18 gennaio 2021: in ricordo di Giovanni Cantoni

di Giovanni Formicola

Un anno fa, esattamente il 18 gennaio 2020, lasciava questa terra lo scrittore Giovanni Cantoni all’età di 82 anni (era nato a Piacenza il 23 settembre 1938). Cantoni è stato un formidabile apologeta nonché fondatore ed ex reggente nazionale di Alleanza Cattolica.

1. L’Italia tra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione
Avevo poco più di vent’anni quand’ho incontrato Giovanni Cantoni di persona per la prima volta. Già avevo letto il suo saggio del 1972, L’Italia tra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, introduttivo alla seconda edizione italiana di Rivoluzione e Contro-Rivoluzione di Plinio Corrêa de Oliveira. Cantoni era stato il primo, e a lungo l’unico, a far conoscere e divulgare in Italia sia l’autore che l’opera — fondamentale, tutt’ora insostituibile, da leggere, per farla, almeno ogni anno, diceva — e ne fu il principale traduttore. Nel suo saggio, Cantoni propone prima un’analisi della storia nazionale, dal cosiddetto Risorgimento all’allora incipiente politica detta di “compromesso storico”, cioè di compimento d’un itinerario che lo stesso autore definisce tentativo di «reinserire i comunisti nell’area di governo [dopo la loro estromissione nel 1947], e per indebolire e annullare ogni reazione a ciò contraria che provenisse dalla Gerarchia e dal popolo cattolico». Poi, e a mio avviso soprattutto, delinea i principi e l’orientamento d’un opus per la conservazione del resto, e poi per la restaurazione integrale, d’una civiltà cristiana.

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La popolarità del Papa: uno strano sondaggio di Repubblica

Per un cattolico è sempre un buon segnale quando cala la popolarità di un Papa: significa che quel Pontefice guida la barca di Pietro dove al mondo non piace.
Ma che a dirlo sia il quotidiano che più avversa la fede cattolica fa sorgere qualche sospetto… vediamo perchè.

Innanzi tutto sospetto verso chi ha fatto quel sondaggio: “Demos”, società – guarda caso – partner proprio di Repubblica e Gazzettino… come a dire che i laicisti se la cantano e se la suonano da soli.

Secondo. Per il metodo, che NON viene esplicitato e rimanda ad acronimi criptici: e quando non si dichiara qual è il campione, né come è stata svolta l’indagine, nè quali domande sono stati poste… si tratta di una cosa sola: fake news, ovvero notizie costruite a scopo politico.

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Card. Caffarra: bisogna che il popolo combatta per la legge

«Bisogna che il popolo combatta per la legge
come per le mura della città»

Una meditazione che sembra scritta oggi

[…] «Unioni gay e gender. Fossero teorie sarebbe più facile il dialogo», ci dice il cardinale. «Poiché le teorie sono ipotesi che non temono di sottoporsi alla prova di falsificazione. E invece sono ideologia. Dunque bramano solo imposizione e non voglio dialogare con chicchessia».

 

Il tramonto di una civiltà
«Io ho fatto diversi pensieri a partire da quella mozione votata al Parlamento europeo. Il primo pensiero è questo: siamo alla fine. L’Europa sta morendo. E forse non ha neanche più voglia di vivere. Poiché non c’è stata civiltà che sia sopravvissuta alla nobilitazione dell’omosessualità. Non dico all’esercizio dell’omosessualità. Dico: alla nobilitazione della omosessualità. Faccio un inciso: qualcuno potrebbe osservare che nessuna civiltà si è mai spinta ad affermare il matrimonio tra persone dello stesso sesso. E invece bisogna ricordare che la nobilitazione è stata qualcosa di più del matrimonio. Presso vari popoli l’omosessualità era un atto sacro. Infatti l’aggettivo usato dal Levitico per giudicare la nobilitazione della omosessualità attraverso il rito sacro è: “abominevole”. Rivestiva carattere sacrale presso i templi e i riti pagani».

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eBook gratis: Vita di Maria

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Il Padre Gabriele Roschini OSM è stato il più grande e il miglior mariologo del XX secolo: scrisse ca. 900 opere (la principale: "Il capolavoro di Dio") ed è da alcuni considerato il "supporto teologico" all'ultima definizione dogmatica relativa all'Assunzione del B. V. Maria.

