Mons. Doran: I cattolici abortisti non sono più in comunione con la Chiesa

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I cattolici che hanno «pubblicamente e ostinatamente promosso» l’aborto, hanno «scelto una posizione che è chiaramente fuori dalla comunione con la Chiesa».
A dirlo è mons. Doran, vescovo irlandese. Nel suo Paese, l’1 gennaio, è entrata in vigore la nuova legge sull’aborto.

Sulla stessa linea le affermazioni dell’arcivescovo metropolita di Armagh (la diocesi fondata da san Patrizio), Eamon Martin.

L’1 gennaio la Chiesa cattolica ha celebrato la Divina Maternità di Maria, la donna che con il suo ha dato alla luce il divin Bambino venuto nel mondo per offrirci la salvezza e liberarci dal potere di Satana.
Sempre l’1 gennaio, in Irlanda, Paese dalla grandissima ma oggi perlopiù smarrita tradizione cristiana, è entrata formalmente in vigore una delle leggi sull’aborto più radicali al mondo, che consentirà per qualsiasi motivo l’uccisione dei bambini fino a 12 settimane di gravidanza, termine estendibile in altri casi (pericolo per la salute fisica e mentale della donna, fattispecie soggetta a valutazioni fortemente arbitrarie) fino a quando il bambino non ha raggiunto la capacità di vivere autonomamente fuori dal grembo materno (il che avviene, in base all’esperienza medica, dopo 21-24 settimane).

Davanti alle pressioni dei politici abortisti volte ad attuare la legge (approvata dal parlamento solo il 13 dicembre) già dall’1 gennaio, molti ospedali hanno protestato spiegando di non essere ancora pronti, per la scarsità di macchine ad ultrasuoni, la mancanza di linee guida e di personale formato a praticare l’aborto, argomentando che ciò rappresenta un rischio per la vita delle stesse madri.

Eppure il governo, con a capo Leo Varadkar, apertamente gay, si è rifiutato di concedere una dilazione fino a febbraio o marzo, insistendo sull’avvio del “servizio” già dal primo dell’anno. «Può non essere disponibile in ogni singolo ospedale e in ogni singolo luogo, ma il servizio sarà disponibile», aveva dichiarato Varadkar a dicembre. Come a dire che la cosa davvero importante e (diabolicamente) simbolica, per i fautori della cultura della morte, era che il “nuovo corso” dell’Irlanda avesse inizio l’1 gennaio.

Di fronte a questo svilimento della vita umana, il vescovo di Elphin, Kevin Doran, ha ammonito i cattolici che hanno «pubblicamente e ostinatamente promosso» l’aborto «per ragioni politiche o ideologiche» o «per il loro avanzamento personale». L’occasione per questo ammonimento, come riferisce il settimanale cattolico The Tablet, è stata l’omelia tenuta l’1 gennaio alla cattedrale dell’Immacolata Concezione di Sligo, dove ha espresso la sua «autentica tristezza» per i politici battezzati che hanno portato avanti la campagna referendaria per l’abrogazione dell’Ottavo emendamento, ossia la norma che assicurava protezione costituzionale sia alla madre sia al nascituro.

Doran, una delle voci più coraggiose della Chiesa irlandese, rimasta in buona parte silente e timida nella fase di avvicinamento al referendum del 25 maggio 2018, ha esortato i politici a pentirsi per il danno fatto e «tornare al Vangelo della vita», avvertendoli che con la promozione dell’aborto hanno «scelto una posizione che è chiaramente fuori dalla comunione con la Chiesa». Essendo questa il Corpo mistico di Cristo, chi se ne distacca in piena avvertenza e deliberatamente con le sue azioni sta di fatto scegliendo – in assenza di pentimento – di non essere salvato. Perciò il vescovo, pensando al bene delle anime, ha aggiunto: «Non ha senso fingere il contrario». Doran ha spiegato che i rappresentanti politici hanno un particolare carico di responsabilità perché le loro decisioni non influenzano solo loro stessi bensì l’intera società.

Nella sua omelia il vescovo non ha mancato di definire «tragico» il «frutto dell’azione politica» celebrato dal governo e consistente nell’inizio ufficiale dei “servizi” abortivi proprio nella solennità della Divina Maternità di Maria. «Questa negazione del fondamentale diritto alla vita, a prescindere da ciò che dice la gente, indebolirà indiscutibilmente il bene comune della nostra società. Danneggerà la pace interiore di madri, padri, nonni, medici e infermieri e di tutti coloro che ne saranno direttamente toccati». Ha poi criticato la quantità di energie politiche usate per raggiungere un «obiettivo fondamentalmente distruttivo» come l’aborto, quando queste energie si sarebbero potute impiegare per aiutare le famiglie senza una casa propria nonché coloro che sono bloccati nei centri irlandesi per i richiedenti asilo, i malati che attendono per accedere alle cure essenziali, i poveri e gli anziani. Doran ha quindi ringraziato le persone che si sono spese pubblicamente, a rischio anche della propria carriera, per difendere il diritto alla vita. Già pochi giorni dopo il referendum, il vescovo di Elphin aveva invitato i battezzati che si erano espressi a favore dell’abrogazione dell’Ottavo emendamento ad accostarsi al sacramento della Confessione per riconciliarsi con Dio.

Sulla stessa linea le affermazioni dell’arcivescovo metropolita di Armagh (la diocesi fondata da san Patrizio), Eamon Martin, lo stesso prelato che in un’intervista con il Sunday Times, nel maggio 2013, aveva avvertito i politici che agiscono per introdurre leggi abortiste a non tentare di ricevere la Comunione, fatta salva una reale contrizione. Martin ha ricordato che rimane gravemente immorale privare della vita una persona innocente, qualunque sia il suo stadio di sviluppo. «Cooperare a un tale atto, sostenendolo direttamente o indirettamente, sia come atto individuale che come politica sociale, sarà sempre gravemente sbagliato». Perciò, ha aggiunto il primate di tutta l’Irlanda, le vite di una donna e del suo bambino non ancora nato devono continuare a essere ugualmente meritevoli di amore, rispetto e protezione. «Qualsiasi legge che suggerisca il contrario non ha forza morale. In buona coscienza non può essere sostenuta; bisogna resistere a essa e noi dobbiamo continuare a chiedere e lavorare diligentemente per la sua limitazione, correzione e abrogazione», sapendo che quest’ultima, in presenza di una legge ingiusta, rimane l’obiettivo irrinunciabile di ogni autentica cultura della vita, come san Giovanni Paolo II ribadì efficacemente nell’Evangelium Vitae.

Inoltre, ha proseguito Martin, «nessuno dovrebbe essere costretto, contro la propria coscienza, a partecipare all’aborto o indirizzare pazienti ad altri per abortire». La legge non prevede la possibilità di obiezione di coscienza per gli ospedali, nemmeno se cattolici, anche se la Conferenza episcopale irlandese aveva già annunciato a giugno, attraverso la pubblicazione di un codice etico, che opporrà resistenza. Le nuove disposizioni abortiste pongono serie restrizioni pure all’esercizio individuale dell’obiezione di coscienza da parte di medici e ostetriche, le cui rimostranze sono rimaste in larga parte inascoltate.

Ermes Dovico per http://www.lanuovabq.it/it/cattolici-abortisti-non-piu-in-comunione-con-la-chiesa

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