(Vaticano) Esortazione SACRAMENTUM CARITATIS (III parte)

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ESORTAZIONE APOSTOLICA
POSTSINODALE

SACRAMENTUM CARITATIS

DEL SANTO PADRE

BENEDETTO XVI

III Parte

TERZA PARTE

EUCARISTIA, MISTERO DA VIVERE

« Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre,
così anche colui che mangia di me vivrà per me » (Gv 6,57)

Forma eucaristica della vita cristiana

Il culto spirituale – logiké latreía (Rm 12,1)

70. Il Signore Gesù, fattosi per noi cibo di verità e di amore, parlando del dono della sua vita ci assicura che « chi mangia di questo pane vivrà in eterno » (Gv 6,51). Ma questa « vita eterna » inizia in noi già in questo tempo attraverso il cambiamento che il dono eucaristico genera in noi: « Colui che mangia di me vivrà per me » (Gv 6,57). Queste parole di Gesù ci fanno capire come il mistero « creduto » e « celebrato » possegga in sé un dinamismo che ne fa principio di vita nuova in noi e forma dell’esistenza cristiana. Comunicando al Corpo e al Sangue di Gesù Cristo, infatti, veniamo resi partecipi della vita divina in modo sempre più adulto e consapevole. Vale anche qui quanto sant’Agostino, nelle sue Confessioni, dice del Logos eterno, cibo dell’anima: mettendo in rilievo il carattere paradossale di questo cibo, il santo Dottore immagina di sentirsi dire: « Sono il cibo dei grandi: cresci e mi mangerai. E non io sarò assimilato a te come cibo della tua carne, ma tu sarai assimilato a me ».(198) Infatti non è l’alimento eucaristico che si trasforma in noi, ma siamo noi che veniamo da esso misteriosamente cambiati. Cristo ci nutre unendoci a sé; « ci attira dentro di sé ».(199)

La Celebrazione eucaristica appare qui in tutta la sua forza quale fonte e culmine dell’esistenza ecclesiale, in quanto esprime, nello stesso tempo, sia la genesi che il compimento del nuovo e definitivo culto, la logiké latreía.(200) Le parole di san Paolo ai Romani a questo proposito sono la formulazione più sintetica di come l’Eucaristia trasformi tutta la nostra vita in culto spirituale gradito a Dio: « Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale » (Rm 12,1). In questa esortazione emerge l’immagine del nuovo culto come offerta totale della propria persona in comunione con tutta la Chiesa. L’insistenza dell’Apostolo sull’offerta dei nostri corpi sottolinea l’umana concretezza di un culto tutt’altro che disincarnato. Ancora il Santo di Ippona a questo proposito ci ricorda che « questo è il sacrificio dei cristiani, l’essere cioè molti e un solo corpo in Cristo. La Chiesa celebra questo mistero col Sacramento dell’altare, che i fedeli ben conoscono, e nel quale le si mostra chiaramente che nella cosa che si offre essa stessa è offerta ».(201) La dottrina cattolica, infatti, afferma che l’Eucaristia, in quanto sacrificio di Cristo, è anche sacrificio della Chiesa, e quindi dei fedeli.(202) L’insistenza sul sacrificio – « fare sacro » – dice qui tutta la densità esistenziale implicata nella trasformazione della nostra realtà umana afferrata da Cristo (cfr Fil 3,12).

Efficacia onnicomprensiva del culto eucaristico

71. Il nuovo culto cristiano abbraccia ogni aspetto dell’esistenza, trasfigurandola: « Sia dunque che mangiate sia che beviate, sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio » (1 Cor 10,31). In ogni atto della vita il cristiano è chiamato ad esprimere il vero culto a Dio. Da qui prende forma la natura intrinsecamente eucaristica della vita cristiana. In quanto coinvolge la realtà umana del credente nella sua concretezza quotidiana, l’Eucaristia rende possibile, giorno dopo giorno, la progressiva trasfigurazione dell’uomo chiamato per grazia ad essere ad immagine del Figlio di Dio (cfr Rm 8,29s). Non c’è nulla di autenticamente umano – pensieri ed affetti, parole ed opere – che non trovi nel sacramento dell’Eucaristia la forma adeguata per essere vissuto in pienezza. Qui emerge tutto il valore antropologico della novità radicale portata da Cristo con l’Eucaristia: il culto a Dio nell’esistenza umana non è relegabile ad un momento particolare e privato, ma per natura sua tende a pervadere ogni aspetto della realtà dell’individuo. Il culto gradito a Dio diviene così un nuovo modo di vivere tutte le circostanze dell’esistenza in cui ogni particolare viene esaltato, in quanto vissuto dentro il rapporto con Cristo e come offerta a Dio. La gloria di Dio è l’uomo vivente (cfr 1 Cor 10,31). E la vita dell’uomo è la visione di Dio.(203)

« Iuxta dominicam viventes » – Vivere secondo la domenica

72. Questa radicale novità che l’Eucaristia introduce nella vita dell’uomo si è rivelata alla coscienza cristiana fin dall’inizio. I fedeli hanno subito percepito il profondo influsso che la Celebrazione eucaristica esercitava sullo stile della loro vita. Sant’Ignazio di Antiochia esprimeva questa verità qualificando i cristiani come « coloro che sono giunti alla nuova speranza », e li presentava come coloro che vivono « secondo la domenica » (iuxta dominicam viventes).(204) Questa formula del grande martire antiocheno mette chiaramente in luce il nesso tra la realtà eucaristica e l’esistenza cristiana nella sua quotidianità. La consuetudine caratteristica dei cristiani di riunirsi nel primo giorno dopo il sabato per celebrare la risurrezione di Cristo – secondo il racconto di san Giustino martire(205) – è anche il dato che definisce la forma dell’esistenza rinnovata dall’incontro con Cristo. La formula di sant’Ignazio – « Vivere secondo la domenica » – sottolinea pure il valore paradigmatico che questo giorno santo possiede per ogni altro giorno della settimana. Esso, infatti, non si distingue in base alla semplice sospensione delle attività solite, come una sorta di parentesi all’interno del ritmo usuale dei giorni. I cristiani hanno sempre sentito questo giorno come il primo della settimana, perché in esso si fa memoria della radicale novità portata da Cristo. Pertanto, la domenica è il giorno in cui il cristiano ritrova quella forma eucaristica della sua esistenza secondo la quale è chiamato a vivere costantemente. « Vivere secondo la domenica » vuol dire vivere nella consapevolezza della liberazione portata da Cristo e svolgere la propria esistenza come offerta di se stessi a Dio, perché la sua vittoria si manifesti pienamente a tutti gli uomini attraverso una condotta intimamente rinnovata.

Vivere il precetto festivo

73. I Padri sinodali, consapevoli di questo principio nuovo di vita che l’Eucaristia pone nel cristiano, hanno ribadito l’importanza per tutti i fedeli del precetto domenicale come fonte di libertà autentica, per poter vivere ogni altro giorno secondo quanto hanno celebrato nel « giorno del Signore ». La vita di fede, infatti, è in pericolo quando non si avverte più il desiderio di partecipare alla Celebrazione eucaristica in cui si fa memoria della vittoria pasquale. Partecipare all’assemblea liturgica domenicale, insieme a tutti i fratelli e le sorelle con i quali si forma un solo corpo in Cristo Gesù, è richiesto dalla coscienza cristiana e al tempo stesso forma la coscienza cristiana. Smarrire il senso della domenica come giorno del Signore da santificare è sintomo di una perdita del senso autentico della libertà cristiana, la libertà dei figli di Dio (206). Rimangono preziose, a questo riguardo, le osservazioni fatte dal mio venerato predecessore, Giovanni Paolo II, nella Lettera apostolica Dies Domini (207), a proposito delle diverse dimensioni della domenica per i cristiani: essa è Dies Domini, in riferimento all’opera della creazione; Dies Christi in quanto giorno della nuova creazione e del dono che il Signore Risorto fa dello Spirito Santo; Dies Ecclesiae come giorno in cui la comunità cristiana si ritrova per la celebrazione; Dies hominis come giorno di gioia, riposo e carità fraterna.