L'eBook
"La vita di Maria"

che da oggi è scaricabile gratuitamente
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è sia un'opera spirituale che scientifica poichè, mentre confuta i numerosi errori biblici e teologici sparsi dai nemici della Vergine Santa, ne fa splendere la sua santità.

 

Con l'occasione, vi ricordiamo il link dal quale è possibile scaricare un file Excel con l'elenco degli oltre 300 eBook scaricabili gratuitamente: https://www.totustuus.it/libri-gratis_ridotto.zip

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Infine, un riassunto delle notizie segnalate negli ultimi 30 giorni:

1. Esempi da seguire:
Comunione ai divorziati: il cardinale Burke difende il Papa
card. Robert Sarah: in prima linea
Il caso: un "quasi vescovo", abbandonato da tutti ma rimasto fedele a Maria
Card. Caffarra: Il Magistero incerto si interpreta in continuità col precedente
Cardinali coraggiosi: il leone Cañizares

2. Nemici della Chiesa
Marco Pannella: un nemico della Cristianità
Pannella: campione dell'odio contro la famiglia e la vita
ISLAM: violenze nei centri d’accoglienza
Chi odia San Giovanni Paolo II?

3. Politica e Dottrina Sociale
Dopo la Cirinnà. Che fare?
Popolo della Famiglia: tutto già finito… ?
Matrimoni omosessuali: reazione cattolica ingarbugliata
Cattolici e disastro elettorale

4. Autodemolizione
Diaconesse: scivolone di una direttrice dell'Osservatore Romano
Comunione e Liberazione. Perchè è scomparsa?
Il disastro della catechesi parrocchiale
Azione cattolica: cattolici che non disturbano
Spagna come Italia: emorragia di religiosi
La TV dei Vescovi o gay.tv?
Diocesi Cuneo. Sindrome giovanilistica clericale?
La TV dei Vescovi o gay.tv?
Chiesa di Bologna: in marcia verso la povertà!

5. Magistero
Card. Burke: la Amoris laetitae non è Magistero
Rémi Brague: il paragone papale tra Corano e Vangelo
Amoris laetitiae: la confusione aumenta
Amoris laetitiae: Mons. Livi parla
Povera e invidiosa? Egualitaria e avida?
Convivenze-matrimoni: confusione-disorientamento?

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G. Barra: Restiamo in trincea

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Gianpaolo Barra: Restiamo in trincea

 

"Caro Barra,
ho letto nel Timone di novembre la lettera del signor Giuseppe V. e la sua risposta. Sono un abbonato da diversi anni e, credo, come la maggioranza dei lettori del Timone sono confuso e sbalordito (altrimenti saremmo abbonati a qualche Famiglia Cristiana).
La mia impressione è che l'imperatore non gradisce la nostra presenza nella trincea, che non ci sono più nemici, anzi che i nemici siamo noi.
E' gradita una sua risposta, anche in privato.
Sia lodato Gesù Cristo!
Igor Boban
" / e-mail

 

Caro Boban,
Le rispondo pubblicamente perchè lei solleva una questione veramente delicata che interessa i lettori del Timone.
Una premessa doverosa, che lei saprà comprendere: non si dà dell'imperatore al Santo Padre, perchè il Papa – chiunque egli sia – è il Vicario di Cristo, successore di Cristo e capo visibile della Chiesa. Così ci insegna la dottrina cattolica, proprio quella dottrina che – lo dico con dolore – non sembra essere apprezzata, purtroppo, nemmeno ai vertici più alti della nostra Santa Chiesa.

Ciò detto, la sua impressione è anche la mia.
Per quanto mi riguarda, parlo di "impressione", non di certezza. Dunque potrei sbagliarmi.

Ma a me pare sia palesemente in atto un'opera di autodemolizione della Chiesa della quale aveva già dato preoccupato avvertimento papa Paolo VI, un aspetto della quale è l'aver fatto sparire la dimensione miliante e virile dell'aspotolato cattolico.

