(Vaticano) Lettera di B. XVI ai fedeli della Cina

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LETTERA DEL SANTO PADRE

BENEDETTO XVI

AI VESCOVI, AI PRESBITERI
ALLE PERSONE CONSACRATE
E AI FEDELI LAICI
DELLA CHIESA CATTOLICA
NELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE

I PARTE

Saluto

1. Venerati confratelli Vescovi, carissimi presbiteri, persone consacrate e fedeli
tutti della Chiesa cattolica in Cina, « noi rendiamo continuamente grazie a Dio,
Padre del Signore nostro Gesù Cristo, nelle nostre preghiere per voi, per le
notizie ricevute circa la vostra fede in Cristo Gesù, e la carità che avete
verso tutti i santi, in vista della speranza che vi attende nei cieli. […] Non
cessiamo di pregare per voi e di chiedere che abbiate una piena conoscenza della
sua volontà con ogni sapienza e intelligenza spirituale, perché possiate
comportarvi in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto, portando
frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio; rafforzandovi
con ogni energia secondo la sua gloriosa potenza per poter essere forti e
pazienti in tutto » (Col 1, 3-5.9-11).

Queste parole dell\’Apostolo Paolo sono quanto mai appropriate per dare voce ai
sentimenti che, come Successore di Pietro e Pastore universale della Chiesa,
nutro nei vostri confronti. Voi sapete bene quanto siete presenti nel mio cuore
e nella mia preghiera quotidiana e quanto è profondo il rapporto di comunione
che ci unisce spiritualmente.

Scopo della Lettera

2. Desidero, pertanto, far giungere a tutti voi le espressioni della mia
fraterna vicinanza. Intensa è la gioia per la vostra fedeltà a Cristo Signore e
alla Chiesa, fedeltà che avete manifestato « a volte anche a prezzo di gravi
sofferenze »[1], poiché « per Cristo vi è stato dato il dono non solo
di credere in lui, ma anche di patire per lui » (Fil 1, 29). Tuttavia,
non manca la preoccupazione per alcuni importanti aspetti della vita ecclesiale
nel vostro Paese.

Senza pretendere di trattare ogni particolare di complesse problematiche da voi
ben conosciute, con questa Lettera vorrei offrire alcuni orientamenti in merito
alla vita della Chiesa e all\’opera di evangelizzazione in Cina, per aiutarvi a
scoprire ciò che da voi vuole il Signore e Maestro, Gesù Cristo, « la chiave, il
centro e il fine di tutta la storia umana »[2].

PRIMA PARTE

SITUAZIONE DELLA CHIESA

ASPETTI TEOLOGICI

Globalizzazione, modernità e ateismo

3. Volgendo un attento sguardo al vostro Popolo, che si è distinto fra gli altri
popoli dell\’Asia per lo splendore della sua millenaria civiltà, con tutta la sua
esperienza sapienziale, filosofica, scientifica e artistica, mi piace rilevare
come, specialmente negli ultimi tempi, esso si sia anche proiettato verso il
raggiungimento di significative mete di progresso economico-sociale, attirando
l\’interesse del mondo intero.

Come già sottolineava il mio venerato Predecessore, il Papa Giovanni Paolo II,
anche « la Chiesa cattolica, da parte sua, guarda con rispetto a questo
sorprendente slancio e a questa lungimirante progettazione di iniziative ed
offre con discrezione il proprio contributo nella promozione e nella difesa
della persona umana, dei suoi valori, della sua spiritualità e della sua
vocazione trascendente. Alla Chiesa stanno particolarmente a cuore valori ed
obiettivi che sono di primaria importanza anche per la Cina moderna: la
solidarietà, la pace, la giustizia sociale, il governo intelligente del fenomeno
della globalizzazione »[3].

La tensione verso il desiderato e necessario sviluppo economico e sociale, e la
ricerca di modernità sono accompagnate da due fenomeni diversi e contrapposti ma
da valutare ugualmente con prudenza e con positivo spirito apostolico. Da una
parte, si nota, specie tra i giovani, un crescente interesse per la dimensione
spirituale e trascendente della persona umana, con il conseguente interesse per
la religione, particolarmente per il cristianesimo. Dall\’altra parte, si
avverte, anche in Cina, la tendenza al materialismo e all\’edonismo, che dalle
grandi città si stanno diffondendo all\’interno del Paese[4].

In questo contesto, in cui siete chiamati ad operare, desidero ricordarvi quanto
il Papa Giovanni Paolo II ha sottolineato con voce forte e vigorosa: la nuova
evangelizzazione esige l\’annuncio del Vangelo [5] all\’uomo moderno, con
la consapevolezza che, come durante il primo millennio cristiano la Croce fu
piantata in Europa e durante il secondo in America e in Africa, così durante il
terzo millennio una grande messe di fede sarà raccolta nel vasto e vitale
continente asiatico[6].

« “Duc in altum” (Lc 5, 4). Questa parola risuona oggi per noi, e
ci invita a fare memoria grata del passato, a vivere con passione il presente,
ad aprirci con fiducia al futuro: “Gesù Cristo è lo stesso, ieri, oggi e
sempre!” (Eb 13, 8) »[7]. Anche in Cina la Chiesa è chiamata ad
essere testimone di Cristo, a guardare in avanti con speranza e a misurarsi —
nell\’annuncio del Vangelo — con le nuove sfide che il Popolo cinese deve
affrontare.

La Parola di Dio ci aiuta, ancora una volta, a scoprire il senso misterioso e
profondo del cammino della Chiesa nel mondo. Infatti, « una delle principali
visioni dell\’Apocalisse ha per oggetto [l\’]Agnello nell\’atto di aprire un libro,
prima chiuso con sette sigilli che nessuno era in grado di sciogliere. Giovanni
è addirittura presentato nell\’atto di piangere, perché non si trovava nessuno
degno di aprire il libro e di leggerlo (cfr Ap 5, 4). La storia rimane
indecifrabile, incomprensibile. Nessuno può leggerla. Forse questo pianto di
Giovanni davanti al mistero della storia così oscuro esprime lo sconcerto delle
Chiese asiatiche per il silenzio di Dio di fronte alle persecuzioni a cui erano
esposte in quel momento. È uno sconcerto nel quale può ben riflettersi il nostro
sbigottimento di fronte alle gravi difficoltà, incomprensioni e ostilità che
pure oggi la Chiesa soffre in varie parti del mondo. Sono sofferenze che la
Chiesa certo non si merita, così come Gesù stesso non meritò il suo supplizio.
Esse però rivelano sia la malvagità dell\’uomo, quando si abbandona alle
suggestioni del male, sia la superiore conduzione degli avvenimenti da parte di
Dio »[8].

