Storia dell’apologetica

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\"\"Card. Avery Dulles, C.S. Storia dell’apologetica, con una prefazione di mons. Luigi Negri,  Edizioni Fede & Cultura , 2010, pp. 384, € 29

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PREFAZIONE

Sono lietissimo di presentare questo significativo volume dedicato dal Card. Dulles alla Storia dellApologetica.

In qualche modo ho lapologetica nel sangue. Da studente universitario presso la facoltà di filosofia dellUniversità cattolica nei primi anni sessanta, sotto la guida del più grande metafisico del secolo scorso, il prof. Gustavo Bontadini, avevamo dato vita a un centro di apologetica in cui cercavamo di difendere la Fede leggendo dal punto di vista di unautentica coscienza cristiana e di una piena adesione alla filosofia neotomista le vicende culturali del passato e del presente.

Per me lapologetica è una dimensione sostanziale della fede, perché il movimento che la fede vive per comunicare le ragioni profonde della sua identità e quindi per incontrare, sulla base della razionalità umana, posizioni, istanze, questioni. Questo movimento, che implica lapprofondimento della propria identità e quindi lapertura al confronto e al dialogo con tutte le posizioni, costituisce uneredità preziosa della posizione teologica e filosofica cattolica.

Queste formulazioni mi sembrano anche il punto di vista sostanziale di questo ottimo volume in cui le fasi dellapologetica storica vengono tratteggiate dal Card. Dulles con uninterpretazione profonda, una grande maestria filologica e una grande passione ecclesiale.

Non si ama infatti la Chiesa senza difenderla, cioè senza mostrare che la verità della fede incontra e valorizza ogni autentico sforzo delluomo per comprendere se stesso, non senza denunciare e negare quelle posizioni che essendo contro Dio sono inevitabilmente anche contro luomo.

Mi pare che questo mio intendimento e la lettura di questo ottimo testo, cui auguro il miglior successo, sono ben espresse da questa espressione di Timothy George: «Lapologetica è per tutti. Questa storia particolare, anche se non manca di erudizione, è stata scritta nella convinzione che gli argomenti nei quali gli apologeti cristiani si sono imbattuti nelle varie epoche sono, o dovrebbero essere, di interesse comune per chiunque si ponga le domande fondamentali sulla vita umana: chi sono? Da dove vengo e dove vado? Qual è il significato della mia vita e della vita stessa? Come dovrei vivere in questo mondo? Cè vita oltre la tomba e dove sarò trenta secondi dopo la mia morte? Queste domande, naturalmente, non appartengono solo ai cristiani. Esse appartengono ad ogni uomo. Ma la fede cristiana non si ritrae dal compito di considerare queste domande alla luce del nostro comune umano affanno e con laiuto della ragione illuminata dalla fede».

Con la mia benedizione piena di gratitudine

†Luigi Negri, Vescovo di San Marino-Montefeltro


 


 


Preghiera serale dell’apologeta

Da tutte le mie storpie sconfitte e oh! Molto più

da tutte le vittorie che pensavo mie;

dallintelligenza sparata in tuo nome

per la quale, se gli angeli piangono, la gente ride;

da tutte le mie prove della Tua divinità,

Tu, che non dai segno, liberami.

Sono solo spiccioli i pensieri. Non permettere che invece che a Te,

mi affidi alla consunta loro immagine del tuo capo.

Da tutti i miei pensieri, anche dai miei pensieri di Te,

o Tu splendido Silenzio, cadi, e liberami.

Signore della porta stretta e della cruna dellago,

toglimi dal mio nulla per paura che muoia.

