(l’Espresso) Progressisti e conservatori a confronto

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Chiesa dei ricchi o Chiesa dei poveri? Il cardinale Ruini contestato
Vescovi, monaci, intellettuali accusano il vicario del papa di servire i ricchi e i potenti. Sono i cattolici progressisti. Ma in Italia ci sono anche i cattolici “irriverenti”, che invece… Cronaca di uno scontro tra due cattolicesimi rivali

di Sandro Magister


[Da “L’espresso” n. 10 del 5-11 marzo 2004]

ROMA – Il 1 marzo il capo del governo italiano di centrodestra Silvio Berlusconi ha emesso un comunicato nel quale ha preso le difese del sistema dell’”8 per mille”, con cui lo stato devolve una parte dei suoi ricavi fiscali alla Chiesa cattolica, alla comunità ebraica e ad altre Chiese cristiane, a seconda delle indicazioni date dai contribuenti.

Con ciò Berlusconi s’è dissociato dalle critiche portate contro l’”8 per mille” da un ministro del suo governo, il capo della Lega Nord Umberto Bossi: critiche peraltro coincidenti con quelle di molti cattolici progressisti contro una Chiesa giudicata troppo “ricca”.

Ma nel suo comunicato Berlusconi ha fatto anche la seguente affermazione:

“Mi piace ricordare che molti vescovi mi hanno reso testimonianza dichiarando esplicitamente che nessun governo [prima del mio] ha saputo operare così concretamente su molti dei temi che stanno a cuore alla Chiesa”.

E con ciò il capo del governo ha calpestato un campo minato. Perché una delle accuse che da parte di molti cattolici italiani vengono fatte contro la gerarchia della Chiesa è proprio questa: di parteggiare per il governo di centrodestra di Berlusconi e di tradire, con ciò, la genuinità del Vangelo.

Questa accusa non è nuova, rientra nella più generale e ricorrente protesta che in campo cattolico si alza contro una Chiesa ritenuta al servizio dei ricchi e dei potenti. Portatori di questa protesta sono vescovi, parroci, monaci, teologi, gesuiti, intellettuali, appartenenti a un ceto colto del cattolicesimo italiano. Lo stesso ceto che richiamandosi al Concilio Vaticano II invoca una “Chiesa dei poveri” spoglia di potere e ricchezza.

In questi ultimi mesi, però, questa protesta è ripresa con forza. E si è appuntata con particolare veemenza contro la conferenza episcopale italiana e il suo presidente, il cardinale Camillo Ruini. Senza risparmiare papa Giovanni Paolo II che a Ruini dà piena fiducia per tutto ciò che riguarda l’Italia.

La protesta è scattata lo scorso ottobre sul mensile dei religiosi paolini “Jesus” – che è la versione colta del settimanale di larghissima diffusione “Famiglia Cristiana” – con una lettera aperta ai vescovi italiani scritta da Franco Monaco.

Monaco non è uno sconosciuto. È vicecapogruppo alla camera dei deputati della Margherita, il partito che ha per leader supremo Romano Prodi, presidente della Commissione europea e capo in Italia della coalizione di centrosinistra che combatte Berlusconi; è stato presidente dell’Azione cattolica di Milano; è discepolo fedelissimo di Giuseppe Lazzati e Giuseppe Dossetti, le due massime figure di riferimento del cattolicesimo progressista nell’Italia del secondo Novecento.

Non solo. Monaco è stato per anni il più ascoltato consigliere politico del cardinale Carlo Maria Martini, quando questi era arcivescovo di Milano. I memorabili discorsi alla città letti dal cardinale Martini ogni anno alla vigilia di sant’Ambrogio sono stati scritti in larga parte proprio da Monaco e per un’altra parte da Luigi Pizzolato, successore di Lazzati alla cattedra di letteratura cristiana antica nell’Università Cattolica di Milano.

