(il Timone) Il laicismo di stato della Francia

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Nuova aggressione della Francia alla libertà religiosa: la proposta di legge della Commissione Stasi vieta l’uso dei simboli religiosi “troppo visibili”.
Il Presidente Chirac approva.
Si conferma il proibizionismo repubblicano.

Il 31 maggio 2001 la Francia approva una legge severissima
contro le cosiddette “sette”. Il 6 settembre 2001 dà prova
della sua volontà di “fare sul serio” facendo saltare in
aria la più alta delle statue erette da una comunità della
Provenza, il Mandarom, dove vivono i seguaci della
religione aumista.
Gli aumisti hanno idee, è vero, piuttosto strambe: ma
sono sostanzialmente innocui, non hanno mai risposto in
modo violento alle tante vessazioni che hanno subito, e
lo storico svizzero Jean-François Mayer ha parlato, in
occasione della distruzione della statua, di un’azione da
“talebani della Repubblica”.

Tra il 2001 e il 2003 la Francia, specializzata in veti,
si oppone, con successo, a qualunque menzione delle
radici cristiane dell’Europa nella Costituzione europea.

Nel 2003 insedia ben due commissioni governative per
rilanciare il valore della laicité, una delle quali – la
Commissione Stasi – propone nel suo rapporto dell’11
dicembre 2003 una legge che vieti nelle scuole pubbliche
simboli religiosi di dimensioni più che minime: croci,
kippah e soprattutto “veli” per le ragazze musulmane.
La proposta è accolta dal presidente Jacques Chirac il
17 dicembre 2003.

C’è una linea comune in questi episodi?
Il vero problema non è perché la Francia di Chirac legiferi
contro le “sette”, proponga una ricostruzione della storia
europea che salta assurdamente dall’antichità all’illuminismo
“dimenticando” tutto quanto sta in mezzo, senta il bisogno
di una legge per vietare alle alunne musulmane di presentarsi
a scuola con il “velo”, che nella stragrande maggioranza dei
casi è un semplice foulard, per di più scelto dalle alunne
liberamente per rivendicare un’identità contestata (molte
ragazze “velate” hanno madri non velate, come del resto avviene
in Marocco, in Turchia e altrove).

È perché negli altri paesi europei (per non parlare degli Stati
Uniti) il “velo” – a parte pochi casi estremi di ordine
pubblico, dove la donna è tanto coperta da non essere più
riconoscibile – non ponga difficoltà, i richiami del Pontefice
sulla menzione delle radici cristiane siano accolti con
simpatia, e le proposte di leggi “anti-sette”, anche quando
sono state formulate, siano lasciate quietamente cadere:
mentre in Francia queste diventano, come ha detto Chirac il
17 dicembre, priorità assolute ed esigenze “non negoziabili”.

La Commissione Stasi nella sua relazione dà una risposta: solo
in Francia esiste veramente la laicité, una parola da tradurre
in italiano con “laicismo”, non con “laicità”.
Come ha scritto la sociologa Danièle Hervieu-Léger, negli
Stati Uniti la separazione fra Stato e Chiese fu concepita per
proteggere le religioni dallo Stato; in Francia, per
proteggere lo Stato dalle religioni.
Quando Chirac nel suo discorso del 17 dicembre richiama tutto
l’itinerario che va dalla Rivoluzione francese alle”grandi
leggi repubblicane” promulgate dai governi anticlericali di
inizio XX secolo non fa che ribadire che la laìcité è una
vera religione civile, cui in Francia non è facoltativo
aderire.

