Il presepe LGBT di piazza San Pietro

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La lobby LGBT sembra allungare ogni giorno di più i suoi potenti tentacoli sul Vaticano. Dopo la recente notizia dell’affidamento della realizzazione del nuovo portale internet vaticano ad una società nota per le sue posizioni pro “agenda LGBT”, un articolo di Diane Montagna, pubblicato il 21 dicembre su Lifesitenews, rivela infatti come il discusso presepe di quest’anno di piazza San Pietro sia il dono di un’abbazia altrettanto nota per essere il luogo di “devozione” della comunità gay e transgender italiana.

Il presepe inaugurato lo scorso 7 dicembre 2017, realizzato dalla Bottega d’Arte presepiale Costabile e Cantone di Napoli, che ha come tema le sette opere della Misericordia, è stato, per l’appunto, donato dall’Abbazia di Montevergine, un santuario in provincia di Avellino, caro ai devoti omosessuali e transgender, in quanto al suo interno è venerata la cosiddetta “Madonna gay friendly”, un’icona nera conosciuta come anche come “Mamma Schiavona” per via delle sue fattezze orientali (l’Osservatorio Gender ne aveva già parlato qui).

Antonello Sannino, presidente dell’Arcigay di Napoli, ha espresso a LifeSiteNews la sua soddisfazione per il presepe napoletano di marca LGBT, sottintendendo come esso rappresenti un’ulteriore segnale verso l’accettazione dell’omosessualità all’interno della chiesa cattolica:

“Per la comunità omosessuale e transessuale di Napoli è un importante simbolo di inclusione e integrazione”. Ammettendo la propria distanza dalla Chiesa, Sannino sottolinea inoltre come la Madonna di Montevergine riesca nel difficile compito di mettere insieme sacro e profano, attirando verso di sé anche i non credenti: “c’è una forte devozione popolare tra i credenti” (…) Il pellegrinaggio annuale della Candelora è una sorta di “orgoglio gay ancestrale”ed è stato un “modo di accogliere nella cultura della città [di Napoli], la figura del femminiello che è dirompente in una società binaria “maschile – femminile”.

Che vi fosse qualcosa di insolito e fuori luogo nel presepe di piazza San Pietro di quest’anno era emerso subito, non appena le sue prime fotografie avevano cominciato a circolare sui social media. A suscitare polemiche ed indignazione erano stati in particolare alcuni personaggi, tra i quali quello di una figura maschile quasi completamente nuda dai muscoli ben scolpiti, raffigurante l’opera di misericordia corporale di “vestire gli ignudi”.

Foto di Diane Montagna | Lifesitenews

Foto di Diane Montagna | Lifesitenews

Gli spettatori più attenti avevano fatto subito notare come l’uomo in questione avesse una posa stranamente languida e quasi omoerotica, tanto da indurre la stessa piattaforma Facebook a bloccare la foto, in quanto in contrasto con le sue politiche contro le immagini “sessualmente suggestive o provocatorie”. Un fascio di muscoli che stride fortemne con l’immagine di un pover’uomo bisognoso di vestiti, come ha sarcasticamente fatto notare un osservatore, citato sempre da Lifesitenews: “Ho lavorato con un personal trainer. Quel ragazzo è stato in palestra per due ore al giorno, sei giorni alla settimana”.

La Montagna riporta al riguardo anche il significativo e lapidario commento di una fonte vicina al Vaticano:

“Questa mostra orrenda è un sacrilegio, un tentativo altamente ingannevole e malevolo di trasformare la santa innocenza del presepe di Piazza San Pietro in uno strumento di lobbying per il movimento dei diritti gay; è solo l’ultimo atto diabolico, ma è sintomatico dell’intero pontificato”.

Foto di Diane Montagna | Lifesitenews

Foto di Diane Montagna | Lifesitenews

La provenienza del presepe dal santuario “gay friendly” è attestata da una riproduzione dell’icona della Madonna di Montevergine , raffigurante la Vergine seduta in trono con Gesù Divino Infante seduto in grembo. Presso tale santuario ogni anno il 2 febbraio, in occasione della festività della Candelora, si svolge la cosiddetta  “juta dei femminielli”, ossia il pellegrinaggio con il quale gli omosessuali napoletani, e provenienti anche da altre parti d’Italia, tributano la loro devozione a “Mamma Schiavona”.

