(il Giornale) La teologia debole di Rosy Bindi

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La teologia di Rosy Bindi Prendiamo il caso di Rosy Bindi.
Non è l’unico.
Ma la virago ha l’aspetto di un crociato.
Ieri l’altro, tra l’altro ha detto: «Certo che ho sofferto.
Certo che ho avuto paura di dannarmi l’anima. Ma sono
convinta che i Dico non siano peccato anzi, credo possano
rappresentare semi di bene. È meglio la confusione, la
promiscuità, la dispersione dell’amore? O invece la spinta a
creare un legame, a dare stabilità agli affetti? Due
omosessuali non possono sposarsi: non lo dice solo la
Bibbia, ma l’intera civiltà giuridica. Se però prevale in
loro l’ispirazione alla visione cristiana dell’amore,
anziché alla sua dissipazione, da credente devo dolermene o
rallegrarmene?».

Un gran pasticcio.
La vergine Rosy Bindi crea una gran confusione.
Confonde l’orgoglio gay, il matrimonio cristiano canonico e
i Dico.
Dopo di che sulla convivenza civile mette una spruzzatina di
misericordia e tutto pare si aggiusti con il Padre Eterno,
il Verbo incarnato e lo Spirito Santo.

La questione sta dividendo anche i cattolici.
Una volta, a esempio, Rosy Bindi e Dino Boffo, direttore di
Avvenire e personaggio chiave della stagione di Ruini, erano
stati insieme nell’Azione Cattolica. «Siamo stati anche
molto amici. Abbiamo cominciato a dividerci sul rapporto con
Comunione e Liberazione».
Oggi la Bindi chiede di potersi confrontare non solo con la
Chiesa e i cattolici dalla sensibilità diversa dalla sua, ma
anche con i laici del proprio schieramento, senza essere
accusata di tradire principi non negoziabili.
«Non capisco perché se i cattolici dialogano con i teocon
salvano la propria fede, e se io dialogo con i laici del
partito democratico la tradisco. Mi piacerebbe che la Cei
invitasse anche i politici alle settimane sociali – (magari
nella Basilica di San Pietro) – perché sento il bisogno di
confrontarmi nelle sedi ecclesiali con Pera, Adornato,
Bondi, Ferrara. Forse che non posseggo anche io le categorie
della cristianità? Non si tradisce forse la fede riducendola
a religione civile, imprigionandola in un modello culturale,
strumentalizzandola a sostegno del sistema occidentale, che
è solo uno dei molti con cui un messaggio universale come il
cristianesimo è chiamato a confrontarsi?».
E così per la Bindi la difesa può essere trovata sui Dico e
da cercare su bioetica, testamento biologico, fecondazione
assistita ecc.

«La divisione tra cattolici – sostiene la Bindi – si allarga
tanto che a volte sembra quasi che noi e Cl non parliamo
dello stesso Gesù Cristo. Per noi è il Figlio di Dio, è Gesù
di Nazaret, non è una filosofia. Se Dio per parlare agli
uomini si è fatto uomo, in un dato luogo e in un dato
momento, come può la Chiesa non essere amica del proprio
tempo, non avere una visione positiva della storia, non
vedere il volto di Cristo nel volto dell’umanità? Perché a
volte la Chiesa prima di evangelizzare, sembra voler
giudicare. Ma se Cristo ha accettato che la sua missione
venisse portata avanti da noi sgangherati, la Chiesa non
deve limitarsi a condannare».
Sgangherati.
Lo siamo un po’ tutti. Anche noi credenti a 18 carati.
Ma ciò non significa che il matrimonio non sia un sacramento
fondato da Gesù Cristo e da vivere in grazia di Dio.

Ed ecco qualche lembo di frase di Mons. Bagnasco, il quale
non si rassegna a copiare la teologia della Bindi: «Nessuna
condanna per le convivenze», ma «è inaccettabile invece
creare un nuovo soggetto di diritto pubblico che si veda
assegnati diritti e tutele, in analogia con la famiglia. La
legge ha anche una funzione pedagogica, crea costume e
mentalità. I giovani già oggi disorientati si vedono
proporre dallo Stato diversi modelli di famiglia e certo non
vengono aiutati a diventare cittadini adulti».
A poche ore dalla manifestazione in favore del
riconoscimento delle coppie di fatto e delle coppie gay, che
ha visto sfilare cartelli con scritte offensive contro il
Papa e contro i Vescovi, il nuovo Presidente della Cei,
Mons. Angelo Bagnasco, riassume la posizione della Chiesa
italiana sull’argomento, ribadendo la contrarietà ai Dico.

Sono parole importanti, che con pacatezza e argomenti
illustrano la preoccupazione delle gerarchie ecclesiastiche
di fronte alla tendenza a riconoscere per legge le scelte
dell’individuo, estendendo alle convivenze i diritti della
famiglia…
«La storia ci consegna questo patrimonio naturale, un dato
oggettivo. La comunità sociale riconosce come soggetto
importante, nucleo fondante della stessa sussistenza e la
tutela, individuando in essa il requisito della stabilità e
dell’impegno pubblico».
I diritti derivano da questa funzione sociale.
È interesse della società tutelare la famiglia, perché così
facendo tutela anche se stessa.

Ieri l’altro Benedetto XVI ha parlato della necessità della
conversione «come l’unica risposta adeguata ad accadimenti
che mettono in crisi le certezze umane».
Ha detto il Papa, commentando il Vangelo di Luca: la vera
saggezza «è lasciarsi interpellare dalla precarietà
dell’esistenza e assumere un atteggiamento di
responsabilità: fare penitenza e migliorare la nostra vita».
Il Papa ha fatto notare che «le persone e le società che
vivono senza mai mettersi in discussione hanno come unico
destino finale la rovina».

+ Alessandro Maggiolini
Vescovo emerito di Como
(C) Il Giornale, 13 marzo 2007