Il cardinale Francois-Xavier Nguyen Van Thuan apostolo di pace

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André Nguyen Van Chau, Il miracolo della speranza. Il cardinale Francois-Xavier Nguyen Van Thuan apostolo di pace, San Paolo, 2004, pp. 318, Euro 18,00

Il libro racconta la vita drammatica del cardinale vietnamita Van Thuan, appartenente a una delle famiglie più importanti del paese, nato il 17 aprile 1928 nel Vietnam centrale, nella parrocchia di Phu Cam, un sobborgo di Hue, la capitale del Vietnam imperiale. Sacerdote, testimone della lunga guerra civile che sconvolse la sua patria durante il periodo dell’occupazione francese e poi durante l’aggressione comunista alla parte meridionale del paese, in seguito agli accordi di Ginevra del 1954, vescovo della diocesi di Nha Trang, il futuro cardinale sarà per tredici anni prigioniero nei pressi di Hanoi, dal 1975 al 1988.  L’opera – scritta da André Nguyen Van Chau, un amico del cardinale, nativo anche lui di Hue, nel Vietnam centrale, capo della Commissione cattolica internazionale delle migrazioni, con sede a Ginevra – descrive l’infanzia del cardinale, soffermandosi sulla straordinaria educazione ricevuta in famiglia, religiosa e politica, rivolta a far crescere l’amore per Dio e per la patria, la quale conosceva in quegli anni la difficile alba della propria indipendenza, stretta fra la presenza coloniale francese e la crescita di un’opposizione violenta da parte delle componenti comuniste. Van Thuan viene educato ad amare il Vietnam senza diventare comunista e senza rinunciare al progetto di renderlo indipendente dalla Francia, e viene educato a custodire la fede cattolica ricevuta in un paese a maggioranza buddista, senza rinunciare a condividere l’amore per la propria nazione con chi professava una diversa religione.
La vita del futuro cardinale va inserita all’interno del Calvario subito dal suo popolo. Una sofferenza che lo ha toccato da vicino già nel 1945, quando vengono giustiziati dalle forze comuniste del Viet Minh lo zio materno Ngo Dinh Khoi e il cugino Huan, pochi giorni dopo la proclamazione dell’indipendenza nazionale, quando l’imperatore Bao Dai aveva ceduto ai rappresentanti del Viet Minh la spada e il sigillo imperiale. Lo zio Khoi, fratello maggiore del futuro capo del governo del Vietnam del Sud, Ngo Dinh Diem, e suo figlio erano patrioti, ma non comunisti, e questo bastò per essere uccisi. Provenivano, infatti, delle due famiglie cattoliche più influenti di Hue, ed erano stati educati dal padre e dalla madre a dedicare la vita al bene del paese, diventando così potenziali e pericolosi concorrenti, dopo la fine del Vietnam imperiale.
Quando accadevano queste vicende, Van Thuan era soltanto un giovane seminarista, che avrebbe dovuto combattere contro il dolore e la rabbia, oltre che acquisire le altre virtù necessarie per un giovane cristiano candidato al sacerdozio. Sacerdote lo diventerà l’11 giugno 1953, un anno prima dell’insediamento dello zio Diem alla guida del governo del Vietnam meridionale, dove l’imperatore Bao Dai era ritornato al potere. Il libro, che è anche una storia del Vietnam, si sofferma sul periodo fino al 1963, quando, il 1° novembre, un colpo di Stato guidato da generali dell’esercito del Vietnam del Sud, ma incoraggiato dal governo Usa, esautora Diem, che viene assassinato con il fratello Nhu con un colpo di pistola alla nuca, all’interno di un autoblindo dell’esercito.
Nel 1967, Van Thuan viene nominato vescovo di Nha Trang. Le sue famiglie d’origine potevano continuare a coltivare il sogno originario di servire il Vietnam, anche se attraverso un vescovo che, anzitutto, serviva la Chiesa. Nel frattempo, la famiglia aveva subito anche un altro assassinio, quello di Ngo Dinh Can, un altro fratello di Diem, fucilato dagli stessi militari che avevano fatto uccidere Diem, l’8 maggio 1964. Il dolore e la rabbia continuavano a tormentare il neo-vescovo e sono splendide le pagine del libro nelle quali viene raccontata la sua lotta contro il desiderio di vendetta, la sua consapevolezza che non avrebbe mai potuto raggiungere la pace del cuore senza prima essere riuscito a perdonare completamente e lo straordinario esempio di santità della madre, Ngo Dinh thi Hiep Elisabeth, modello di vita cristiana e di patriota che esercita un’influenza straordinaria sul figlio.
Nel 1975 il governo del Vietnam del Sud si arrende all’avanzata comunista e il vescovo Van Thuan piange la sua patria, mal difesa dagli assassini dello zio Diem, abbandonata dal governo americano e in balia delle forze comuniste. Finisce una guerra che aveva provocato 56.227 vittime statunitensi, 188.000 sudvietnamite, 5.221 fra le truppe alleate provenienti da Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda e Thailandia, mentre i soldati e i guerriglieri del Vietnam del Nord e del Fronte Nazionale di Liberazione del Vietnam caduti erano stati 920.000.
Comincia invece un penoso calvario nelle prigioni comuniste per Van Thuan, nominato arcivescovo di Saigon nel 1975 da papa Paolo VI, arrestato nella città ribattezzata dai comunisti Città Ho Chi Minh il 15 agosto dello stesso anno. La nuova, ardua prova durerà tredici anni, dalla prigione agli arresti domiciliari, dalla prova della totale solitudine a quella della calunnia presso la parrocchia dove era stato relegato. Combatterà contro la disperazione e la paura fisica e descriverà questa lotta spirituale in alcune delle più belle pagine del libro, anche per la profondità dell’introspezione psicologica. Riuscirà anche a essere missionario e apostolo, contribuendo alla conversione di alcuni suoi carcerieri, che assolverà sacramentalmente. In queste condizioni, riesce comunque a scrivere Il cammino della speranza, un’opera che esce clandestinamente dalla prigione e anche dal Vietnam, e verrà tradotta e pubblicata in diverse lingue.
Dopo la liberazione, avvenuta il 21 novembre 1988 in seguito al mutato clima politico internazionale, comincia la seconda parte della vita di Van Thuan, trascorsa a Roma, dove l’arcivescovo viene nominato prima vice-presidente e poi presidente del Pontificio Consiglio per la giustizia e la pace, e quindi nominato cardinale. Da Roma potrà seguire e aiutare spiritualmente i milioni di connazionali usciti dal paese a causa del comunismo e della miseria, visitando le numerose comunità sparse in tutto il mondo. Nel 2000, inoltre, verrà scelto come predicatore degli esercizi spirituali al Pontefice e alla curia romana. Muore a Roma il 16 settembre 2002.

Il libro non è soltanto una edificante biografia di un testimone della fede e della libertà nel secolo scorso, ma anche una puntuale storia del Vietnam moderno, che descrive i passaggi essenziali e il prolungato dolore, che continua ancora oggi, di un popolo di religione a maggioranza buddista, con una significativa presenza di cattolici, circa il 10% della popolazione. Un’opera, oltretutto, che restituisce la giusta dignità a un uomo, Ngo Dinh Diem, modello per gli uomini pubblici, testimone fedele della fede cattolica e dell’amore per la propria patria, fino al sacrificio della vita.

Marco Invernizzi

Recensione pubblicata originariamente in Il Domenicale. Settimanale di cultura ( http://www.ildomenicale.it/ ). Con il permesso dell’Autore.