E infatti, la lettera aperta pubblicata da Monaco su “Jesus” d’ottobre ricalca pari pari le punte più allarmistiche dei discorsi pronunciati da Martini a metà degli anni Novanta, contro il pericolo Berlusconi. Monaco elenca cinque “punti di sofferenza”, dalla corrosione della legalità alla concentraziome del potere sui media, alla “religione del mercato”, e rimprovera la gerarchia della Chiesa di tacere, di “starsene fuori”, in realtà di “appiattirsi” sulla parte politica che porta la responsabilità del disastro denunciato.

Passa un mese, ogni vescovo riceve personalmente la lettera con la richiesta di commentarla, e nel numero successivo “Jesus” rincara la protesta con un nutrito dossier. In esso, anche tre vescovi molto apprezzati in campo progressista danno ragione a Monaco: Luigi Bettazzi di Ivrea, Giancarlo Maria Bregantini di Locri e Sebastiano Dho di Alba. Tra i teologi intervengono Piero Coda, testa d’uovo del movimento dei Focolari e presidente dell’Associazione dei teologi italiani, Giacomo Canobbio, Maria Cristina Bartolomei, Giuseppe Mattai. Tra gli storici Alberto Melloni, uno dei massimi studiosi ed interpreti, in chiave progressista, del Concilio Vaticano II. Tra i filosofi Salvatore Natoli. C’è anche chi protesta per “i troppi denari dell’8 per mille” e contro quegli ecclesiastici “interessati solo ad avere qualche legge o qualche finanziamento in loro favore”: è Angelo Bertani, vicedirettore di “Famiglia Cristiana” e da decenni eminenza grigia dell’Azione cattolica.

Passa un altro mese, e all’inizio di dicembre si associa al fronte della protesta il priore del monastero di Bose, Enzo Bianchi, che è il più ascoltato leader intellettuale del cattolicesimo progressista in Italia, oltre che molto noto e stimato anche all’estero. Lo fa con la “Lettera agli amici” che diffonde all’inizio dell’Avvento dal suo monastero e che questa volta ha intitolato: “Che ne sarà del cristianesimo?”.

Il giudizio che Bianchi dà della gerarchia della Chiesa è molto pessimista. La Chiesa, scrive, “è applaudita, riconosciuta e, a volte, perfino ricompensata da Cesare per il bene che fa”, ma in realtà “ha svuotato di ogni forza che viene da Dio l’annuncio dell’evangelo”. S’è troppo identificata “con l’occidente ricco e potente”. S’è degradata a vuota “religione civile”. E a riprova Bianchi cita due fatti che hanno occupato le cronache italiane per settimane: “Che tristezza la ‘misère’ del dibattito sul crocifisso ridotto a simbolo ed emblema della cultura nazionale; che tristezza la collusione tra religione e nazione durante il lutto e il dolore per le povere vittime italiane barbaramente uccise in Iraq”.

Ruini, nonostante nessuno lo nomini, è il bersaglio numero uno della protesta. Ma anche Giovanni Paolo II è sotto tiro, per la sua opposizione alla guerra in Iraq giudicata troppo debole e rinunciataria.

Già la scorsa primavera un ampia schiera di cattolici, non contenti di quanto il papa diceva, aveva indirizzato a Giovanni Paolo II una lettera aperta per reclamare da lui un pronunciamento contro la guerra “semplice e univoco, che non lasci scappatoie per gli incisi e i distinguo”. Tra i firmatari c’erano il priore dell’abbazia benedettina camaldolese di Fonte Avellana, Alessandro Barban, il presidente di “Beati i costruttori di pace”, don Albino Bizzotto, e il missionario di fama mondiale Alex Zanotelli. Ma dallo scorso autunno, da quando il papa ha definito “missionari di pace” i soldati italiani nell’Iraq “liberato”, la contestazione s’è fatta più pesante. Sul mensile “Missione Oggi”, il saveriano Meo Elia ha bollato come “irrisorio” e “blasfemo” il richiamo al vangelo fatto dai capi di Chiesa che “danno un avallo alle scelte dei potenti di turno”.

