(SC) L’omosessualità patologia della psiche

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Intervista al dott. Joseph Nicolosi sul tema della cura della omosessualità


a cura di Roberto Marchesini
(C) “Studi Cattolici” n. 525, novembre 2004, pp. 830 – 832

Il dott. Joseph Nicolosi si occupa da diversi anni di
terapia riparativa dell’omosessualità; è cofondatore e
direttore dell’Associazione Nazionale per la Ricerca e la
Terapia dell’Omosessualità (NARTH), membro dell’Associazione
Psicologica Americana, autore di numerosi libri e articoli
scientifici. In italiano sono disponibili i seguenti volumi:
Joseph Nicolosi, Omosessualità maschile, un nuovo approccio,
Milano, Sugarco Edizioni, 2002; Joseph Nicolosi, Linda Ames
Nicolosi, Omosessualità: una guida per i genitori, Milano,
Sugarco Edizioni, 2003. Il sito del NARTH, sul quale è
disponibile materiale in italiano, ha il seguente URL:
http://www.narth.com/.
Roberto Marchesini ha intervistato Joseph Nicolosi per i
nostri lettori (1).

Dottor Nicolosi, cos’è l’omosessualità?

L’omosessualità è un sintomo di un problema emotivo e
rappresenta bisogni emotivi insoddisfatti dall’infanzia,
specialmente nella relazione con il genitore dello stesso
sesso. In altre parole: per il ragazzo che non ha avuto una
connessione emotiva con il padre, e per la ragazza che non
ha avuto attenzione emotiva da parte della madre, questo può
indurli a sviluppare un sintomo di attrazione verso il
proprio sesso, o omosessualità.

L’omosessualità è “normale”? E cosa è “normale”?

Io non penso che l’omosessualità sia normale. La popolazione
omosessuale è circa il 2 %, 1.5 – 2 %. Perciò
statisticamente non è “normale” nel senso che è molto
diffusa. Oltre a questo, non è nemmeno normale in termini di
natural design. Quando parliamo di legge naturale, e della
funzione del corpo umano. quando guardiamo alla funzione del
corpo umano, l’omosessualità non è normale. E’ un sintomo di
qualche disordine. La normalità è ciò che adempie ad una
funzione in conformità al proprio design (2); questo è il
concetto di legge naturale – e in questo senso l’omosessualità
non può essere normale, perché l’anatomia di due uomini, i
corpi di due uomini, o due donne, non sono compatibili.

Quali sono le cause dell’omosessualità? Ed esiste una causa
genetica?

Come ho detto, le cause dell’omosessualità risalgono
all’autopercezione
del bambino o della bambina nella prima infanzia. Il ragazzo
ha bisogno di un legame con suo padre per sviluppare la sua
sostanziale identità maschile, la ragazza ha bisogno di un
attaccamento emotivo o legame con sua madre per sviluppare
la sua femminilità. E’ il senso di genere che determina
l’orientamento
sessuale; in altre parole, quando un ragazzo si sente sicuro
della sua mascolinità, è naturalmente attratto dalle
femmine. E la stessa cosa è vera anche per le femmine:
quando una giovane ragazza si sente sicura della sua
identità femminile, sarà naturalmente attratta dai ragazzi.
L’omosessuale è la persona che è carente o mancante nel
senso di genere, e perciò cerca di rimediare, o cerca un
rimedio attraverso altre persone. Questa spinta diventa
sessualizzata, ecco perché essi manifestano il sintomo
dell’omosessualità.

Si fa un gran parlare circa le cause genetiche [dell’omosessualità]
e più o meno vent’anni fa negli Stati Uniti si parlava in
continuazione di “gene gay”, o di “cervello gay”. ma nessuno
studio ha dimostrato questa cosa. Infatti gli attivisti gay
negli Stati Uniti non parlano più così tanto di basi
biologiche o genetiche, perché nessuno studio lo ha
dimostrato e ha offerto un simile riscontro. Sono molto più
evidenti le cause familiari e ambientali, specialmente
quella che noi chiamiamo la “classica relazione triadica”
(3) costituita per il ragazzo da un padre distante,
distaccato e critico, da una madre iper-coinvolta, intrusiva
e talvolta dominante e da un ragazzo costituzionalmente
sensibile, introspettivo e raffinato che è esposto ad un
rischio maggiore di sentirsi carente nell’identità sessuale.
Noi vediamo questo schema continuamente.