Un tale giorno, pertanto, si manifesta come festa primordiale, nella quale ogni fedele, nell’ambiente in cui vive, può farsi annunziatore e custode del senso del tempo. Da questo giorno, in effetti, scaturisce il senso cristiano dell’esistenza ed un nuovo modo di vivere il tempo, le relazioni, il lavoro, la vita e la morte. È bene, dunque, che nel giorno del Signore le realtà ecclesiali organizzino, intorno alla Celebrazione eucaristica domenicale, manifestazioni proprie della comunità cristiana: incontri amichevoli, iniziative per la formazione nella fede di bambini, giovani e adulti, pellegrinaggi, opere di carità e momenti diversi di preghiera. A motivo di questi valori così importanti – per quanto giustamente il sabato sera sin dai Primi Vespri appartenga già alla Domenica e sia permesso adempiere in esso al precetto domenicale – è necessario rammentare che è la domenica in se stessa che merita di essere santificata, perché non finisca per risultare un giorno « vuoto di Dio ».(208)

Il senso del riposo e del lavoro

74. Infine, è particolarmente urgente in questo nostro tempo ricordare che il giorno del Signore è anche il giorno del riposo dal lavoro. Ci auguriamo vivamente che esso sia riconosciuto come tale anche dalla società civile, così che sia possibile essere liberi dalle attività lavorative, senza venire per questo penalizzati. I cristiani, infatti, non senza rapporto con il significato del sabato nella tradizione ebraica, hanno visto nel giorno del Signore anche il giorno del riposo dalla fatica quotidiana. Ciò ha un suo preciso senso, perché costituisce una relativizzazione del lavoro, che viene finalizzato all’uomo: il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro. È facile intuire la tutela che da ciò viene offerta all’uomo stesso, che risulta così emancipato da una possibile forma di schiavitù. Come ho avuto modo di affermare, « il lavoro riveste primaria importanza per la realizzazione dell’uomo e per lo sviluppo della società, e per questo occorre che esso sia sempre organizzato e svolto nel pieno rispetto dell’umana dignità e al servizio del bene comune. Al tempo stesso, è indispensabile che l’uomo non si lasci asservire dal lavoro, che non lo idolatri, pretendendo di trovare in esso il senso ultimo e definitivo della vita » (209). È nel giorno consacrato a Dio che l’uomo comprende il senso della sua esistenza ed anche dell’attività lavorativa.(210)

Assemblee domenicali in assenza di sacerdote

75. Riscoprendo il significato della Celebrazione domenicale per la vita del cristiano, è spontaneo porsi il problema di quelle comunità cristiane in cui manca il sacerdote e dove, di conseguenza, non è possibile celebrare la santa Messa nel Giorno del Signore. Occorre dire, a questo proposito, che ci troviamo di fronte a situazioni assai diversificate tra loro. Il Sinodo ha raccomandato innanzitutto ai fedeli di recarsi in una delle chiese della Diocesi in cui è garantita la presenza del sacerdote, anche quando ciò richiede un certo sacrificio (211). Là dove, invece, le grandi distanze rendono praticamente impossibile la partecipazione all’Eucaristia domenicale, è importante che le comunità cristiane si radunino ugualmente per lodare il Signore e fare memoria del Giorno a Lui dedicato. Ciò dovrà tuttavia avvenire nel contesto di un’adeguata istruzione circa la differenza tra la santa Messa e le assemblee domenicali in attesa di sacerdote. La cura pastorale della Chiesa si deve esprimere in questo caso nel vigilare perché la liturgia della Parola, organizzata sotto la guida di un diacono o di una persona incaricata dall’autorità competente, si compia secondo un rituale specifico elaborato dalle Conferenze episcopali e a tale scopo da esse approvato (212). Ricordo che spetta agli Ordinari concedere la facoltà di distribuire la comunione in tali liturgie, valutando attentamente la convenienza di una certa scelta. Inoltre, si deve fare in modo che tali assemblee non ingenerino confusione sul ruolo centrale del sacerdote e sulla componente sacramentale nella vita della Chiesa. L’importanza del ruolo dei laici, che vanno giustamente ringraziati per la loro generosità al servizio delle comunità cristiane, non deve mai occultare il ministero insostituibile dei sacerdoti per la vita della Chiesa.(213) Pertanto, si vigili attentamente a che le assemblee in attesa di sacerdote non diano adito a visioni ecclesiologiche non aderenti alla verità del Vangelo e alla tradizione della Chiesa. Piuttosto dovrebbero essere occasioni privilegiate di preghiera a Dio perché mandi santi sacerdoti secondo il suo cuore. Toccante, a questo proposito, quanto scriveva il Papa Giovanni Paolo II nella Lettera ai Sacerdoti per il Giovedì Santo 1979, ricordando quei luoghi dove la gente, privata del sacerdote da parte del regime dittatoriale, si riuniva in una chiesa o in un santuario, metteva sull’altare la stola ancora conservata e recitava le preghiera della liturgia eucaristica fermandosi in silenzio « al momento che corrisponde alla transustanziazione », a testimonianza di quanto « ardentemente essi desiderano di udire le parole che solo le labbra di un sacerdote possono efficacemente pronunciare ».(214) Proprio in questa prospettiva, considerato il bene incomparabile derivante dalla celebrazione del Sacrificio eucaristico, chiedo a tutti i sacerdoti una fattiva e concreta disponibilità a visitare il più spesso possibile le comunità affidate alla loro cura pastorale, perché non rimangano troppo tempo senza il Sacramento della carità.

Una forma eucaristica dell’esistenza cristiana, l’appartenenza ecclesiale

76. L’importanza della domenica come Dies Ecclesiae ci richiama alla relazione intrinseca tra la vittoria di Gesù sul male e sulla morte e la nostra appartenenza al suo Corpo ecclesiale. Ogni cristiano, infatti, nel Giorno del Signore ritrova anche la dimensione comunitaria della propria esistenza redenta. Partecipare all’azione liturgica, comunicare al Corpo e al Sangue di Cristo vuol dire nello stesso tempo rendere sempre più intima e profonda la propria appartenenza a Colui che è morto per noi (cfr 1 Cor 6,19s; 7,23). Veramente chi mangia di Cristo vive per Lui. In relazione al Mistero eucaristico si comprende il senso profondo della communio sanctorum. La comunione ha sempre ed inseparabilmente una connotazione verticale ed una orizzontale: comunione con Dio e comunione con i fratelli e le sorelle. Le due dimensioni si incontrano misteriosamente nel dono eucaristico. « Dove si distrugge la comunione con Dio, che è comunione col Padre, col Figlio e con lo Spirito Santo, si distrugge anche la radice e la sorgente della comunione fra di noi. E dove non viene vissuta la comunione fra di noi, anche la comunione col Dio Trinitario non è viva e vera ».(215) Chiamati, pertanto, ad essere membra di Cristo e dunque membra gli uni degli altri (cfr 1 Cor 12,27), noi costituiamo una realtà ontologicamente fondata nel Battesimo e alimentata dall’Eucaristia, una realtà che chiede di trovare riscontro sensibile nella vita delle nostre comunità.

La forma eucaristica dell’esistenza cristiana è indubbiamente una forma ecclesiale e comunitaria. Attraverso la Diocesi e le parrocchie, quali strutture portanti della Chiesa in un particolare territorio, ogni fedele può fare esperienza concreta della sua appartenenza al Corpo di Cristo. Associazioni, movimenti ecclesiali e nuove comunità – con la vivacità dei loro carismi donati dallo Spirito Santo per il nostro tempo – come pure gli Istituti di vita consacrata, hanno il compito di offrire un loro specifico contributo per favorire nei fedeli la percezione di questo loro essere del Signore (cfr Rm 14,8). Il fenomeno della secolarizzazione, che contiene non a caso caratteri fortemente individualistici, ottiene i suoi effetti deleteri soprattutto nelle persone che si isolano e per scarso senso di appartenenza. Il cristianesimo, fin dal suo inizio, implica sempre una compagnia, una trama di rapporti vivificati continuamente dall’ascolto della Parola, dalla Celebrazione eucaristica e animati dallo Spirito Santo.

