Ripensando Lutero

  • Categoria dell'articolo:In libreria

Sharing is caring!

Padre Roberto Coggi O.P., Ripensando Lutero, Editore Studio Domenicano Edizioni, Bologna 1997, pp. 144, Euro 16.00, 88-7094-531-6
http://www.esd-domenicani.it/

Una sintetica ma completa biografia di Martin Lutero, vista nei suoi rapporti con Roma, con Calvino e Zwingli; questo è il nuovo testo di P. Roberto Coggi. Nel libro sono compresi anche tre saggi sul ‘De servo arbitrio’ del monaco tedesco; sul concetto di ‘salvezza dell’anima’ nella sua dottrina; e sulla natura della fede. Nella terza parte vengono presentati al lettore la Bolla di condanna di Papa Leone X contro le ‘quarantuno proposizioni’ di Lutero ‘Exsurge Domine’; alcuni punti del ‘Decreto sulla giustificazione’ emanato dal Concilio di Trento e la ‘Dichiarazione’ congiunta sulla dottrina della giustificazione tra la Chiesa Cattolica e la Federazione Luterana mondiale”.

Questo è il modo con cui l’editore liquida il formidabile volumetto scritto da un domenicano del quale, in questa rubrica, abbiamo già due volte avuto modo di parlare. Dalla presentazione di cui sopra, infatti, sembrerebbe il solito testo – magari anche difficile e noioso – sulla Rivoluzione che, nel XVI secolo, spezzò l’unità culturale d’Europa. La realtà delle cose è completamente diversa: siamo, invece, di fronte ad un autentico “caso” letterario, ad un’opera di profonda, documentata e decisamente controcorrente critica al protestantesimo. Invece, già dal primo capitolo, dedicato alla vita di Lutero, l’autore mette bene in evidenza come l’eresiarca tedesco
1) gode di potenti protezioni da parte del vicario degli agostiniani Padre Von Staupitz (p. 9), che il prof. I. Safarevic (cfr. “Il socialismo come fenomeno storico mondiale, in: http://utenti.lycos.it/armeria/safarindex.html), ritiene sia stata la vera eminenza grigia della rivolta protestante;
2) “all’età di ventisette anni, compie un viaggio a Roma […]. E’ molto importante sottolineare che il lusso e lo sfarzo, come pure anche la corruzione della Curia Romana, non scandalizzarono più di tanto Lutero, il quale […] non trasse da ciò alcun turbamento nella sua fede cattolica e nella sua fedeltà al Romano Pontefice. E’ quindi falso attribuire la ribellione di Lutero all’autorità ecclesiastica […] a una sua indignazione contro i costumi corrotti del clero” (p.9);
3) è figlio dell’Umanesimo, del Rinascimento, cioè “della filosofia e teologia nominalista […] Importante fu anche l’influsso che ebbero su Lutero i mistici tedeschi, soprattutto Taulero con le sue prediche e la cosiddetta Teologia tedesca” (p. 13). La sua stessa rivolta del 1520, è collegata allo “influsso dei suoi amici umanisti” (p. 20);
4) ha avuto una vita segnata dalle incoerenze: “Infatti dopo l’invocazione della pace, quando gli giunse notizia delle terribili atrocità commesse dai contadini, in un nuovo scritto dal titolo ‘Contro le bande predatrici e assassine dei contadini’, del maggio 1525, incitò i principi a trucidare i contadini come ‘cani rabbiosi’, poiché questa era un’opera gradita a Dio” (p. 30);
5) “è impossibile riconoscere nell’opera di Lutero la vera riforma ecclesiastica, e nella sua stessa persona mancano quelle qualità indispensabili che si devono richiedere in un vero riformatore scelto e mandato da Dio” (p. 41).

P. Coggi dedica la seconda parte del libro a tre saggi sull’ideologia di Lutero, il primo dei quali è una spiegazione dell’opera “De servo arbitrio”, della quale sottolinea nuovamente lo stretto legame con l’umanesimo, in particolare con Erasmo da Rotterdam, al quale scrisse: “Ti lodo e te ne do vanto: sei stato il solo a trattare il punto essenziale dell’argomento” (p. 51). Del “De servo arbitrio” viene evidenziata l’aberrante tesi conclusiva: “l’uomo decaduto non può operare alcun bene che abbia qualche influsso sul suo destino ultimo” (p. 52).
Al contrario, insegna il buon domenicano, le motivazioni delle tesi luterane “non sono conciliabili con la dottrina cattolica” (p. 63), principalmente perché “la natura umana non è totalmente corrotta, e inoltre gli atti umani, essendo liberi, possono avere una qualificazione morale diversa da quella dell’agente, nel senso che chi è buono può compiere qualche azione cattiva, e chi è cattivo qualche azione buona: infatti tra il soggetto e le sue azioni si colloca la libertà” (p. 63). Peraltro, è noto che “le opere meritorie, compiute con umiltà, danno a Dio la massima gloria: i meriti dell’uomo sono doni di Dio, perché presuppongono sempre la sua grazia” (p. 63).