Oggi, come ieri, annunciare il Vangelo significa annunciare e testimoniare Gesù
Cristo crocifisso e risorto, l\’Uomo nuovo, vincitore del peccato e della morte.
Egli permette agli esseri umani di entrare in una nuova dimensione, dove la
misericordia e l\’amore rivolto anche al nemico testimoniano la vittoria della
Croce su ogni debolezza e miseria umana. Anche nel vostro Paese, l\’annuncio di
Cristo crocifisso e risorto sarà possibile nella misura in cui con fedeltà al
Vangelo, nella comunione con il Successore dell\’Apostolo Pietro e con la Chiesa
universale, saprete realizzare i segni dell\’amore e dell\’unità (« come io vi ho
amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che
siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri. […] Come tu,
Padre, sei in me e io in te, siano anch\’essi in noi una cosa sola, perché il
mondo creda che tu mi hai mandato »: Gv 13, 34-35; 17, 21).

Disponibilità a un dialogo rispettoso
e costruttivo

4. Come Pastore universale della Chiesa, desidero manifestare viva riconoscenza
al Signore per la sofferta testimonianza di fedeltà, offerta dalla comunità
cattolica cinese in circostanze veramente difficili. Nello stesso tempo sento,
come mio intimo ed irrinunciabile dovere e come espressione del mio amore di
padre, l\’urgenza di confermare nella fede i cattolici cinesi e di favorire la
loro unità con i mezzi che sono propri della Chiesa.

Seguo con particolare interesse anche le vicende di tutto il Popolo cinese,
verso il quale nutro un vivo apprezzamento e sentimenti di amicizia, sino a
formulare l\’auspicio « di vedere presto instaurate vie concrete di comunicazione
e di collaborazione fra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese », poiché
« l\’amicizia si nutre di contatti, di condivisione di sentimenti nelle
situazioni liete e tristi, di solidarietà, di scambio di aiuto »[9]. Ed
è in tale prospettiva che il mio venerato Predecessore aggiungeva: « Non è un
mistero per nessuno che la Santa Sede, a nome dell\’intera Chiesa cattolica e —
credo — a vantaggio di tutta l\’umanità, auspica l\’apertura di uno spazio di
dialogo con le Autorità della Repubblica Popolare Cinese, in cui, superate le
incomprensioni del passato, si possa lavorare insieme per il bene del Popolo
cinese e per la pace nel mondo »[10].

Sono consapevole che la normalizzazione dei rapporti con la Repubblica Popolare
Cinese richiede tempo e presuppone la buona volontà delle due Parti. Dal canto
suo, la Santa Sede rimane sempre aperta alle trattative, necessarie per superare
il difficile momento presente.

Questa pesante situazione di malintesi e di incomprensione, infatti, non giova
né alle Autorità cinesi né alla Chiesa cattolica in Cina. Come ha dichiarato il
Papa Giovanni Paolo II ricordando quanto padre Matteo Ricci scriveva da Pechino[11],
« anche la Chiesa cattolica di oggi non chiede alla Cina e alle sue Autorità
politiche nessun privilegio, ma unicamente di poter riprendere il
dialogo, per giungere a una relazione intessuta di reciproco rispetto e di
approfondita conoscenza »[12]. Lo sappia la Cina: la Chiesa cattolica
ha il vivo proposito di offrire, ancora una volta, un umile e disinteressato
servizio, in ciò che le compete, per il bene dei cattolici cinesi e per quello
di tutti gli abitanti del Paese.

Per quanto concerne poi i rapporti tra la comunità politica e la Chiesa in Cina,
giova ricordare l\’illuminante insegnamento del Concilio Vaticano II che
dichiara: « La Chiesa, che, in ragione del suo ufficio e della sua competenza,
non si identifica in nessun modo con la comunità politica e non è legata a
nessun sistema politico, è ad un tempo segno e tutela della trascendenza della
persona umana ». E così continua: « Nel proprio campo, la comunità politica e la
Chiesa sono indipendenti e autonome l\’una dall\’altra. Però tutte e due, sebbene
a titolo diverso, sono al servizio della vocazione personale e sociale dei
medesimi uomini. Esse svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tutti in
maniera tanto più efficace quanto meglio entrambe coltivano una sana
collaborazione tra di loro, considerando anche le circostanze di luogo e di
tempo »[13].

Pertanto, anche la Chiesa cattolica che è in Cina ha la missione non di cambiare
la struttura o l\’amministrazione dello Stato, bensì di annunziare agli uomini il
Cristo, Salvatore del mondo, appoggiandosi — nel compimento del proprio
apostolato — sulla potenza di Dio. Come ricordavo nella mia Enciclica
Deus
caritas est
, « la Chiesa non può e non deve prendere nelle sue mani la
battaglia politica per realizzare la società più giusta possibile. Non può e non
deve mettersi al posto dello Stato. Ma non può e non deve neanche restare ai
margini nella lotta per la giustizia. Deve inserirsi in essa per la via
dell\’argomentazione razionale e deve risvegliare le forze spirituali, senza le
quali la giustizia, che sempre richiede anche rinunce, non può affermarsi e
prosperare. La società giusta non può essere opera della Chiesa, ma deve essere
realizzata dalla politica. Tuttavia l\’adoperarsi per la giustizia lavorando per
l\’apertura dell\’intelligenza e della volontà alle esigenze del bene la interessa
profondamente »[14].

Alla luce di questi irrinunciabili principi, la soluzione dei problemi esistenti
non può essere perseguita attraverso un permanente conflitto con le legittime
Autorità civili; nello stesso tempo, però, non è accettabile un\’arrendevolezza
alle medesime quando esse interferiscano indebitamente in materie che riguardano
la fede e la disciplina della Chiesa. Le Autorità civili sono ben consapevoli
che la Chiesa, nel suo insegnamento, invita i fedeli ad essere buoni cittadini,
collaboratori rispettosi e attivi del bene comune nel loro Paese, ma è altresì
chiaro che essa chiede allo Stato di garantire ai medesimi cittadini cattolici
il pieno esercizio della loro fede, nel rispetto di un\’autentica libertà
religiosa.

Comunione tra le Chiese particolari nella Chiesa universale

5. Chiesa cattolica in Cina, piccolo gregge presente ed operante nella vastità
di un immenso Popolo che cammina nella storia, come risuonano incoraggianti e
provocanti per te le parole di Gesù: « Non temere, piccolo gregge, perché al
Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno » (Lc 12, 32)! « Voi siete
il sale della terra, […] la luce del mondo »: perciò « risplenda la vostra
luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria
al vostro Padre che è nei cieli » (Mt 5, 13.14.16).