Spiritualità e cultura eucaristica

77. I Padri sinodali hanno significativamente affermato che « i fedeli cristiani hanno bisogno di una più profonda comprensione delle relazioni tra l’Eucaristia e la vita quotidiana. La spiritualità eucaristica non è soltanto partecipazione alla Messa e devozione al Santissimo Sacramento. Essa abbraccia la vita intera » (216). Questo rilievo riveste per tutti noi oggi particolare significato. Occorre riconoscere che uno degli effetti più gravi della secolarizzazione poc’anzi menzionata sta nell’aver relegato la fede cristiana ai margini dell’esistenza, come se essa fosse inutile per quanto riguarda lo svolgimento concreto della vita degli uomini. Il fallimento di questo modo di vivere « come se Dio non ci fosse » è ora davanti a tutti. Oggi c’è bisogno di riscoprire che Gesù Cristo non è una semplice convinzione privata o una dottrina astratta, ma una persona reale il cui inserimento nella storia è capace di rinnovare la vita di tutti. Per questo l’Eucaristia come fonte e culmine della vita e missione della Chiesa si deve tradurre in spiritualità, in vita « secondo lo Spirito » (Rm 8,4s; cfr Gal 5,16.25). È significativo che san Paolo, nel passo della Lettera ai Romani in cui invita a vivere il nuovo culto spirituale, richiami contemporaneamente alla necessità del cambiamento del proprio modo di vivere e di pensare: « Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi, rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto » (12,2). In tal modo, l’Apostolo delle genti sottolinea il legame tra il vero culto spirituale e la necessità di un nuovo modo di percepire l’esistenza e di condurre la vita. È parte integrante della forma eucaristica della vita cristiana il rinnovamento di mentalità, « affinché non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina » (Ef 4,14).

Eucaristia ed evangelizzazione delle culture

78. Da quanto affermato consegue che il Mistero eucaristico ci mette in dialogo con le differenti culture, ma anche in un certo senso le sfida (217). Occorre riconoscere il carattere interculturale di questo nuovo culto, di questa logiké latreía. La presenza di Gesù Cristo e l’effusione dello Spirito Santo sono eventi che possono stabilmente confrontarsi con ogni realtà culturale, per fermentarla evangelicamente. Ciò comporta conseguentemente l’impegno di promuovere con convinzione l’evangelizzazione delle culture, nella consapevolezza che Cristo stesso è la verità di ogni uomo e di tutta la storia umana. L’Eucaristia diviene criterio di valorizzazione di tutto ciò che il cristiano incontra nelle varie espressioni culturali. In questo importante processo possiamo sentire quanto mai significative le parole di san Paolo che invita nella sua Prima Lettera ai Tessalonicesi a « esaminare ogni cosa e a tenere ciò che è buono » (cfr 5,21).

Eucaristia e fedeli laici

79. In Cristo, Capo della Chiesa suo Corpo, tutti i cristiani formano « la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di Lui » (1 Pt 2,9). L’Eucaristia, come mistero da vivere, si offre a ciascuno di noi nella condizione in cui egli si trova, facendo diventare la sua situazione esistenziale luogo in cui vivere quotidianamente la novità cristiana. Se il Sacrificio eucaristico alimenta ed accresce in noi quanto ci è già dato nel Battesimo per il quale tutti siamo chiamati alla santità (218), allora questo deve emergere e mostrarsi proprio nelle situazioni o stati di vita in cui ogni cristiano si trova. Si diviene giorno per giorno culto gradito a Dio vivendo la propria vita come vocazione. A partire dalla convocazione liturgica, è lo stesso sacramento dell’Eucaristia ad impegnarci nella realtà quotidiana perché tutto sia fatto a gloria di Dio.

E poiché il mondo è « il campo » (Mt 13,38) in cui Dio pone i suoi figli come buon seme, i cristiani laici, in forza del Battesimo e della Cresima, e corroborati dall’Eucaristia, sono chiamati a vivere la novità radicale portata da Cristo proprio all’interno delle comuni condizioni della vita.(219) Essi devono coltivare il desiderio che l’Eucaristia incida sempre più profondamente nella loro esistenza quotidiana, portandoli ad essere testimoni riconoscibili nel proprio ambiente di lavoro e nella società tutta.(220) Un particolare incoraggiamento rivolgo alle famiglie, perché traggano ispirazione e forza da questo Sacramento. L’amore tra l’uomo e la donna, l’accoglienza della vita, il compito educativo si rivelano quali ambiti privilegiati in cui l’Eucaristia può mostrare la sua capacità di trasformare e portare a pienezza di significato l’esistenza.(221) I Pastori non manchino mai di sostenere, educare ed incoraggiare i fedeli laici a vivere pienamente la propria vocazione alla santità dentro quel mondo che Dio ha tanto amato da dare il suo Figlio perché ne diventasse la salvezza (cfr Gv 3,16).

Eucaristia e spiritualità sacerdotale

80. La forma eucaristica dell’esistenza cristiana si manifesta indubbiamente in modo particolare nello stato di vita sacerdotale. La spiritualità sacerdotale è intrinsecamente eucaristica. Il seme di una tale spiritualità si trova già nelle parole che il Vescovo pronuncia nella liturgia dell’Ordinazione: « Ricevi le offerte del popolo santo per il Sacrificio eucaristico. Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore ».(222) Per dare alla sua esistenza una sempre più compiuta forma eucaristica, il sacerdote, già nel periodo di formazione e poi negli anni successivi, deve fare ampio spazio alla vita spirituale.(223) Egli è chiamato a essere continuamente un autentico ricercatore di Dio, pur restando al contempo vicino alle preoccupazioni degli uomini. Una vita spirituale intensa gli permetterà di entrare più profondamente in comunione con il Signore e l’aiuterà a lasciarsi possedere dall’amore di Dio, divenendone testimone in ogni circostanza anche difficile e buia. A tale scopo, insieme con i Padri del Sinodo, raccomando ai sacerdoti « la celebrazione quotidiana della santa Messa, anche quando non ci fosse partecipazione di fedeli ».(224) Tale raccomandazione si accorda innanzitutto con il valore oggettivamente infinito di ogni Celebrazione eucaristica; e trae poi motivo dalla sua singolare efficacia spirituale, perché, se vissuta con attenzione e fede, la santa Messa è formativa nel senso più profondo del termine, in quanto promuove la conformazione a Cristo e rinsalda il sacerdote nella sua vocazione.

Eucaristia e vita consacrata

81. Nel contesto della relazione tra l’Eucaristia e le diverse vocazioni ecclesiali risplende in particolare « la testimonianza profetica delle consacrate e dei consacrati, che trovano nella Celebrazione eucaristica e nell’adorazione la forza per la sequela radicale di Cristo obbediente, povero e casto ».(225) I consacrati e le consacrate, pur svolgendo molti servizi nel campo della formazione umana e della cura dei poveri, nell’insegnamento o nell’assistenza dei malati, sanno che lo scopo principale della loro vita è « la contemplazione delle verità divine e la costante unione con Dio ».(226) Il contributo essenziale che la Chiesa si aspetta dalla vita consacrata è molto più in ordine all’essere che al fare. In questo contesto vorrei richiamare l’importanza della testimonianza verginale proprio in relazione al mistero dell’Eucaristia. Infatti, oltre al legame con il celibato sacerdotale, il Mistero eucaristico manifesta un intrinseco rapporto con la verginità consacrata, in quanto questa è espressione della dedizione esclusiva della Chiesa a Cristo, che essa accoglie come suo Sposo con fedeltà radicale e feconda.(227) Nell’Eucaristia la verginità consacrata trova ispirazione ed alimento per la sua dedizione totale a Cristo. Dall’Eucaristia inoltre essa trae conforto e spinta per essere, anche nel nostro tempo, segno dell’amore gratuito e fecondo che Dio ha verso l’umanità. Infine, mediante la sua specifica testimonianza, la vita consacrata diviene oggettivamente richiamo e anticipazione di quelle « nozze dell’Agnello » (Ap 19,7.9), in cui è posta la meta di tutta la storia della salvezza. In tal senso essa costituisce un efficace rimando a quell’orizzonte escatologico di cui ogni uomo ha bisogno per poter orientare le proprie scelte e decisioni di vita.

