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Ciò che nel conclave è successo per davvero

Il racconto di Benedetto XVI: la scure, il capogiro… La microcultura tipica del conclave. L’effetto degli affreschi della Cappella Sistina sui cardinali. Il segno di Giona

di Sandro Magister ROMA, 2 maggio 2005 – Nei giorni immediatamente successivi al conclave, la stampa si è sbizzarrita nel fornire avventurose ricostruzioni del voto, scrutinio dopo scrutinio.

Messe a confronto, la gran parte delle ricostruzioni si elidono a vicenda. Alcune però concordano – pur divergendo sul nome – nel sostenere che a Joseph Ratzinger sarebbe stato contrapposto nei primi scrutinii un candidato alternativo forte. Così forte da addirittura sopravanzarlo per un po’.

Ma Benedetto XVI in persona ha presto spazzato via queste elucubrazioni.

L’ha fatto parlando ai pellegrini tedeschi, la mattina di lunedì 25 aprile. Raccontando come lui ha vissuto il conclave:

“Quando, lentamente, l’andamento delle votazioni mi ha fatto capire che, per così dire, la scure sarebbe caduta su di me, la mia testa ha incominciato a girare…”.

Trovi più sotto il racconto integrale fatto dal papa: sia nella versione originale tedesca, immediatamente diffusa dalla sala stampa vaticana, sia nella versione italiana apparsa due giorni dopo su “L’Osservatore Romano”.


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Ma il racconto di Benedetto XVI della propria elezione è di grande interesse soprattutto perché getta luce sul clima particolarissimo che si crea tra i cardinali in conclave. Un clima che ha una parte rilevante nelle dinamiche di scelta del nuovo papa.

Il conclave è un evento unico. “Genera tra i cardinali che si riuniscono una microcultura il cui potere non va sottovalutato”, ha detto al “New York Times” del 17 aprile un acuto esperto di cose vaticane, il peruviano Alejandro Bermúdez, direttore delle agenzie internazionali on line “AciPrensa” e “Catholic News Agency”.

Questa microcultura si afferma già nelle congregazioni che i cardinali tengono ogni giorno, dopo i funerali del papa defunto. Ma raggiunge l’acme dopo che le porte del conclave si sono richiuse.

Di estrema importanza è il luogo nel quale il conclave si svolge: la Cappella Sistina.

La Cappella prende nome dal papa che ne inziò la costruzione nel 1475, Sisto IV. Sotto suo nipote Giuliano della Rovere, papa tra il 1503 e il 1513 col nome di Giulio II, Michelangelo affrescò la volta. Il Giudizio fu dipinto due decenni dopo, sempre da Michelangelo. Il primo papa eletto nella Sistina fu Leone X nel 1513, poi nel 1623 Urbano VIII, quindi dodici papi fino al 1775, e infine tutti i pontefici dal 1878 a oggi: in totale ventiquattro.

Giovanni Paolo II dedicò proprio agli affreschi della Cappella Sistina – visti da chi partecipa a un conclave – la seconda meditazione poetica del suo “Trittico Romano” pubblicato nel 2003.

Ratzinger, allora cardinale, ne scrisse la prefazione:

“Dagli occhi interiori del papa emerge il ricordo dei conclavi dell’agosto e dell’ottobre del 1978. Poiché anch’io ero presente, so bene come eravamo esposti a quelle immagini nelle ore della grande decisione, come esse ci interpellavano, come insinuavano nella nostra anima la grandezza della responsabilità. Il papa parla ai cardinali del futuro conclave e dice che a loro parli la visione di Michelangelo. La parola con-clave gli impone il pensiero delle chiavi, dell’eredità delle chiavi lasciate a Pietro. Porre queste chiavi nelle mani giuste: è questa l’immensa responsabilità in quei giorni…”.

Quando lo scorso 18 aprile i 115 cardinali elettori, al canto delle litanie dei santi, sono entrati nella Cappella Sistina provenendo dalla Sala Regia, hanno avuto subito davanti agli occhi, sulla parete di fronte, il Giudizio. E sopra di esso l’impressionante figura del profeta Giona, che guarda Dio mentre separa la luce dalle tenebre, primo atto della creazione.

