Cattolici nel 2020: affermarsi o adeguarsi?

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di fr. René Stockman

Vivere da cristiani in un ambiente molto secolarizzato non è cosa semplice.
È come se diventassimo stranieri a casa nostra, nel luogo in cui un tempo stavamo bene.
Gli amici iniziano a parlare un’altra lingua, altri diventano “allergici” quando vogliamo parlare della nostra fede cristiana.
A lavoro ci deridono quando diciamo che andiamo “ancora” in chiesa.
A scuola i bambini non osano più dire che cantano nel coro.
La cerchia di persone che condividono i nostri stessi valori, con le quali riusciamo ancora a stare bene, si restringe sempre di più fino ad avere l’impressione di essere giunti in un ghetto.

L’humus, nel quale la nostra società si è radicata, ha subìto una trasformazione?
Cosa è successo alle radici cristiane, sulle quali era basata la comunità nella quale siamo cresciuti?

Collaborare al Regno di Dio. Alcuni invocano completamente a torto il principio della separazione della Chiesa dallo Stato e la neutralità del governo per ricondurre la fede ad una questione privata, ridurre i credenti al silenzio nella sfera sociale e impedire loro di impegnarsi nel mondo in quanto credenti.
Il principio di neutralità del governo garantisce proprio il contrario.

È e resta la nostra libertà e la nostra vocazione come cristiani a stare in piedi nel mondo, prenderci la responsabilità e, nel luogo in cui viviamo e lavoriamo, aiutare a costruire la venuta del Regno di Dio.
La fede non può mai essere ridotta ad una questione vissuta unicamente all’interno della chiesa, ma ci incita a far sì che tutta la nostra vita ne sia intrisa.

Non può esserci un posto in cui la nostra fede sia assente. In questo senso, il fatto di costruire il Regno di Dio ci fa sembrare sicuramente molto “credenti”, ma è la missione affidata da Gesù stesso quando è stato inviato in missione ed è ciò che Egli ha vissuto prima di noi. Gesù non si è rinchiuso in un piccolo mondo costituito da persone che pensano la stessa cosa, non ha formato un ghetto, ma ha intrapreso la strada per proclamare la Buona Novella ovunque passasse, per vivere di questo messaggio e per dargli una forma concreta.
Gesù ci ha mostrato come possiamo costruire un mondo che sia un reale riflesso del mondo sognato da Dio durante la Creazione.

È un mondo nel quale la presenza di Dio è tangibile e palpabile nel modo in cui le persone entrano in relazione le une con le altre, con l’ambiente, nel modo in cui costruiscono il mondo e danno anche un posto a Dio nella loro vita quotidiana, alla dimensione religiosa nella loro vita. «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15). È questo il luogo in cui dobbiamo essere attivi in quanto cristiani.
La questione è tuttavia se offriamo ancora lo spazio per questo o se non siamo sempre più di fronte a dilemmi, che rendono veramente difficile – e talvolta impossibile – rimanere in piedi nel mondo come credenti.

Cattolici ed estremisti nel cuore. Resistere può seriamente mettere in difficoltà noi cristiani.
Non lasciamoci dissuadere da certe persone che ci descrivono come estremisti, solo perché vogliamo dare forma al messaggio evangelico in modo coerente e radicale, pur nel rispetto della persona che sbaglia.
Altri hanno molte meno riserve ad affermarsi con il loro messaggio radicale e a ridicolizzare i valori evangelici.

Il loro obiettivo è dare forma, in modo organizzato, ad un nuovo tipo di trinità che niente e nessuno può ancora rimettere in discussione: libertà assoluta, autonomia e autodeterminazione.
A quanto pare, oggi, questi sono gli ingredienti di una nuova religione sociale.
Come cristiani siamo allora talmente ingenui da credere di poter influenzare il dibattito con un candelabro dalla luce fioca?

Spesso adeguarsi significa fare dei compromessi con visioni e valori che non hanno niente a che vedere con il messaggio evangelico, con la visione cristiana dell’uomo e della società.
Pensiamo soltanto ai molteplici dibattiti etici che si tengono oggi, nei quali si lede la dignità intrinseca inalienabile di ogni vita, dal principio alla fine naturale.
Se ci atteniamo alla radicalità richiesta dal messaggio evangelico, saremo rapidamente esclusi o dovremo ritirarci da questi dibattiti, poiché non possiamo fare altro che ritornare all’essenziale e non accontentarci di parlare di svariate condizioni in cui l’essenziale è già stato completamente dimenticato.
I dibattiti tuttavia sono condotti a partire da una scala di valori del tutto nuova, da premesse per nulla compatibili con le fondamenta sulle quali si basano i nostri valori cristiani, rendendo così ogni dialogo impossibile.
Quando non è più possibile parlare dell’essenziale, ciò non ha più senso e non è neanche consigliabile parlare di possibili condizioni.

Alcuni ritengono che continuare a partecipare a questi dialoghi sia un tentativo di adeguamento e, per così dire, di arrivare al male minore nella situazione attuale.
In un incendio queste persone cercano di salvare qualche mobile, nonostante vedano che la casa non può essere salvata.
Questa può essere una strategia politica e indubbiamente i responsabili politici non hanno altra scelta a disposizione per far sentire ancora la loro voce, ma non può diventare l’atteggiamento di fondo e la visione dei cristiani e della Chiesa in quanto tale, poiché essi non fanno che sostenere la crescita di un maggiore relativismo.

Illuminare le oscurità. Oggi non dimostreremmo di aver coraggio continuando a dichiararci cristiani, con la radicalità richiesta dal messaggio evangelico, e di essere presenti nel mondo in modo profetico?
Si tratta quindi di continuare consapevolmente ad opporci e ad insistere sulla perdita dei valori fondamentali, sui quali sono costruiti la nostra vita e il mondo in quanto tale.

Osservate le parole di Gesù nel Vangelo: esse non sono mai velate e tiepide, ma sempre molto chiare e spesso anche contrarie alla mentalità nella quale Egli viveva.
Non siamo provocati dal libro dell’Apocalisse: «Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca» (Ap. 3, 15-16)?

Quando ci adattiamo continuamente, diciamo per non fare danni, non siamo allora come colui che nel testo viene rimproverato di essere tiepido? Conosciamo la sua sorte poco invidiabile!

Non dimentichiamo le ultime parole del vangelo di Matteo, dove Gesù ci promette di non abbandonarci: «Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt. 28, 20). Dopo tutto, è Lui e Lui soltanto che ci darà e continuerà a darci la forza necessaria per restare in piedi, anche quando le onde si infrangono violentemente attorno a noi.
Anche qui abbiamo ricevuto una parola piena di speranza da Gesù: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?» (Mc 4, 40).
La paura che coglie gli apostoli nella barca s trasformò in angoscia, potremmo dire con grande timore, e li fece gridare: «Chi è dunque costui, al quale anche il vento e il mare obbediscono?» (Mc 4, 41).
È proprio perché Egli è nella nostra vita e ci dà la forza che non possiamo fare altro che continuare ad affermarci come cristiani nel mondo e che possiamo resistere alla tentazione di raggiungere la folla, poiché questo sembra la via più facile.

Quale strada percorriamo? Affermarsi o adeguarsi: ognuno deve farsi questa domanda, ma la risposta è chiara.

da Radici Cristiane n° 151, https://www.radicicristiane.it/numeri/numero-151-marzo-2020/

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