I nostri pastori non ci mettono più in guardia dai nemici della Chiesa, che sono scomparsi dall'orizzonte della predicazione.
Così facendo, però, non solo tentano al disarmo anche quei pochi che sperimentano tutti i giorni la dimensione battagliera del cristianesimo (ridotto ormai, tra i più, a un melenso buonismo che fa rivoltare nella tomba milioni di martiri che per Cristo hanno versato il sangue), ma ci privano anche della possibilità di elevare al vertice più alto – dopo quello dovuto a Dio – il comandamento dell'amore.
Infatti, una volta seppellita la guerra tra la Donna e il serpente di gensiaca memoria (ahimè perduta), spariti dall'orizzonte i nemici di Dio, della Chiesa e della Verità, posto che il problema più grande è la sovrapproduzione di anidride carbonica e non l'allontanamento, il tradimento e financo la perdita totale della fede cattolica – la sola che salva – come si può mettere in pratica il comando di "amare il nemico"? Chi e dove sarebbe costui?

No, caro Boban, io dalla trincea non mi sposto.
Almeno fino a quando non arrivi un ordine esplicito e l'invito alla desistenza si trasformi da impressione a certezza.
Ma allora, il problema non sarà mio, ma di colui – o di coloro – che avranno dato l'ordine.
Gianpaolo Barra

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Card. Caffarra: Verità e bontà della coniugalità

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Carlo Card. Caffarra – Arcivescovo di Bologna

Lectio Magistralis Verità e bontà della coniugalità nell'ambito dell'incontro La Famiglia grembo dell'io
al Teatro Auditorium Manzoni – 12 settembre 2013

 

Vorrei intrattenermi con voi su una questione che spero il corso della riflessione dimostrerà essere una questione importante.
            Sullo sfondo del nostro discorso dimora una domanda alla quale non risponderò direttamente, ma che ci accompagnerà. La domanda è la seguente: il matrimonio è una realtà a totale disposizione degli uomini oppure ha in sé uno "zoccolo duro" indisponibile? Poiché sappiamo, senza essere studiosi di logica, che la definizione e.g. di A è la risposta alla domanda "che cosa è A?", potremmo riformulare la domanda di fondo  nel modo seguente: la definizione del matrimonio  – ciò che il matrimonio è – è esclusivamente dipendente dal consenso sociale? E' il consenso sociale che decide che cosa è il matrimonio?
            Se io ora comincio a parlarvi della verità della coniugalità, lo posso fare in quanto penso che la definizione del matrimonio, la sua intima natura, non è esclusivamente frutto del consenso sociale. Non avrebbe altrimenti senso tutta la riflessione che stiamo facendo. Alla domanda "che cosa è la coniugalità?" tutto si risolverebbe, alla fine, nel rispondere: ciò che il consenso sociale decide che sia.
           
1.         La verità della coniugalità

            Partiamo pure dal fatto attuale: è stata introdotta in molti ordinamenti statuali il riconoscimento di una "coniugalità omosessuale". Cioè: la differenziazione sessuale è irrilevante in ordine alla definizione della coniugalità. I coniugi che stabiliscono il patto coniugale possono essere anche dello stesso sesso.
            Nello stesso tempo, tuttavia, l'amicizia coniugale è pur sempre un'affezione che ha una dimensione sessuale. E' questo che distingue l'amicizia coniugale da ogni altra forma di amicizia.
            Oggettivamente – cioè: lo si pensi o non lo si pensi; lo si voglia o non lo si voglia – la definizione di coniugalità, implicata nel riconoscimento della coppia omosessuale, sconnette totalmente la medesima coniugalità dall'origine della persona umana. La coniugalità omosessuale è incapace di porre le condizioni del sorgere di una nuova vita umana. Pertanto delle due l'una: o non possiamo pensare la coniugalità nelle forma omosessuale o l'origine di nuove persone umane non ha nulla a che fare colla coniugalità.
            Proviamo a riflettere su questa sconnessione. Essa sembra contraddetta dal fatto che gli stessi ordinamenti giuridici che hanno riconosciuto la coniugalità omosessuale, hanno riconosciuto alla medesima il diritto all'adozione o al ricorso alla procreazione artificiale. Pertanto delle due l'una. O questo diritto riconosciuto fa sì che ciò che è stato cacciato dalla porta, entri dalla finestra. Cioè: esiste una percezione indistruttibile, un'evidenza del legame procreazione-coniugalità. Oppure è ritenuto eticamente neutrale il modo con cui la nuova persona umana viene introdotta nella vita. E' cioè indifferente che essa sia generata o prodotta.
            Fermiamoci un momento, per riflettere sul cammino fatto. La nostra riflessione ha fatto il seguente percorso. Mentre fino a pochi anni orsono, il termine "coniugalità" era univoco, aveva solo un significato, e veicolava la rappresentazione di una sola realtà, l'affezione sessuale fra uomo e donna, oggi il termine è diventato ambiguo, perché può significare anche una coniugalità omosessuale. Da questa ambiguità deriva una totale ed oggettiva sconnessione dell'inizio di una nuova vita umana dalla coniugalità. Questo è il percorso fatto dunque finora: (a) il termine coniugalità è stato reso ambiguo; (b) l'origine di una nuova persona umana è stata sconnessa dalla coniugalità. Riflettiamo ora un momento su questa sconnessione.
            Essa è un vero e proprio sisma nelle categorie della genealogia della persona. E' una cosa molto seria. Sono costretto dal tempo ad essere breve.
            Scompare la categoria della paternità-maternità, sostituita dalla generica categoria della genitorialità. Scompare la dimensione biologica come elemento [non unico!] costitutivo della genealogia, mentre la genealogia della persona è inscritta nella biologia della persona. Il concepimento – l'evento che ti costituisce in relazione ontologica con padre e madre – può essere un fatto puramente artificiale. La categoria della generazione diventa opzionale nel "racconto della genealogia".
            Che ne è allora della persona umana che entra nel mondo? E' una persona intimamente sola, perché privata delle relazioni che la fanno essere.
           
