Card. Caffarra: distruzione ecclesiastica del matrimonio?

La comprensione della condizione in cui versa il matrimonio è oggi un compito particolarmente urgente. Da una parte, infatti, esso è entrato in una crisi istituzionale che non ha precedenti; dall’altra, essendo il matrimonio uno dei pilastri di ogni cultura, la sua crisi istituzionale non può lasciare indifferente nessuna persona pensosa dei destini dell’uomo.

A chi poi ha precise responsabilità ecclesiali e/o sociali è particolarmente urgente questo compito, perché non ci si sterilizzi in amari lamenti, ma data una diagnosi obiettiva, ciascuno si senta impegnato seriamente a far uscire il matrimonio da questa crisi.

La mia riflessione sarà molto essenziale: tanto da sembrare perfino … apodittica. Me ne scuso. Ma il poco tempo a disposizione per la nostra riflessione e l’obiettiva complessità della materia mi costringono ad un’esposizione del genere, per una sufficiente chiarezza didattica.

Enuncio subito la tesi centrale della mia riflessione.
E’ la seguente: nella post-modernità è giunto a termine il processo di de-costruzione dell’istituzione matrimoniale, così che ora ci troviamo nelle mani tanti pezzi di un edificio, che non hanno più un significato proprio, che derivava loro dell’insieme.

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L’odio per la donna del femminismo

L’odio che il femminismo, ideologia propagandistica malsana e contro natura, ha innescato nei confronti dell’uomo fin dal suo sorgere, ovvero dalla fine del XIX secolo, prosegue la sua strada distruttiva della famiglia e del vivere sociale.

(di Cristina Siccardi)

Da che mondo e mondo chi uccide è un assassino, uomo o donna che sia, invece le femministe hanno escogitato il «femminicidio», un neologismo che identifica i casi di omicidio la cui vittima è una donna, i motivi, quindi, sono basati sul sesso (uomo/donna), oggi denominato «genere» (vedasi LGBT), visto che, per queste menti antiscientifiche oltre che antinaturali, esistono multiformi tipologie del vivere la sessualità.

Il vocabolario della lingua italiana Devoto-Oli, spiega così il significato del termine «femminicidio»: «Qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuare la subordinazione e di annientare l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte».

Nell’ordinamento penale italiano il lemma ha fatto la sua comparsa con il decreto legge del 14 agosto 2013, n. 93 (convertito nella legge 15 ottobre 2013, n. 119) recante «Nuove norme per il contrasto della violenza di genere che hanno l’obiettivo di prevenire il femminicidio e proteggere le vittime».

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Santa Sede: ai genitori spetta il diritto primario di educare figli

L’arcivescovo Ivan Jurkovič è intervenuto al Consiglio per i diritti umani a Ginevra nella sessione sul diritto all’istruzione e ha ricordato l’impegno della Chiesa cattolica su questo fronte con oltre 200 mila scuole e più di mille università
Debora Donnini-Città del Vaticano

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I genitori abbiano la possibilità di scegliere le scuole che riflettono meglio i loro valori. Lo chiede l’arcivescovo Ivan Jurkovič, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali a Ginevra, nel suo intervento alla 38.ma Sessione del Consiglio per i diritti umani nella città svizzera.

No a colonizzazioni ideologiche

In un mondo globalizzato, l’istruzione ha bisogno di “praticare la grammatica del dialogo che forma l’incontro e l’apprezzamento delle diversità culturali e religiose”. Ma “un obiettivo così importante” – spiega mons. Jurkovič – non può essere raggiunto attraverso una “colonizzazione ideologica”, che trasmette “idee errate” sulla natura della società e la persona umana, che si scontrano con la saggezza dei popoli e delle religioni.

Ai genitori il diritto-dovere primario di educare i figli

Mons. Ivan Jurkovič sottolinea, quindi, che il diritto e il dovere primario e inalienabile di educare i figli spetta ai genitori.
Riconoscere questo principio significa anche la possibilità per le famiglie di scegliere le scuole che riflettono meglio i loro valori fondamentali.
Tale libertà è davvero cruciale per consentire all’istruzione di svolgere un ruolo più profondo nel progresso integrale di una data società.

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Guai al vescovo che dice la verità sull’omosessualità

Invitato in una scuola, il vescovo di Pavia, monsignor Corrado Sanguineti, ha risposto anche a domande sull’omosessualità riproponendo l’antropologia cristiana. E puntuali sono arrivati i fulmini dell’Arcigay con il solito sistema: intimidire per far tacere.