C.S. Lewis


 


PREMESSA

PREMESSA

di Timothy George

 

Nellautunno del 1936 un giovanotto brillante e bello, appena diplomatosi in uno dei più prestigiosi licei del New England, incominciava i suoi studi universitari ad Harvard. Se il modulo di iscrizione di Harvard avesse chiesto lappartenenza religiosa, egli avrebbe scritto "protestante", poiché proveniva da una famiglia la cui fede presbiteriana si perdeva nel tempo e sua madre, quando ancora era un bambino, gli aveva insegnato la Preghiera del Signore. Ma, come per molti altri studenti prima e dopo di lui, la sua nominale affiliazione alla fede cristiana lo aveva lasciato sprovvisto di ogni autentica convinzione religiosa. Aveva smesso di credere che luniverso fosse opera di un Creatore intelligente e ragionevole o che lanima umana avesse un qualsiasi destino verso cui tendere oltre a quello delloblio o che la vita avesse un qualsiasi senso morale al di là di quella specie di etica utilitaristica basata sul piacere e sulle preferenze di questa o quella persona o comunità. Avery Dulles era un ateo.

Comunque, come molti autorevoli padri del pensiero cristiano, compreso Giustino martire, SantAgostino e C.S. Lewis, Dulles fu condotto attraverso lo studio della filosofia a mettere in discussione la certezza dei suoi dubbi e dei suoi dinieghi. Aristotele gli insegnò ad apprezzare la dignità della ragione e a scorgere il progetto nel cuore del mondo creato. Per mezzo di Platone arrivò a comprendere che i valori morali – le cose vere, belle e buone – erano qualcosa di più di un capriccio della preferenza; essi avevano una base oggettiva in ciò che era essenzialmente reale. Tutto ciò gli si presentò in un grigio e piovoso pomeriggio di febbraio, quando lasciò il suo tavolo alla Widener Library (dove aveva letto un capitolo della Città di Dio di SantAgostino che gli era stato assegnato in un corso di storia medioevale) e cominciò a incamminarsi faticosamente attraverso la neve che si stava sciogliendo e il fango lungo la riva del fiume Charles: «Mentre maggiravo senza scopo, qualcosa mi costrinse a guardare pensoso a un giovane albero. Sui suoi fragili e teneri rami apparivano le prime gemme, in fremente attesa della vicina primavera. Mentre i miei occhi rimanevano fissi su di esse, mi venne improvvisamente il pensiero – con tutta lirrompenza e la novità duna rivelazione – che questi minuscoli germogli nella loro innocente docilità seguivano una norma, una legge della quale io non sapevo ancora nulla. Come ha potuto accadere, mi domandavo, che questa tenera pianta sia spuntata e si sia sviluppata e che limmensa complessità dei suoi processi cellulari abbia cooperato a farla crescere diritta e a farle produrre foglie e fiori? La risposta, la trita risposta della filosofia scolastica, mi apparve completamente nuova: perché le sue operazioni erano ordinate a un fine dalla sola potenza capace di adattare i mezzi al fine: lintelligenza. Ora il fatto stesso che questa intelligenza agisse per uno scopo implicava un finalismo, in altre parole una volontà. Era inutile, allora, metter da parte questi fenomeni parlando oscurantisticamente duna forza misteriosa, detta "Natura". La "natura", responsabile di questi fatti, era contraddistinta dal possesso di intelletto e di volontà, e questi due elementi costituiscono la personalità. Dunque una mente o unintelligenza, non la materia, era allorigine di tutte le cose. O meglio non tanto la "mente" di Anassagora, quanto piuttosto un Essere personale di cui non avevo avuto finallora lintuizione».

Questa epifania fu per Dulles non tanto un momento di illuminazione mistica quanto unintuizione o un riconoscimento della temporalità e della materialità dellordine creato e della realtà che lo sostiene e governa per mezzo di una benevola provvidenza, quella stessa realtà a cui Dante si riferì come a «lamor che move il sole e laltre stelle». Col tempo, attraverso lamicizia personale, lo studio delle Sacre Scritture, la testimonianza della comunità dei credenti, Avery Dulles avrebbe imparato il nome di quellAmore: Gesù Cristo, il Figlio delluomo dei quattro Vangeli canonici, leterno Figlio del celeste Padre, Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, il Salvatore del mondo, il Signore della Chiesa, il Signore che viene ed è il giudice di tutto.

