Regalo per Festa della B. Vergine delle Grazie (2 luglio)

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Cari amici,
per onorare la Beata Vergine delle Grazie (2 luglio), TT.net è lieta di offrirvi un saggio del grande teologo cattolico Cardinale Charles Journet:


Il male. Saggio teologico


In questo saggio il mistero del male è considerato dal punto di vista teologico. Vi è forse un problema più pressante e che si presenti più inevitabilmente ai credenti? … Lasciando da parte ciò che spetta alle scienze particolari come la biologia, la psicologia, ecc., tratteremo del male in generale, sotto il suo aspetto teologico e filosofico. Una volta posto il problema del male (cap. I), parleremo della sua natura (cap. II), poi delle sue forme (cap. III). Successivamente si presenterà la questione centrale del suoi rapporti con un Dio onnipotente ed infinitamente buono (cap. IV); seguirà la considerazione delle diverse forme del male: male della natura (cap. V); male del peccato, in cui la verità centrale da ristabilire (I) è quella che ogni creatura libera è per natura soggetta al peccato (cap. VI); male delle pene dell’inferno e del purgatorio (cap. VII), e delle pene della vita presente (cap. VIII). Dopo una rapida digressione sul male nella storia (cap. IX), ritorneremo al punto di partenza per decidere come giudicare il male (cap. X).

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Indice



Prefazione.


Capitolo primo. Il problema del male.


1. Le ragioni d’una esitazione.


a. Problema difficile.


b. Problema illimitato.


c. Problema pericoloso: il rischio


d. Il rischio della presunzione. di deludere.


2. Un punto fondamentale: interdipendenza della nostra conoscenza del male e della nostra conoscenza di Dio.


a. Queste due conoscenze o si distruggono a vicenda…


b….oppure si approfondiscono a vicenda.


3. Una legge della storia spirituale del mondo.


4. La risposta al male.


a. Chiarire un mistero con un mistero.


b. Il dilemma: mistero o contraddizione?


5. Bisogna affrontare il problema del male.


Capitolo secondo. Che cos’è il male?


1. La definizione del male.


2. Origine, di questa definizione.


a. Il pensiero greco: Plotino.


b. La rivelazione giudaico-cristiana.


c. I Padri greci: Origene, Metodio, Atanasio, Basilio, Gregorio di Nissa.


d. I Padri latini: Ambrogio, Agostino.


e. La definizione del male come privazione è una ricchezza cristiana.


3. Il male non è una cosa, una positività.


a. Esso incomincia con la privazione.


b. Dolore e sofferenza.


c. Il male è il contrario del bene?


d. Il male non è una sostanza, una forma, una natura.


4. Il male è una negatività di privazione.


a. Negatività di nul1a e negatività di privazione.


b. Un errore di Leibnitz: il “male metafisica”.


c. Il male non è né inesistente né impotente.


d. Il paradosso del male: esso “è” e “non è”. Esiste, non come cosa positiva, ma come privazione.


5. La definizione del male ha una portata analogica.


Capitolo terzo. Le forme del male.


1. I tre mondi nei quali compare il male.


2. Le due forme del male dell’uomo.


3. Sovranità del mondo soprannaturale.


Capitolo quarto.


Dio e il male. Aspetto metafisico del problema.



I. NATURA DEL PROBLEMA.


1. Mistero o assurdità.


2. Il piano della religione ed il piano della metafisica.


II. DIO PERMETTE IL MALE.


1. Un male puro, causa di tutti i mali, è impossibile.


a. La privazione suppone un soggetto.


b. Il male esiste, dunque Dio esiste.


c. Un Dio del male è impossibile.


d. L’illusione del dualismo.


e. Mazdelsmo, manicheismo, gnosticismo.


f. L’il1usione del nichilismo.


2. Dio “crea” o per lo meno “causa” il male?


a. Come può il male, essendo privazione, essere “causato” dalle creature?


b. Il male viene da Dio?


c. Alcuni testi di Platone e degli Antichi.


3. Dio “permette” il male.


a. Dio “vuole” il male?


b. Il male è parte dell’universo?


c. Il male “regolato” e “ordinato” da Dio.


d. Dio vuole permettere il male.


e. Da chi è misconosciuto il concetto del permesso del male.


4. Perché Dio permette il male di questo mondo?


a. La risposta suprema.


b. Valore universale ed analogico di questa risposta. c. Il suo carattere misterioso.


III. SE DIO PERMETTE IL MALE È PER MANCANZA DI POTENZA o PER MANCANZA DI BONTÀ?


1. Il dilemma classico.


a. La sua formulazione.


b. Il suo significato.


