(PiùVoce.net) La cristianità americana

  • Categoria dell'articolo:Fede e ragione

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PiùVoce.net 8-9-2009
Robert Royal, Presidente del Faith & Reason Institute Washington D.C. e membro del comitato scientifico Centro studi Tocqueville Acton

I cattolici a confronto con la cultura made in Usa
GLI AMERICANI HANNO FAME DELLA BELLEZZA CRISTIANA

Nella sua Democrazia in America, il libro più penetrante mai scritto sugli Usa, Alexis de Tocqueville scrive che gli americani frequentano le Chiese come “la prima delle loro istituzioni politiche”.  Ciò può forse sembrare strano agli europei, che tendono a vedere la democrazia come bisognosa di qualcosa simile al modello francese di laicité. Ma Tocqueville vedeva quelle Chiese, quasi tutte di tipo protestante,  come rappresentanti di  una cristianità “democratica e repubblicana”. Tale orientamento di fondo persiste anche oggi, e ciò costituisce allo stesso tempo un ostacolo e un’opportunità per chiunque voglia promuovere una cultura cattolica in America.

Per prima cosa, la società americana, più di altre, possiede una miscela composita di individualismo e solidarietà. Noi poniamo grande enfasi sulla libertà personale, che è il motivo per cui ci opponiamo ai grandi sistemi e alla presenza invasiva dello Stato, anche in materie come la sanità. Ma, allo stesso tempo, noi abbiamo una vigorosa tradizione nazionale di attività filantropiche, iniziative della società civile e associazionismo privato. “In qualunque ambito in cui, a capo di una nuova attività, puoi vedere il governo in Francia, e un grande Lord in Inghilterra,  puoi scommetterci che troverai un’associazione negli Stati Uniti”,  ha osservato Tocqueville. Questa combinazione unica di iniziativa privata e di associazionismo spontaneo deve molto alla tradizione di frontiera dell’America ed è sopravvissuta anche in condizioni molto differenti, sino ai nostri giorni. Sulla scorta di tutto ciò, qualsiasi cultura cattolica che miri ad avere successo negli Usa deve tener conto di questi fattori così diffusi nella cultura americana, sia che voglia servirsene, sia che intenda opporvisi.

In America, il maggiore ostacolo per una cultura cristiana di qualunque specie, cattolica o protestante che sia, è il modo in cui il tradizionale individualismo americano, che era in gran parte inquadrabile all’interno di un senso comune condiviso, oggi è mutato in un individualismo radicale, definibile in pratica come una consapevole separazione da ogni norma eteronoma. Certo, l’America è lontana dall’essere un caso unico sotto questo aspetto, ma in un paese dove la storia sociale è esile e la popolazione possiede un alto grado di mobilità interna e un alto grado di isolamento sociale (ossia la separazione dalle famiglie, dalle parrocchie e dalle comunità d’origine), ciò rappresenta un problema molto serio. D’altra parte, come leggiamo nelle Scritture, specialmente nell’Antico Testamento, l’allontanamento dai sentieri divini porta con sé varie pene, che possono poi ricondurre alla religione come cura per le malattie della modernità. Nel quarto di secolo appena trascorso, sembra che le chiese evangeliche americane siano state le principali beneficiarie di questa dinamica, che però ha coinvolto anche le comunità cattoliche.