Il cardinal Avery Dulles è il primo teologo statunitense ad aver ricevuto la porpora dalla Chiesa cattolica romana senza essere stato prima vescovo. Storia dellApologetica, di portata magisteriale, rappresenta il raccolto maturo di una fertile vita di lavoro teologico e il frutto di un personale pellegrinaggio della fede che cerca la comprensione. Iniziando proprio col Nuovo Testamento e attraversando le epoche successive della storia della Chiesa, il cardinal Dulles presenta il dramma dellapologetica come storia dellincontro della fede cristiana con le diverse sfide e minacce provenienti tanto dal suo interno e dal suo ambiente quanto dalla cultura secolare.

Un modo di interpretare la storia dellapologetica è vedere come la Chiesa e i suoi teologi abbiano oscillato attraverso i secoli fra i due poli dellidentità e delladattabilità. In certe situazioni storiche, la Chiesa si è concentrata strettamente e quasi esclusivamente sulla sua propria identità – sulle sue strutture soggettive, sulle sue credenze, sulle sue pratiche, dedicando ben poco impegno al compito dellevangelizzazione. In altri momenti, la Chiesa è stata così proiettata allesterno nella sua missione verso il mondo che ha rischiato di perdere il suo messaggio originale e si è assimilata alle idee e alle mode avverse allo stesso Vangelo. Cè un chiaro e concreto pericolo nei due estremi: o la Chiesa diviene "sacro conciliabolo", unenclave settaria tagliata fuori dal suo ambiente sociale e intellettuale, o, al contrario, la Chiesa diventa una manifestazione dello Zeitgeist dominante. Linculturazione apre la strada allacculturazione. Nei suoi momenti migliori, lapologetica cristiana è stata attenta a questi pericoli simmetrici e ha cercato di esprimere una mediazione di quella «fede, che fu trasmessa ai credenti una volta per tutte» (Gd 1,3), tale da evitare entrambi gli estremi. Lapologetica è per tutti. Questa storia particolare, anche se non manca di erudizione, è stata scritta nella convinzione che gli argomenti nei quali gli apologeti cristiani si sono imbattuti nelle varie epoche sono, o dovrebbero essere, di interesse comune per chiunque si ponga le domande fondamentali sulla vita umana: chi sono? Da dove vengo e dove vado? Qual è il significato della mia vita e della vita stessa? Come dovrei vivere in questo mondo? Cè vita oltre la tomba e dove sarò trenta secondi dopo la mia morte? Queste domande, naturalmente, non appartengono solo ai cristiani. Esse appartengono a ogni uomo. Ma la fede cristiana non si ritrae dal compito di considerare queste domande alla luce del nostro comune umano affanno e con laiuto della ragione illuminata dalla fede. Nelle righe iniziali della lettera enciclica Fides et Ratio, il Papa Giovanni Paolo II così si esprime:

«La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano sinnalza verso la contemplazione della verità. È Dio ad aver posto nel cuore delluomo il desiderio di conoscere la verità e, in definitiva, di conoscere Lui perché, conoscendolo e amandolo, possa giungere anche alla piena verità su se stesso».

Oltre a coloro che dubitano e a coloro che cercano, i cristiani credenti di tutte le confessioni daranno il benvenuto a questo libro e lo troveranno utile perché, nella sua ampia trattazione della storia cristiana, il cardinale Dulles ha affrontato innanzitutto le questioni più urgenti che il Cristianesimo si trova di fronte, non con le polemiche intestine e interconfessionali che spesso furono una prerogativa degli apologeti del passato. Questo non implica lesclusione di una teologia polemica, o la dimenticanza delle serie differenze che ancora dividono i credenti cattolici, ortodossi ed evangelici in nome di una facile unità. Il cardinale Dulles, egli stesso un interlocutore importante in molte discussioni ecumeniche, compreso lattuale progetto Evangelicals and Catholics Together [evangelici e cattolici insieme], ha sempre messo in evidenza la necessità della ricerca dellunità nella verità. Ma è altresì importante riconoscere che, mentre le differenze fra i cristiani che hanno diviso la Chiesa nel corso della storia restano ancora irrisolte, cè un urgente bisogno di un fronte comune contro le ideologie dominanti del secolarismo, del materialismo, del naturalismo e di un umanesimo antropocentrico separato dal credo secondo cui tutti gli uomini e tutte le donne considerati nella loro individualità sono resi infinitamente importanti e infinitamente degni damore da quel Dio a immagine del Quale ognuno di loro è stato creato. Il cardinale Dulles ci ha dato unapologetica di Cristianesimo essenziale, non "essenziale" nel senso minimalista del termine, ma nel senso vigoroso e di uso antico che significa "nulla di meno che", "assoluto", "sicuro", "veritiero", "reale". Si tratta di un approccio allapologetica in linea con la spesso citata massima usata, fra gli altri, da Papa Giovanni XXIII: In necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas – "In ciò che è essenziale, unità; nelle cose secondarie, libertà; e in tutte le cose, carità" (Ad Petri Cathedram [29 giugno, 1959]).