Poi i cardinali hanno giurato silenzio, sempre avendo di fronte Giona e il Giudizio.

Poi hanno ascoltato la meditazione letta dal cardinale ultraottantenne Tomás Spidlík, grande maestro di teologia spirituale e interprete sapiente dell’arte cristiana d’Occidente e d’Oriente.

Poi hanno pregato e infine si sono accinti a votare. Sempre avvolti dalle pareti e dalle volte affrescate della Cappella Sistina.

Nella Sistina l’insieme delle immagini – anche quelle anteriori agli affreschi di Michelangelo – dice l’origine divina del potere delle chiavi date a Pietro e ai suoi successori. Chiavi che aprono il Regno dei Cieli.

Ma la figura in posizione dominante di Giona, affidata da papa Giulio II al genio di Michelangelo, dice molto di più.

Giona è il profeta mandato da Dio a predicare la conversione ai pagani. Lui va, riluttante, ma si ribella a che Dio usi misericordia con la città di Ninive pentita. Nella volta della Sistina egli vede che il peccato accompagna la storia dell’uomo fin dal diluvio e, prima ancora, dai giorni di Adamo e di Eva. Da uomo retto vuole che il peccatore sia punito. Ma poi il suo sguardo si fissa sul primissimo atto di Dio che crea la luce. E capisce che Dio non sopporta di perdere, ma vuol solo salvare tutto quel che ha fatto sin dall’inizio del mondo.

Quel “segno di Giona” di cui parla Gesù in Matteo 12, 40 incombe dunque sui cardinali riuniti per eleggere il successore di Pietro. Come Giona, anche Pietro e i papi dopo di lui sono mandati da Gesù a predicare agli uomini la conversione e la penitenza perchè “il Regno di Dio è vicino”. Queste sono le chiavi di Pietro, questo è il potere della Chiesa. Un potere che deriva dall’atto creativo di Dio e si rivela pienamente alla fine, nel Giudizio di Cristo sugli uomini e sul mondo.

“Porre queste chiavi nelle mani giuste: è questa l’immensa responsabilità…”. Guardando i dipinti della Cappella Sistina i cardinali avvertono che la loro scelta non riguarda la Chiesa, ma il mondo intero presente e futuro.

Vedono il Cristo Giudice. Ma se solo facessero pochi passi fino all’Antiquarium del Belvedere creato in Vaticano da papa Giulio II con le statue greche e romane da lui riscoperte, noterebbero che il Cristo Giudice affrescato da Michelangelo ha il corpo del Laocoonte e il volto dell’Apollo.

E se vicinissimo alla Cappella Sistina entrassero nella Stanza della Segnatura, vedrebbero i filosofi pagani della “Scuola di Atene” – dipinta da Raffaello sempre per volontà di Giulio II – in cammino verso l’altare della “Disputa del Santissimo Sacramento”, affrescata dallo stesso Raffaello sulla parete di fronte: immagine della Chiesa terrena e celeste con al centro l’eucaristia.

Nei pochi anni del pontificato di Giuliano della Rovere e nel breve spazio dentro e attorno alla Cappella Sistina l’arte della Roma del Rinascimento ha avuto la sua età dell’oro. I cardinali che si chiudono in questo spazio per eleggere un nuovo vescovo di Roma non possono non riceverne l’impronta. Non possono non essere investiti dalla straordinaria potenza comunicativa, religiosa e politica, dell’arte che li circonda.

Anche di questo è fatta la microcultura che distingue un conclave. Anche da qui è nata l’elezione di Benedetto XVI.