Eucaristia e trasformazione morale

82. Scoprendo la bellezza della forma eucaristica dell’esistenza cristiana siamo portati anche a riflettere sulle energie morali che da tale forma vengono attivate a sostegno dell’autentica libertà propria dei figli di Dio. Intendo con ciò riprendere una tematica emersa nel Sinodo riguardo al legame tra forma eucaristica dell’esistenza e trasformazione morale. Il Papa Giovanni Paolo II aveva affermato che la vita morale « possiede il valore di un « culto spirituale » (Rm 12,1; cfr Fil 3,3), attinto e alimentato da quella inesauribile sorgente di santità e di glorificazione di Dio che sono i Sacramenti, in specie l’Eucaristia: infatti, partecipando al Sacrificio della Croce, il cristiano comunica con l’amore di donazione di Cristo ed è abilitato e impegnato a vivere questa stessa carità in tutti i suoi atteggiamenti e comportamenti di vita ».(228) In definitiva, « nel « culto » stesso, nella comunione eucaristica è contenuto l’essere amati e l’amare a propria volta gli altri. Un’Eucaristia che non si traduca in amore concretamente praticato è in se stessa frammentata ».(229)

Questo richiamo alla valenza morale del culto spirituale non va interpretato in chiave moralistica. È innanzitutto la felice scoperta del dinamismo dell’amore nel cuore di chi accoglie il dono del Signore, si abbandona a Lui e trova la vera libertà. La trasformazione morale, implicata nel nuovo culto istituito da Cristo, è una tensione e un desiderio cordiale di voler corrispondere all’amore del Signore con tutto il proprio essere, pur nella consapevolezza della propria fragilità. Ciò di cui parliamo ben si rispecchia nel racconto evangelico relativo a Zaccheo (cfr Lc 19,1-10). Dopo aver ospitato Gesù nella sua casa, il pubblicano si ritrova completamente trasformato: decide di dare metà dei suoi averi ai poveri e di restituire quattro volte tanto a coloro ai quali ha rubato. La tensione morale che nasce dall’ospitare Gesù nella nostra vita scaturisce dalla gratitudine per aver sperimentato l’immeritata vicinanza del Signore.

Coerenza eucaristica

83. È importante rilevare ciò che i Padri sinodali hanno qualificato come coerenza eucaristica, a cui la nostra esistenza è oggettivamente chiamata. Il culto gradito a Dio, infatti, non è mai atto meramente privato, senza conseguenze sulle nostre relazioni sociali: esso richiede la pubblica testimonianza della propria fede. Ciò vale ovviamente per tutti i battezzati, ma si impone con particolare urgenza nei confronti di coloro che, per la posizione sociale o politica che occupano, devono prendere decisioni a proposito di valori fondamentali, come il rispetto e la difesa della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale, la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, la libertà di educazione dei figli e la promozione del bene comune in tutte le sue forme.(230) Tali valori non sono negoziabili. Pertanto, i politici e i legislatori cattolici, consapevoli della loro grave responsabilità sociale, devono sentirsi particolarmente interpellati dalla loro coscienza, rettamente formata, a presentare e sostenere leggi ispirate ai valori fondati nella natura umana.(231) Ciò ha peraltro un nesso obiettivo con l’Eucaristia (cfr 1 Cor 11,27-29). I Vescovi sono tenuti a richiamare costantemente tali valori; ciò fa parte della loro responsabilità nei confronti del gregge loro affidato.(232)

Eucaristia, mistero da annunciare

Eucaristia e missione

84. Nell’omelia durante la Celebrazione eucaristica con cui ho dato inizio solenne al mio ministero sulla Cattedra di Pietro ho detto: « Non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia con Lui ».(233) Questa affermazione acquista una più forte intensità se pensiamo al Mistero eucaristico. In effetti, non possiamo tenere per noi l’amore che celebriamo nel Sacramento. Esso chiede per sua natura di essere comunicato a tutti. Ciò di cui il mondo ha bisogno è l’amore di Dio, è incontrare Cristo e credere in Lui. Per questo l’Eucaristia non è solo fonte e culmine della vita della Chiesa; lo è anche della sua missione: « Una Chiesa autenticamente eucaristica è una Chiesa missionaria ».(234) Anche noi dobbiamo poter dire ai nostri fratelli con convinzione: « Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi! » (1 Gv 1,3). Veramente non c’è niente di più bello che incontrare e comunicare Cristo a tutti. La stessa istituzione dell’Eucaristia, del resto, anticipa ciò che costituisce il cuore della missione di Gesù: Egli è l’inviato del Padre per la redenzione del mondo (cfr Gv 3,16- 17; Rm 8,32). Nell’Ultima Cena Gesù affida ai suoi discepoli il Sacramento che attualizza il sacrificio da Lui fatto di se stesso in obbedienza al Padre per la salvezza di tutti noi. Non possiamo accostarci alla Mensa eucaristica senza lasciarci trascinare nel movimento della missione che, prendendo avvio dal Cuore stesso di Dio, mira a raggiungere tutti gli uomini. Pertanto, è parte costitutiva della forma eucaristica dell’esistenza cristiana la tensione missionaria.

Eucaristia e testimonianza

85. La prima e fondamentale missione che ci viene dai santi Misteri che celebriamo è di rendere testimonianza con la nostra vita. Lo stupore per il dono che Dio ci ha fatto in Cristo imprime alla nostra esistenza un dinamismo nuovo impegnandoci ad essere testimoni del suo amore. Diveniamo testimoni quando, attraverso le nostre azioni, parole e modo di essere, un Altro appare e si comunica. Si può dire che la testimonianza è il mezzo con cui la verità dell’amore di Dio raggiunge l’uomo nella storia, invitandolo ad accogliere liberamente questa novità radicale. Nella testimonianza Dio si espone, per così dire, al rischio della libertà dell’uomo. Gesù stesso è il testimone fedele e verace (cfr Ap 1,5; 3,14); è venuto per rendere testimonianza alla verità (cfr Gv 18,37). In quest’ordine di riflessioni mi preme riprendere un concetto caro ai primi cristiani, ma che colpisce anche noi, cristiani di oggi: la testimonianza fino al dono di se stessi, fino al martirio, è sempre stata considerata nella storia della Chiesa il culmine del nuovo culto spirituale: « Offrite i vostri corpi » (Rm 12,1). Si pensi, ad esempio, al racconto del martirio di san Policarpo di Smirne, discepolo di san Giovanni: tutta la drammatica vicenda è descritta come liturgia, anzi come un divenire Eucaristia del martire stesso.(235) Pensiamo anche alla coscienza eucaristica che Ignazio di Antiochia esprime in vista del suo martirio: egli si considera « frumento di Dio » e desidera di diventare nel martirio « pane puro di Cristo ».(236) Il cristiano che offre la sua vita nel martirio entra nella piena comunione con la Pasqua di Gesù Cristo e così diviene egli stesso con Lui Eucaristia. Ancora oggi non mancano alla Chiesa martiri in cui si manifesta in modo supremo l’amore di Dio. Anche quando non ci viene chiesta la prova del martirio, tuttavia, sappiamo che il culto gradito a Dio postula intimamente questa disponibilità(237) e trova la sua realizzazione nella lieta e convinta testimonianza, di fronte al mondo, di una vita cristiana coerente negli ambiti dove il Signore ci chiama ad annunciarlo.

Cristo Gesù, unico Salvatore

86. Sottolineare il rapporto intrinseco tra Eucaristia e missione ci fa riscoprire anche il contenuto ultimo del nostro annuncio. Quanto più nel cuore del popolo cristiano sarà vivo l’amore per l’Eucaristia, tanto più gli sarà chiaro il compito della missione: portare Cristo. Non solo un’idea o un’etica a Lui ispirata, ma il dono della sua stessa Persona. Chi non comunica la verità dell’Amore al fratello non ha ancora dato abbastanza. L’Eucaristia come sacramento della nostra salvezza ci richiama così inevitabilmente all’unicità di Cristo e della salvezza da Lui compiuta a prezzo del suo sangue. Pertanto, dal Mistero eucaristico, creduto e celebrato, sorge l’esigenza di educare costantemente tutti al lavoro missionario il cui centro è l’annuncio di Gesù, unico Salvatore.(238) Ciò impedirà di ridurre in chiave meramente sociologica la decisiva opera di promozione umana sempre implicata in ogni autentico processo di evangelizzazione.