Come la Chiesa nella sua storia ha oscillato di volta in volta fra i poli dellidentità e delladattabilità, così anche lapologetica è stata tentata dal richiamo del fideismo da un lato e dal razionalismo dallaltro. Il cardinal Dulles ha lanciato lappello per un "revival apologetico" ai nostri giorni, e questo libro è una risorsa importante per tale recupero. Ma se gli apologeti cristiani devono parlare con successo e in modo convincente alla cultura pervadente del dubbio e della miscredenza così egemone oggi, devono ricordarsi di mantenere il cuore caldo e la mente fredda. Devono coltivare unapologetica di testimonianza personale non meno che la padronanza delle prove che il verdetto richiede. Questo approccio riconoscerà che la rivelazione, nel cosmo come nella coscienza, come nella Parola stessa di Dio, sempre resta carica di mistero e che, come ha detto Papa Giovanni Paolo II, «solo la fede permette di entrare allinterno del mistero, favorendone la coerente intelligenza» (Fides et ratio, n. 13).

Questo è il tipo di comprensione che cominciava a sorgere nel giovane Avery Dulles mentre si faceva strada con difficoltà nella neve lungo il fiume Charles tanti anni fa. Tutti i cristiani ovunque possono essere grati per lapprofondirsi e il fiorire di questa comprensione nella vita di Avery Dulles, un umile servo del Signore che è anche un principe della Chiesa. Come in seguito avrebbe riflettuto sul passo iniziale della fede e di tutto quello che è seguito poi, il cardinale Dulles, in parole che fanno eco alle confessioni di SantAgostino, celebra la grazia di Dio nella vita della mente e invita gli altri a gustare e a vedere che il Signore è buono, fedele e vero: «Latto di fede che emisi più tardi si deve attribuire unicamente alla grazia di Dio. Non avrei mai potuto fare ciò con le sole mie forze. La grazia che ricevetti fu un grandissimo e immeritato privilegio, ma io sinceramente credo che Dio, nella Sua fedeltà, non negherà tale grazia a nessuno che a Lui si rivolga con fervore nella preghiera. Trovai che Dio era esattamente come nostro Signore Laveva descritto: un padre che non darebbe mai una pietra al posto del pane, ma nientemeno che lo Spirito Santo a coloro che lo chiedono. "Picchiate e vi sarà aperto"».

 

 

PREFAZIONE ALLA PRIMA EDIZIONE

Il termine apologetica richiama oggi, a molti cristiani, spiacevoli connotazioni. Lapologeta è visto come una persona opportunista ed aggressiva che cerca, con mezzi più o meno leciti, di convincere la gente ad entrare nella Chiesa. Molte sono le accuse depositate dinnanzi alla porta dell apologetica: il suo trascurare la grazia, la preghiera, ed il potere vivificante della parola di Dio; la sua tendenza a semplificare eccessivamente e a sillogizzare lapproccio alla fede; il suo stemperare lo scandalo del messaggio cristiano; e il suo presupposto implicito secondo cui la parola di Dio dovrebbe essere giudicata col criterio di una ragione fallibile, per non dire decaduta.