LA MAMMA “CHE TUTTO PERDONA

La tradizione risale ad un miracolo che la Madonna nera del monte Partenio, la Mamma “che tutto concede e tutto perdona”,  avrebbe compiuto nel 1256, mettendo in salvo una coppia di giovani omosessuali, sorpresi in flagrante, e per questo banditi dal loro paese e lasciati a morire di fame e di freddo legati ad un albero nei boschi. Ciro Cascina, esponente dell’Associazione femminelle antiche napoletane, illustra così l’evento: “E’ un momento magico in cui si mescolano antico e moderno, culto e libertà, maschio e femmina. Non va elaborata razionalmente, va vissuta: c’è una bella canzone napoletana che ricorda che bisogna continuare a girare lo zucchero nel caffè, altrimenti si sente solo l’amaro, e il dolce rimane in fondo. La Madonna è la madre che tiene insieme la famiglia, nelle sue diversità, accoglie. E qui c’è la cultura popolare, che è molto più aperta di quanto si voglia far credere”.

Foto di Diane Montagna | Lifesitenews

Foto di Diane Montagna | Lifesitenews

Oltre a ciò, la comunità LGBT si è avvicinata ed “impossessata” della Madonna di Montevergine anche per il fatto che il suo santuario è stato eretto sul luogo dove un tempo sorgeva il tempio della dea pagana Cibele i cui “sacerdoti” castrati ben racchiudono lo “spirito” di fluidità sessuale tipico dell’odierna comunità LGBT. A tale proposito, in un articolo del 2014, intitolato “la processione dei femminielli“, La Repubblica spiegava così il ruolo dei “Coribanti”, i preti eunuchi di Cibele:

“I sacerdoti si eviravano ritualmente per offrire il loro sesso in dono alla dea e rinascere con una nuova identità. Si vestivano da donne con sete gialle, arancione, rosa e altri colori sgargianti. Si truccavano pesantemente gli occhi e attraversavano in gruppo le città suscitando un misto di curiosità morbosa e di scandalo, anche per il loro erotismo esibito e la sfrontatezza delle loro provocazioni sessuali. Insomma queste processioni orgiastiche a base di canti, balli e suoni di tamburo erano in qualche modo i Gay Pride dell’antichità”.

DEVOTI ECCELLENTI

Tra i devoti “eccellenti” di “Mamma Schiavona” vi sono Porpora Marcasciano (presidente del MIT – Movimento Identità Trasgender di Bologna) e Vladmir Luxuria, ogni anno in prima fila per un evento che è divenuto anche un’allettante vetrina per poter veicolare i propri messaggi politici. A tale proposito, Luxuria, così parlava nel febbraio 2016, nel pieno della battaglia politica per le unioni civili: ”Credo e spero che la legge passi, il Family Day è stato un clamoroso autogol, questa avversione non rappresenta il mondo cattolico, ma un fondamentalismo religioso dannoso. La legge per me è soltanto una tappa utile per poter arrivare al riconoscimento del matrimonio per tutti. Chiederò a Mamma Schiavona di dare una mano anche per le unioni civili, vedremo se è più forte la Madonna di Montevergine o Bagnasco”.

Vladimir Luxuria alla "Juta dei femminielli"

Vladimir Luxuria alla “Juta dei femminielli”

Preghiere, ahinoi, esaudite, come sottolineato dallo stesso Luxuria lo scorso febbraio 2017: “E’ anche grazie a Mamma Schiavona se siamo riusciti ad arrivare al via libera alla legge sulle unioni civili. Ha esaudito le nostre preghiere”.

E’ facile immaginare che oggi Luxuria gridi ad un altro inatteso e grandioso miracolo di “Mamma Schiavona”, icona indiscussa della comunità LGBT+. Quello di essere riuscita, proprio lei, a farsi affiggere in piazza San Pietro, nel cuore della chiesa cattolica.

 

Rodolfo de Mattei, 21/12/2017 per https://www.osservatoriogender.it/presepe-lgbt-piazza-san-pietro/?refresh_cens

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