Nella Chiesa cattolica che è in Cina si fa presente la Chiesa universale, la
Chiesa di Cristo, che nel Simbolo confessiamo una, santa, cattolica ed
apostolica, vale a dire l\’universale comunità dei discepoli del Signore.

Come voi sapete, la profonda unità, che lega fra di loro le Chiese particolari
esistenti in Cina e che le pone in intima comunione anche con tutte le altre
Chiese particolari sparse per il mondo, è radicata, oltre che nella stessa fede
e nel comune Battesimo, soprattutto nell\’Eucaristia e nell\’Episcopato[15].
E l\’unità dell\’Episcopato, di cui « il Romano Pontefice, quale successore di
Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento »[16], continua
lungo i secoli mediante la successione apostolica ed è fondamento anche
dell\’identità della Chiesa di ogni tempo con la Chiesa edificata da Cristo su
Pietro e sugli altri Apostoli[17].

La dottrina cattolica insegna che il Vescovo è principio e fondamento visibile
dell\’unità nella Chiesa particolare, affidata al suo ministero pastorale[18].
Ma in ogni Chiesa particolare, affinché essa sia pienamente Chiesa, deve essere
presente la suprema autorità della Chiesa, vale a dire il Collegio episcopale
insieme con il suo Capo il Romano Pontefice, e mai senza di esso. Pertanto il
ministero del Successore di Pietro appartiene all\’essenza di ogni Chiesa
particolare dal « di dentro »[19]. Inoltre, la comunione di tutte le
Chiese particolari nell\’unica Chiesa cattolica e, quindi, l\’ordinata comunione
gerarchica di tutti i Vescovi, successori degli Apostoli, con il Successore di
Pietro, sono garanzia dell\’unità della fede e della vita di tutti i cattolici. È
perciò indispensabile, per l\’unità della Chiesa nelle singole nazioni, che ogni
Vescovo sia in comunione con gli altri Vescovi, e che tutti siano in comunione
visibile e concreta con il Papa.

Nessuno nella Chiesa è straniero, ma tutti sono cittadini dello stesso Popolo,
membri dello stesso Corpo Mistico di Cristo. Vincolo di comunione sacramentale è
l\’Eucaristia, garantita dal ministero dei Vescovi e dei presbiteri[20].

Tutta la Chiesa che è in Cina è chiamata a vivere e a manifestare questa unità
in una più ricca spiritualità di comunione, che, tenendo conto delle complesse
situazioni concrete in cui la comunità cattolica si trova, cresca anche in
un\’armonica comunione gerarchica. Pertanto, Pastori e fedeli sono chiamati a
difendere e a salvaguardare ciò che appartiene alla dottrina e alla tradizione
della Chiesa.

Tensioni e divisioni all\’interno della Chiesa: perdono e riconciliazione

6. Rivolgendosi a tutta la Chiesa con la Lettera Apostolica
Novo millennio
ineunte
, il mio venerato Predecessore, il Papa Giovanni Paolo II, affermava
che un « grande ambito in cui occorrerà esprimere un deciso impegno
programmatico, a livello di Chiesa universale e di Chiese particolari, [è]
quello della comunione
(koinonía) che incarna e manifesta l\’essenza
stessa del mistero della Chiesa. La comunione è il frutto e la manifestazione di
quell\’amore che, sgorgando dal cuore dell\’eterno Padre, si riversa in noi
attraverso lo Spirito che Gesù ci dona (cfr Rm 5, 5), per fare di tutti
noi “un cuore solo e un\’anima sola” (At 4, 32). È realizzando questa
comunione di amore che la Chiesa si manifesta come “sacramento”, ossia “segno e
strumento dell\’intima unione con Dio e dell\’unità di tutto il genere umano”. Le
parole del Signore, a questo proposito, sono troppo precise per poterne ridurre
la portata. Tante cose, anche nel nuovo secolo, saranno necessarie per il
cammino storico della Chiesa; ma se mancherà la carità (agape), tutto
sarà inutile. È lo stesso apostolo Paolo a ricordarcelo nell\’inno alla carità:
se anche parlassimo le lingue degli uomini e degli angeli, e avessimo una fede
“da trasportare le montagne”, ma poi mancassimo della carità, tutto sarebbe
“nulla” (cfr 1 Cor 13, 2). La carità è davvero il “cuore” della Chiesa »[21].

Queste indicazioni, che riguardano la natura stessa della Chiesa universale,
hanno un particolare significato per la Chiesa che è in Cina. A voi, infatti,
non sfuggono i problemi, che essa sta affrontando per superare — al suo interno
e nei suoi rapporti con la società civile cinese — tensioni, divisioni e
recriminazioni.

A questo proposito, già l\’anno scorso, parlando della Chiesa nascente, ebbi modo
di ricordare che « la comunità dei discepoli conosce fin dagli inizi non solo la
gioia dello Spirito Santo, la grazia della verità e dell\’amore, ma anche la
prova, costituita soprattutto dai contrasti circa le verità di fede, con le
conseguenti lacerazioni della comunione. Come la comunione dell\’amore esiste sin
dall\’inizio e vi sarà fino alla fine (cfr 1 Gv 1, 1ss), così purtroppo
fin dall\’inizio subentra anche la divisione. Non dobbiamo meravigliarci che essa
esista anche oggi […]. Quindi c\’è sempre il pericolo, nelle vicende del mondo
e anche nelle debolezze della Chiesa, di perdere la fede, e così anche di
perdere l\’amore e la fraternità. È quindi un preciso dovere di chi crede alla
Chiesa dell\’amore e vuol vivere in essa, riconoscere anche questo pericolo »[22].

La storia della Chiesa ci insegna, poi, che non si esprime un\’autentica
comunione senza un travagliato sforzo di riconciliazione[23]. Infatti,
la purificazione della memoria, il perdono di chi ha fatto del male, la
dimenticanza dei torti subiti e la rappacificazione dei cuori nell\’amore, da
realizzare nel nome di Gesù crocifisso e risorto, possono esigere il superamento
di posizioni o visioni personali, nate da esperienze dolorose o difficili, ma
sono passi urgenti da compiere per accrescere e manifestare i legami di
comunione tra i fedeli e i Pastori della Chiesa in Cina.