Qualche apologeta cristiano senza dubbio si è reso colpevole di tutto questo. Ma potrebbe essere utile domandare: quando si portano queste accuse, gli accusatori hanno in mente i grandi maestri dellapologetica o piuttosto i ciarlatani, gli azzeccagarbugli, i dilettanti? Prima di dare un giudizio complessivo sullapologetica, si dovrebbe studiarne la migliore tradizione. Torniamo dunque a Clemente e a Origene, ad Eusebio e ad Agostino, a Tommaso e a Ficino, a Pascal e a Butler, a Newman, a Blondel. Uno sguardo più attento ci farà comprendere che molti apologeti furono uomini sinceri e coraggiosi che videro la relazione fra fede e ragione in molti modi diversi. Uomini di preghiera, che in molti casi lottarono anni per conoscere la volontà di Dio su se stessi. Uomini colti che non risparmiarono la fatica per essere sicuri che il loro impegno religioso fosse intellettualmente onesto. Uomini di talento, perfino di genio, che investigarono profondamente la dinamica dello spirito umano nella sua ricerca di Dio e la dinamica della parola di Dio nel suo incontro con lo spirito delluomo. Uomini eloquenti, alcuni dei quali scrissero le loro riflessioni in classici immortali.

Il presente volume non vuole essere unapologia del Cristianesimo, ancor meno unapologia dellapologetica. Esso mira semplicemente a raccontare la storia dei vari modi in cui pensatori cristiani, in epoche diverse e in diverse culture, hanno lottato per "dare ragione della speranza che era in loro" [Cfr. 1Pt 3, 15]. Gli obbiettivi e i metodi dellapologetica sono spesso cambiati. I primi apologeti furono principalmente interessati ad ottenere tolleranza sociale per la comunità cristiana: volevano provare che i cristiani non erano malfattori meritevoli della pena di morte. Gradualmente, durante lo scorrere dei primi secoli, lapologetica assunse un carattere meno difensivo. Dando inizio alla controffensiva, essi mirarono a convertire membri di altri gruppi. Alcuni si dedicarono alla conversione dei pagani, altri a quella dei giudei. Quindi lapologetica rivolse la sua attenzione ai musulmani, agli atei, agli agnostici, agli indifferenti. Infine gli apologeti giunsero a riconoscere che ogni cristiano celava in sé un infedele nascosto. A quel punto, lapologetica divenne, in qualche misura, un dialogo fra il credente e il non credente nel cuore del cristiano stesso. Parlando al suo non rigenerato io lapologeta supponeva – del tutto correttamente – che sarebbe stato ben capace di parlare ad altri nella stessa condizione.

Come altri sforzi per trovare il logos nel mythos cristiano, o di conferire espressione razionale ai più profondi movimenti dello spirito umano, lapologetica è stata solo parzialmente un successo. Ha dato ragione di alcune cose ma ne ha lasciate altre inesplicate. Data per scontata linevitabile disparità fra motivazione e riflessione, fra concettualizzazione e riflessione e fra concettualizzazione e linguaggio, non sorprende che gli apologeti abbiano spesso balbettato nel loro tentativo di fornire solide ragioni al credere. Se lo spirito umano è sempre un mistero in se stesso, ancora più lo è quando lotta con Dio, quando il divino Spirito in esso geme6. Oltre ad incontrare questi ostacoli di carattere generale che lapologetica in quanto tale affronta, i singoli apologeti sono stati assillati da molteplici difficoltà particolari. Essi hanno sofferto, nel tempo in cui scrivevano, del relativamente sottosviluppato stato dellesegesi, della storiografia e delle scienze naturali. Sono stati soggetti allo Zeitgeist della loro epoca e tormentati da diversi problemi pratici che hanno impegnato la Chiesa nei diversi frangenti storici. E, naturalmente, sono stati anche limitati umanamente dalle loro risorse intellettuali. Opportunamente, inoltre, gran parte degli apologeti hanno provato a parlare efficacemente ai loro contemporanei piuttosto che alle generazioni successive. Quindi, non sorprende che nessun apologeta, dei secoli e delle generazioni trascorse, sia conforme ai criteri che si potrebbero stabilire per una apologetica contemporanea. Tuttavia una lettura attenta dei classici del settore rivela che gli stessi problemi di fondo ricorrono continuamente e che è quasi impossibile dire qualcosa di sostanzialmente nuovo. In un tempo come il nostro, quando molti cristiani trovano particolarmente difficile argomentare la ragionevolezza della loro fede, può essere di grande aiuto rivisitare il passato.