            L'avere percorso il cammino che molte società occidentali stanno percorrendo, ci conduce ad una conclusione. La seguente: ritenere che la coniugalità sia un termine vuoto di senso, al quale il consenso sociale può dare il significato che decide, è la devastazione del tessuto fondamentale del sociale umano: la genealogia della persona.
            E' in questo contesto culturale che dobbiamo interrogarci sulla vera natura della coniugalità; scoprire la verità della coniugalità.
            La mascolinità e la femminilità sono diversificazioni espressive della persona umana. Non è che esista una persona umana che ha un sesso maschile o femminile, ma esiste una persona umana che è uomo o donna.
            Non possiamo dimenticare neppure per un momento che il corpo non è semplicemente qualcosa di posseduto, un possesso della persona. La persona umana è il suo corpo: è una persona-corpo. Ed il corpo è la persona: è un corpo-persona.
            La femminilità/mascolinità non sono meri dati biologici. Esse configurano il volto della persona; ne sono la "forma". La persona è "formata", edificata femminilmente o mascolinamente.
            Perché esistono due "forme" di umanità, la forma maschile e la forma femminile? La S. Scrittura, che trova per altro conferma nella nostra esperienza più profonda, risponde nel modo seguente: perché ciascuno dei due possa uscire dalla sua "solitudine originaria", e realizzarsi nella comunione con l'altro [cfr. Gen 2].
            Essendo radicati nella stessa umanità, uomo e donna sono capaci al contempo di costituire una comunione di persone e di trovare in questa comunione la pienezza di sé stessi in quanto persone umane.
            Questa capacità, caratteristica dell'uomo in quanto persona, la capacità del dono di sé, ha una dimensione spirituale e corporea assieme. E' anche attraverso il corpo che l'uomo e la donna sono predisposti a formare quella comunione di persone, nella quale consiste la coniugalità. E' il corpo maschile/femminile il linguaggio non solo espressivo, ma  anche performativo della coniugalità.
            Nella coniugalità così intesa è radicata, inscritta la paternità e la maternità. E' solo nel contesto della coniugalità che la nuova persona umana può essere introdotta nell'universo dell'essere in modo adeguato alla sua dignità. Non è prodotta, ma generata. E' attesa come dono, non esigita come un diritto.
            Prima di terminare la nostra riflessione sulla verità della coniugalità, vorrei sottoporre alla vostra attenzione tre conclusioni. Esse meriterebbero di essere lungamente riflettute. Le enuncio solamente.
            La prima. Solo una tale visione della coniugalità rispetta tutta la realtà della nostra umanità; essa cioè ci introduce in una vera antropologia adeguata. Non riduce il corpo ad una realtà priva senso, che non sia quello liberamente attribuitogli dal singolo. Ma vede la persona umana come persona-corpo ed il corpo come corpo-persona, e quindi come persona-uomo e come persona-donna.
            La seconda. Una tale visione della coniugalità afferma al contempo la più alta autonomia dell'Io nel dono di sé, e l'intrinseca relazione al "diverso", nel senso più profondo del termine. La "coniugalità" [si fa per dire] omosessuale in fondo trasmette oggettivamente questo messaggio: "di metà dell'umanità non so che farne; in ordine alla più intima realizzazione di me stesso è superflua".
            La terza. Una tale visione della coniugalità radica la socialità umana nella natura stessa della persona umana: prima societas in coniugo. Prima, non in senso cronologico, ma ontologico ed assiologico. Ed impedisce la riduzione del sociale umano al contratto.