Perciò, già il mio venerato Predecessore vi aveva rivolto, a più riprese, un
pressante invito al perdono e alla riconciliazione. Al riguardo, mi piace
richiamare un passo del messaggio che egli vi inviò all\’approssimarsi dell\’Anno
Santo del 2000: « Preparandovi alla celebrazione del Grande Giubileo, ricordate
che nella tradizione biblica un tale momento ha sempre portato con sé l\’obbligo
di condonare i debiti gli uni agli altri, di riparare le ingiustizie commesse e
di riconciliarsi con il vicino. Anche a voi è stata annunciata la “grande gioia
preparata per tutti i popoli”: l\’amore e la misericordia del Padre, la
Redenzione operata in Cristo. Nella misura in cui voi stessi sarete disponibili
ad accettare tale gioioso annuncio, potrete trasmetterlo, con la vostra vita, a
tutti gli uomini e le donne che vi sono accanto. E il mio desiderio più ardente
è che assecondiate gli interiori suggerimenti dello Spirito Santo perdonandovi
gli uni gli altri tutto ciò che deve essere perdonato, avvicinandovi l\’uno
all\’altro, accettandovi reciprocamente, superando le barriere per andare al di
là di tutto ciò che può dividervi. Non dimenticate la parola di Gesù durante
l\’Ultima Cena: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete
amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 35). Ho appreso con gioia che volete
offrire, come dono più prezioso per la celebrazione del Grande Giubileo, l\’unità
tra di voi e con il Successore di Pietro. Un tale proposito non può che essere
frutto dello Spirito, che conduce la Sua Chiesa sui non facili cammini della
riconciliazione e dell\’unità »[24].

Tutti siamo consapevoli del fatto che questo cammino non potrà compiersi
dall\’oggi al domani, ma siate certi che la Chiesa intera eleverà un\’insistente
preghiera per voi a tale scopo.

Tenete inoltre presente che il vostro cammino di riconciliazione è sostenuto
dall\’esempio e dalla preghiera di tanti « testimoni della fede » che hanno
sofferto e hanno perdonato, offrendo la loro vita per l\’avvenire della Chiesa
cattolica in Cina. La loro stessa esistenza rappresenta una permanente
benedizione per voi presso il Padre celeste e la loro memoria non mancherà di
produrre frutti abbondanti.

Comunità ecclesiali e organismi statali:

rapporti da vivere nella verità e nella
carità

7. Un\’attenta analisi della già menzionata dolorosa situazione di forti
contrasti (cfr n. 6), che vede coinvolti fedeli laici e Pastori, mette in
evidenza, tra le varie cause, il ruolo significativo svolto da organismi, che
sono stati imposti come principali responsabili della vita della comunità
cattolica. Ancora oggi, infatti, il riconoscimento da parte di detti organismi è
il criterio per dichiarare una comunità, una persona o un luogo religioso,
legali e quindi « ufficiali ». Tutto questo ha causato divisioni sia tra il
clero sia tra i fedeli. È una situazione, che dipende soprattutto da fattori
esterni alla Chiesa, ma che ne ha condizionato seriamente il cammino, dando
adito anche a sospetti, accuse reciproche e denunce, e che continua ad essere
una sua preoccupante debolezza.

Per quanto riguarda la delicata questione dei rapporti da intrattenere con gli
organismi dello Stato, è particolarmente illuminante l\’invito del Concilio
Vaticano II a seguire la parola e il modo di agire di Gesù Cristo. Egli infatti,
« non volendo essere un messia politico e dominatore con la forza[25],
preferì chiamarsi Figlio dell\’Uomo, venuto “per servire e dare la propria vita
in riscatto per molti” (Mc 10, 45). Si presentò come il perfetto Servo di
Dio[26], che “non spezzerà la canna infranta e non spegnerà il
lucignolo fumigante” (Mt 12, 20). Riconobbe l\’autorità civile e i suoi
diritti, comandando di pagare il tributo a Cesare; ammonì però chiaramente che
vanno rispettati i superiori diritti di Dio: “Rendete dunque a Cesare quello che
è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio” (Mt 22, 21). Infine completò la
sua rivelazione consumando sulla croce l\’opera della redenzione, con la quale
meritare agli uomini la salvezza e la vera libertà. Rese testimonianza alla
verità[27], ma non volle imporla con la forza ai contestatori. Il suo
Regno non si difende con la spada[28], ma si stabilisce testimoniando
ed ascoltando la Verità, e si dilata con l\’amore, con il quale Cristo, esaltato
sulla Croce, attira a sé gli uomini (cfr Gv 12, 32) »[29].

Verità e amore sono le due colonne portanti della vita della comunità cristiana.
Per questo motivo ricordavo che « la Chiesa dell\’amore è anche la Chiesa della
verità, intesa anzitutto come fedeltà al Vangelo affidato dal Signore Gesù ai
suoi. […] Ma la famiglia dei figli di Dio, per vivere nell\’unità e nella pace,
ha bisogno di chi la custodisca nella verità e la guidi con discernimento
sapiente e autorevole: è ciò che è chiamato a fare il ministero degli Apostoli.
E qui arriviamo ad un punto importante. La Chiesa è tutta dello Spirito, ma ha
una struttura, la successione apostolica, cui spetta la responsabilità di
garantire il permanere della Chiesa nella verità donata da Cristo, dalla quale
viene anche la capacità dell\’amore. […] Gli Apostoli e i loro successori sono
pertanto i custodi e i testimoni autorevoli del deposito della verità consegnato
alla Chiesa, come sono anche i ministri della carità: due aspetti che vanno
insieme. […] La verità e l\’amore sono due volti dello stesso dono, che viene
da Dio e che grazie al ministero apostolico è custodito nella Chiesa e ci
raggiunge fino al nostro presente! »[30].

Perciò il Concilio Vaticano II sottolinea che « il rispetto e l\’amore devono
estendersi anche a coloro che pensano o agiscono diversamente da noi nelle cose
sociali, politiche e persino religiose, poiché quanto più con onestà e carità
saremo intimamente comprensivi verso il loro modo di pensare, tanto più
facilmente potremo instaurare il dialogo con loro ». Ma, ci ammonisce il
medesimo Concilio, « questa carità e amabilità non devono in alcun modo renderci
indifferenti verso la verità e il bene »[31].

Considerando « il disegno originario di Gesù »[32], risulta evidente
che la pretesa di alcuni organismi, voluti dallo Stato ed estranei alla
struttura della Chiesa, di porsi al di sopra dei Vescovi stessi e di guidare la
vita della comunità ecclesiale, non corrisponde alla dottrina cattolica, secondo
la quale la Chiesa è « apostolica », come ha ribadito anche il Concilio Vaticano
II. La Chiesa è apostolica « per la sua origine, essendo costruita sul
“fondamento degli Apostoli” (Ef 2, 20); per il suo insegnamento,
che è quello stesso degli Apostoli; per la sua struttura, in quanto
istruita, santificata e governata, fino al ritorno di Cristo, dagli Apostoli,
grazie ai loro successori, i Vescovi, in comunione con il successore di Pietro
»[33]. Pertanto, in ogni singola Chiesa particolare, solo « il Vescovo
diocesano pasce nel nome del Signore il gregge a lui affidato come Pastore
proprio, ordinario e immediato » [34] e, a livello nazionale, soltanto
una legittima Conferenza Episcopale può formulare orientamenti pastorali, validi
per l\’intera comunità cattolica del Paese interessato[35].