Nello scrivere la storia dellapologetica ho dovuto prendere alcune difficili decisioni relativamente agli autori che vi dovevano essere inclusi e al risalto da dare ad ognuno di essi. Per evitare malintesi può essere utile esporre alcuni dei criteri che mi hanno guidato. Supponendo che lapologetica cristiana implichi una concezione del Cristianesimo quale definitiva rivelazione di Dio allumanità, ho generalmente escluso o menzionato solo di sfuggita quei pensatori religiosi che non si riferirono ad esso come alla propria religione o che non ne accettarono la rivelazione. Per questo motivo non ho trattato Bergson e ho brevemente parlato di Kant.

Cercando di limitarmi a quella che può essere definita apologetica cristiana, ho anche omesso o citato solo di sfuggita quei polemisti la cui principale preoccupazione era dimostrare che una certa forma di Cristianesimo – per esempio lAnglicanesimo – fosse quella vera. Su questa base ho omesso autori quali John Jewel e William Chillingworth. Se ho incluso alcuni apologeti confessionali, come Balmes e Harnack, è in genere perché le argomentazioni in favore della loro affiliazione coincidevano in pratica con le loro argomentazioni in favore del Cristianesimo. Per ragioni simili ho escluso pensatori il cui contributo primario era la difesa della validità di alcune dottrine particolari, quali linfallibilità della Bibbia, la verginità di Maria, la Presenza Reale o altro ancora.

Gli apologeti delle mille controversie, per quanto possano essere numerosi, esulano dagli scopi di uno studio come questo. Poiché sono interessato qui alla credibilità generale del Cristianesimo, ho dato attenzione – e spero la dovuta attenzione – agli autori protestanti come a quelli cattolici. È giusto che sia riconosciuto un tributo ai grandi difensori protestanti del Cristianesimo: dal secolo sedicesimo apologeti protestanti e cattolici si sono mutuamente influenzati ed imitati.