Il vescovo di Pavia, monsignor Corrado Sanguineti, ha incontrato lo scorso 7 marzo gli studenti di una scuola pubblica, l’Ipsia “Cremona”, ed ha parlato anche di omosessualità. «La tendenza omosessuale non è peccato – ha precisato il presule – ma qualcosa di disordinato rispetto all’ordine della natura. Non sarà quella la strada che ti farà felice. Ci sono anche degli omosessuali cristiani che con fatica accettano di dire ‘sono in questa condizione, non la voglio, accetto di non assecondare questo orientamento, di viverlo come un affetto, un’amicizia, di non dargli una stabilità sessuale’. Questa è una fatica, certo, la vita è fatta anche di fatica, ma c’è una situazione di omosessuali cristiani che fanno delle scelte che alla fine li rendono contenti».

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Quando la scuola la fanno i genitori

Di fronte all’impossibilità di venire ascoltati nelle scuole statali

C’è un gruppo di genitori in Vallagarina che si sta muovendo per capire se anche qui sia possibile aprire una scuola parentale.
Si tratta di un’alternativa al percorso di studi che viene proposto da scuole pubbliche o private e prevede che i genitori si assumano la responsabilità in prima persona dell’educazione dei propri figli.
In alcuni – alle nostre latitudini rari – casi si parla di homeschooling, ossia l’educazione impartita a casa dai genitori.
Più diffuse sono invece le scuole parentali, scuole libere da vincoli con lo Stato, in cui sono le famiglie associandosi a reperire fondi e docenti. (altro…)

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Un editore lancia il “progetto purezza”

(Giovanni Zenone, 7/2/2018). Il mondo in cui viviamo, tramite la TV, ma soprattutto con internet disposizione 24 ore al giorno col cellulare, attenta in modo invasivo e irresistibile alla purezza dei giovani e non solo dei giovani.
Credo che sia inutile farci illusioni: il mondo delle immagini, della musica, dei video che in media i giovani frequentano 8 ore al giorno (se n’era mai accorto?) ha una forza enorme rispetto a quel poco che fa la scuola, la parrocchia, la famiglia, nonostante tutta la buona volontà.

Chi fa formazione su questi temi oggi spaccia il permissivismo, la pornografia, la violenza, la promiscuità come valori “inclusivi” e di “apertura”. E questo capita anche in ambienti cattolici!!!
Figuriamoci in certe scuole, sia statali che formalmente cattoliche…
Conosco personalmente una scuola cattolica dove hanno suggerito un romanzo per adolescenti con scene di sesso omosessuale esplicito fin nei più triviali e vomitevoli particolari!

Fede & Cultura (https://shop.fedecultura.com/Progetto-Purezza-p100664216) da’ strumenti, conoscenze e competenze di fede e di formazione umana – da quelle più semplici per l’educazione dei bambini a quelle per adulti, catechisti e sacerdoti – che sono testate su noi stessi e sui nostri figli come genitori, come nonni, come insegnanti.

Le voglio suggerire quattro libri del chastity Project che – come hanno aiutato me e i miei figli – saranno un mezzo formidabile ed efficace per tutelare l’integrità dei suoi figli e nipoti e delle persone cui vuole del bene: (altro…)

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Femminicidio. Esiste davvero?

 Uno dei metodi per diffondere l’omosessualismo con la scusa di prevenire la “violenza di genere”.

Premesso che anche uno è troppo, occorre documentarsi e riflettere

 La calunnia del femminicidio

 Il termine “femminicidio” è stato coniato da Maria Marcela Lagarde – una femminista comunista messicana – ed è divenuto popolare per via del  film “Bordertown”, che narrava delle migliaia di donne uccise nella città messicana di Ciudad Juarez.
Secondo la teoria femminista venivano uccise in quanto donne da maschi violenti nell’indifferenza della polizia.

Secondo la realtà, Ciudad Juarez (la vecchia El Paso dei film western, oggi situata sul confine con gli Stati Uniti) è diventata il crocevia mondiale del narcotraffico e la città con più omicidi al mondo, con la polizia impotente a fermare le guerre fra i cartelli della droga.
I becchini fanno gli straordinari tutte le sere, e l’80% dei circa 10 mila omicidi sono stati a danno di uomini.
Molti di questi omicidi vengono compiuti da donne killer, attive soprattutto nel cartello Los Zetas, preferite ai killer uomini perché meno sospettabili. In una retata  nel campo di addestramento per killer di San Cristobal de la Barranca la polizia catturò molte assassine.

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La guerra della famiglia e le strategie d’azione della Chiesa

 

Pubblichiamo il testo della relazione tenuta a Piangipane (Ravenna) il 10 maggio 2017 in un evento organizzato dall’associazione “Il Seme” all’interno della Festa patronale di san Macario.

 

Attorno alla famiglia è in atto una guerra. Prima, però, di guardare negli occhi questa guerra, consideriamo brevemente l’importanza della famiglia per la Dottrina sociale della Chiesa. Da questo esame risulterà ancor meglio che si tratti di una vera e propria guerra.