Anche la dichiarata finalità dei suddetti organismi di attuare « i principi di
indipendenza e autonomia, autogestione e amministrazione democratica della
Chiesa »[36], è inconciliabile con la dottrina cattolica, che fin dagli
antichi Simboli di fede professa la Chiesa « una, santa, cattolica e apostolica
».

Alla luce dei principi suesposti, i Pastori e i fedeli laici ricorderanno che la
predicazione del Vangelo, la catechesi e l\’opera caritativa, l\’azione liturgica
e cultuale, nonché tutte le scelte pastorali, competono unicamente ai Vescovi
insieme con i loro sacerdoti nella continuità permanente della fede, trasmessa
dagli Apostoli nelle Sacre Scritture e nella Tradizione, e perciò non possono
essere soggette a nessuna interferenza esterna.

Attesa tale difficile situazione, non pochi membri della comunità cattolica si
domandano se il riconoscimento da parte delle Autorità civili — necessario per
operare pubblicamente — comprometta in qualche modo la comunione con la Chiesa
universale. So bene che questa problematica inquieta dolorosamente il cuore dei
Pastori e dei fedeli. Al riguardo ritengo, in primo luogo, che la doverosa e
strenua salvaguardia del deposito della fede e della comunione sacramentale e
gerarchica non si opponga, di per sé, al dialogo con le Autorità circa quegli
aspetti della vita della comunità ecclesiale che ricadono nell\’ambito civile.
Non si vedono poi particolari difficoltà per l\’accettazione del riconoscimento
concesso dalle Autorità civili, a condizione che esso non comporti la negazione
di principi irrinunciabili della fede e della comunione ecclesiastica. In non
pochi casi concreti, però, se non quasi sempre, nella procedura di
riconoscimento intervengono organismi che obbligano le persone coinvolte ad
assumere atteggiamenti, a porre gesti e a prendere impegni che sono contrari ai
dettami della loro coscienza di cattolici. Comprendo, perciò, come in tali varie
condizioni e circostanze sia difficile determinare la scelta corretta da fare.
Per questo motivo la Santa Sede, dopo avere riaffermato i principi, lascia la
decisione al singolo Vescovo che, sentito il suo presbiterio, è meglio in grado
di conoscere la situazione locale, di soppesare le concrete possibilità di
scelta e di valutare le eventuali conseguenze all\’interno della comunità
diocesana. Potrebbe darsi che la decisione finale non incontri il consenso di
tutti i sacerdoti e i fedeli. Mi auguro, tuttavia, che essa venga accolta, anche
se con sofferenza, e che si mantenga l\’unità della comunità diocesana col
proprio Pastore.

Sarà bene, infine, che Vescovi e presbiteri, con vero cuore di pastori, si
adoperino in tutti i modi per non dare adito a situazioni di scandalo, cogliendo
le occasioni per formare la coscienza dei fedeli, con particolare attenzione ai
più deboli: il tutto sarà vissuto nella comunione e nella comprensione fraterna,
evitando giudizi e condanne reciproche. Anche in questo caso si deve tener
presente che, specialmente in assenza di un vero spazio di libertà, per valutare
la moralità di un atto occorre conoscere con particolare cura le reali
intenzioni della persona interessata, oltre alla mancanza oggettiva. Ogni caso
dovrà essere, quindi, vagliato singolarmente, tenendo conto delle circostanze.

L\’Episcopato cinese

8. Nella Chiesa, Popolo di Dio, solo ai sacri ministri, debitamente ordinati
dopo un\’adeguata istruzione e formazione, spetta l\’esercizio dell\’ufficio di «
insegnare, santificare e governare ». Fedeli laici possono, con la missione
canonica da parte del Vescovo, svolgere un utile ministero ecclesiale di
trasmissione della fede.

Negli anni recenti, per varie cause, voi, Fratelli nell\’episcopato, avete
incontrato difficoltà, poiché persone non « ordinate », e a volte anche non
battezzate, controllano e prendono decisioni circa importanti questioni
ecclesiali, inclusa la nomina dei Vescovi, in nome di vari organismi statali. Di
conseguenza, si è assistito a uno svilimento dei ministeri petrino ed episcopale
in forza di una visione della Chiesa, secondo la quale il Sommo Pontefice, i
Vescovi e i sacerdoti, rischiano di diventare di fatto persone senza ufficio e
senza potere. Invece, come si diceva, i ministeri petrino ed episcopale sono
elementi essenziali e integrali della dottrina cattolica sulla struttura
sacramentale della Chiesa. Questa natura della Chiesa è un dono del Signore
Gesù, perché « è lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti,
altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i
fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo,
finché arriviamo tutti all\’unità della fede e della conoscenza del Figlio di
Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità
di Cristo » (Ef 4, 11-13).

La comunione e l\’unità — mi sia consentito di ripeterlo (cfr n. 5) — sono
elementi essenziali e integrali della Chiesa cattolica: pertanto il progetto di
una Chiesa « indipendente », in ambito religioso, dalla Santa Sede è
incompatibile con la dottrina cattolica.

Sono consapevole delle gravi difficoltà, alle quali dovete far fronte nella
suddetta situazione per mantenervi fedeli a Cristo, alla sua Chiesa e al
Successore di Pietro. Ricordandovi che — come già affermava san Paolo (cfr Rm
8, 35-39) — nessuna difficoltà può separarci dall\’amore di Cristo, nutro la
fiducia che saprete fare tutto il possibile, confidando nella grazia del
Signore, per salvaguardare l\’unità e la comunione ecclesiale anche a costo di
grandi sacrifici.

Molti membri dell\’Episcopato cinese, che in questi ultimi decenni hanno guidato
la Chiesa, hanno offerto, e offrono, alle proprie comunità e alla Chiesa
universale una luminosa testimonianza. Ancora una volta, sgorga dal cuore un
inno di lode e di ringraziamento al « Pastore supremo » del gregge (1 Pt
5, 4): non si può infatti dimenticare che molti di loro hanno subito la
persecuzione e sono stati impediti nell\’esercizio del loro ministero, e alcuni
di loro hanno reso feconda la Chiesa con l\’effusione del proprio sangue. I nuovi
tempi e la conseguente sfida della nuova evangelizzazione pongono in risalto la
funzione del ministero episcopale. Come diceva Giovanni Paolo II ai Pastori di
ogni parte del mondo convenuti a Roma per la celebrazione del Giubileo, « il
Pastore è il primo responsabile e animatore della comunità ecclesiale sia
nell\’esigenza di comunione che nella proiezione missionaria. Di fronte al
relativismo e al soggettivismo che inquinano tanta parte della cultura
contemporanea, i Vescovi sono chiamati a difendere e promuovere l\’unità
dottrinale dei loro fedeli. Solleciti per ogni situazione in cui la fede è
smarrita o ignorata, essi si adoperano con tutte le forze in favore
dell\’evangelizzazione, preparando a tal fine sacerdoti, religiosi e laici e
mettendo a disposizione le necessarie risorse »[37].

