Regione Emilia-Romagna: l’aborto è ”dogma”

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 UN PARTITO DELL’OPPOSIZIONE REAGISCE

 Il 27 settembre 2016 la Regione ER ha bocciato senza neppure discuterlo un progetto di legge inteso a ridefinire il ruolo dei Consultori, mentre due assessori hanno speso un’intera giornata a lavorare per l’Unione donne comuniste (Udi).

Aborto: calano i medici obiettori in controtendenza rispetto al resto d’Italia. L’Udi: “Nel 2016 si è recuperata la situazione di Cento, con l’assunzione di due ginecologi abortisti. In precedenza l’obiezione era al 100%”.

L’assessore Venturi (sanità): “Da noi non è a rischio l’applicazione della 194”.
(La Repubblica 26/9/16)
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Comunicato Stampa. Il progetto di legge sulla riforma e la riqualificazione dei consultori familiari nasce per sottoporre all’attenzione della Regione Emilia-Romagna un tema che sappiamo essere delicato e per nulla comodo. Eppure, in un momento in cui il tema del calo demografico è di grandissima attualità, non possiamo non interrogarci sulla pratica degli aborti volontari, nonostante la difficoltà di tenere questo dibattito fuori dall’ambito strettamente ideologico.

E siccome su questo argomento le considerazioni non sono mai semplici, è meglio che a parlare siano i numeri. A inizio settembre, sono stati distribuiti dall’Assessore alla Sanità i dati sulle Interruzioni Volontarie di Gravidanza (Igv), ovvero gli aborti volontari.
La relazione prende in considerazione il periodo relativo agli ultimi 20 anni dando conto di un fenomeno di enormi dimensioni: dal 1993 a oggi gli aborti volontari in Emilia-Romagna sono stati 200mila, una intera Città di bambini mai nati, una macabra contabilità che non possiamo e non dobbiamo ignorare.
Altro dato significativo è che, a fianco di questi 200mila aborti volontari, il 33% di chi ha scelto questa pratica lo aveva già fatto in passato: una percentuale elevatissima che lascia intendere come il ricorso all’aborto volontario non sia più una drammatica eccezione, ma una sorta di metodo contraccettivo inaccettabile, una routine a cui si ricorre come una pratica ordinaria.

Il nostro progetto di legge, composto da 30 articoli, e neppure esaminato in commissione, aveva la funzione di fissare due principi valoriali.
Da un lato, la Sacralità e l’inviolabilità della vita umana, valore non negoziabile (ammesso che esistano valori negoziabili), che è tale fin dal momento del concepimento, dall’altro il valore della famiglia tradizionalmente intesa. Una non negoziabilità che deve sussistere sempre, senza nessuna sorta di bilanciamento tra la vita della madre e quella del nascituro: e sia chiaro che, con questo progetto di legge, ci siamo assunti la responsabilità politica di introdurre temi che in quest’aula sono considerati vetusti, scomodi.
Lo abbiamo fatto ispirandoci sì a valori cattolici, ma con una visione laica, aprendo al dibattito che avremmo voluto si svolgesse in Commissione con i dovuti approfondimenti.

Del resto, il progetto di legge mirava a ridefinire il ruolo dei Consultori Familiari intesi non più come strutture prioritariamente deputate a fornire, in modo asettico, una serie di servizi sanitari o para-sanitari alle famiglie, bensì vere e proprie istituzioni vocate a sostenere e promuovere la famiglia ed i valori etici di cui è essa portatrice.

Ma ancora una volta, la Regione non ha voluto approfondire il tema, quello del bivio tra una vita che viene interrotta e un’altra che viene alla luce.
Ne prendiamo atto non senza rammarico, non senza un pensiero in più rivolto a quei numeri drammaticamente elevati che dovrebbero essere alla base di un dibattito serio nel quale le Istituzioni dovrebbero svolgere un ruolo attivo.

Avv. Galeazzo Bignami
Capo Gruppo di Forza Italia alla Regione Emilia-Romagna