Un libro su S. Pio da Pietrelcina che risponde a Luzzatto

  • Categoria dell'articolo:Pubblicazioni

Sharing is caring!

Padre Pio

L’ultimo sospetto

La verità sul frate delle stimmate

Edizioni Piemme, febbraio 2008

di Saverio Gaeta e Andrea Tornielli

Premessa 

"Padre Pio, il giallo delle stigmate" [1] e "Padre Pio, un immenso inganno" [2]. Due titoli a tutta pagina – comparsi nell’arco di due giorni sull’autorevole "Corriere della Sera" – hanno scosso improvvisamente nell’ottobre 2007 il pacifico tran-tran dei devoti, ma anche degli avversari, dello stimmatizzato di Pietrelcina. Creando scompiglio, dibattito e molta amarezza in chi, conoscendo con quanta cura sia stato svolto il processo di beatificazione del cappuccino, sa bene come ogni obiezione, anche la più piccola, sia stata analizzata a fondo e adeguatamente risolta. All’origine di tutto ciò, un libro che non pecca certamente di falsa modestia, come documenta il retrocopertina nel quale si può leggere: "Credevamo di sapere già tutto su Padre Pio, onnipresente nella realtà come nell’immaginario dell’Italia contemporanea. E invece, a ben guardare, non sapevamo quasi niente" [3].

L’autore del volume, lo storico Sergio Luzzatto, dichiara che le carte dell’Archivio dell’ex-Sant’Uffizio "in questo libro vengono utilizzate per la prima volta, relativamente al ventennio 1919-39" [4]. La scarsa conoscenza a riguardo dell’iter di un processo di canonizzazione gioca purtroppo brutti scherzi e conduce ad affermazioni avventate. Basti sapere che, prima dell’avvio di ogni causa di un "aspirante santo", deve essere rilasciato da tutte le Congregazioni vaticane competenti l’apposito nulla osta, che garantisce che gli eventi già noti non siano di ostacolo a un positivo esito della causa.

Nel caso di Padre Pio, la Congregazione per la Dottrina della fede concesse il nulla osta l’11 novembre 1980 e analoga autorizzazione fu data il 29 novembre 1982 dalla Congregazione delle Cause dei santi: soltanto a questo punto venne aperto nella diocesi di Manfredonia, il 20 marzo 1983, il processo di canonizzazione. Nel corso dell’accertamento l’arcivescovo monsignor Valentino Vailati e il relatore padre Cristoforo Bove poterono anche loro accedere agli Archivi segreti per consultare ogni atto d’accusa – compresi quelli tuttora sotto chiave per gli storici e i giornalisti – e per verificarne l’inconsistenza.

Quelle carte, insomma, sono già state "utilizzate", vagliate e studiate. Al termine di questo lungo e faticoso lavoro, le virtù eroiche di Padre Pio sono state riconosciute, il 18 dicembre 1997, da Giovanni Paolo II il quale, dopo l’approvazione dei necessari due miracoli, ha presieduto le cerimonie di beatificazione, il 2 maggio 1999, e di canonizzazione del cappuccino, il 16 giugno 2002.

Chi cura un processo di beatificazione ha l’obbligo morale di vagliare anzitutto le eventuali prove documentali contrarie al candidato agli altari. È questo il motivo che ci consente di affermare che quelle carte erano state attentamente analizzate, e dunque "utilizzate", molti anni prima che Luzzatto potesse averle tra le mani. Il postulatore, padre Paolino Rossi, lo ha affermato senza giri di parole, commentando il lavoro di Luzzatto: "Tutto quello che è stato spacciato come "inedito" o come "rivelazione" era già stato ampiamente chiarito durante il processo di canonizzazione. In caso contrario, ovviamente, Padre Pio non avrebbe potuto essere elevato all’onore degli altari" [5]. Certo, il senso delle parole dello storico era un altro: per la prima volta quelle carte vengono rese note al grande pubblico. Ma per fare un paragone, fatte salve le differenze del caso, è come se – dopo la determinazione dell’innocenza di un indagato da parte della Cassazione – uno storico, molti anni dopo, riprendesse in esame gli indizi raccolti nel processo di primo grado e li utilizzasse per lanciare nuovamente sospetti sull’ex-inquisito ormai prosciolto.