La Rivoluzione pensa per un momento di potere cancellare
la religione con il Terrore.
La resistenza cattolica – nella sua forma anche militare, in
Vandea e altrove – induce Napoleone a più miti consigli, e
al Concordato.
Ma, nei momento in cui riapre le chiese, Napoleone pensa di
sorvegliarle, secondo la formula: dietro ogni vescovo un
prefetto, dietro ogni parroco un capo della gendarmeria.
Ho fatto in tempo a conoscere, tanti anni fa e da bambino,
una vecchissima zia che, giovane suora in un ordine francese,
era stata esiliata dalle leggi contro le congregazioni
religiose di inizio Novecento.
Mi raccontava la storia – se non vera, come si dice, bene
inventata – di un capo della polizia che a un presidente del
consiglio preoccupato per l’ afflusso di treni di pellegrini
a Lourdes rispose, volendo fare sfoggio dilatino:
“Non si preoccupi, eccellenza, omne trinum est perfectum, in
ogni treno viaggia un prefetto”.

La coppia prefetto-vescovo, però, vale soltanto se una
religione è organizzata su base territoriale e gerarchica
come la Chiesa cattolica.
Napoleone impone la stessa struttura ai protestanti, e
inventa perfino un altro unicum francese, il Concistoro,
una vera “Chiesa ebraica” organizzata (e sorvegliata) secondo
il modello cattolico.

Ma da qualche anno il modello della laicité è in crisi, perché
sono arrivate religioni che non sono organizzate su base
territoriale gerarchica, non hanno “vescovi” né “parroci”.
Sono le cosiddette “sette” (una parola che, in Francia, copre
tutte le piccole forme religiose che non si riconoscono nel
modello della laicité) e i musulmani.

Dichiarando pubblicamente di “non volersi prendere per
Napoleone”, Chirac ha tentato di fare per i musulmani
precisamente quello che Bonaparte fece per gli ebrei:
inventare una “Chiesa islamica” chiamata Consiglio Francese
del Culto Musulmano, nel quale però (ci dicono i sondaggi)
la maggior parte dei musulmani francesi, membri di una
religione ostinatamente orizzontale e senza gerarchie, non
si riconosce.

La laicité, infine, è in crisi perché poggiava su valori
comuni minimi (la patria, la famiglia, l’esercito), che oggi
sono assai meno condivisi, come dimostrano dibattiti sul
pacifismo, i no global, il matrimonio degli omosessuali e la
possibilità che essi adottino bambini.
La Francia della laicité è profondamente divisa, e non la
pensa più nello stesso modo quasi su nulla.
Se la laicité non fosse in crisi, dei resto, non si
costituirebbero commissioni per rilanciarla.

Le crisi, si sa, generano fondamentalismi.
La crisi dello laicité ha generato un “fondamentalismo
laicista” che prima se l’è presa con le “sette”(legge del
30 maggio 2001). preparando gli strumenti per mettere
fuorilegge decine di piccoli gruppi, ora con i simboli
religiosi e i musulmani.
Certo, esistono “sette” che commettono reati, ed esistono
musulmani terroristi. Ma non è facendo di ogni erba un
fascio o attaccando la religione in genere che si risolvono
questi problemi.
Anzi.

La legge sul velo manda un segnale: o accettate la religione
della laìcité o non siete veri francesi. Molti musulmani
daranno la seconda risposta, si isoleranno nel loro ghetti,
e saranno regalati dallo Stato al fondamentalismo; ci si può
chiedere se questo sia entrato nel conto delle previsioni
della Commissione Stasi (ma lo prevedono molti sociologi, tra
cui il direttore dell’Ècole Pratique des Hautes Études en
Sciences Sociales, Jean Baubérot, l’unico membro della
Commissione che ha votato contro la relazione).

La laicité tollera la religione?
Si, se si tratta di modica quantità(altrimenti si è
“settari”), per uso personale (se la si mostra sulla
scena pubblica si è “fondamentalisti”) e anche “non
terapeutico” (si vedano gli attacchi alla “preghiera di
guarigione” dei carismatici cattolici, accusata in Francia
di leso razionalismo e scientismo).
La Francia, libertaria e antiproibizionista, propone il
più severo proibizionismo solo quando si tratta di
religione. “Talebani della Repubblica”, appunto.

Massimo Introvigne
(c) Il Timone n. 30, febbraio 2004
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