Libertà di culto

87. In questo contesto, desidero dare voce a quanto hanno affermato i Padri durante l’Assemblea sinodale riguardo alle gravi difficoltà che investono la missione di quelle comunità cristiane che vivono in condizioni di minoranza o addirittura di privazione della libertà religiosa.(239) Dobbiamo rendere veramente grazie al Signore per tutti i Vescovi, sacerdoti, persone consacrate e laici, che si prodigano nell’annunciare il Vangelo e vivono la loro fede mettendo a repentaglio la propria vita. Non sono poche le regioni del mondo nelle quali il solo recarsi in Chiesa costituisce un’eroica testimonianza che espone la vita del soggetto all’emarginazione e alla violenza. Anche in questa circostanza voglio confermare la solidarietà di tutta la Chiesa con coloro che soffrono per la mancanza di libertà di culto. Là dove manca la libertà religiosa, lo sappiamo, manca in definitiva la libertà più significativa, poiché nella fede l’uomo esprime l’intima decisione riguardo al senso ultimo della propria esistenza. Preghiamo, pertanto, che si allarghino gli spazi della libertà religiosa in tutti gli Stati, affinché i cristiani, come pure i membri delle altre religioni, possano liberamente vivere le loro convinzioni, personalmente e in comunità.

Eucaristia, mistero da offrire al mondo

Eucaristia, pane spezzato per la vita del mondo

88. « Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo » (Gv 6,51). Con queste parole il Signore rivela il vero significato del dono della propria vita per tutti gli uomini. Esse ci mostrano anche l’intima compassione che Egli ha per ogni persona. In effetti, tante volte i Vangeli ci riportano i sentimenti di Gesù nei confronti degli uomini, in special modo dei sofferenti e dei peccatori (cfr Mt 20,34; Mc 6,34; Lc 19,41). Egli esprime attraverso un sentimento profondamente umano l’intenzione salvifica di Dio per ogni uomo, affinché raggiunga la vita vera. Ogni Celebrazione eucaristica attualizza sacramentalmente il dono che Gesù ha fatto della propria vita sulla Croce per noi e per il mondo intero. Al tempo stesso, nell’Eucaristia Gesù fa di noi testimoni della compassione di Dio per ogni fratello e sorella. Nasce così intorno al Mistero eucaristico il servizio della carità nei confronti del prossimo, che « consiste appunto nel fatto che io amo, in Dio e con Dio, anche la persona che non gradisco o neanche conosco. Questo può realizzarsi solo a partire dall’intimo incontro con Dio, un incontro che è diventato comunione di volontà arrivando fino a toccare il sentimento. Allora imparo a guardare quest’altra persona non più soltanto con i miei occhi e con i miei sentimenti, ma secondo la prospettiva di Gesù Cristo ».(240) In tal modo riconosco, nelle persone che avvicino, fratelli e sorelle per i quali il Signore ha dato la sua vita amandoli « fino alla fine » (Gv 13,1). Di conseguenza, le nostre comunità, quando celebrano l’Eucaristia, devono prendere sempre più coscienza che il sacrificio di Cristo è per tutti e pertanto l’Eucaristia spinge ogni credente in Lui a farsi « pane spezzato » per gli altri, e dunque ad impegnarsi per un mondo più giusto e fraterno. Pensando alla moltiplicazione dei pani e dei pesci, dobbiamo riconoscere che Cristo ancora oggi continua ad esortare i suoi discepoli ad impegnarsi in prima persona: « Date loro voi stessi da mangiare » (Mt 14,16). Davvero la vocazione di ciascuno di noi è quella di essere, insieme a Gesù, pane spezzato per la vita del mondo.

Le implicazioni sociali del Mistero eucaristico

89. L’unione con Cristo che si realizza nel Sacramento ci abilita anche ad una novità di rapporti sociali: « la « mistica » del Sacramento ha un carattere sociale ». Infatti, « l’unione con Cristo è allo stesso tempo unione con tutti gli altri ai quali Egli si dona. Io non posso avere Cristo solo per me; posso appartenergli soltanto in unione con tutti quelli che sono diventati o diventeranno suoi ».(241) A questo proposito è necessario esplicitare la relazione tra Mistero eucaristico e impegno sociale. L’Eucaristia è sacramento di comunione tra fratelli e sorelle che accettano di riconciliarsi in Cristo, il quale ha fatto di ebrei e pagani un popolo solo, abbattendo il muro di inimicizia che li separava (cfr Ef 2,14). Solo questa costante tensione alla riconciliazione consente di comunicare degnamente al Corpo e al Sangue di Cristo (cfr Mt 5,23-24).(242) Attraverso il memoriale del suo sacrificio, Egli rafforza la comunione tra i fratelli e, in particolare, sollecita coloro che sono in conflitto ad affrettare la loro riconciliazione aprendosi al dialogo e all’impegno per la giustizia. È fuori dubbio che condizioni per costruire una vera pace siano la restaurazione della giustizia, la riconciliazione e il perdono.(243) Da questa consapevolezza nasce la volontà di trasformare anche le strutture ingiuste per ristabilire il rispetto della dignità dell’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio. È attraverso lo svolgimento concreto di questa responsabilità che l’Eucaristia diventa nella vita ciò che essa significa nella celebrazione. Come ho avuto modo di affermare, non è compito proprio della Chiesa quello di prendere nelle sue mani la battaglia politica per realizzare la società più giusta possibile; tuttavia, essa non può e non deve neanche restare ai margini della lotta per la giustizia. La Chiesa « deve inserirsi in essa per via dell’argomentazione razionale e deve risvegliare le forze spirituali, senza le quali la giustizia, che sempre richiede anche rinunzie, non può affermarsi e prosperare ».(244)

Nella prospettiva della responsabilità sociale di tutti i cristiani i Padri sinodali hanno ricordato che il sacrificio di Cristo è mistero di liberazione che ci interpella e provoca continuamente. Rivolgo pertanto un appello a tutti i fedeli ad essere realmente operatori di pace e di giustizia: « Chi partecipa all’Eucaristia, infatti, deve impegnarsi a costruire la pace nel nostro mondo segnato da molte violenze e guerre, e oggi in modo particolare, dal terrorismo, dalla corruzione economica e dallo sfruttamento sessuale ».(245) Tutti problemi, questi, che a loro volta generano altri fenomeni avvilenti che destano viva preoccupazione. Noi sappiamo che queste situazioni non possono essere affrontate in modo superficiale. Proprio in forza del Mistero che celebriamo, occorre denunciare le circostanze che sono in contrasto con la dignità dell’uomo, per il quale Cristo ha versato il suo sangue, affermando così l’alto valore di ogni singola persona.

Il cibo della verità e l’indigenza dell’uomo

90. Non possiamo rimanere inattivi di fronte a certi processi di globalizzazione che non di rado fanno crescere a dismisura lo scarto tra ricchi e poveri a livello mondiale. Dobbiamo denunciare chi dilapida le ricchezze della terra, provocando disuguaglianze che gridano verso il cielo (cfr Gc 5,4). Ad esempio, è impossibile tacere di fronte alle « immagini sconvolgenti dei grandi campi di profughi o di rifugiati – in diverse parti del mondo – raccolti in condizioni di fortuna, per scampare a sorte peggiore, ma di tutto bisognosi. Non sono, questi esseri umani, nostri fratelli e sorelle? Non sono i loro bambini venuti al mondo con le stesse legittime attese di felicità degli altri? ».(246) Il Signore Gesù, Pane di vita eterna, ci sprona e ci rende attenti alle situazioni di indigenza in cui versa ancora gran parte dell’umanità: sono situazioni la cui causa implica spesso una chiara ed inquietante responsabilità degli uomini. Infatti, « sulla base di dati statistici disponibili si può affermare che meno della metà delle immense somme globalmente destinate agli armamenti sarebbe più che sufficiente per togliere stabilmente dall’indigenza lo sterminato esercito dei poveri. La coscienza umana ne è interpellata. Alle popolazioni che vivono sotto la soglia della povertà, più a causa di situazioni dipendenti dai rapporti internazionali politici, commerciali e culturali, che non a motivo di circostanze incontrollabili, il nostro comune impegno nella verità può e deve dare nuova speranza ».(247)

