(Tempi) Scandali morali in politica? Pensiamo ai problemi veri

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Tempi 15 Settembre 2009

Corigliano: «Politica non è parlare dei peccati altrui»

La linea anti-Terrore del portavoce dell’Opus Dei

di Rodolfo Casadei

Poco più di quattro mesi dopo il suo inizio, la campagna stampa di Repubblica mirata a delegittimare il premier Silvio Berlusconi attraverso rivelazioni attinenti alla sua vita privata si è trasformata in un bagno di sangue generalizzato. Le vittime dell’uso politico del moralismo vanno ben al di là dell’area di riferimento del Pdl, comprendendo personalità come l’ex direttore di Avvenire Dino Boffo ed esponenti di prima linea del Pd come Massimo D’Alema e Sandro Frisullo. Una deriva del genere era stata presentita da Giuseppe Corigliano, portavoce dell’Opus Dei, in un’intervista al quotidiano il Giornale all’inizio del luglio scorso. Tempi lo ha chiamato nuovamente in causa per conoscere le sue valutazioni su una crisi che si va approfondendo e incancrenendo.
Ingegner Corigliano, due mesi fa in un’intervista sulla questione del “libertinaggio” del presidente del Consiglio lei dichiarò che la denuncia in piazza di comportamenti immorali personali può portare al Terrore. Oggi, di fronte a tutto quello che è successo in seguito, lei ripeterebbe lo stesso giudizio?
Io curo la comunicazione dell’Opus Dei e nell’Opera ognuno la pensa come vuole su temi politici. Ma la sua domanda ha un risvolto morale che riguarda la vita del laico cristiano. E qui San Josemaría ci ha lasciato un messaggio chiaro. Un conto è annunciare la morale, che per il cristiano è la via per giungere effettivamente alla salvezza, alla vita eterna: vivere secondo Gesù. Il moralismo invece consiste nel denunciare un comportamento immorale in modo strumentale, e questa è un’operazione che nessuno dovrebbe fare: è un uso improprio della morale. Si dimentica che il peccato originale riguarda tutti, e allora è sempre meglio che un cristiano si astenga dal moralismo. In particolare, per quanto riguarda il nostro paese, è evidente che in questo momento bisogna aiutare la politica, e quindi anche i media, ad avere un contatto reale con le esigenze del paese. È troppo tempo che stiamo parlando di temi che non sono temi primari, che sono quelli delle famiglie e della povertà. San Josemaría, il fondatore dell’Opus Dei, ha sempre insistito sullo spirito di collaborazione e sullo studio dei problemi evitando la conflittualità.
Conferma che c’è il rischio del Terrore quando si punta alla purezza assoluta?
Esattamente. Quando si comincia a dividere l’umanità in buoni e cattivi, e quindi a esprimere giudizi, si finisce con il Terrore come nel caso della Rivoluzione francese. Perché non ci si rende conto che il peccato originale ce l’abbiamo tutti, che il peccato è dentro di noi.
Fortunatamente non siamo ancora arrivati al Terrore giacobino, ma siamo già alla guerra di tutti contro tutti con qualsiasi mezzo. Come vede lei questa situazione?
È esattamente il contrario dello spirito cristiano, e anche dello spirito laico. Oggi il compito del laico cristiano è quello di riportare le cose alla loro vera natura, di collaborare allo studio e alla soluzione dei problemi. La guerra di tutti contro tutti non è cristiana. Uno stile laico cristiano è quello che ho visto in azione al Meeting di Rimini. Sono reduce dall’ultima edizione e sono rimasto commosso per tanta mobilitazione di giovani generosi, di forze vive.
Si può dire che la pubblica denuncia dei vizi privati con annessa pretesa di dimissioni, da parte di chiunque, va contro la laicità della politica?
Certo. La laicità della politica, per un cristiano, è quella che ha inaugurato Gesù Cristo: è Lui che ha distinto le due sfere. Per questo i cristiani sono i primi autorizzati a parlare di laicità. Naturalmente di laicità cristiana. Nel cristiano convivono e si fecondano coscienza cristiana e coscienza civile. Il suo comportamento deve essere sempre il contrario del moralismo, sull’esempio di Gesù, che davanti al peccato evidente dell’adultera colta in flagrante proclamò: «Chi è senza peccato scagli la prima pietra». Non si giudicano le persone in piazza. I processi di piazza non sono un modo cristiano di procedere. Mi riferisco a chiunque. Sbaglierebbe chi interpretasse quanto dico come la difesa del solo Berlusconi.
Poi magari si scaricano le responsabilità delle tensioni sulla Chiesa e sui cristiani.
Mi fanno ridere i giornali che scrivono “tensione nel mondo cattolico fra Cl, Azione Cattolica, Opus Dei, eccetera”. Come le ho detto, sono reduce dal Meeting di Rimini, dove persone di Cl mi hanno invitato a parlare dell’Opus Dei: è una dimostrazione della fraternità e della stima reciproca che c’è in campo cattolico, mentre si vanno sventolando in giro divisioni che non esistono. Se alcune persone di Cl venissero promosse ad alti incarichi di responsabilità nella Chiesa, io sarei solo contento. Le divisioni non esistono quando si lascia operare lo Spirito Santo, quando si cerca di vivere secondo Gesù. Per me il Meeting di Rimini è stato una manifestazione in più dello spirito di Dio. Di come ci si stima e ci si vuol bene, anche fra persone appartenenti a realtà diverse della Chiesa.