Oltre a raccogliere e visionare tutte le carte, occorre poi considerare che il Tribunale ecclesiastico interpella anche gli uomini, facendoli giurare sul Vangelo prima di interrogarli, al fine di accertare indiscutibilmente la verità dei fatti. Certamente la lettura integrale della Positio, il dossier di circa ottomila pagine nel quale sono raccolte la documentazione scritta e le autorevoli dichiarazioni dei ben 74 testimoni, avrebbe fatto comprendere qualcosa in più allo stesso storico. Checché se ne possa pensare, infatti, il giuramento ecclesiastico pronunciato da costoro è ben più grave e impegnativo di quello civile: in caso di menzogna, in quest’ultimo si rischia al massimo un’incriminazione per falsa testimonianza o per favoreggiamento, con pene irrisorie. Nell’altro, invece, per il credente è in gioco la condanna eterna!

Ciò che ci ha motivati alla realizzazione di questo lavoro, nel proposito di ristabilire la verità dei fatti, sono state le affermazioni apodittiche, le omissioni e l’approssimazione che purtroppo si riscontrano in diverse pagine del volume dello storico. Il libro – contrariamente alle asserzioni di Luzzatto, il quale nei dibattiti televisivi ha continuato a ripetere di non aver voluto mettere in cattiva luce la figura del santo del Gargano, ma soltanto di aver voluto scrivere un libro di storia su di lui – rappresenta di fatto un atto d’accusa contro Padre Pio da Pietrelcina sulla base di vecchi e superati sospetti.

Rappresenta inoltre il tentativo di leggerne la figura in una chiave esclusivamente politica, secondo i canoni propri della storiografia marxista, al di là del fatto che l’autore ne segua o meno la metodologia: il cappuccino viene infatti forzatamente e con scarsissimi elementi documentali presentato come l’icona del clerico-fascismo, un personaggio religioso del quale si sarebbero appropriati prima il regime mussoliniano e in un secondo momento l’Italietta democristiana, tanto vituperata da chi sognava un esito diverso per le elezioni del 1948. Non v’è dubbio che Padre Pio non mai ebbe alcuna simpatia per le sinistre, pur accogliendo con la medesima benevolenza tutti coloro che si recavano da lui. Ma farne il simbolo del clerico-fascismo, come pretende Luzzatto proponendo proprio questo come fil rouge della sua ricerca, è una riduzione per giustificare la quale bisogna arrampicarsi sugli specchi.

Quello dello studioso si vanta di essere il primo libro di storia sul frate stimmatizzato e di offrire finalmente sulla sua figura quella verità che non si sarebbe potuta conoscere nelle ormai migliaia di libri degli agiografi (categoria trattata con estrema severità da Luzzatto, il quale afferma a chiare lettere che le loro opere non hanno alcun valore critico, salvo poi riferirsi ad esse anche con citazioni abbondanti quando può far comodo alla propria tesi). In queste pagine, che abbiamo scritto andando a rivedere, negli Archivi della Congregazione per la Dottrina della fede e della Congregazione delle Cause dei santi, i faldoni riguardanti Padre Pio e i documenti della Positio, mostreremo come i vecchi sospetti, messi in pagina da Luzzatto e accompagnati da titoletti sarcastici, siano stati abbondantemente superati e risolti.

Dallo storico, tanto più se scrive pretendendo di fare per la prima volta "storia" su Padre Pio, ci saremmo aspettati uno scavo su certi elementi – per esempio sulla richiesta del frate di avere dell’acido fenico e della veratrina nel 1919 – per offrire al lettore una parola definitiva in proposito, positiva o negativa che fosse. Invece, la scelta – più che discutibile – è stata quella di dire e di non dire, citando pezzi di documenti e omettendone altri che avrebbero potuto spiegare in una luce completamente diversa i primi. Salvo poi chiamare in causa i giornalisti (ai quali è facile dar sempre la colpa) per aver enfatizzato unicamente l’aspetto delle stimmate e dell’acido fenico e non altre pagine del libro. Ci chiediamo: chi ha suggerito al "Corriere della Sera" proprio l’anticipazione del capitolo sulle stimmate? Chi ha stabilito i titoletti interni ai capitoli, nei quali Padre Pio viene definito "il piccolo chimico", "un mistico da clinica psichiatrica", "il cappuccino volante", "il santo dei delatori"? Sono state scelte imposte all’autore dalla casa editrice o dall’ufficio stampa, oppure decisioni prese a sua insaputa? Non essendo questa la nostra prima esperienza editoriale e avendo bazzicato molti editori, ci permettiamo di dubitarne fortemente.