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”Quando, lentamente, l’andamento delle votazioni…”

Estratto del discorso di Benedetto XVI del 25 aprile, nell’originale tedesco e nella versione italiana apparsa su “L’Osservatore Romano” del 27 aprile


Als langsam der Gang der Abstimmungen mich erkennen ließ, daß sozusagen das Fallbeil auf mich herabfallen würde, war mir ganz schwindelig zumute. Ich hatte geglaubt, mein Lebenswerk getan zu haben und nun auf einen ruhigen Ausklang meiner Tage hoffen zu dürfen. Ich habe mit tiefer Überzeugung zum Herrn gesagt: Tu mir dies nicht an! Du hast Jüngere und Bessere, die mit ganz anderem Elan und mit ganz anderer Kraft an diese große Aufgabe herantreten können. Da hat mich ein kleiner Brief sehr berührt, den mir ein Mitbruder aus dem Kardinalskollegium geschrieben hat. Er erinnerte mich daran, daß ich die Predigt beim Gottesdienst für Johannes Paul II. vom Evangelium her unter das Wort gestellt hatte, das der Herr am See von Genezareth zu Petrus gesagt hat: Folge mir nach! Ich hatte dargestellt, wie Karol Wojtyla immer wieder vom Herrn diesen Anruf erhielt und immer neu viel aufgeben und einfach sagen mußte: Ja, ich folge dir, auch wenn du mich führst, wohin ich nicht wollte. Der Mitbruder schrieb mir: Wenn der Herr nun zu Dir sagen sollte “Folge mir”, dann erinnere Dich, was Du gepredigt hast. Verweigere Dich nicht! Sei gehorsam, wie Du es vom großen heimgegangenen Papst gesagt hast. Das fiel mir ins Herz. Bequem sind die Wege des Herrn nicht, aber wir sind ja auch nicht für die Bequemlichkeit, sondern für das Große, für das Gute geschaffen. So blieb mir am Ende nichts als Ja zu sagen…


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Quando, lentamente, l’andamento delle votazioni mi ha fatto capire che, per così dire, la scure sarebbe caduta su di me, la mia testa ha incominciato a girare. Ero convinto di aver svolto l’opera di tutta una vita e di poter sperare di finire i miei giorni in tranquillità. Con profonda convinzione ho detto al Signore: non farmi questo! Disponi di persone più giovani e migliori, che possono affrontare questo grande compito con tutt’altro slancio e tutt’altra forza. Allora sono rimasto molto toccato da una breve lettera scrittami da un confratello del collegio cardinalizio. Mi ha ricordato che in occasione della messa per Giovanni Paolo II avevo incentrato l’omelia, partendo dal Vangelo, sulla parola che il Signore disse a Pietro presso il lago di Genesaret: seguimi! Avevo spiegato come Karol Wojtyla aveva sempre ricevuto di nuovo questa chiamata dal Signore, e come sempre di nuovo aveva dovuto rinunciare a molto e dire semplicemente: sì, ti seguo, anche se mi conduci dove non avrei voluto. Il confratello mi ha scritto: Se il Signore ora dovesse dire a te “seguimi”, allora ricorda ciò che hai predicato. Non rifiutarti! Sii obbediente come hai descritto il grande papa, tornato alla casa del Padre. Questo mi ha colpito nel profondo. Le vie del Signore non sono comode, ma noi non siamo creati per la comodità, bensì per le cose grandi, per il bene. Così alla fine non ho potuto fare altro che dire sì…

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Le meditazioni poetiche di papa Karol Wojtyla “dalla soglia della Cappella Sistina”, con prefazione dell’allora cardinale Ratzinger:

Giovanni Paolo II, “Trittico Romano”, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2003.

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Per una lettura degli affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina:

Timothy Verdon, “L’arte sacra in Italia”, Mondadori, Milano, 2001.

E per un’interpretazione aggiornata del progetto complessivo di Giuliano della Rovere, con l’Antiquarium del Belvedere, gli affreschi di Raffaello nella Stanza della Segnatura e quelli di Michelangelo nella Sistina:

Sara Magister, “Collezionismo e politica delle immagini di papa Giulio II in Vaticano”, in > “ItalyVision”, n. 3, marzo 2005, pp. 116-125.