A questo fuoco di fila di accuse, la Chiesa gerarchica non ha sinora risposto. Zitto Ruini, zitto il giornale di proprietà della Cei, “Avvenire”, che riflette fedelmente il suo pensiero, e zitta anche quell’amplissima parte del mondo cattolico che batte strade diverse da quelle di “Jesus” e Bose.

L’impressione è che in Italia convivano due mondi cattolici tra loro separati e quasi incomunicanti. Per trovare una prima analisi e un raffronto tra questi due mondi ad opera di un protagonista autorevole del campo del cardinale Ruini, il direttore di “Avvenire” Dino Boffo, bisogna arrivare ai primi di questo mese di marzo, quando sulla rivista dell’Università Cattolica di Milano, “Vita e Pensiero”, esce una disputa tra Boffo e due commentatori della sinistra laica, Edmondo Berselli e Giancarlo Bosetti, sul nuovo ruolo politico dei cattolici nella politica italiana.

È il nuovo ruolo che ha preso corpo, ad esempio, nel varo di una legge sulla procreazione artificiale molto vicina alle attese della Chiesa, ottenuto grazie al voto trasversale di cattolici di vari partiti ma prima ancora grazie al pressing di associazioni volontarie come il Movimento per la vita e il Forum delle famiglie, impegnate non solo a declamare principi, ma a concretizzarli in articoli di legge e a conquistare il consenso dei singoli parlamentari, siano essi cattolici o no.

La legge sulle adozioni, sul finire della passata legislatura quando il governo era di centrosinistra, è stato un’altro di questi successi trasversali, ottenuti col consenso di cattolici di destra, di sinistra e di centro.

Fino a dieci anni fa la Chiesa in Italia aveva come strumento d’azione politica il grande partito cattolico della Democrazia cristiana. Che però le creava più vincoli che opportunità. Oggi la Dc non c’è più, e la Chiesa del cardinale Ruini ha scoperto i vantaggi del far politica ‘super partes’ e a tutto campo, libera da impacci.

Non più costretta preventivamente a mediare nel chiuso del “palazzo”, la Chiesa dice a voce alta, dal pulpito, le sue attese e le sue critiche. A tutti, cattolici e non, si rivolge direttamente. E di fatto ottiene molto più che in passato, per lo meno in termini di attenzione e di discussione. È un nuovo modo di far politica nel quale papa Karol Wojtyla è maestro, sulla scena del mondo.

Ed è un nuovo modo d’azione che cambia anche la figura del cattolico impegnato in politica. “Dobbiamo abituarci alla figura del cattolico irriverente”, scrive Boffo. Che è tutt’altra cosa, a suo dire, rispetto al cattolico del passato, “concavo e remissivo”, portato ad “assottigliare la propria posizione” e a “lasciare ad altri di segnare l’orizzonte” pur di giustificare la propria presenza nell’arena politica.

Questi cattolici del passato, Ruini e i suoi li vedono riprodursi nei lettori di “Jesus” e nei visitatori di Bose. Questi vorrebbero che la Chiesa gerarchica sottoscriva la loro agenda politica e, delusi del mancato appoggio, l’accusano di servire il nemico. Protestano, denunciano, ma – sempre a parere del campo ruiniano – non hanno futuro. Per dirla da “cattolico irriverente”, sono un albero disseccato.

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POST SCRIPTUM – Alla protesta sopra descritta contro i silenzi del cardinale Ruini e della conferenza episcopale si è associata ai primi di marzo un’altra voce importante: quella del gesuita Bartolomeo Sorge, già direttore di “La Civiltà Cattolica”, poi della Scuola di politica dei gesuiti a Palermo e ora direttore, a Milano, della rivista “Aggiornamenti Sociali”.