È vero che le testimonianze citate dallo storico sull’acido fenico e sulla veratrina erano tutte presenti nei fascicoli del Sant’Uffizio, ma, ci chiediamo, non era forse possibile, sulla base della documentazione esistente e delle testimonianze già raccolte, approfondire quei sospetti, invece che limitarsi a lanciare il sasso e tirare indietro la mano? Quest’ultima domanda rappresenta il punto di partenza per il nostro lavoro. A muoverci non è stata certo la volontà di contrapporci, da giornalisti, allo "storico del XXI secolo" (come si definisce in una pagina del suo libro Sergio Luzzatto). Proprio per questo motivo, onde non personalizzare le nostre critiche, che riguardano sempre e soltanto il suo scritto non privo certo di valore documentale ma sul quale ci permetteremo di muovere molte obiezioni, nei capitoli che seguono lo definiremo sempre come "lo Storico".

A farci scrivere queste pagine non è stata la volontà di confutare quelli che riteniamo essere veri e propri errori interpretativi: per farlo, infatti, sarebbe bastata una serie di articoli, come in parte è già avvenuto. A muoverci è stata, invece, la grande impressione che il libro dello storico ha provocato nell’opinione pubblica, insieme con le reazioni sconcertate di tanti semplici fedeli. Durante una puntata di "Porta a Porta" [6], la popolare trasmissione di Bruno Vespa, dedicata al libro di Luzzatto, il conduttore Luciano Rispoli ha raccontato la reazione della sua edicolante al secondo giorno di titoli in prima pagina dedicati al frate con le stimmate e ai presunti imbrogli mediante l’acido fenico: "Con le lacrime agli occhi mi ha detto, parlando a me come rappresentante della categoria dei giornalisti: "Ma che v’ha fatto Padre Pio?".

Ora, tanto per essere chiari fino in fondo, riteniamo non solo lecito, ma necessario e utilissimo qualsiasi lavoro storico serio, qualsiasi ricerca di scavo e di approfondimento non agiografico su Padre Pio come su ogni vecchio e nuovo santo o beato della storia della Chiesa. Aprendo l’Archivio segreto vaticano agli studiosi, Leone XIII disse che la "Chiesa non ha paura della verità". Dunque non soltanto è giusto, ma è pure doveroso ricercare, indagare, compulsare documenti, ricostruire contesti, proporre chiavi di lettura. E per farlo, è altrettanto ovvio, non è necessario essere credenti, così come non lo è non esserlo.

Chi non crede, magari considererà l’aspetto spirituale o certe fenomenologie mistiche come "sovrastrutture" sulle quali è difficile pronunciarsi. Ma i fatti sono fatti. Le piaghe che per cinquant’anni sono state indubitabilmente presenti sulle mani, sui piedi e sul costato del frate di Pietrelcina non sono "sovrastrutture" o semplici proiezioni mentali: stiamo ancora aspettando di vedere qualcuno che, dopo essersi lungamente concentrato, riesca a prodursi con la sola forza del pensiero o della volontà i segni della Passione di Cristo e a farli permanere nell’arco di 50 anni, senza rimarginazione o suppurazione. Le stimmate di Padre Pio sono state ferite sanguinanti che provocavano un dolore fisico, lacerante, lancinante. Dunque, che si professi o meno una fede, analizzare il fenomeno, inquadrarlo storicamente e scrutare i documenti al riguardo con correttezza, competenza e completezza, è sacrosanto.

Anche lo storico però – che sia credente o meno è irrilevante – deve sapere che il suo lavoro sarà sottoposto all’analisi e all’eventuale critica. Non basta la patente di "storico" per garantire la qualità di una ricerca, così come non basta la patente di "giornalista" iscritto all’Ordine per garantire la qualità di un articolo, oppure quella di "agiografo" per assicurare la qualità della biografia edificante di un santo. E così come esistono libri agiografici buoni e meno buoni, o articoli corretti e meno corretti, allo stesso modo esistono libri di storia buoni e altri meno buoni, cioè meno rispondenti – al di là delle sviste o degli eventuali errori presenti nel testo – ai criteri storiografici.