2. Dio manca di potenza?


a. Come definire l’onnipotenza di Dio?


b. L’universo del possibili.


c. Sopprimere la linea di demarcazione fra la necessità del possibili e la contingenza degli esistenti, significa attentare alla trascendenza di Dio: Descartes e Spinoza.


d. L’irrazionalismo: Nicola Berdiaev.


3. Dio manca di bontà?


a. A che cosa è tenuto Dio in ragione della sua bontà infinita?


b. A che cosa non è tenuto Dio in ragione della sua bontà infinita?


c. Dio era tenuto a creare?


d. Se Dio voleva creare, non doveva creare da sempre?


e. Dio poteva creare del mondi migliori del nostro.


f. La distinzione fra potenza divina assoluta e potenza divina ordinata suddivisa in potenza ordinaria e potenza straordinaria.


g. Dio poteva fare questo nostro mondo migliore?


h. Dio, che poteva creare il nostro mondo “migliore”, poteva crearlo meglio?


i. L’atto creatore, identico a Dio quanto alla sua origine, è completamente libero quanto al suo termine.


j. Un paragone.


k. Il concetto del migliore del mondi possibili è contraddittorio.


4. La “Teodicea” di Leibniz.


a. Il filo conduttore della “Teodicea”.


b. Passare dalla “convenienza” dell’atto creatore alla sua “necessità morale”, significa varcare un abisso.


c. Origini del concetto leibniziano del “male metafisica”.


5. Un mondo con il male può essere incomparabilmente migliore di altri mondi senza il male.


Capitolo quinto. Il male della natura.


1. Il punto di vista degli antichi.


2. Le ricerche moderne: come concepire l’ordine del mondo?


a. E’ l’ordine di un universo invitato a compiersi.


b. L’ipotesi dell’atomo primitivo.


c. L’ordine astronomico non è quello di una macchina, ma il risultato di una storia.


d. La contingenza dell’ordine biologico: sorprese e tentativi.


e. L’ascesa dell'”Albero della vita”.


j. La nostra visione presente dell’ordine dell’universo amplia e precisa la visione degli antichi.


3. La sofferenza degli animali.


a. I nostri doveri verso gli animali.


b. Le ragioni della sofferenza. degli animali.


c. Sofferenza umana e sofferenza animale.


d. “Il lupo abiterà coll’agnello”.


e. Nell’al di là c’è posto per la vita animale?


f. La sofferenza degli animali può essere occasione di una prova per la fede.


4. Non trattiamo il caso del bambini.


Capitolo sesto. Dio è responsabile del peccato?


1. La forma suprema del male.


a. E’ celata agli atei e rivelata alla fede.


b. E’ permessa come offesa a Dio ed alla sua creazione.


2. La condizione naturale di ogni creatura libera.


a. Ogni creatura libera ha per essenza la possibilità di aderire o di non aderire a Dio.


b. L’ambivalenza della creatura libera è voluta in considerazione del suo bene.


c. Eccellenza della creatura libera.


d. L’elevazione all’ordine soprannaturale non sopprime l’ambivalenza delle creature libere fino a quando sussiste lo stato di passaggio.


3. Come potenza assoluta, Dio poteva crearci subito nello stato finale di beatitudine.


4. Come potenza ordinata, Dio ci ha creati nello stato di passaggio.


a. Il significato dello stato di passaggio.


b. Il mistero dello stato di passaggio.


c. Due testi di san Tommaso d’Aquino.


5. La creazione nello stato di passaggio, in cui sopraggiunge il peccato, è compatibile con l’infinità della bontà divina?


a. Che Dio non possa essere la causa diretta del peccato, è evidente.


b. Secondo Calvino “i peccati non si fanno soltanto attraverso il permesso di Dio, ma anche attraverso la sua potenza”.


c. In qual senso Dio acceca ed indurisce i peccatori?


d. Nell’azione del peccatore, ciò che vi è di essere risale a Dio; la deviazione si ferma al peccatore.


6. Dio non è causa, neppure indiretta, del peccato.


a. Dove Dio è tenuto ad intervenire e dove non lo è, anche in virtù della sua bontà infinita.


b. Nella sua potenza ordinaria, Dio fa immensamente di più di quanto è tenuto a fare: egli fa persino delle follie.


c. Le giustificazioni per vie normali e per vie miracolose.


d. La potenza della preghiera di intercessione del Cristo e degli amici di Dio.


e. La suprema possibilità di salvezza per coloro che sono assolutamente abbandonati.


f. Il gran numero degli eletti.