Il cibo della verità ci spinge a denunciare le situazioni indegne dell’uomo, in cui si muore per mancanza di cibo a causa dell’ingiustizia e dello sfruttamento, e ci dona nuova forza e coraggio per lavorare senza sosta all’edificazione della civiltà dell’amore. Dall’inizio i cristiani si sono preoccupati di condividere i loro beni (cfr At 4,32) e di aiutare i poveri (cfr Rm 15,26). L’elemosina che si raccoglie nelle assemblee liturgiche ne è un vivo ricordo, ma è anche una necessità assai attuale. Le istituzioni ecclesiali di beneficenza, in particolare la Caritas a vari livelli, svolgono il prezioso servizio di aiutare le persone in necessità, soprattutto i più poveri. Traendo ispirazione dall’Eucaristia, che è il sacramento della carità, esse ne divengono l’espressione concreta; meritano perciò ogni plauso ed incoraggiamento per il loro impegno solidale nel mondo.

La dottrina sociale della Chiesa

91. Il mistero dell’Eucaristia ci abilita e ci spinge ad un impegno coraggioso nelle strutture di questo mondo per portarvi quella novità di rapporti che ha nel dono di Dio la sua fonte inesauribile. La preghiera, che ripetiamo in ogni santa Messa: « Dacci oggi il nostro pane quotidiano », ci obbliga a fare tutto il possibile, in collaborazione con le istituzioni internazionali, statali, private, perché cessi o perlomeno diminuisca nel mondo lo scandalo della fame e della sottoalimentazione di cui soffrono tanti milioni di persone, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Il cristiano laico in particolare, formato alla scuola dell’Eucaristia, è chiamato ad assumere direttamente la propria responsabilità politica e sociale. Perché egli possa svolgere adeguatamente i suoi compiti occorre prepararlo attraverso una concreta educazione alla carità e alla giustizia. Per questo, come è stato richiesto dal Sinodo, è necessario che nelle Diocesi e nelle comunità cristiane venga fatta conoscere e promossa la dottrina sociale della Chiesa.(248) In questo prezioso patrimonio, proveniente dalla più antica tradizione ecclesiale, troviamo gli elementi che orientano con profonda sapienza il comportamento dei cristiani di fronte alle questioni sociali scottanti. Questa dottrina, maturata durante tutta la storia della Chiesa, si caratterizza per realismo ed equilibrio, aiutando così ad evitare fuorvianti compromessi o vacue utopie.

Santificazione del mondo e salvaguardia del creato

92. Infine, per sviluppare una spiritualità eucaristica profonda, capace di incidere significativamente anche nel tessuto sociale, è necessario che il popolo cristiano, che rende grazie per mezzo dell’Eucaristia, abbia coscienza di farlo in nome dell’intera creazione, aspirando così alla santificazione del mondo e lavorando intensamente a tal fine.(249) L’Eucaristia stessa getta una luce potente sulla storia umana e su tutto il cosmo. In questa prospettiva sacramentale impariamo, giorno per giorno, che ogni evento ecclesiale possiede il carattere di segno, attraverso il quale Dio comunica se stesso e ci interpella. In tal maniera, la forma eucaristica dell’esistenza può davvero favorire un autentico cambiamento di mentalità nel modo con cui leggiamo la storia ed il mondo. La liturgia stessa ci educa a tutto questo, quando, durante la presentazione dei doni, il sacerdote rivolge a Dio una preghiera di benedizione e di richiesta in relazione al pane e al vino, « frutto della terra », « della vite » e del « lavoro dell’uomo ». Con queste parole, oltre che coinvolgere nell’offerta a Dio tutta l’attività e la fatica umana, il rito ci spinge a considerare la terra come creazione di Dio, che produce per noi ciò di cui abbiamo bisogno per il nostro sostentamento. Essa non è una realtà neutrale, mera materia da utilizzare indifferentemente secondo l’umano istinto. Piuttosto si colloca all’interno del disegno buono di Dio, per il quale tutti noi siamo chiamati ad essere figli e figlie nell’unico Figlio di Dio, Gesù Cristo (cfr Ef 1,4-12). Le giuste preoccupazioni per le condizioni ecologiche in cui versa il creato in tante parti del mondo trovano conforto nella prospettiva della speranza cristiana, che ci impegna ad operare responsabilmente per la salvaguardia del creato.(250) Nel rapporto tra l’Eucaristia e il cosmo, infatti, scopriamo l’unità del disegno di Dio e siamo portati a cogliere la profonda relazione tra la creazione e la « nuova creazione », inaugurata nella risurrezione di Cristo, nuovo Adamo. Ad essa noi partecipiamo già ora in forza del Battesimo (cfr Col 2,12s) e così alla nostra vita cristiana, nutrita dall’Eucaristia, si apre la prospettiva del mondo nuovo, del nuovo cielo e della nuova terra, dove la nuova Gerusalemme scende dal cielo, da Dio, « pronta come una sposa adorna per il suo sposo » (Ap 21,2).

Utilità di un Compendio eucaristico

93. Al termine di queste riflessioni, in cui ho voluto soffermarmi sugli orientamenti emersi nel Sinodo, desidero accogliere anche la richiesta che i Padri hanno avanzato per aiutare il popolo cristiano a credere, celebrare e vivere sempre meglio il Mistero eucaristico. A cura dei competenti Dicasteri sarà pubblicato un Compendio, che raccoglierà testi del Catechismo della Chiesa Cattolica, orazioni, spiegazioni delle Preghiere Eucaristiche del Messale e quant’altro possa rivelarsi utile per la corretta comprensione, celebrazione e adorazione del Sacramento dell’altare.(251) Mi auguro che questo strumento possa contribuire a fare sì che il memoriale della Pasqua del Signore diventi ogni giorno di più fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa. Ciò stimolerà ogni fedele a fare della propria vita un vero culto spirituale.

CONCLUSIONE

94. Cari fratelli e sorelle, l’Eucaristia è all’origine di ogni forma di santità ed ognuno di noi è chiamato a pienezza di vita nello Spirito Santo. Quanti santi hanno reso autentica la propria vita grazie alla loro pietà eucaristica! Da sant’Ignazio d’Antiochia a sant’Agostino, da sant’Antonio Abate a san Benedetto, da san Francesco d’Assisi a san Tommaso d’Aquino, da santa Chiara d’Assisi a santa Caterina da Siena, da san Pasquale Baylon a san Pier Giuliano Eymard, da sant’Alfonso M. de’ Liguori al beato Charles de Foucauld, da san Giovanni Maria Vianney a santa Teresa di Lisieux, da san Pio da Pietrelcina alla beata Teresa di Calcutta, dal beato Piergiorgio Frassati al beato Ivan Mertz, per fare solo alcuni dei tantissimi nomi, la santità ha sempre trovato il suo centro nel Sacramento dell’Eucaristia.

È perciò necessario che nella Chiesa questo santissimo Mistero sia veramente creduto, devotamente celebrato e intensamente vissuto. Il dono che Gesù fa di sé nel Sacramento memoriale della sua passione ci attesta che la riuscita della nostra vita sta nella partecipazione alla vita trinitaria, che in Lui ci è offerta in modo definitivo ed efficace. La celebrazione e l’adorazione dell’Eucaristia permettono di accostarci all’amore di Dio e di aderirvi personalmente fino all’unione con l’amato Signore. L’offerta della nostra vita, la comunione con tutta la comunità dei credenti e la solidarietà con ogni uomo sono aspetti imprescindibili della « logiké latreía », del culto spirituale, santo e gradito a Dio (cfr Rm 12,1), in cui tutta la nostra concreta realtà umana è trasformata a gloria di Dio. Invito pertanto tutti i pastori a porre la massima attenzione nella promozione di una spiritualità cristiana autenticamente eucaristica. I presbiteri, i diaconi e tutti coloro che svolgono un ministero eucaristico possano sempre trarre da questi stessi servizi, adempiuti con cura e costante preparazione, forza e stimolo per il proprio personale e comunitario cammino di santificazione. Esorto tutti i laici, le famiglie in particolare, a trovare continuamente nel Sacramento dell’amore di Cristo l’energia per trasformare la propria vita in un segno autentico della presenza del Signore risorto. Chiedo a tutti i consacrati e consacrate di mostrare con la propria esistenza eucaristica lo splendore e la bellezza di appartenere totalmente al Signore.