Nel numero di marzo della rivista, padre Sorge dedica l’editoriale proprio al “silenzio dei vescovi”. Cita san Gregorio Magno: “Spesso i pastori malaccorti, per paura di perdere il favore degli uomini, non osano dire liberamente ciò che è giusto”. E aggiunge che “è difficile controbattere a quanti avanzano il sospetto che la profezia sia frenata dalla diplomazia, cioè dalla speranza di vantaggiose contropartite per il bene della comunità ecclesiale e in difesa di alcuni valori etici (si tratti dei sussidi alle scuole cattoliche o dei finanziamenti agli oratori o dei buoni-famiglia)”.

Viceversa, Sorge cita ‘ad honorem’ un discorso del cardinale Carlo Maria Martini del 6 dicembre 1995, a suo giudizio esemplare nel rompere un silenzio già allora imperante.


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Per saperne di più


Quella vasta parte di mondo cattolico italiano “irriverente” che non si identifica con la corrente progressista ha rafforzato in questi ultimi anni la sua presenza nei media. Ecco alcune delle sue testate più rappresentative:

> Avvenire. È il quotidiano di proprietà della conferenza episcopale italiana. Lo dirige Dino Boffo e riflette le posizioni del cardinale Camillo Ruini. Ha avuto un recente restyling e vende più di centomila copie giornaliere.

> Sat 2000. È la televisione satellitare di proprietà della Cei. Direttore delle news è Dino Boffo. I suoi programmi sono ritrasmessi via etere dalle tv cattoliche regionali.

> Vita e Pensiero. È la rivista bimestrale dell’Università Cattolica di Milano. La dirige Lorenzo Ornaghi, rettore della stessa università e politologo di fiducia del cardinale Ruini. Ha avuto un rilancio nel 2003, curato da Roberto Righetto, il responsabile delle apprezzatissime pagine culturali di “Avvenire”. E grazie a questo rilancio la rivista è entrata con forza nel dibattito italiano, frequentemente ripresa e citata.

> Mondo e Missione. È il mensile del Pontificio istituto missioni estere di Milano. Anch’esso ha avuto un forte rilancio nel 2003, curato da Gerolamo Fazzini, in precedenza giornalista di primo piano di “Avvenire”. Si distingue per ricchezza d’informazioni e obiettività, in particolare su mondo islamico, Cina e sud del mondo.

> AsiaNews. È una nuovissima agenzia on line in italiano, inglese e cinese. Edita anch’essa dal Pime, è diretta da padre Bernardo Cervellera, specialista della Cina e già direttore dell’agenzia vaticana “Fides”. In breve è divenuta una fonte insostituibile d’informazione sull’Asia, con notizie, analisi e interviste sempre puntuali e originali.

> Il Timone. Nato come bimestrale, dal gennaio 2004 esce una volta al mese. È distribuito solo per abbonamento, e senza alcun lancio pubblicitario ha conquistato in breve quasi diecimila lettori. La sua finalità dichiarata è “fare apologia” del cristianesimo, su tutte le questioni disputate di oggi e di ieri. Vi scrivono decine di specialisti nei rispettivi campi. L’ultimo acquisto, strappato al mensile progressista “Jesus”, è Vittorio Messori, lo scrittore cattolico più tradotto nel mondo, autore di un celebre libro intervista con Giovanni Paolo II.

> Radio Maria. Creata e diretta da padre Livio Fanzaga, scolopio, ha un ascolto vastissimo. Dà voce a un cattolicesimo fedele alla dottrina, fiero di sé, devoto. È l’alternativa popolare via etere al settimanale progressista di larga diffusione “Famiglia Cristiana”.

A queste testate, vanno inoltre aggiunte le accresciute presenze di voci cattoliche di questo tipo nei media laici, ad esempio sul mensile “Liberal” e sui quotidiani “Il Foglio” (con vicedirettore Ubaldo Casotto), “il Giornale” (con editorialisti don Gianni Baget Bozzo e Antonio Socci), il “Corriere della Sera” (con Massimo Franco, già notista di “Avvenire”, suo primo commentatore politico).