Noi riconosciamo che in molte persone c’è una
predisposizione costituzionale all’omosessualità, ma è cosa
diversa da una pre-determinazione, o da una “causa” diretta.
Cioè, il ragazzo può essere costituzionalmente incline
all’omosessualità,
nei termini della sua costituzione passiva o delicata, e
nella sua difficoltà nel creare un legame con il padre e nel
sentirsi fiducioso nei confronti del mondo maschile, ma è
necessaria la “classica relazione triadica” ambientale per
creare un problema omosessuale a un ragazzo con questa
costituzione.

Qual è la differenza tra “gay” e “omosessuale”?

E’ essenziale fare questa importante distinzione tra gay e
omosessuali. Gli attivisti gay vorrebbero che noi credessimo
che tutti gli omosessuali sono gay. Infatti, persino la
gerarchia della Chiesa Cattolica crede che le persone
omosessuali siano “gay”. Noi non crediamo che essi siano
gay. La parola “gay” indica una identità socio-politica.
Omosessuale, invece, è semplicemente una descrizione di un
problema psicologico, di un orientamento sessuale.

Le persone che vengono nella nostra clinica, che cercano un
aiuto, hanno un problema omosessuale, ma rifiutano l’etichetta
di gay. Non vogliono essere chiamati “gay” perché non si
riconoscono in quella identità socio-politica e con lo stile
di vita gay.

Il movimento gay è un movimento per i diritti umani?

Da un certo punto di vista lo è, è un movimento per i
diritti umani, o per i diritti civili, perché tutte le
persone, non importa quale sia il loro orientamento
sessuale, devono godere dei loro diritti civili – comunque
questo non significa che la società debba ridefinire il
matrimonio; questo è un altro argomento e va oltre lo scopo
di questa conversazione.

Noi crediamo che molti attivisti gay hanno usato la
questione dei diritti civili o delle libertà civili come un
modo per opprimere persone che stanno cercando di cambiare,
persone che stanno cercando di uscire dall’omosessualità. C’è
una intera popolazione di individui che sono uscite o che
stanno uscendo dall’omosessualità, e questo fatto è una
minaccia per gli attivisti gay, e gli attivisti gay stanno
tentando di sopprimere e far passare sotto silenzio questo
punto di vista, questa popolazione.

I ricercatori dicono che gli omosessuali soffrono molto. La
causa di questa sofferenza è l’omosessualità o l’omofobia
sociale?

Noi crediamo che ci sia della sofferenza per le persone
omosessualmente orientate nella società, perché la cultura
gay è minoritaria in questa società e perché gli obiettivi
sociali del movimento gay costituiscono una minaccia per il
corpo sociale perché i gay vogliono ridefinire il
matrimonio, la natura della genitorialità, e la norma
sociale fondamentale circa il sesso e il genere, perciò la
società ha resistito alla normalizzazione dell’omosessualità
e alla visibilità dei gay. E riconosciamo che questo sia
difficile per le persone che si identificano come gay.

Comunque, ciò di cui non si parla è il disordine intrinseco
nella condizione omosessuale. Noi crediamo che l’omosessualità
sia intrinsecamente disordinata (4), e contraria alla vera
identità dell’individuo; e molti dei sintomi dei quali
soffrono le persone gay e lesbiche non sono causate dall’omofobia
sociale ma perché la condizione stessa è contraria alla loro
vera natura.

Moltissimi studi mostrano che gli omosessuali sono più
infelici, depressi, predisposti a tentativi di suicidio,
hanno relazioni povere, sono incapaci di sostenere relazioni
a lungo termine, hanno comportamenti autolesionistici e
disadattati. Ma non si può semplicemente dire che tutto ciò
sia causato dall’omofobia della società. In parte lo è; ma
io credo che la maggior parte della sofferenza sia dovuta
alla natura disordinata della stessa omosessualità – perché
contrasta la nostra natura umana.

Il cambiamento è possible?

Il cambiamento è davvero possibile. Noi vediamo sempre più
individui che vogliono farsi avanti pubblicamente e dare la
loro testimonianza. Cinque anni fa sarebbe stato molto
difficile trovare un ex omosessuale che volesse esporsi, ma
fortunatamente oggi uomini e donne che erano dichiaratamente
gay e lesbiche, che vivevano lo stile di vita gay, ora
vogliono discutere apertamente del loro processo di
cambiamento. Molti di loro sono sposati con bambini, e gli
era stato detto che non avevano altra scelta che essere gay,
e che avevano un gene dell’omosessualità, e che dovevano
imparare ad accettarlo, ma queste persone sono state capaci
di andare a fondo nelle cause della loro attrazione verso il
proprio sesso. E allora hanno scoperto che molte delle loro
sofferenze erano dovute a cause emotive. E quando questi
bisogni emotivi sono stati riconosciuti onestamente e
soddisfatti in maniera sana, il loro desiderio omosessuale è
diminuito.