Nella medesima occasione il mio venerato Predecessore ricordava che « il
Vescovo, successore degli Apostoli, è uno per il quale Cristo è tutto. Con Paolo
egli può ripetere ogni giorno: “Per me vivere è Cristo… (Fil 1, 21)”.
Questo egli deve testimoniare con tutto il suo comportamento. Il Concilio
Vaticano II insegna: “I Vescovi devono compiere il loro dovere apostolico come
testimoni di Cristo davanti a tutti gli uomini” (Decr.
Christus Dominus
,
11) »[38].

Riguardo poi al servizio episcopale, colgo l\’occasione per ricordare quanto
dicevo recentemente: « I Vescovi hanno la prima responsabilità di edificare la
Chiesa come famiglia di Dio e come luogo di aiuto vicendevole e di
disponibilità. Per poter compiere questa missione, avete ricevuto, con la
consacrazione episcopale, tre peculiari uffici: il munus docendi, il
munus sanctificandi
e il munus regendi, che nel loro insieme
costituiscono il munus pascendi. In particolare, la finalità del munus
regendi
è la crescita nella comunione ecclesiale, cioè la costruzione di una
comunità concorde nell\’ascolto dell\’insegnamento degli apostoli, nella frazione
del pane, nelle preghiere e nell\’unione fraterna. Strettamente congiunto con gli
uffici di insegnare e di santificare, quello di governare — il munus regendi
appunto — costituisce per il Vescovo un autentico atto di amore verso Dio e
verso il prossimo che si esprime nella carità pastorale »[39].

Come avviene nel resto del mondo, anche in Cina la Chiesa è governata da Vescovi
che, mediante l\’ordinazione episcopale a loro conferita da altri Vescovi
validamente ordinati, hanno ricevuto, insieme con l\’ufficio di santificare, pure
gli uffici di insegnare e di governare il popolo loro affidato nelle rispettive
Chiese particolari, con una potestà che viene conferita da Dio mediante la
grazia del sacramento dell\’Ordine. Gli uffici di insegnare e di governare, però,
« per loro natura, non possono essere esercitati se non nella comunione
gerarchica con il Capo e con i membri del Collegio » dei Vescovi[40].
Infatti — precisa il medesimo Concilio Vaticano II — « una persona viene
costituita membro del Corpo episcopale in virtù della consacrazione sacramentale
e della comunione gerarchica con il Capo e con i membri del Collegio »[41].

Attualmente, tutti i Vescovi della Chiesa cattolica in Cina sono figli del
Popolo cinese. Nonostante molte e gravi difficoltà, la Chiesa cattolica in Cina,
per una particolare grazia dello Spirito Santo, non è stata mai privata del
ministero di legittimi Pastori che hanno conservato intatta la successione
apostolica. Dobbiamo ringraziare il Signore per questa presenza costante e
sofferta di Vescovi, che hanno ricevuto l\’ordinazione episcopale in conformità
con la tradizione cattolica, vale a dire in comunione con il Vescovo di Roma,
Successore di Pietro, e per mano di Vescovi, validamente e legittimamente
ordinati, nell\’osservanza del rito della Chiesa cattolica.

Alcuni di essi, non volendo sottostare a un indebito controllo, esercitato sulla
vita della Chiesa, e desiderosi di mantenere una piena fedeltà al Successore di
Pietro e alla dottrina cattolica, si sono visti costretti a farsi consacrare
clandestinamente. La clandestinità non rientra nella normalità della vita della
Chiesa, e la storia mostra che Pastori e fedeli vi fanno ricorso soltanto nel
sofferto desiderio di mantenere integra la propria fede e di non accettare
ingerenze di organismi statali in ciò che tocca l\’intimo della vita della
Chiesa. Per tale motivo la Santa Sede auspica che questi legittimi Pastori
possano essere riconosciuti come tali dalle Autorità governative anche per gli
effetti civili — in quanto necessari — e che i fedeli tutti possano esprimere
liberamente la propria fede nel contesto sociale in cui si trovano a vivere.

Altri Pastori, invece, sotto la spinta di circostanze particolari hanno
acconsentito a ricevere l\’ordinazione episcopale senza il mandato pontificio ma,
in seguito, hanno chiesto di poter essere accolti nella comunione con il
Successore di Pietro e con gli altri Fratelli nell\’episcopato. Il Papa,
considerando la sincerità dei loro sentimenti e la complessità della situazione,
e tenendo presente il parere dei Vescovi viciniori, in virtù della propria
responsabilità di Pastore universale della Chiesa ha concesso ad essi il pieno e
legittimo esercizio della giurisdizione episcopale. Questa iniziativa del Papa
nasceva dalla conoscenza delle particolari circostanze della loro ordinazione e
dalla sua profonda preoccupazione pastorale di favorire il ristabilimento di una
piena comunione. Purtroppo, il più delle volte, i sacerdoti e i fedeli non sono
stati adeguatamente informati dell\’avvenuta legittimazione del loro Vescovo, e
ciò ha dato luogo a non pochi e gravi problemi di coscienza. Per di più, alcuni
Vescovi legittimati non hanno posto gesti, che comprovassero chiaramente
l\’avvenuta legittimazione. Per questo motivo è indispensabile che, per il bene
spirituale delle comunità diocesane interessate, l\’avvenuta legittimazione possa
essere resa di pubblico dominio a tempi brevi e che i Presuli legittimati
pongano sempre di più gesti inequivocabili di piena comunione con il Successore
di Pietro.