Nel secondo saggio, “Lutero e la salvezza dell’anima”, dopo aver ribadito che “Il vero motivo dell’abbandono della Chiesa cattolica da parte di Lutero non sta […] nella grave crisi morale e anche, se vogliamo, dottrinale, che travagliava il cattolicesimo dell’epoca del Rinascimento, e neppure nella scarsa conoscenza che Lutero avrebbe avuto della genuina dottrina cattolica” (p. 65), l’autore sottolinea come molto spesso non sia stato tenuto nella dovuta considerazione l’aspetto del temperamento e della costituzione psichica dell’eretico di Eisleben. Così, molto opportunamente, riporta questo giudizio del teologo luterano Gerhard Ebeling: “Lutero appare una personalità prevalentemente ciclotimica, di costituzione picnica e di una scala alternante nell’umore fra gli stadi iper e ipotimici, combinata in pari tempo con una costituzione stenica degli impulsi” (p. 66). Commenta padre Coggi: “Questo referto medico, per chi sa leggerlo, è notevolmente preoccupante” (p. 66); su questo disturbo psichiatrico si possono leggere le brevi note presenti in http://www.ansia-depressione.net/AD/depressione/D.CICLOT.html e http://www.msd-italia.it/altre/manuale/sez15/1891658.html . “La ciclotimia, chiamata anche psicosi maniaco-depressiva, è una malattia mentale per cui il soggetto alterna periodi di profonda depressione a periodi di euforia. La costituzione picnica, poi, è caratterizzata, tra l’altro, da una tendenza sessuale particolarmente accentuata. Un soggetto di questo tipo, dunque, tutto sommato, difficilmente potrà attendersi una vita tranquilla e serena. […] per cui nel giovane Lutero si determina uno stato di accentuata scrupolosità, e si radica in maniera ossessiva il terrore dell’inferno. Il problema della salvezza eterna, il problema di come sottrarsi all’ira di Dio, di come rendersi propizio Dio, diviene del tutto predominante in lui” (p. 66).

Il terzo saggio “L’eredità di Lutero: una fede senza dogmi”, si apre con la diagnosi più profonda che a nostra scienza sia mai stata fatta sull’errore spirituale che caratterizza tutta l’opera dell’eresiarca: “Infatti, per Lutero, ciò che conta non è tanto conoscere ‘chi è’ Dio, ‘che cosa’ Egli ha fatto per noi, ma piuttosto sapere ‘in che modo’ io posso raggiungere la salvezza. L’istanza luterana è eminentemente pratica: l’aspetto disinteressato, contemplativo, ‘sapienziale’ della fede (e della teologia), passa in second’ordine, per non dire che viene completamente eliminato. Siamo molto lontani dall’atteggiamento di un San Tommaso d’Aquino (che possiamo considerare emblematico del cattolicesimo), il quale sin da bambino si chiedeva ‘Chi è Dio?’, e che per tutta la sua vita ha cercato di rispondere a questa domanda. A Lutero invece non interessa sapere ‘chi è’ Dio, e neppure ‘chi è’ Gesù” (p. 75-76).
Molto correttamente il predicatore domenicano individua successivamente come, anche negli ultimi seguaci di Lutero, tale principio costituisca il fondamento di tutti i conseguenti errori. L’esempio proposto è la “Radicalizzazione ulteriore: Bultmann”, che risulta il crocevia in cui si incontrano le odierne “teologia liberale, che vuole eliminare dal Vangelo tutto quanto vi è di miracoloso e soprannaturale, e la teologia dialettica, che sostiene con forza la trascendenza di Dio (il ‘totalmente Altro’, assolutamente irraggiungibile dall’uomo” (p. 82). La tesi trova conferma in un testo dell’autorevole università protestante di Tubinga: “Prima di arrogarsi il diritto di accusare Bultmann per aver ridotto il vangelo e la redenzione alla nuova possibilità di autocomprensione offerta al singolo, bisogna rendersi conto che […] anche il Lutero la giustificazione si presenta come un radicale processo di riduzione”. (p. 84).
L’errore fondamentale di occuparsi di Dio “per quanto mi fa comodo”, anziché di conoscere Dio “per sé stesso”, trova purtroppo eco anche all’interno di alcune correnti oggi di gran moda della teologia cattolica. Così, citando Von Balthasar, Padre Coggi raccoglie il di lui “attacco a fondo contro alcune tendenze della teologia contemporanea, caratterizzate dalla svolta antropologica, e che si rifanno soprattutto al pensiero di Karl Rahner” (p. 88).
Al contrario, conclude il buon teologo domenicano, il modo per non cadere nelle malate dottrine protestantiche sono proprio “i dogmi, cioè le verità rivelate da Dio e che noi accettiamo come assolutamente certe ed incrollabili, sono il fondamento necessario di ogni vita cristiana che sia davvero degna di questo nome” (p.91).

Segue un sempre opportuno commento dottrinale alla Bolla “Exsurge Domine” di papa Leone X, pubblicata il 15 giugno 1520, con la quale furono censurate quarantuno proposizioni di Lutero. Padre Coggi dimostra la saggezza e correttezza di tutte e ciascuna delle condanne inflitte dalla Sede Apostolica: è la parte più catechetica del libro, oggi quanto mai opportuna perché rivelatrice di molti modi di pensare del mondo cattolico, che trovano la loro inavvertita origine proprio nella patologica visione del mondo di Martin Lutero. A completamento di questa parte è poi proposto il cosiddetto “Decreto sulla giustificazione” del Concilio di Trento, forse il più importante di quelli emanati da tale Concilio perché contenente i dogmi che ogni cristiano deve credere su tale argomento.

Con questo volumetto, Padre Coggi si conferma non solo grande teologo e predicatore (come gli ascoltatori di Radio Maria ben sanno), ma anche grande direttore d’anime, cosa confermata da chi frequenta il suo confessionale: “Noi non possiamo prestare fede a Dio se non sappiamo ‘Chi’ Egli è […]. Non possiamo seguire Gesù Cristo, donarci completamente a Lui lasciando ogni cosa, se non sappiamo che Egli è veramente il Figlio di Dio e che cosa ciò significhi. L’atteggiamento morale del cristiano presuppone necessariamente la conoscenza delle verità di fede: in caso contrario esso è cieco, irrazionale, indegno dell’uomo e destinato prima o poi a cedere di fronte alle pressioni ambientali” (p 91).

In Gesù, per Maria
Fr. Luigi Maria G. de M., O.P.