Cos’è la terapia riparativa?

La terapia riparativa è un particolare tipo di psicoterapia
che è applicata agli individui che vogliono superare la loro
attrazione omosessuale. E’ una terapia particolare che
guarda alle origini e alle cause di questa condizione, che
aiuta il cliente a comprendersi, insegnandogli a capire cosa
è successo nella sua infanzia, a capire gli eventi
particolari che gli sono accaduti, specialmente nei termini
delle relazioni con sua madre e suo padre, e ad andare oltre
a tutto ciò. a sostenere il cliente nel creare quelle nuove
relazioni che sono sane, che sono benefiche, e che
compensano il vuoto emotivo che si è creato nel suo
sviluppo.

La terapia riparativa studia davvero a fondo le tecniche che
sono più efficaci nel diminuire l’omosessualità di una
persona e a sviluppare il suo potenziale eterosessuale.

Quali sono le basi teoriche della terapia riparativa?

Fondamentalmente la terapia riparativa inizia, teoricamente,
con la terapia psicodinamica, ossia quella che studia le
forze inconsce che governano il comportamento delle persone.

Dal punto di vista teorico noi crediamo che i bisogni
emozionali non soddisfatti vengano espressi indirettamente
sottoforma di sintomi, e nel caso dell’omosessualità come
attrazione omosessuale; ma che l’omosessualità non riguardi
davvero il sesso, quanto piuttosto il tentativo di
acquistare soddisfazione emotiva e identificazione,
completamento, attraverso il comportamento sessuale;
tentativo che però non funziona, ed è questo il motivo per
cui le persone vengono da noi.

Molti degli sviluppi teorici sono basati sulla teoria
psicodinamica classica: noi usiamo molti concetti
freudiani – come è noto, Freud (5) pensava che l’omosessualità
fosse un disordine dello sviluppo, e che fosse una
condizione che potesse essere soggetta a trattamento. Anche
se lo stesso Freud fu un difensore dei diritti dei gay,
credeva che il trattamento dovesse essere disponibile per
quelli che volevano cambiare, e noi seguiamo la stessa linea
di tradizione.

Noi usiamo anche molto della “teoria dell’attaccamento” di
John Bowlby (6), di quella delle relazioni oggettuali (7) e
della self-psychology (8), molto popolare negli Stati Uniti.
Noi lavoriamo anche con la famiglia d’origine, aiutando il
paziente a comprendere le sue relazioni con la sua famiglia,
il suo ruolo nella famiglia, e come il posto da lui occupato
nella struttura familiare lo ha condotto al fallimento nella
acquisizione del proprio genere.

a cura di Roberto Marchesini
(C) “Studi Cattolici” n. 525, novembre 2004, pp. 830 – 832

NOTE

1. L’intervista è stata revisionata dal dott. Nicolosi.

2. Il termine design, difficilmente traducibile, può essere
reso con scopo, progetto, modello. Si tratta del concetto
tomista di “natura”: è l’essenza in relazione alla funzione
o attività della cosa.

3. Cfr. Irving Bieber e coll, Omosessualità, Roma, “Il
Pensiero Scientifico” Editore, 1977.

4. Cfr. “Occorre invece precisare che la particolare
inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé
peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno
forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal
punto di vista morale. Per questo motivo l’inclinazione
stessa dev’essere considerata come oggettivamente
disordinata”, Congregazione per la Dottrina della Fede,
Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla cura
pastorale delle persone omosessuali, § 3, 01/10/1986.

5. Sigmund Freud (1856 – 1939), fondatore della
psicoanalisi.

6. John Bowlby (1907 – 1990), psicoanalista e psichiatra
infantile, sviluppò la “teoria dell’attaccamento” sul legame
affettivo tra la madre e il bambino .

7. La “teoria delle relazioni oggettuali” riguarda lo studio
delle relazioni tra il soggetto e persone esterne reali,
immagini e residui di relazioni con esse e del significato
di esse per il funzionamento psichico. Tra i principali
interpreti di questo approccio si ricordano Melanie Klein
(1882 – 1960), William Ronald Dodds Fairnbairn (1889 -1964)
e Donald Woods Winnicott (1896 – 1971).

8. Elaborata, a partire dalla psicoanalisi freudiana, da
Heinz Kohut (1913 – 1981). La self-psychology (o psicologia
del sé) individua in una inadeguata relazione bambino –
adulto lo sviluppo di un sé narcisistico.