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Questionario sul sesso nelle scuole

 Indagine sulla salute sessuale degli adolescenti.

  Il ministero della Salute: genitori e studenti potranno decidere di non partecipare.
 Ennesima bugia del clan Alfano? Oppure nasce il «dissenso informato»?

 Qualunque sia la risposta, le motivazioni addotte dalla Battillomo sono tutte chiaramente pretestuose: la realtà è che lo Stato vuole sempre più inserirsi nella vita delle persone.

 

«Non c’è nessuna volontà da parte del ministero di sostituirsi alle famiglie su un terreno così delicato e così importante come quello dell’educazione all’affettività e alla sessualità. Anzi la nostra convinzione è che tra famiglie e istituzioni ci dev’essere piena collaborazione».
Una premessa indispensabile, secondo Serena Battilomo, responsabile del Settore donna e soggetti vulnerabili (bambini, anziani, disabili, ecc.) del ministero della Salute, per tornare a parlare dell’Indagine nazionale sulla salute sessuale e riproduttiva degli adolescenti di cui avevamo già dato notizia il 6 luglio scorso. In quell’occasione avevamo anche dato conto di alcune perplessità emerse nell’ambito delle associazioni del Fonags (che raggruppa alcune realtà di genitori nell’ambito della scuola) a cui l’inchiesta era stata presentata in anteprima. Formule discutibili sul coito interrotto e sulla gravidanza. E poi una definizione minimalista della pillola del giorno dopo considerata semplicemente contraccettiva e non, come in realtà è, abortiva.

Ora Serena Battilomo assicura che il questionario è stato modificato proprio alla luce di quanto espresso dalle associazioni dei genitori.
Chiarita anche la questione del cosiddetto 'dissenso informato' che i genitori potranno esprimere alla luce dell’informativa diffusa in tutte le classi. «Abbiamo preferito parlare di 'dissenso' e non di 'consenso informato', perché nel secondo caso avremmo dovuto attendere la restituzione di un modulo firmato. Con il 'dissenso' invece – una volta presentato in classe il progetto e distribuito il materiale informativo – i genitori potranno esprimere la loro eventualità contrarietà alla partecipazione. Ma può essere il ragazzo stesso a decidere di non partecipare. In ogni caso siamo a disposizione per fornire tutte le informazioni sia attraverso gli insegnanti sia attraverso personale formato proprio per questa indagine».

Il 'dissenso informato' consente di non compromettere l’indagine, superando il rischio indifferenza che spesso è presente tra i genitori degli adolescenti. «Proprio perché vogliamo che questa indagine sia rappresentativa di quello che i ragazzi conoscono realmente a proposito della salute sessuale e riproduttiva – prosegue la responsabile del Settore salute della donna – vogliamo indagare anche in quell’ambito di popolazione forse meno consapevole e meno attenta ai problemi».

L’ultima indagine sul tema svolta nelle scuole risale a 17 anni fa. Ora, all’inizio dell’anno scolastico, prenderà il via il nuovo progetto che va a inquadrarsi in quel Piano nazionale sulla fertilità fortemente voluto dalla ministra Lorenzin. Si tratterà di una grande iniziativa.
In questa prima fase verranno coinvolti gli adolescenti – in particolare i sedicenni – poi toccherà agli studenti più grandi e infine agli universitari. In tutto circa ventimila studenti.

«Parlare di salute sessuale e riproduttiva è quanto mai urgente – riprende Battilomo – perché i giovani sono bombardati da informazioni a velocità della luce: i mondi dei social e di Internet riversano valanghe di dati che però non sono attenti alla gradualità con cui queste nozioni andrebbero proposte». Da qui la necessità di fare chiarezza, cercando di scoprire cosa sappiamo oggi di quello che i giovani pensano nell’ambito della sessualità e della riproduzione. Secondo l’esperta «molto poco».
Sia perché l’ultima indagine completa è dell’anno Duemila, sia perché sono cresciuti a dismisura comportamenti a rischio come alcol, droga, promiscuità sessuali.
«I giovani sanno che questi stili di vita possono incidere pesantemente sulla loro fertilità? Noi facciamo abbastanza per informarli? Eppure, per intervenire, il fatto di avere a disposizione un quadro epidemiologico nazionale rappresentativo è indispensabile».

Ma cosa significa intervenire? «Avviare un progetto di educazione nazionale all’affettività e alla sessualità in concerto con le famiglie e con la scuola. Siamo consapevoli che si tratta di un terreno a rischio, ma sarebbe colpevole da parte delle istituzioni non intervenire di fronte a una confusione crescente. Ma, lo ripeto, non faremo nulla senza il consenso delle associazioni familiari e dei genitori. Ogni passo verrà comunicato e deciso di comune accordo». E noi promettiamo fin d’ora di darne conto.