Per queste ragioni, il fatto che Luzzatto sia uno storico e abbia un incarico universitario, mentre noi siamo (soltanto) dei giornalisti che hanno scritto e scrivono di storia, non ci ha fatto accettare supinamente le tesi del libro. Se un giornalista scrive cose non vere o diffama qualcuno, chi si sente ingiustamente colpito può ricorrere all’Ordine dei Giornalisti, i cui probiviri prenderanno una decisione in merito e sanzioneranno il colpevole, se lo riconosceranno tale. Lo storico, invece, a chi risponde? Si può permettere di non citare del tutto fatti importanti e decisivi, come per esempio – lo vedremo – l’uccisione di un carabiniere in occasione dell’eccidio avvenuto a San Giovanni Rotondo nel 1920? Ha scritto lo stesso Luzzatto che, "se fatta bene, la storia non è progressista né reazionaria, è semplicemente buona storia" [7]. Siamo d’accordissimo, per una volta, con la sua affermazione. Ci permettiamo però di dire, come mostreremo nelle prossime pagine, che la sua, purtroppo per lui (e per noi, che abbiamo dovuto rimboccarci le maniche per mettere in discussione e per vagliare con oggettività ciò che lui sostiene di aver costruito in otto anni di impegno [8]), non lo è.

Vogliamo infine precisare che, oltre a rispondere alle accuse mosse da quello che è semplicemente l’ultimo in ordine di tempo dei testi critici su Padre Pio, in queste pagine abbiamo cercato di rispondere a ogni altra accusa fino a oggi mossa contro il santo di Pietrelcina per lasciare emergere tutta la verità sul frate delle stimmate.
Gli Autori

  

Note

[1] S. LUZZATTO, in "Corriere della sera", 24 ottobre 2007.

[2] A. CAZZULLO, in "Corriere della sera", 25 ottobre 2007.

[3] S. LUZZATTO, Padre Pio. Miracoli e politica nell’Italia del Novecento, IV di copertina.

[4] Ibid., p. 13.

[5] "Famiglia Cristiana", n. 45/2007, p. 53.

[6] La puntata di "Porta a Porta", registrata il 31 ottobre 2007, è andata in onda su RaiUno il giorno successivo, 1° novembre. Sulle pagine torinesi de "La Stampa" del 30 ottobre, Luzzatto aveva preannunciato che non avrebbe partecipato definendo la trasmissione di Vespa "una melassa" e aveva duramente criticato Giampaolo Pansa e i suoi vendutissimi libri sulle zone d’ombra della Resistenza: "Odio la confusione e il chiacchiericcio sul passato, come accade nei libri di Pansa sulla Resistenza. Non divento un giornalista perché scrivo articoli, e vorrei che lui, che è giornalista, non si reputasse uno storico". Luzzatto in seguito ha invece preso parte a una puntata di "Matrix" condotta da Enrico Mentana, a una puntata dell’"Infedele" condotta da Gad Lerner su La7 e a un faccia a faccia con Corrado Augias su RaiTre: nei primi due casi gli autori del presente volume erano in studio e hanno potuto interloquire con lui. Nel terzo caso non c’è stato alcun contraddittorio e su Padre Pio si sono dette molte falsità accreditando il presunto inganno all’origine delle sue stimmate.

[7] S. LUZZATTO, in "Corriere della sera", 30 ottobre 2007. [8] "Famiglia Cristiana", n. 45/2007, p. 55: "[…] mi ha spronato a cominciare, nel 1999, il lungo lavoro di ricerca". Come si legge nella Tabella riepilogativa – Ricerca finanziata dall’Università (ex 60%) – Anno 2007 (http://www.cisi.unito.it/ricerca/area9_2007.htm), Luzzatto – docente di Storia moderna, che convenzionalmente si ferma al 1815 – ha potuto godere nel 2007 di un finanziamento universitario di 3.818,70 euro per il progetto su "Politica e religione nel Novecento italiano", un tema assonante con il sottotitolo del suo saggio su Padre Pio.