Non mancano infine alcuni Vescovi — in un numero molto ridotto — che sono stati
ordinati senza il mandato pontificio e non hanno chiesto, o non hanno ancora
ottenuto, la necessaria legittimazione. Secondo la dottrina della Chiesa
cattolica essi sono da ritenere illegittimi, ma validamente ordinati, qualora ci
sia la certezza che hanno ricevuto l\’ordinazione da Vescovi validamente ordinati
e che è stato rispettato il rito cattolico dell\’ordinazione episcopale. Essi
pertanto, pur non essendo in comunione con il Papa, esercitano validamente il
loro ministero nell\’amministrazione dei sacramenti, anche se in modo
illegittimo. Quale grande ricchezza spirituale ne deriverebbe per la Chiesa in
Cina se, in presenza delle necessarie condizioni, anche questi Pastori
pervenissero alla comunione con il Successore di Pietro e con tutto l\’Episcopato
cattolico! Non solo sarebbe legittimato il loro ministero episcopale, ma anche
risulterebbe più ricca la loro comunione con i sacerdoti e con i fedeli che
considerano la Chiesa in Cina parte della Chiesa cattolica, unita con il Vescovo
di Roma e con tutte le altre Chiese particolari sparse per il mondo.

Nelle singole nazioni tutti i Vescovi legittimi costituiscono una Conferenza
Episcopale, retta secondo uno statuto proprio che, a norma del diritto canonico,
deve essere approvato dalla Sede Apostolica. Tale Conferenza Episcopale esprime
la comunione fraterna di tutti i Vescovi di una nazione e tratta le questioni
dottrinali e pastorali, che sono rilevanti per l\’intera comunità cattolica nel
Paese, senza però interferire nell\’esercizio della potestà ordinaria e immediata
di ogni Vescovo nella sua diocesi propria. Inoltre, ogni Conferenza Episcopale
mantiene opportuni e utili contatti con le Autorità civili del luogo, anche per
favorire la collaborazione tra la Chiesa e lo Stato, ma è ovvio che una
Conferenza Episcopale non può essere sottoposta a nessuna Autorità civile nelle
questioni di fede e di vita secondo la fede (fides et mores, vita
sacramentale), che sono esclusivamente di competenza della Chiesa.

Alla luce dei principi sopra esposti, l\’attuale Collegio dei Vescovi Cattolici
di Cina [42] non può essere riconosciuto come Conferenza Episcopale
dalla Sede Apostolica: non ne fanno parte i Vescovi « clandestini », cioè non
riconosciuti dal Governo, che sono in comunione con il Papa; include Presuli,
che sono tuttora illegittimi, ed è retta da Statuti, che contengono elementi
inconciliabili con la dottrina cattolica.

Nomina dei Vescovi

9. Com\’è noto a tutti voi, uno dei problemi più delicati nei rapporti della
Santa Sede con le Autorità del vostro Paese è la questione delle nomine
episcopali. Da un lato, si può comprendere che le Autorità governative siano
attente alla scelta di coloro che svolgeranno l\’importante ruolo di guide e di
pastori delle comunità cattoliche locali, attesi i risvolti sociali che — in
Cina come nel resto del mondo — tale funzione ha anche nel campo civile.
Dall\’altro lato, la Santa Sede segue con speciale cura la nomina dei Vescovi
poiché questa tocca il cuore stesso della vita della Chiesa in quanto la nomina
dei Vescovi da parte del Papa è garanzia dell\’unità della Chiesa e della
comunione gerarchica. Per questo motivo il Codice di Diritto Canonico (cfr
can.
1382
) stabilisce gravi sanzioni sia per il Vescovo che conferisce liberamente
l\’ordinazione episcopale senza mandato apostolico sia per colui che la riceve:
tale ordinazione rappresenta infatti una dolorosa ferita alla comunione
ecclesiale e una grave violazione della disciplina canonica.

Il Papa, quando concede il mandato apostolico per l\’ordinazione di un Vescovo,
esercita la sua suprema autorità spirituale: autorità ed intervento, che
rimangono nell\’ambito strettamente religioso. Non si tratta quindi di
un\’autorità politica, che si intromette indebitamente negli affari interni di
uno Stato e ne lede la sovranità.

La nomina di Pastori per una determinata comunità religiosa è intesa, anche in
documenti internazionali, come un elemento costitutivo del pieno esercizio del
diritto alla libertà religiosa[43]. La Santa Sede amerebbe essere
completamente libera nella nomina dei Vescovi[44]; pertanto,
considerando il recente cammino peculiare della Chiesa in Cina, auspico che si
trovi un accordo con il Governo per risolvere alcune questioni riguardanti sia
la scelta dei candidati all\’episcopato sia la pubblicazione della nomina dei
Vescovi sia il riconoscimento — agli effetti civili in quanto necessari — del
nuovo Vescovo da parte delle Autorità civili.

Infine, quanto alla scelta dei candidati all\’episcopato, pur conoscendo le
vostre difficoltà al riguardo, desidero ricordare la necessità che essi siano
sacerdoti degni, rispettati ed amati dai fedeli, e modelli di vita nella fede, e
che posseggano una certa esperienza nel ministero pastorale e siano perciò più
adeguati a far fronte alla pesante responsabilità di Pastore della Chiesa[45].
Qualora in una diocesi fosse impossibile trovare candidati adatti per la
provvista della sede episcopale, la collaborazione con i Vescovi delle diocesi
limitrofe può aiutare a individuare candidati idonei.

SECONDA PARTE

ORIENTAMENTI DI VITA PASTORALE

Sacramenti, governo delle diocesi,
parrocchie

10. Negli ultimi tempi sono emerse difficoltà, legate ad iniziative individuali
di Pastori, di sacerdoti e di fedeli laici, che, mossi da generoso zelo
pastorale, non sempre hanno rispettato i compiti o la responsabilità altrui.

A questo proposito il Concilio Vaticano II ci ricorda che, se da un lato i
singoli Vescovi « in quanto membri del Collegio episcopale e legittimi
successori degli Apostoli, sono tenuti, per istituzione e precetto di Cristo, ad
avere una sollecitudine per tutta la Chiesa », dall\’altro lato essi « esercitano
il loro governo pastorale sopra la porzione del Popolo di Dio che è stata loro
affidata, non sopra le altre Chiese né sopra la Chiesa universale »[46].

Inoltre, di fronte a certe problematiche emerse in varie comunità diocesane
durante gli ultimi anni, mi sembra doveroso ricordare la norma canonica secondo
cui ogni chierico deve essere incardinato in una Chiesa particolare o in un
Istituto di vita consacrata e deve esercitare il proprio ministero in comunione
con il Vescovo Diocesano. Solo per giusti motivi un chierico può esercitare il
ministero in un\’altra diocesi, ma sempre con il previo accordo dei due Vescovi
Diocesani, cioè di quello della Chiesa particolare in cui è incardinato e di
quello della Chiesa particolare al cui servizio è destinato[47].

