio di tutti.