Nella mia selezione degli autori e delle loro opere non ho voluto escludere ogni giudizio di valore, ma ho cercato di evitare che il mio soggettivo punto di vista potesse alterare i materiali stessi. Per lo più mi sono limitato ad elencare obiettivamente gli scritti degli apologeti del passato. Questo riportare oggettivo sembrava il più conforme alla natura e agli scopi di un volume che vuole essere "risorsa" per altri che seguiranno. Infine, voglio chiarire che non mi sono sforzato in queste pagine di promuovere una teoria particolare su quello che dovrebbe essere lapologetica. Non ho dettagliato la teoria dellapologetica e non ne ho valutato il compito, i metodi, e le prospettive specialmente in riferimento ai bisogni della Chiesa oggi. Il presente volume comunque, dovrebbe avere la sua giustificazione in se stesso e presumibilmente dovrebbe riempire un vuoto, poiché, per quanto ne sappia, nessuna importante storia dellapologetica è stata recentemente pubblicata. I soli completi resoconti storici – quelli di Karl Werner, Otto Zockler, e Jules Martin – sono stati tutti scritti più di sessantanni fa; non furono mai tradotti in inglese e si possono trovare solo in poche e ben fornite biblioteche. La mancanza di recenti storie apologetiche è in parte dovuta al fatto che la stessa apologetica è stata per un certo tempo come nascosta sotto una nuvola. La reputazione dellapologetica è arrivata al suo Nadir quando linfluenza di Barth ha raggiunto il massimo, cioè circa fra il 1920 e il 1950. A partire dagli anni 50, specialmente fra i più giovani teologi protestanti, ci sono stati segnali di un riscoperta dellapologetica. Schubert Ogden, un acuto osservatore e un protagonista dellodierna teologia si è recentemente così espresso: «la più certa generalizzazione sulla teologia protestante dalla seconda guerra mondiale in poi è che ha evidenziato un crescente interesse per il suo ineludibile compito apologetico»7. A molti cattolici lapologetica ricorda ancora lingenuo razionalismo dei manuali e degli opuscoli del secolo scorso, ma il recente rinnovato interesse per Blondel e gli sforzi per rispondere alle obiezioni espresse da Charles Davis forse spianeranno la strada per un rinnovamento dellapologetica8. Se i teologi della prossima generazione vorranno pienamente rivendicare quella affermazione della verità che sembra inseparabile dal Cristianesimo stesso, il compito apologetico dovrà continuare. In presenza di tutto quello che si è appreso dalla psicologia del profondo, dalla sociologia circa le ideologie e le strutture plausibili, dalla storia comparata delle religioni di altri popoli e dallanalisi linguistica circa i rischi del discorso metafisico, il credente contemporaneo può difficilmente evitare le reali difficoltà con un facile appello alla "fede cieca". Ogni cristiano deve in un modo o nellaltro fare i conti con le comuni obiezioni alla fede religiosa e valutare la legittimità e la razionalità del suo stesso impegno. Se questo sforzo viene fatto, ci sarà sicuramente un risveglio di interesse per i grandi apologeti del passato. Confido che questo volume possa essere di aiuto per stimolare e in qualche misura per soddisfare questo interesse. Mi resta ora solo da esprimere la mia gratitudine ai molti amici e consiglieri che mi hanno assistito in questo lavoro. Ho un debito particolare col reverendo John P. Whalen, col reverendo Earl A. Weis S.J. e con gli altri membri del comitato di redazione della Catholic Theological Enciclopedia per la loro continua collaborazione. Sono altresì riconoscente al compianto Dr. Martin R. P. Mc Guire del Corpus Instrumentorum, che lesse la prima stesura di questo manoscritto poche settimane prima della sua morte sopraggiunta il 15 marzo del 69, e al professor Jaroslav Pelikan dellUniversità di Yale, il quale mi diede molti preziosi suggerimenti, soprattutto in relazione al periodo patristico e ai teologi protestanti. Ho anche ricevuto critiche costruttive dal Rev. Christian P. Ceroke O. Carm, della Catholic University of America, e dal Rev. Joseph A. Fitzmyer S.J., dellUniversità di Chicago, entrambi i quali lessero, in una prima stesura, il capitolo del Nuovo Testamento. I miei colleghi al Woodstock College, i reverendi Walter G. Burghardt S.J. e Robert E Carter S.J. mi hanno fornito ulteriori suggerimenti relativamente alla trattazione dei padri della Chiesa. In unopera come questa si dipende da più persone di quante se ne possano ricordare.

Woodstock, Maryland

Avery Dulles S.J.

 

 

PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE

Questo libro fu originariamente scritto quale parte di un progetto gigantesco che mai ha visto la luce. Seguendo il grande successo della New Catholic Encyclopedia, pubblicata nel 1967, gli editori decisero di mettere in cantiere una enciclopedia teologica in molti volumi, conosciuta come Corpus Instrumentorum. Mi fu chiesto di scrivere due volumi, uno sulla storia dellapologetica e il secondo sullapologetica in ambito contemporaneo. Nel tempo in cui completai il primo volume, il progetto era stato ridotto ad una serie di monografie intitolato Risorse teologiche. Nel 1971, molte settimane dopo che la mia Storia dellapologetica aveva visto la luce, leditore, Corpus Books, cessò lattività e il mio libro divenne quasi introvabile. Il tempo scelto per la prima edizione si era inoltre rivelato sfavorevole. Lapologetica era al suo Nadir. La parola stessa era disprezzata nei sofisticati circoli teologici, sia protestanti che cattolici. Chi sarebbe stato così sciocco, qualcuno domandò, da cercare di giustificare la fede per mezzo della ragione? Gli editori quasi automaticamente rifiutavano qualsiasi libro che contenesse la parola "apologetica" nel titolo.

