Venerdì torna la Messa in latino

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Intervista a mons. Fisichella: «Un passo avanti, nessun tradimento del Concilio»


 
di GIUSEPPE DE CARLI
(C) Il Tempo, mercoledì 12 settembre 2007

TRA due giorni, in occasione della festa dell\’Esaltazione della Santa Croce, la liturgia romana avrà due forme (usus): quella «ordinaria» voluta da Paolo VI nel 1970 e quella «straordinaria» celebrata secondo i libri liturgici voluti da Giovanni XXIII nel 1962.

In pratica, viene reintrodotta la messa tridentina di San Pio V. Papa Benedetto XVI lo ha stabilito con un «Motu Proprio» nel luglio scorso.

La reintroduzione della messa in latino, con un rito pre-conciliare, come sarà accolta?

Non prevede sconvolgimenti o reazioni negative il vescovo Rino Fisichella, rettore magnifico della Pontificia Università Lateranense.

Monsignor Fisichella quali sono le differenze sostanziali? «Rispetto alla prassi precedente ci sono alcune novità. Prima era il vescovo che dava ai sacerdoti la possibilità, in alcune chiese particolari, di celebrare secondo il rito di San Pio V, che non è mai stato abrogato. Ora un gruppo di fedeli che avesse il desiderio di pregare con quel rito lo può chiedere direttamente al parroco che deve accogliere volentieri tale richiesta».

Rimane la questione dell\’orazione «Pro Judaeis» dove si chiede la conversione degli ebrei.

«Intanto, nel Canone c\’è un’espressione molto bella e significativa: si fa il ricordo di "Abele, il giusto" e del "sacrificio di Abramo, nostro padre nella fede". Abramo, padre dei credenti delle tre religioni monoteiste. Il "Pro Judaeis" era una preghiera del venerdì santo, ma che non potrà essere utilizzata durante il triduo pasquale».

I preti cattolici non invocheranno perciò la conversione degli ebrei?

«I preti cattolici continueranno a pregare tenendo conto che le sensibilità sono cambiate. Vorrei, però, osservare che anche in quella preghiera in latino non vi era alcuna offesa nei confronti dei fratelli ebrei. Si tratta di cogliere la matrice semantica del termine e di collocarla nella sua giusta prospettiva storica e interreligiosa».

L\’edificio liturgico è di nuovo tutto in piedi nel suo splendore: il motivo di fondo di questo recupero?

«Potrebbe essere triplice. La grande passione per la liturgia di Benedetto XVI e per il suo senso più profondo. Lo abbiamo visto anche nei giorni scorsi in Austria. Joseph Ratzinger è uno degli studiosi più acuti delle radici e della storia della liturgia. Nel contempo, il Papa ha voluto dare un segnale particolare di attenzione a quanti, nei decenni scorsi, volevano pregare col rito tridentino. Infine, è una mano tesa verso le comunità che si richiamano a monsignor Lefevre».

Non abbiamo motivo di temere? Benedetto XVI non ci farà tornare indietro? Non è una sconfessione del Concilio Vaticano II?

«Assolutamente no! Non c\’è alcun passo indietro rispetto al Concilio; anzi, può essere considerato un ulteriore passo in avanti. La prima Costituzione che i padri conciliari hanno approvato è stata "Sacrosanctum Concilium" proprio sulla liturgia».

Ci sono stati anche tanti abusi…

«Vede, gli abusi sono sempre stati marginali. Sugli abusi si può intervenire. Sulle interpretazioni di fondo è più difficile. Il Concilio non voleva abolire, voleva essere nella condizione di esprimere la bellezza della liturgia e, quindi, di poter far pregare il popolo di Dio nel migliore dei modi. Ora, se una parte dei fedeli si ritrova nella espressione liturgica del messale di San Pio V, non vedo perché, a questa parte, si debba imporre un altro messale».

Lo stesso Paolo VI concesse personalmente a Padre Pio l\’indulto per continuare a celebrare pubblicamente la santa messa secondo il rito tridentino.

«È la conferma, attraverso questi casi, che non vi è stato alcun tradimento del Concilio, ma fedeltà a una tradizione ininterrotta. Il desiderio del Papa e dei Pastori della Chiesa è quello di aiutare il più possibile i credenti a pregare nel modo in cui riescono ad esprimere maggiormente se stessi».

Eccellenza, lei celebrerà le messa tridentina di San Pio V?

«Se ne avrò l\’occasione lo farò volentieri. La messa in latino di San Pio V è quella con la quale ho iniziato le mie preghiere da bambino. Ho servito la messa da chierichetto già a sette anni. Sono cresciuto col rito in latino e quel latino è rimasto impresso nella mia memoria a caratteri di fuoco».