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Mons. Negri. Legge sull’omofobia: fine della democrazia?

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Mons. Luigi Negri Arcivescovo di Ferrara
Legge sull’omofobia: fine della democrazia?

 

I rappresentanti del popolo italiano si accingono a discutere in questi giorni il disegno di legge sulla omofobia. Un semplice cittadino ritiene doveroso offrire alcune linee di lettura della vicenda culturale e sociale che appare gravissima.
La libertà di coscienza, con la conseguente libertà di opinione, di scelte culturali e religiose, costituisce la base di quella sana laicità che l’occidente ha recuperato dopo secoli di fatiche, di tensioni e di violenze. E’ certamente e profondamente inesatto pensare che questo esito sia stato contestato o contrastato dalla chiesa cattolica, che invece ha dato a questo cammino il contributo di una grande tradizione di vita e magisteriale.

Il laicismo dovrebbe invece spiegarci, e non lo ha fatto finora in modo assolutamente dignitoso, perché dal suo ventre molle è fermentata, oltre al desiderio di una sana laicità, quella serie di posizioni ideologiche totalitarie, con conseguenti sistemi statali, che hanno massacrato, lungo tutto il ventesimo secolo, milioni di persone colpevoli di non aderire alle ideologie di Stato proprio in forza delle loro personalissime e liberissime convinzioni ed opinioni. Sono state massacrate a milioni, e continuano ad esserlo nelle varie parti del mondo, da ciò che rimane delle ideologie totalitarie e dalle religioni deviate. Il ventesimo secolo Robert Conquest lo ha giustamente definito “il secolo delle idee assassine".

Oggi su questa sana laicità del nostro popolo e della nostra società incombe un pericolo gravissimo. Lo Stato per difendere “una certa opzione” e i suoi sostenitori, specificamente coloro che professano teoricamente l’omosessualità e la praticano nella società, penalizza in maniera gravissima e irreversibile le altre opinioni e le altre opzioni. Per intenderci: chi continuerà a fare riferimento alla grande tradizione eterosessuale dell’occidente, che ha trovato nel magistero della chiesa cattolica e nella pratica della vita cristiana in questi secoli una grande e significativa testimonianza, rischia di essere inquisito se esprime pubblicamente le proprie convinzioni. Tanto per intenderci: i sacerdoti e i vescovi che nell’ambito delle celebrazioni liturgiche pubbliche citeranno brani di San Paolo inerenti alla scorrettezza delle posizioni omosessuali, o il Catechismo della Chiesa Cattolica o buona parte della Dottrina Sociale della Chiesa, potrebbero essere denunciati alle autorità pubbliche da zelanti omosessuali presenti.

Si profila quindi per la prima volta, a più di settant’anni dalla fine del regime fascista, il reato di opinione che evoca i tempi torbidi delle ideologie statali che sembravano superati per sempre. Tempi in cui lo Stato, scegliendo posizioni ideologiche, le imponeva o comunque sacrificava quelle non coincidenti con la sua. Questa è la situazione.
Il nostro popolo rischia di perdere quella libertà di espressione fondamentale, di scelte, di opzioni, di opinioni e di concezioni della vita che, ripeto, costituiscono il nucleo profondo dell’esperienza laicale.

Si sta forse perdendo la libertà? Non dico che è certo, dico che è possibile. E mentre la libertà corre questo rischio, in che posizione si sta mettendo la cristianità italiana? Ha dimenticato forse l’insegnamento di Giovanni Paolo II nella “Centesimus annus”? Tutte le volte che si lavora per la propria libertà si lavora per la libertà di tutti e tutte le volte che si perde o si vede ridotta la propria libertà, la si perde o la si riduce per tutti.

Mentre si avvia questo importantissimo snodo della nostra vita sociale forse vale la pena ricordare a questi nostri rappresentanti che negli ultimi tre anni sono stati più di centomila i cristiani massacrati in spregio alla libertà di coscienza nella stragrande maggioranza dei Paesi del mondo. Questi sono i problemi reali. Che la questione della difesa dell’omosessualità costituisca un problema per la nostra società è quello che aspetto di capire dalla lettura del disegno di legge e soprattutto dall’esito della discussione.