95. All’inizio del quarto secolo il culto cristiano era ancora proibito dalle autorità imperiali. Alcuni cristiani del Nord Africa, che si sentivano impegnati alla celebrazione del Giorno del Signore, sfidarono la proibizione. Furono martirizzati mentre dichiaravano che non era loro possibile vivere senza l’Eucaristia, cibo del Signore: sine dominico non possumus.(252) Questi martiri di Abitine, uniti a tanti Santi e Beati che hanno fatto dell’Eucaristia il centro della loro vita, intercedano per noi e ci insegnino la fedeltà all’incontro con Cristo risorto. Anche noi non possiamo vivere senza partecipare al Sacramento della nostra salvezza e desideriamo essere iuxta dominicam viventes, tradurre cioè nella vita quello che celebriamo nel Giorno del Signore. Questo giorno, in effetti, è il giorno della nostra definitiva liberazione. C’è da meravigliarsi se desideriamo che ogni giorno sia vissuto secondo la novità introdotta da Cristo con il mistero dell’Eucaristia?

96. Maria Santissima, Vergine immacolata, arca della nuova ed eterna alleanza, ci accompagni in questo cammino incontro al Signore che viene. In Lei troviamo realizzata l’essenza della Chiesa nel modo più perfetto. La Chiesa vede in Maria, « Donna eucaristica » – come l’ha chiamata il Servo di Dio Giovanni Paolo II (253) –, la propria icona meglio riuscita e la contempla come modello insostituibile di vita eucaristica. Per questo, alla presenza del « verum Corpus natum de Maria Virgine » sull’altare, il sacerdote, a nome dell’assemblea liturgica, afferma con le parole del canone: « Ricordiamo e veneriamo anzitutto la gloriosa e sempre Vergine Maria, Madre del nostro Dio e Signore Gesù Cristo » (254). Il suo santo nome è invocato e venerato anche nei canoni delle tradizioni orientali cristiane. I fedeli, per parte loro, « raccomandano a Maria, Madre della Chiesa, la loro esistenza ed il loro lavoro. Sforzandosi di avere gli stessi sentimenti di Maria, aiutano tutta la comunità a vivere in offerta viva, gradita al Padre ».(255) Lei è la Tota pulchra, la Tutta bella, poiché in Lei risplende il fulgore della gloria di Dio. La bellezza della liturgia celeste, che deve riflettersi anche nelle nostre assemblee, trova in Lei uno specchio fedele. Da Lei dobbiamo imparare a diventare noi stessi persone eucaristiche ed ecclesiali per poter anche noi, secondo la parola di san Paolo, presentarci “immacolati” al cospetto del Signore, così come Egli ci ha voluto fin dal principio (cfr Col 1,21; Ef 1,4).(256)

97. Per intercessione della Beata Vergine Maria, lo Spirito Santo accenda in noi lo stesso ardore che sperimentarono i discepoli di Emmaus (cfr Lc 24,13-35) e rinnovi nella nostra vita lo stupore eucaristico per lo splendore e la bellezza che rifulgono nel rito liturgico, segno efficace della stessa bellezza infinita del mistero santo di Dio. Quei discepoli si alzarono e ritornarono in fretta a Gerusalemme per condividere la gioia con i fratelli e le sorelle nella fede. La vera gioia infatti è riconoscere che il Signore rimane tra noi, compagno fedele del nostro cammino. L’Eucaristia ci fa scoprire che Cristo, morto e risorto, si mostra nostro contemporaneo nel mistero della Chiesa, suo Corpo. Di questo mistero d’amore siamo resi testimoni. Auguriamoci vicendevolmente di andare colmi di gioia e di meraviglia all’incontro con la santa Eucaristia, per sperimentare e annunciare agli altri la verità della parola con cui Gesù si è congedato dai suoi discepoli: « Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo » (Mt 28,20).

Dato a Roma, presso San Pietro, il 22 febbraio 2007, festa della Cattedra di San Pietro Apostolo, secondo del mio Pontificato.

BENEDICTUS PP. XVI

(1) Cfr S. Tommaso D’Aquino, Summa Theologiae III, q. 73, a. 3.

(2) S. Agostino, In Iohannis Evangelium Tractatus, 26.5: PL 35, 1609.

(3) Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti all’Assemblea Plenaria della Congregazione per la Dottrina della fede (10 febbraio 2006) : AAS 98 (2006), 255.

(4) Cfr Benedetto XVI, Discorso ai Membri del Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi (1 giugno 2006): L’Osservatore Romano, 2 giugno 2006, p. 5.

(5) Cfr Propositio 2.

(6) Mi riferisco qui alla necessità di una ermeneutica della continuità anche in riferimento ad una corretta lettura dello sviluppo liturgico dopo il Concilio Vaticano II: cfr Benedetto XVI, Discorso alla Curia Romana (22 dicembre 2005): AAS 98 (2006), 44-45.

(7) Cfr AAS 97 (2005), 337-352.

(8) Cfr Anno dell’Eucaristia: suggerimenti e proposte (15 ottobre 2004): L’Osservatore Romano, 15 ottobre 2004, Supplemento.

(9) Cfr AAS 95 (2003), 433-475. Si ricordi anche l’Istr. della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Redemptionis Sacramentum (25 marzo 2004): AAS 96 (2004), 549-601, voluta espressamente da Giovanni Paolo II.

(10) Solo per ricordare i principali: Conc. Ecum. di Trento, Doctrina et canones de ss. Missae sacrificio, DS 1738-1759; Leone XIII, Lett. enc. Mirae caritatis (28 maggio 1902): ASS (1903), 115-136; Pio XII, Lett. enc. Mediator Dei (20 novembre 1947): AAS 39 (1947), 521-595; Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei (3 settembre 1965): AAS 57 (1965), 753-774; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003): AAS 95 (2003), 433-475; Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istr. Eucharisticum mysterium (25 maggio 1967): AAS 59 (1967), 539-573; Istr. Liturgiam authenticam (28 marzo 2001): AAS 93 (2001), 685-726.

(11) Cfr Propositio 1.

(12) N. 14: AAS 98 (2006), 229.

(13) Catechismo della Chiesa Cattolica, 1327.

(14) Propositio 16.

(15) Benedetto XVI, Omelia in occasione dell’insediamento sulla Cattedra Romana (7 maggio 2005): AAS 97 (2005), 752.

(16) Cfr Propositio 4.

(17) De Trinitate, VIII, 8, 12: CCL 50, 287.

(18) Lett. enc. Deus caritas est (25 dicembre 2005), 12: AAS 98 (2006), 228.

(19) Cfr Propositio 3.

(20) Breviario Romano, Inno all’Ufficio delle Letture della solennità del Corpus Domini.

(21) Benedetto XVI, Lett. enc. Deus caritas est, (25 dicembre 2005), 13: AAS 98 (2006), 228.

(22) Cfr Benedetto XVI, Omelia sulla Spianata di Marienfeld (21 Agosto 2005): AAS 97 (2005), 891-892.

(23) Cfr Propositio 3.

(24) Cfr Messale Romano, Preghiera Eucaristica IV.

(25) Catechesi XXIII, 7: PG 33, 1114 s.

(26) Cfr Sul Sacerdozio, VI, 4: PG 48, 681.

(27) Ibidem, III, 4: PG 48, 642.

(28) Propositio 22.

(29) Cfr Propositio 42: « Questo incontro eucaristico si realizza nello Spirito Santo che ci trasforma e santifica. Egli risveglia nel discepolo la volontà decisa di annunciare agli altri, con audacia, quanto si è ascoltato e vissuto, per condurre anche loro allo stesso incontro con Cristo. In questo modo, il discepolo, inviato dalla Chiesa, si apre ad una missione senza frontiere ».