 

Luciano Moia venerdì 28 luglio 2017 per Avvenire.it

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Gay pride e processione: parla Mons. Camisasca

 Tirata d'orecchi ai preti diocesani che parlano troppo. Accoglienza delle persone con tendenze disordinate e incoraggiamento alla preghiera. Condanna dei gruppi Lgbt –  cioè del gay pride – che rifiutano e irridono la dottrina della Chiesa. La "processione riparatrice" è iniziativa di cristiani che non hanno cercato alcun dialogo col vescovo. La carità richiede sempre dialogo e confronto con chi nella Diocesi ha il carisma del pastore. La straordinaria consacrazione della Diocesi al Cuore Immacolato di Maria oscurata dalle polemiche provocate dalla processione. Ribadita la condanna degli atti di omosessualità, che «sono intrinsecamente disordinati».

 

Gay Pride e processione di riparazione a Reggio: interviene il Vescovo

di Massimo Camisasca*

REGGIO EMILIADurante i giorni in cui sono stato assente da Reggio Emilia per la preparazione e lo svolgimento dell’assemblea della Conferenza Episcopale Italiana, ho seguito naturalmente, anche se da lontano, le cronache reggiane, che hanno parlato di tensioni e incomprensioni all’interno della nostra Chiesa, talvolta anche enfatizzate e usate dalla stampa per dare un’immagine negativa della comunità ecclesiale.

Ho ricevuto lettere ed inviti, anche pressanti, perché intervenissi, in un senso o in un altro.  Ho preferito tacere, perché quando c’è confusione le parole del vescovo possono essere anch’esse utilizzate per aumentarla. Tacere non è sempre pavidità, talvolta è necessario farlo, come ha fatto Gesù davanti a Erode e Pilato (Gv 19,8-9). Poi viene il momento per parlare. Come ci insegna Qoelet, c’è un tempo per tacere e un tempo per parlare (Qo 3,7).

La prima annotazione, che è una preghiera, scaturita dall’esperienza di questi giorni, è che la nostra Chiesa deve molto maturare nella coscienza e nell’esperienza della comunione.

Ogni presbitero, diacono, persona consacrata e laico, quando parlano, rilasciano un’intervista o intraprendono un’iniziativa che coinvolge la Chiesa, devono riflettere sul fatto che le loro parole ed azioni hanno ripercussioni su tutta la comunità. Certo, ciascuno può, entro un determinato limite, agire sotto la propria responsabilità, ma la carità richiede sempre, se non vuole essere un puro nome, dialogo e confronto con chi nella Diocesi ha il carisma del pastore.

Per quanto riguarda in particolare le iniziative di queste settimane, sono contento che persone con orientamento omosessuale si trovino a pregare sotto la guida di un sacerdote e con la partecipazione di altre persone. Questa proposta non deve avere nulla a che fare con l’adesione a quei gruppi Lgbt che rifiutano e irridono la dottrina della Chiesa.

Allo stesso modo, non mi è stato chiesto nessun permesso di iniziare una processione dal sagrato della Cattedrale in riparazione alla giornata del “Gay pride”. Pure in questo caso, i fedeli cristiani hanno tutto il diritto di trovarsi a pregare, anche pubblicamente. Tutto ciò avviene già la sera della solennità del Corpus Domini o è accaduto recentemente per la bellissima occasione che ha visto 5 mila persone radunarsi nella piazza della Cattedrale per la consacrazione della Diocesi al Cuore Immacolato di Maria, evento purtroppo oscurato, nei mezzi di comunicazione, da tutte le polemiche di questi giorni, ma non penso nei cuori dei fedeli.

Per quanto riguarda coloro che provano un’attrattiva sessuale nei confronti di persone dello stesso sesso, richiamo la dottrina della Chiesa riaffermata nel recente Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC 2357-2359) e nella stessa Esortazione apostolicaAmoris Laetitia (n. 250-251).

Ogni persona ha uguale dignità, qualunque sia il suo orientamento sessuale e merita il rispetto di tutti. Deve perciò essere accolta «con rispetto, compassione, delicatezza» (CCC 2358).

Cosi non è stato talvolta in passato. È giusto perciò che la società e i credenti chiedano scusa a quanti hanno eventualmente disprezzato o messo in un angolo. Nessun atteggiamento anche solo di scherno va tollerato. «A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione» (CCC 2358, ripreso in AL 250).

Nello stesso tempo, le persone con orientamento omosessuale «sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione» (CCC 2358). Mentre ribadisco con convinzione l’affermazione del Catechismo che sostiene che «gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati» (CCC 2357), sottolineo tuttavia che questo non significa un giudizio sulle persone, ma una doverosa chiarezza riguardo al bene e al male, che è un servizio al cammino stesso del popolo cristiano.

* Vescovo di Reggio Emilia e Guastalla

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