In California, per esempio, ci sono molte e ben note “mega-chiese” evangeliche, con più di diecimila membri, che sono cresciute a causa del gran numero di persone alla ricerca di spiritualità. A molti sembra che queste chiese abbiano grandi vantaggi, richiedendo l’adesione a un corpus dottrinale minimo, e offrendo liturgie domenicali informali, oltre a essere comunità “da un libro solo”: la Bibbia.
Meno conosciuto è il fatto che le parrocchie dell’arcidiocesi di Los Angeles, cioè un network grande e sviluppato, abbiano anch’esse in media diecimila membri. Infatti lì quanti lasciano la fede cattolica per abbracciare quella evangelica solitamente vi ritornano entro quattro o cinque anni, come gli stessi pastori evangelici hanno ammesso. Molti dicono che ciò avviene per il fatto che gli evangelici non hanno i sacramenti. Questo indica qualcosa che i cattolici devono capire profondamente: mentre c’è un certo grado di inculturazione necessaria per la fede cattolica entro ogni nazione, in un posto come l’America il cattolicesimo non avrà successo diventando “più protestante” dal punto di vista della disciplina o della struttura istituzionale. La Chiesa offre alcuni rimedi davvero potenti all’atomizzazione sociale moderna. E’ solo essendo convinta della verità di questo fatto, sempre e comunque, che la Chiesa sarà in grado di poter recitare il ruolo che le è proprio.
D’altronde, la Chiesa cattolica è ancora di molto la più vasta aggregazione di fedeli negli Usa: sessantacinque milioni, e cresce lentamente, più delle successive quindici denominazioni religiose messe insieme. Gli ex cattolici in America sono più numerosi degli stessi membri di alcune delle più grandi chiese protestanti, quali quella battista o metodista. La Chiesa americana gestisce l’istruzione di oltre quattro milioni di studenti nelle scuole primarie e secondarie e più di duecentocinquanta università, un numero maggiore di tutte le altre istituzioni cattoliche sparse nel resto del mondo. Possiamo dire che queste scuole fanno un buon lavoro dal punto di vista della preparazione degli studenti al mondo del lavoro e alle carriere, ma non altrettanto si può sostenere quanto alla loro capacità di educarli alla fede. Alcuni dati ci dicono che gli studenti delle università cattoliche americane perdono la loro fede o diventino cattolici del dissenso in misura maggiore di quanti frequentano università non cattoliche. Si parla molto di restaurare una “identità cattolica” nelle università, proprio perché, in larga, parte, è questa che è venuta a mancare. Ma nel quarantennio trascorso gli atenei più prestigiosi come Georgetown e Notre Dame hanno assunto docenti sulla base degli stessi criteri delle università non cattoliche, con il prevedibile risultato che i cattolici sono talvolta in minoranza nelle facoltà universitarie. Non esiste un rimedio rapido per questa situazione, ma è chiaro che senza un laicato altamente istruito – e per prima cosa in materia di fede cattolica, non soltanto nelle discipline secolari – la Chiesa incontrerà serie difficoltà a farsi accettare e capire dal mondo della cultura.
In questa situazione, è quasi un miracolo che la Chiesa sia riuscita a fare quanto ha fatto. Non è un segreto che a partire dagli anni Sessanta le università, i media, e il mondo delle arti si siano sentite abbastanza libere di attaccare il cattolicesimo per il suo presunto sessismo, per la “repressione” dei costumi sessuali, e per le sue posizioni culturali e intellettuali. E questo si aggiunge allo storico anti-cattolicesimo presente in America come in tutte le altre nazioni di matrice protestante. Prima degli anni Sessanta, tuttavia, l’indubbia forza e grandezza della Chiesa americana erano riuscite a mantenere sulla difensiva questo elemento anticattolico. E’ toccato ai leader delle parrocchie e delle diocesi resistervi con forza, ma la Chiesa ha saputo rinvenire questi leader tra i vescovi, i sacerdoti e i religiosi, uomini e donne. Oggi, invece, questo compito deve essere assunto da una laicato istruito e coraggioso. E anche questo ci riporta alla necessità di un laicato ben formato nella fede e consapevole delle proprie capacità di opporsi alle tendenze omologanti delle società occidentali più sviluppate.
Sia Giovanni Paolo II che Benedetto XVI hanno sottolineato anche il bisogno che la nostra cultura ha della Bellezza – oltre all’educazione alla Verità e al Bene. Ciò implica, per un cattolicesimo in grado di reagire alle sfide, iniziare dalla riforma liturgica. Sono troppe le parrocchie in America ad esibire ben poche differenze verso il culto protestante, in materia di architettura, musica sacra e linguaggio – e ad essergli inferiore sul piano della predicazione. Quella sorta di trascendenza naturale che ci è offerta sul piano tecnico e pratico dalle arti di tutti i tipi, era qualcosa che la Chiesa aveva compreso nel passato, e qualche volta forse ha anche perseguito con eccesso di zelo. Ma in America oggi si avverte grande fame di un qualcosa che vada oltre la mera quotidianità, e per questo si possono trovare piccole associazioni di pittori, scrittori, filosofi e architetti cristiani, tutti intenti ad esplorare quel regno della bellezza senza la quale una vita non può dirsi vissuta in pienezza.
Tutto ciò sembra essere molto distante dalle preoccupazioni delle forze politiche ed economiche che plasmano la cultura americana. Ma sotto questo aspetto gli americani non sono diversi da qualunque altro popolo: hanno una naturale disposizione verso l’unico vero Dio che cercano nella realtà, anche nelle circostanze che a prima vista possono apparire più sorde allo spirito. Infatti, ci può essere un anelito maggiore a vivere un’autentica esistenza spirituale entro una cultura autenticamente cattolica proprio dove il materialismo sembra più trionfare. La Chiesa è riuscita a sopravvivere nell’Impero romano e anche a diffondersi in ogni angolo del globo nei due millenni trascorsi, perché ha avuto fede nella Buona Novella.  Anche oggi c’è molta gente a Washington, la Roma del nostro tempo, in cerca della Verità in quelle che sembrano condizioni tutt’altro che favorevoli. I nostri due partiti politici, quello democratico e quello repubblicano,  sembrano entrambi mancare di una visione completamente cristiana, l’uno sacrificando i non-nati per calcolo politico gli altri  sposando una nozione di individualismo piuttosto cruda (sebbene il dibattito sulla riforma della sanità in America sia stato ben condotto dai politici pro-life di entrambi i partiti, per lo più cattolici).
Già nel Diciannovesimo secolo, Tocqueville sottolineava come “gli uomini del nostro tempo siano per natura poco disposti a credere; ma quando hanno un animo religioso, essi trovano immediatamente in se stessi un istinto nascosto che li spinge inconsapevolmente nelle braccia del cattolicesimo […] I nostri discendenti tenderanno sempre più a dividersi in due sole fazioni: quelli che abbandonano del tutto la fede cattolica e quelli che vengono accolti nel seno della Chiesa di Roma”. Questa dinamica ha richiesto molto più tempo di quanto egli aveva previsto per mostrarsi, ma noi oggi possiamo vederne molti segnali, nell’amicizia tra evangelici e cattolici, come nell’ammirazione dei protestanti verso la testimonianza cristiana degli ultimi papi. Ma il successo in questi campi dipenderà dalla capacità del cattolicesimo di rimanere vitale e peculiarmente cattolico. Molti di noi credono che trovare un modo di preservare questa identità – questa fedeltà – nella nebbia delle società moderne, costituisca la sfida e l’esortazione ad essere cattolici nell’America di oggi. 

Robert Royal