(il Domenicale) Il 3 ottobre la beatificazione di Carlo d’Asburgo

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Carlo d’Asburgo santo imperatore


di Francesco Pappalardo

Per chi crede che i re santi siano personaggi da
Medioevo, cioè di un periodo storico non ben
definito, lontano nel tempo e soprattutto
irripetibile nella sua essenza, suonerà senz’altro
sorprendente la beatificazione, il 3 ottobre prossimo,
dell’imperatore Carlo, morto non nell’anno Mille ma
nel 1922.

Chi era costui?
Carlo I d’Asburgo-Lorena, pronipote di Francesco Giuseppe
(1830-1916), lui sì ben noto agli italiani, magari come
Cecco Beppe, è stato l’ultimo sovrano dell’impero austro-
ungarico, l’erede di una dinastia che ha guidato il Sacro
Romano Impero per oltre cinquecento anni, l’ultimo
imperatore europeo.

Sulla figura di questo personaggio sorprendente è appena
uscito il libro “Un cuore per la nuova Europa. Appunti per
una biografia del beato Carlo d’Asburgo” (D’Ettoris Edizioni,
Crotone 2004, pp. 224 con ill.), scritto a due mani da Oscar
Sanguinetti e Ivo Musajo Somma, con un Invito alla lettura
di don Luigi Negri, della Fraternità di Comunione e
Liberazione, il quale colloca l’esperienza di santità di
Carlo d’Asburgo nella grande tradizione cattolica europea,
che ha avuto nell’impero asburgico la sua forma più
significativa e di cui Carlo è figlio esemplare.

Marco Invernizzi, storico del movimento cattolico italiano,
nella Prefazione sottolinea che la beatificazione del
sovrano tiene conto non solo del suo ruolo di marito e
padre esemplare, di cristiano devoto in tutte le
circostanze difficili della sua esistenza, ma anche del modo
in cui ha esercitato le funzioni inerenti al suo rilevante
ruolo pubblico.
Invernizzi invita l’Italia che entra in Europa a guardare
come a un modello all’«imperatore santo», fautore di un non
facile federalismo e sostenitore di una politica
dell’integrazione, realistica e anti-ideologica, che non
fece in tempo a realizzare.

Sanguinetti, direttore dell’Istituto Storico dell’Insorgenza
e per l’Identità Nazionale (ISIIN), di Milano, spiega nella
presentazione, intitolata appunto “Perché un libro su Carlo
d’Asburgo”, che è intenzione degli autori rinverdire la
memoria del santo sovrano nell’anno della beatificazione e
proporre una lettura semplice della sua vita.

Il volume si compone di due saggi. Il primo, dello stesso
Sanguinetti, “Immagini e momenti della vita del beato Carlo
d’Asburgo”, traccia un breve profilo biografico del
protagonista, con l’intento di fare agiografia, ma
agiografia «storica», cioè fondata non su leggende ma su
fatti accertati e attinti dalle deposizioni rese dagli
86 testimoni ascoltati nelle udienze del processo di
beatificazione.
I testi delle deposizioni sono raccolti nei due volumi dal
titolo “Positio super virtutibus”, messi gentilmente a
disposizione dall’avvocato Andrea Ambrosi di Roma, ultimo
postulatore della causa di Carlo.

Nel secondo saggio, “Il beato Carlo d’Asburgo nella «finis
Austriae»”, Musajo Somma, ricercatore universitario,
specializzato in storia del Medioevo, offre una lettura
critica — alla luce dei principali studi pubblicati,
anche recentemente, in lingua italiana, inglese e tedesca —
su Carlo e il suo tempo, inquadrandone la figura nel
contesto europeo.

Completano il volume un’intervista al postulatore Ambrosi
su “L’iter verso la beatificazione e i suoi «nodi»”, una
cronologia, una bibliografia e un indice dei nomi, curati
dall’ISIIN.

La narrazione affronta sinteticamente i momenti principali
della vita di Carlo: la formazione giovanile del futuro
imperatore, nato nel 1887; la carriera militare, come per
tutti i potenziali sovrani; il matrimonio, nel 1911, con la
principessa italo-francese Zita Maria delle Grazie di
Borbone-Parma, che gli darà otto figli; l’assassinio dello
zio Francesco Ferdinando a Sarajevo nel luglio 1914, che
modifica la linea di successione al trono facendo di Carlo
l’erede designato; la partecipazione alla prima guerra
mondiale su entrambi i fronti, orientale e occidentale; la
morte dell’ottantaseienne Francesco Giuseppe, il 21
novembre 1916, e l’ascesa del giovane pronipote ai troni
d’Austria, di Boemia e d’Ungheria.
Il suo breve regno è segnato profondamente dalla guerra,
che egli vive al fronte e nella capitale con un misto di
abnegazione e ardimento, mitezza e sollecitudine per le
truppe al fronte, le famiglie a casa e la popolazione
civile.
Contrario all’impiego di sottomarini su larga scala, perché
non facevano distinzione fra militari e civili, porrà
limitazioni alla guerra aerea e compirà ogni sforzo per
bandire l’uso dei gas asfissianti.
Questa idea — un po’ medievale e molto cattolica — della
guerra limitata, gli alienerà le simpatie dei comandi
germanici, influenzati dai circoli militaristici e
nazionalistici.
Costoro vanificheranno i suoi ripetuti sforzi di pace nel
1917, che saranno osteggiati anche della massoneria, molto
influente, soprattutto nei paesi latini, sui parlamenti e
sui sovrani.
La dinastia asburgica pagava in questo modo la sua
opposizione alle logge, che cercavano di portare alle
ultime conseguenze la traduzione politica dell’ideologia
libertaria e ugualitaristica della Rivoluzione del 1789,
trovando un ostacolo non solo nella Chiesa cattolica ma
anche negli eredi del Sacro Romano Impero.

Dopo la sconfitta, Carlo rifiuterà di abdicare e verrà
allontanato da Vienna con la complicità delle potenze
vincitrici; falliti due tentativi di restaurazione, subirà,
fra gravi disagi, l’esilio finale nell’isola atlantica di
Madera, dove si spegnerà il 1° aprile 1922, degno testimone
di quelle radici cristiane europee che i suoi nemici di
allora e di oggi si ostinano a voler recidere.

Francesco Pappalardo
(C) Il Domenicale, 27 agosto 2004
http://www.ildomenicale.it/