+ mons. Luigi Negri (da Libero del 25/7/2013)

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Card. Caffarra. A proposito del matrimonio tra omosessuali

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S. Em. Card. Carlo Caffarra
Arcivescovo Metropolita

Intervento a proposito delle dichiarazioni del Sindaco sul riconoscimento di matrimonio e adozioni per le coppie omosessuali

Comunicato stampa – 01 luglio 2013

 

Le affermazioni fatte dal Sindaco di Bologna riguardanti il matrimonio e diritto all'adozione per le coppie gay sono di tale gravità, che meritano qualche riflessione.

Quanto da lui profetato come ineluttabile destino del Paese a diventare definitivamente civile riconoscendo alle coppie omosessuali il  diritto alle nozze e all'adozione è una battuta a braccio che costa poco: tanto non dipende dal Sindaco. Ma ciò non toglie la gravità di tale pubblica presa di posizione da parte di chi rappresenta l'intera città. E dove mettere il cittadino che non per fobia ma con motivate ragioni ritiene matrimonio ciò che è stato definito tale fin dagli albori della civiltà o ritiene non si possa parlare di un diritto ad adottare ma del diritto di ogni bambino ad avere un padre e una madre?

Davvero questo cittadino, con la sua cultura e le sue ragioni, è da giudicare incivile e fuori dalla storia, condannato a sentirsi estraneo in casa sua, perché non riesce a stare al passo del sedicente progresso?

Naturalmente ci sarà chi, riempiendosi la bocca di laicità dello Stato (che è cosa ben più seria!), ci accuserà di voler imporre una dottrina religiosa. Ma qui non c'entra religione o partito, omofobia o discriminazione: sono i fondamentali di una civiltà estesa quanto il mondo e antica quanto la storia ad essere minati; e forse non ci si accorge dell'enormità della posta in gioco.

Affermare  che omo ed etero sono coppie equivalenti, che per la società e per i figli non fa differenza, è negare un'evidenza che a doverla spiegare vien da piangere. Siamo giunti a un tale oscuramento della ragione, da pensare che siano le leggi a stabilire la verità delle cose. Ad un tale oscuramento del bene comune da confondere i desideri degli individui coi diritti fondamentali della persona.

+ Arcivescovo di Bologna

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Il Vangelo della vita nella cultura moderna

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Card. Carlo Caffarra
Il vangelo della vita nella cultura moderna

 