(30) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 3; ad esempio, si veda S. Giovanni Crisostomo, Catechesi 3,13-19: SC 50,174-177.

(31) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003), 1: AAS 95 (2003), 433.

(32) Ibidem, 21: AAS 95 (2003), 447.

(33) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis (4 marzo 1979), 20: AAS 71 (1979), 309-316; Lett. ap. Dominicae Cenae (24 febbraio 1980), 4: AAS 72 (1980), 119-121.

(34) Cfr Propositio 5.

(35) S. Tommaso D’Aquino, Summa Theologiae, III, q. 80, a 4.

(36) N. 38: AAS 95 (2003), 458.

(37) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 23.

(38) Congregazione per la Dottrina della fede, Lettera su alcuni aspetti della Chiesa intesa come comunione Communionis Notio (28 maggio 1992), 11: AAS 85 (1993), 844-845.

(39) Propositio 5: « Il termine “cattolico” esprime l’universalità proveniente dall’unità che l’Eucaristia, celebrata in ogni Chiesa, favorisce ed edifica. Le Chiese particolari nella Chiesa universale hanno così, nell’Eucaristia, il compito di rendere visibile la loro propria unità e la loro diversità. Questo legame di amore fraterno lascia trasparire la comunione trinitaria. I concili e i sinodi esprimono nella storia quest’aspetto fraterno della Chiesa ».

(40) Cfr ibidem.

(41) Decr. sul ministero e la vita dei presbiteri Presbyterorum Ordinis, 5.

(42) Cfr Propositio 14.

(43) Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 1.

(44) De Orat. Dom., 23: PL 4, 553.

(45) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 48; cfr anche ibidem 9.

(46) Cfr Propositio 13.

(47) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 7.

(48) Cfr ibidem, 11; Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull’attività missionaria della Chiesa Ad gentes, 9.13;

(49) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Dominicae Cenae (24 febbraio 1980),7: AAS 72 (1980), 124-127; Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sul ministero e la vita dei presbiteri Presbyterorum Ordinis, 5.

(50) Cfr Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 710.

(51) Cfr Rito dell’iniziazione cristiana degli adulti, introd. gen. nn. 34-36.

(52) Cfr Rito del Battesimo dei bambini, introd. nn. 18-19.

(53) Cfr Propositio 15.

(54) Cfr Propositio 7; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003), 36: AAS 95 (2003), 457-458.

(55) Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Reconciliatio et Paenitentia (2 dicembre 1984), 18: AAS 77 (1985), 224-228.

(56) Cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 1385.

(57) Si pensi qui al Confiteor o alle parole del sacerdote e dell’assemblea prima di accostarsi all’altare: « Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa ma dì soltanto una parola ed io sarò salvato! ». Non è senza significato che la liturgia preveda anche per il sacerdote alcune preghiere molto belle, consegnateci dalla tradizione, che richiamano al bisogno di essere perdonati, come ad esempio quella pronunciata sottovoce, prima di invitare i fedeli alla comunione sacramentale: « per il santo mistero del tuo corpo e del tuo sangue liberami da ogni colpa e da ogni male, fa che sia sempre fedele alla tua legge e non sia mai separato da te ».

(58) Cfr S. Giovanni Damasceno, Sulla retta fede, IV, 9: PG 94, 1124C; s. Gregorio Nazianzeno, Discorso 39, 17: PG 36, 356A; Conc. Ecum. di Trento, Doctrina de sacramento paenitentiae, cap. 2: DS 1672.

(59) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 11; Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Reconciliatio et Paenitentia (2 dicembre 1984), 30: AAS 77 (1985), 256-257.

(60) Cfr Propositio 7.

(61) Cfr Giovanni Paolo II, Motu proprio Misericordia Dei (7 aprile 2002): AAS 94 (2002), 452-459.

(62) Insieme ai Padri sinodali ricordo che le celebrazioni penitenziali non sacramentali, menzionate nel rituale del sacramento della Riconciliazione, possono essere utili per incrementare lo spirito di conversione e di comunione nelle comunità cristiane, preparando così i cuori alla celebrazione del sacramento: cfr Propositio 7.

(63) Cfr Codice di Diritto Canonico, can. 508.

(64) Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina (1 gennaio 1967), Normae, n.1: AAS 59 (1967), 21.

(65) Ibidem, 9: AAS 59 (1967), 18-19.

(66) Cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 1499-1531.

(67) Ibidem, 1524.

(68) Cfr Propositio 44.

(69) Cfr Sinodo dei Vescovi, II Assemblea Generale, Documento sul sacerdozio ministeriale Ultimis temporibus (30 novembre 1971): AAS 63 (1971), 898-942.

(70) Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), 42-69: AAS 84 (1992), 729-778.

(71) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 10; Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera circa alcune questioni riguardanti il ministro dell’Eucaristia Sacerdotium ministeriale (6 agosto 1983): AAS 75 (1983), 1001- 1009.

(72) Catechismo della Chiesa Cattolica, 1548.

(73) Ibidem, 1552.

(74) Cfr In Iohannis Evangelium Tractatus 123,5: PL 35, 1967.

(75) Cfr Propositio 11.

(76) Cfr Decr. sul ministero e la vita dei presbiteri Presbyterorum Ordinis, 16.

(77) Cfr Giovanni XXIII, Lett. enc. Sacerdotii nostri primordia (1 agosto 1959): AAS 51 (1959), 545-579; Paolo VI, Lett. enc. Sacerdotalis coelibatus (24 giugno 1967): AAS 59 (1967), 657-697; Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), 29: AAS 84 (1992), 703-705; Benedetto XVI, Discorso alla Curia Romana (22 dicembre 2006): L’Osservatore Romano, 23 dicembre 2006, p. 6.

(78) Cfr Propositio 11.

(79) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sulla formazione sacerdotale Optatam totius, 6; Codice di Diritto Canonico, can. 241, § 1 e can. 1029; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 342, § 1 e can. 758; Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992) 11.34.50: AAS 84 (1992), 673-675; 712-714; 746-748; Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri Dives Ecclesiae (31 marzo 1994), 58: LEV, 1994, pp. 56-58; Congregazione per l’educazione cattolica, Istruzione circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al Seminario e agli Ordini sacri (4 novembre 2005): AAS 97 (2005), 1007-1013.

(80) Cfr Propositio 12; Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992) 41: AAS 84 (1992), 726-729.

(81) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 29.

(82) Cfr Propositio 38.

(83) Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Familiaris consortio (22 novembre 1981), 57: AAS 74 (1982), 149-150.

(84) Lett. ap. Mulieris dignitatem (15 agosto 1988), 26: AAS 80 (1988), 1715-1716.

(85) Catechismo della Chiesa Cattolica, 1617.

(86) Cfr Propositio 8.

(87) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 11.

(88) Cfr Propositio 8.

(89) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem (15 agosto 1988): AAS 80 (1988), 1653-1729; Congregazione per la dottrina della fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo (31 maggio 2004): AAS 96 (2004), 671-687.

(90) Cfr Propositio 9.

(91) Cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 1640.

(92) Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Familiaris consortio (22 novembre 1981), 84: AAS 74 (1982), 184-186; Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica circa la recezione della comunione eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati Annus Internationalis Familiae (14 settembre 1994): AAS 86 (1994), 974-979.

(93) Cfr Pontificio Consiglio per i Testi legislativi, Istruzione sulle norme da osservarsi nei tribunali ecclesiastici nelle cause matrimoniali Dignitas connubii (25 gennaio 2005), Città del Vaticano, 2005.

(94) Cfr Propositio 40.

(95) Benedetto XVI, Discorso al Tribunale della Rota Romana in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario (28 gennaio 2006): AAS 98 (2006), 138.

(96) Cfr Propositio 40.

(97) Cfr ibidem.

(98) Cfr ibidem.

(99) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 48.

(100) Cfr Propositio 3.

(101) Vorrei qui richiamare le parole piene di speranza e di conforto che troviamo nella Preghiera eucaristica II: « ricordati dei nostri fratelli che si sono addormentati nella speranza della risurrezione e di tutti i defunti che si affidano alla tua clemenza: ammettili a godere la luce del tuo volto ».