In non poche circostanze, poi, vi siete posti il problema della concelebrazione
dell\’Eucaristia. Al riguardo, ricordo che essa presuppone, come condizioni, la
professione della stessa fede e la comunione gerarchica con il Papa e con la
Chiesa universale. Pertanto è lecito concelebrare con Vescovi e con sacerdoti
che sono in comunione con il Papa, anche se sono riconosciuti dalle Autorità
civili e mantengono un rapporto con organismi, voluti dallo Stato ed estranei
alla struttura della Chiesa, purché — come si è detto sopra (cfr n. 7, capov. 8º)
— il riconoscimento e il rapporto non comportino la negazione di principi
irrinunciabili della fede e della comunione ecclesiastica.

Anche i fedeli laici, che sono animati da un sincero amore per Cristo e per la
Chiesa, non devono esitare a partecipare all\’Eucaristia, celebrata da Vescovi e
da sacerdoti che sono in piena comunione con il Successore di Pietro e sono
riconosciuti dalle Autorità civili. Lo stesso vale per tutti gli altri
sacramenti.

Sempre alla luce dei principi della dottrina cattolica devono essere risolti i
problemi che sorgono con quei Vescovi, che sono stati consacrati senza il
mandato pontificio, sia pure nel rispetto del rito cattolico dell\’ordinazione
episcopale. La loro ordinazione — come ho già detto (cfr n. 8, capov. 12º)
— è illegittima ma valida, così come sono valide le ordinazioni sacerdotali da
loro conferite e sono validi anche i sacramenti amministrati da tali Vescovi e
sacerdoti. Pertanto i fedeli, tenendo presente ciò, per la celebrazione
eucaristica e per gli altri sacramenti devono, nella misura del possibile,
cercare Vescovi e sacerdoti che sono in comunione con il Papa: tuttavia, quando
ciò non fosse realizzabile senza loro grave incomodo, possono, per esigenza del
loro bene spirituale, rivolgersi anche a coloro che non sono in comunione con il
Papa.

Reputo infine opportuno attirare la vostra attenzione su quanto la legislazione
canonica prevede per aiutare i Vescovi Diocesani ad assolvere il proprio compito
pastorale. Ogni Vescovo Diocesano è invitato a servirsi di indispensabili
strumenti di comunione e di collaborazione all\’interno della comunità cattolica
diocesana: la curia diocesana, il consiglio presbiterale, il collegio dei
consultori, il consiglio pastorale diocesano e il consiglio diocesano per gli
affari economici. Questi organismi esprimono la comunione, favoriscono la
condivisione delle responsabilità comuni e sono di grande aiuto ai Pastori, che
possono così avvalersi della fraterna collaborazione di sacerdoti, di persone
consacrate e di fedeli laici.

Lo stesso vale per i vari consigli, che il Diritto Canonico prevede per le
parrocchie: il consiglio pastorale parrocchiale ed il consiglio parrocchiale per
gli affari economici.

Tanto per le diocesi quanto per le parrocchie, particolare attenzione dovrà
essere riservata ai beni temporali della Chiesa, mobili ed immobili, che
dovranno essere registrati legalmente in campo civile a nome della diocesi o
della parrocchia e mai a nome di singole persone (cioè Vescovo, parroco o gruppo
di fedeli). Nel contempo mantiene tutta la sua validità il tradizionale
orientamento pastorale e missionario, che si riassume nel principio: « nihil
sine Episcopo
».

Dall\’analisi delle suesposte problematiche emerge con chiarezza che una vera
soluzione di esse ha la sua radice nella promozione della comunione, che attinge
vigore e slancio, come da fonte, da Cristo, icona dell\’amore del Padre. La
carità, che è sempre al di sopra di tutto (cfr 1 Cor 13, 1-12), sarà la
forza ed il criterio nel lavoro pastorale per la costruzione di una comunità
ecclesiale, che renda presente il Cristo Risorto all\’uomo di oggi.

Le province ecclesiastiche

11. Numerosi cambiamenti amministrativi sono avvenuti, in campo civile, durante
gli ultimi cinquant\’anni. Ciò ha coinvolto anche diverse circoscrizioni
ecclesiastiche, che sono state eliminate o raggruppate oppure sono state
modificate nella loro configurazione territoriale in base alle circoscrizioni
amministrative civili. A questo proposito desidero confermare che la Santa Sede
è disponibile ad affrontare l\’intera questione delle circoscrizioni e delle
province ecclesiastiche in un dialogo aperto e costruttivo con l\’Episcopato
cinese e — in quanto opportuno e utile — con le Autorità governative.

Le comunità cattoliche

12. Mi è ben noto che le comunità diocesane e parrocchiali, disseminate nel
vasto territorio cinese, mostrano una particolare vivacità di vita cristiana, di
testimonianza della fede e di iniziative pastorali. È per me consolante
costatare che, malgrado le difficoltà passate e presenti, i Vescovi, i
sacerdoti, le persone consacrate ed i fedeli laici hanno mantenuto una profonda
consapevolezza di essere membra vive della Chiesa universale, in comunione di
fede e di vita con tutte le comunità cattoliche sparse per il mondo. Essi sanno,
nel loro cuore, che cosa vuol dire essere cattolici. Ed è proprio da questo
cuore cattolico che deve nascere anche l\’impegno per rendere manifesto ed
operoso, sia all\’interno delle singole comunità sia nei rapporti tra le varie
comunità, quello spirito di comunione, di comprensione e di perdono che — com\’è
detto sopra (cfr n. 5, capov. 4º, e n. 6) — è il sigillo visibile di
un\’autentica esistenza cristiana. Sono sicuro che lo Spirito di Cristo, come ha
aiutato le comunità a mantenere viva la fede in tempo di persecuzione, aiuterà
oggi tutti i cattolici a crescere nell\’unità.

Come già facevo presente (cfr n. 2,
capov. 1º, e n. 4, capov. 1º), ai membri delle comunità cattoliche nel
vostro Paese — specialmente ai Vescovi, ai presbiteri e alle persone
consacrate — non è purtroppo ancora concesso di vivere e di esprimere,
in pienezza e in modo anche visibile, certi aspetti della loro
appartenenza alla Chiesa e della loro comunione gerarchica con il Papa,
essendo normalmente impediti liberi contatti con la Santa Sede e con le
altre comunità cattoliche nei vari Paesi. È vero che negli ultimi anni
la Chiesa gode, rispetto al passato, di una maggiore libertà religiosa.
Tuttavia non si può negare che permangono gravi limitazioni che toccano
il cuore della fede e che, in certa misura, soffocano l\’attività
pastorale. A questo proposito rinnovo l\’augurio (cfr n. 4, capovv.
2º-4º) che, nel corso di un dialogo rispettoso ed aperto tra la Santa
Sede e i Vescovi cinesi, da una parte, e le Autorità governative,
dall\’altra, possano essere superate le menzionate difficoltà e si
pervenga, così, ad una proficua intesa che sarà a vantaggio della
comunità cattolica e della convivenza sociale.