1.         Vorrei iniziare col dire molto semplicemente quale è il nucleo essenziale del Vangelo della vita. Mi servo di un testo di Giovanni Paolo II. «Quale valore deve avere l’uomo davanti agli occhi del creatore, se ha meritato di avere un tanto nobile e grande redentore, se Dio ha dato il suo Figlio, affinché egli, l’uomo, non muoia ma abbia la vita eterna? In realtà, quel profondo stupore riguardo al valore e alla dignità dell’uomo si chiama evangelo, cioè la buona novella. Si chiama anche cristianesimo». [Lett. Enc. Redemptor hominis 10; EE 8, 28-29].
            Il Vangelo della vita è la bella notizia che Dio si prende cura di ogni uomo. E questa è la dimensione oggettiva, il suo contenuto espresso fin dalle prime professioni di fede nella formula: “per noi” [pro nobis – υπερ εμ?υ]. Accolta dall’uomo, ritenuta mediante la fede assolutamente vera, quella bella notizia produce nella coscienza dell’uomo non solo lode a Dio piena di gratitudine, ma anche un «profondo stupore riguardo al valore e alla dignità dell’uomo». E’ questa la dimensione soggettiva del Vangelo della vita, il suo contenuto propriamente antropologico.
            Lo stupore è la principale – Aristotele pensava fosse l’unica – sorgente della conoscenza. Lo stupore, che l’uomo vive riguardo a se stesso ogni volta che gli viene detta la bella notizia, lo spinge ad interrogarsi circa se stesso, a chiedersi: “ma, alla fine, che cosa è l’uomo perché Dio se ne prenda cura fino a questo punto?” La domanda sull’uomo quindi si trova sempre al centro della riflessione cristiana, della fides quaerens intellectum, poiché è intrinseca alla riflessione cristiana sul mistero di Dio e sul mistero della Incarnazione.
            Fin dall’inizio delle Confessioni, Agostino esprime questa tensione bi-polare. Da una parte egli si vede, e pensa l’uomo, come aliqua portio creaturae tuae [una particella, un frammento dell’universo: la stessa esperienza espressa mirabilmente da G. Leopardi in «Canto notturno di un pastore errante dell’Asia»]; ma dall’altra vede in sé, in ogni uomo, il desiderio di lodare Dio: et tamen laudare te vult homo, aliqua portio creaturae tuae [e tuttavia vuole lodarti] [cfr. Confessioni Libro primo, 1,1].
            Non voglio ora percorrere, neppure per sommi capi il percorso della scoperta che l’uomo è andato facendo di se stesso, per rispondere alla domanda: “ma chi sono per essere preso in cura da Dio stesso fino a questo punto?”. La risposta in fondo è la seguente: Dio si prende cura speciale di questa «portio aliqua creaturae suae» perché ha voluto l’uomo per Sé; lo ha destinato ed orientato a vivere eternamente con Lui. Le altre realtà create, singolarmente prese o nel loro insieme, non esistono per questo scopo. E pertanto Dio non si cura di loro colla stessa intensità con cui si cura dell’uomo.
            Egli «attribuisce una tutt’altra importanza (…) al mio piccolo io come ad ogni altro io, per piccolo che sia, poiché vuole rendere questo io eternamente beato, se il singolo è così compiacente di entrare nel cristianesimo»
[S. Kierkegaard, Postilla conclusiva non scientifica, Introduzione; in Opere, Sansoni ed., Firenze 1972, 268].
            Nel testo che ho citato sopra, Agostino scrive: «sei tu che lo stimoli a provare gioia nel lodarti, perché ci hai fatti per te, e il nostro cuore è inquieto finché non trova riposo in te». Fate bene attenzione. Non registrate questo testo, molto famoso, con quei pre-giudizi interpretativi derivati dalla nostra coscienza ammalata di psicologismo. L’affermazione del cor inquietum non ha principalmente significato psicologico, ma ontologico. Denota chi è l’uomo; denota la soggettività metafisica dell’uomo: un essere fatto da un altro, che può realizzarsi pienamente solo in Dio. S. Tommaso dirà «capax Summi Boni» [=capace di possedere il Sommo Bene] [cfr. 1, q. 93, a. 2].
            Sempre nelle Confessioni, Agostino esprimerà lo stesso pensiero in modo ancora più suggestivo «Tu mostri a sufficienza quanto grande abbia fatto la creatura razionale, alla quale, per avere pace e felicità, non basta nulla che sia meno di Te, e quindi non basta a se stessa» [Libro XIII 8, 9]
            Dio si prende cura dell’uomo perché lo chiama, lo desidera come suo compagno, amico con cui condividere la sua eterna beatitudine e la sua vita divina.
            La scoperta del senso, del fine dell’esserci dell’uomo coimplica la scoperta delle condizioni strutturali dell’uomo. Se l’uomo deve raggiungere quel fine, deve essere fatto in un certo modo: deve essere adeguato, proporzionato allo scopo. Che cosa significa tutto questo? Significa essere persona: solo la persona è tale da poter essere orientata ad un tale scopo. Essa infatti è soggetto – capace di conoscere ed amare – incorruttibile ed eterno, cioè spirituale.
            Tommaso quindi concluderà: «la persona indica ciò che di più perfetto esiste in tutta la natura, la sussistenza in una natura razionale» [1, q. 29, a. 3]. Cioè: non si può essere più che una persona. Il grande dottore della Chiesa scrive che «se Dio si è fatto uomo è stato per istruirci della dignità della natura umana» [3, q. 1, a. 2].
            In questa percezione dell’incomparabile perfezione della persona sono state viste due verità implicate.
            La prima: l’uguaglianza quanto all’essere fra le persone umane. Non si può essere persona più di un’altra. La dignità ontologica di ogni persona umana è identica.
            La seconda: essendo ciò che di più perfetto esiste, nessuna persona umana è ordinata ad un bene creato, come mezzo verso il fine o parte in funzione del tutto. Ogni persona umana è una realtà che precede lo Stato, e lo trascende. Ogni persona umana trascende l’intero universo creato sia nel suo aspetto materiale sia nella sua organizzazione sociale.

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