7. L’uomo è la causa del suo peccato.


a. Le suggestioni del mondo, del diavolo, delle passioni, non possono costringerei al peccato.


b. E’ l’uomo che prende l’iniziativa del male.


c. Dio, che non ha l’idea del male, conosce nel bene il male limitato del mondo ed il male illimitato inventato dall’uomo.


d. Dio è offeso dal nostro peccato.


Capitolo settimo. La pena del peccato attuale.


I. IL MISTERO DELL’INFERNO.


1. Dio è responsabile dell’inferno?


2. Caricature dell’inferno.


a. La punizione-vendetta.


b. Berdiaev.


c. Le difficoltà di Ivan Karamazov.


3. Colpa passeggera, pena eterna?


a. Passaggio dal tempo all’eternità.


b. L’eternità incomincia quaggiù.


c. La vertigine dell’al di là e la trasmigrazione.


d. La decisione dell’uomo è presa “nella sua eternità”.


e. La pazienza di Dio.


f. La parabola di Lazzaro e del ricco cattivo.


4. Il mistero dell’inferno anticipato nel peccato mortale.


a. Duplice disordine e duplice pena: l’una infinita, l’altra finita.


b. La ragione dell’eternizzazione della pena.


c. Vuole il dannato essere ciò che è?


5. Precisazioni sulla pena del senso.


a. La legge del ristabilimento dell’equilibrio dell’essere.


b. La pena del senso designa tutto l’insieme della pena finita del peccato.


6. La condizione del dannati.


a. La tragedia dell’inferno.


b. La superattività del dannati.


7. “Dio è troppo buono perché ci sia un inferno”. 8. Conclusione.



II. LA PENA TEMPORALE DEL PECCATO.


Capitolo ottavo. Le prove della vita presente.


1. La loro prima origine.


a. La giustizia originale e le sue prerogative.


b. Gli effetti irrimediabili della caduta.


c. E’ possibile per la ragione ammettere il fatto di una catastrofe iniziale?


d. Molteplicità delle nostre miserie.


e. Le pene di questa vita sono aggravate dalla nostra malizia, ma possono essere trasfigurate dalla fede.


2. Il male dell’ignoranza e dell’errore.


a. L’innocenza originale non era senza nescienza, ma senza ignoranza.


b. L’errore e l’illusione.


c. L’ignoranza invincibile.


3. Il male della tentazione e dello scandalo.


a. La tentazione del primo uomo.


b. Il carattere penale delle nostre tentazioni.


c. Le tentazioni “fatali”.


d. Lo scandalo.


e. La tentazione del suicidio


f. Le prove mistiche.


g. I vari sensi della parola “tentare”.


4. Il male della sofferenza e della morte.


a. Il suo carattere enigmatico.


b. I bambini.


c. Una lezione di Jacques Maritain: paradosso della sofferenza; atteggiamento di fronte alla sofferenza; dialettica della sofferenza nel mondo cristiano.


d. La dialettica della sofferenza secondo il piano divino.


e. La sofferenza luminosa.


5 Conclusione.


Capitolo nono. Il male nella storia.


1. La creazione deve lavorare al proprio compimento.


2. La divisione degli angeli, ossia la prima scissione del mondo.


a. Il primo istante degli angeli.


b. La separazione degli angeli.


c. In che cosa il demonio ha voluto essere “come Dio”?


d. La caduta degli angeli di quale bene è l’opposto?


e. L’attività perversa del demonio.


3. Perché la caduta del primo uomo è stata permessa?


4. Il mondo della redenzione.


a. Esso, tutto considerato, è migliore del mondo della creazione.


b. La forma delle due città mistiche.


5. Il duplice movimento della storia.


a. La rivelazione di san Paolo.


b. Il pensiero degli antichi.


c. L’èra della nuova legge.


6. La visione del dramma della storia in Jacques Maritain.


a. Ambivalenza del progresso della storia.


b. Le due fonti della storia.


c. Pessimismo od ottimismo?


d. La macchina del mondo.


7. Conclusione: la storia è una cifra.


Capitolo decimo. Come guardare il male?


Lo sguardo di Dio.


Lo sguardo del santi.


La santa Vergine.


Il Padre nostro.


Prefazione


In questo saggio il mistero del male è considerato dal punto di vista teologico. Vi è forse un problema più pressante e che si presenti più inevitabilmente ai credenti? Ci si potrebbe davvero stupire che i manuali di teologia non comportino alcun trattato sul male. Potremmo rispondere che, il male essendo presente ovunque, è nominato in tutti i trattati: nel trattato di Dio che lo permette, in quello della creazione in cui ha così larga parte, in quello degli angeli, dell’uomo, degli atti umani, della legge, della grazia, dell’incarnazione redentrice, della Chiesa, del fini ultimi.