Oggi comunque il clima è decisamente diverso. I cristiani, sia protestanti che cattolici, si rendono conto sempre più chiaramente che la ragione è un dono di Dio e che Dio si aspetta che noi ne facciamo uso per discernere la verità di supposte rivelazioni. Coloro che rifiutano la ragione quasi inevitabilmente cadono in una o due trappole. Alcuni si ritrovano risucchiati nella superstizione, dando credito a ciò che può essere dimostrato falso. Altri sprofondano nella miscredenza o nello scetticismo, rifiutando quanto potrebbe essere avvalorato come degno di fede. Se questi due errori simmetrici hanno fatto progressi, un crescente numero di credenti ha riconosciuto limportanza della difesa razionale della fede e la confutazione degli opposti errori. Cè stata una notevole rinascita dellapologetica, specialmente fra i cristiani evangelici e, più recentemente, fra i cattolici, gli anglicani ed altri. Pur riconoscendo che la ragione non può sostituire la fede, questi autori sostengono che essa può rivelarsi unutilissima ancella della fede. Un paio di anni fa, Mark Brumley, capo ufficio operativo della Ignatius Press, mi chiese se fossi disposto a ristampare il libro. Accettai con entusiasmo, ma con una riserva. Il testo necessitava di un aggiornamento dopo oltre trentanni. Cerano molte nuove edizioni dei classici dellapologetica, così come cerano nuove storie e commenti che imponevano una revisione delle note e della bibliografia. Io stesso trovai alcune lacune che dovevano essere riempite. Per esempio, avevo ampiamente trascurato limpegno cristiano con lIslam nel vicino Oriente nel primo millennio e non ero stato del tutto giusto con la scolastica barocca del diciassettesimo e del diciottesimo secolo in Europa. A maggior ragione, avevo bisogno di prender conoscenza della rinascita apologetica nella seconda metà del ventesimo secolo. Ciò richiedeva una considerevole rielaborazione di quello che era stato lultimo capitolo e laggiunta di un nuovo capitolo alla fine. Come nelledizione precedente, ho cercato di mantenere lattenzione sullapologetica cristiana in senso stretto e ho cercato di evitare di perdermi in ragionamenti che promuovano una particolare versione del Cristianesimo, sia essa cattolica, protestante o ortodossa. Non è una linea facile da tracciare, perché alcuni autori basano la loro accettazione del Cristianesimo stesso sulla fiducia che pongono in una Chiesa particolare o in una tradizione ecclesiastica. Ho anche cercato di restare ragionevolmente obbiettivo, non lasciando che il mio orientamento teologico influenzasse la mia scelta e la mia valutazione degli altri autori. Ma non ho rinunciato ad ogni giudizio personale, poiché desideravo scrivere una storia, non una mera cronaca. Revisionando ed aggiornando il testo ho cercato il consiglio di molti amici e colleghi. In particolare desidero citare James Akin, John J. Colney S.J., Christopher M. Cullen S.J., Daniel J.Harrington S.J., Joseph T.Lienhard S.J., Marcello Neri S.J., Hermann Josef Pottmeyer, Gerard C. Reedy S.J., Ronald K. Tacelli S.J. e Robert Louis Wilken. In modo molto speciale desidero ringraziare il mio assistente, che ha trascorso innumerevoli ore copiando manoscritti nel computer, scovando note a piè di pagina, localizzando periodici e libri rari e correggendo leggere discrepanze. La mia assistente, dottoressa Anne-Marie Kirmse O.P., ed il personale del suo ufficio hanno fornito preziosa assistenza nella correzione delle bozze. Dovrei anche dire che il mio editor, Mark Brumley, apologeta non da poco nel suo ambito, si è molto interessato a questo progetto e mi ha fornito molti saggi consigli. E, infine, voglio esprimere la mia gratitudine al professor Timothy Gorge perché ha gentilmente accettato linvito delleditore a scrivere unintroduzione per questa opera. Che uno dei più importanti teologi evangelici nord americani abbia reso questo servizio ad un gesuita e cardinale della Chiesa cattolica è un bel segno che lecumenismo è tuttaltro che morto.

 

Cardinale Avery Dulles, S.J.

Fordham University, 8 dicembre 2004