E’ esatto; ma si potrebbe anche dire che ciascuno del trattati di teologia è implicito in tutti gli altri, senza che questo fatto ci dispensi dal considerarlo a parte. La stessa cosa si può dire del male. Ogni trattato lo considera sotto un aspetto particolare, ma esso può essere preso in considerazione in se stesso. In questo caso si toccano i punti fondamentali: la sua natura, la sua origine, le sue forme. C’è un piccolo trattato intorno al male nel III Contra Gentiles di san Tommaso, un altro è inserito nel trattato della creazione della Somma teologica. Il male in generale è affrontato nella discussa questione De malo (fra il 1269 ed il 1272). Perché non seguire quell’esempio oggi, proprio quando il problema del male si pone con un’insistenza sempre più assillante? Non invaderemo il campo del diversi trattati teologici. Lasciando da parte ciò che spetta alle scienze particolari come la biologia, la psicologia, ecc., tratteremo del male in generale, sotto il suo aspetto teologico e filosofico.


Una volta posto il problema del male (cap. I), parleremo della sua natura (cap. II), poi delle sue forme (cap. III). Successivamente si presenterà la questione centrale del suoi rapporti con un Dio onnipotente ed infinitamente buono (cap. IV); seguirà la considerazione delle diverse forme del male: male della natura (cap. V); male del peccato, in cui la verità centrale da ristabilire (I) è quella che ogni creatura libera è per natura soggetta al peccato (cap. VI); male delle pene dell’inferno e del purgatorio (cap. VII), e delle pene della vita presente (cap. VIII). Dopo una rapida digressione sul male nella storia (cap. IX), ritorneremo al punto di partenza per decidere come giudicare il male (cap. X).


Una delle conseguenze dell’acquisto di una maggiore coscienza da parte della nostra età moderna, è quella di rivolgere gli sguardi sul mistero del male e di costringere i cristiani a ritornare alle risposte tradizionali per approfondirle e svilupparle. E’ stato osservato: “Il Medioevo ha tenuto lo sguardo fisso sui punti luminosi che sant’Agostino gli indicava nel mistero della grazia e della libertà, e che concernevano le profondità divine di tale mistero. Per quanto riguarda le vaste regioni d’ombra che rimanevano e che riguardano le profondità create ed umane di quel mistero – in particolare tutto ciò che ha un rapporto col fatto che Dio permette l’atto cattivo – e con la trasmissione del male attraverso alla creatura e così pure con il significato ed il valore intrinseco (intendo dire nell’ordine filosofico e teologico stesso) dell’attività temporale e “profana” dell’essere umano, il Medioevo ha posto con energia, sulla soglia di tali regioni, i principi della soluzione; però si è addentrato poco nelle loro oscurità e nei loro problemi, ha lasciato molto terreno da dissodare, tutta una problematica in esplorata” (2). L’autore di queste righe ha fatto del problema del male una preoccupazione costante della sua ricerca filosofica. Ci scusiamo presso di lui per averlo citato continuamente; abbiamo la convinzione che la sua opera ricca e coerente, tradizionale ed innovatrice, contenga la più penetrante dottrina del male scritta ai giorni nostri nella prospettiva cristiana.


Per sviluppare la dottrina del male che ci è rivelata nella Sacra Scrittura, soprattutto nel Nuovo Testamento, le nostre guide principali sono state sant’Agostino e san Tommaso d’Aquino, i maestri amati come il primo giorno, del quali speriamo di non avere tradito le grandi intuizioni contemplative. Il proposito del teologo che tratta di un mistero è quello di evitare le formule minimizzanti che di esso si potrebbero trovare. Il suo timore è di restare a sua volta prigioniero di una formula troppo povera, priva di trasparenza, che arrischi di porre un ostacolo e di impedire allo spirito del lettore di trascendere all’adorazione silenziosa delle profondità divine. Questo timore non ci ha abbandonato neppure un attimo.


L’AUTORE


Friburgo, gennaio 1960.


(1) Essa è stata messa nuovamente in luce da JACQUES MARITAIN, Le péché de l’ange, Essai de réinterprétation des positions thomistes, in “Revue Thomiste”, 1956, pp. 197-239.


(2) J. MARITAIN, Humanisme intégral, Aubier, Paris 1936, p. 20; ed. it. Borla, Torino 1962.