NON ESISTONO TERAPIE EMBRIONALI, NEMMENO SPERIMENTALI

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Il cittadino non può subire ricatti emotivi e psicologici, innestati sulla necessità, costruita ad arte, di utilizzare gli embrioni umani per produrre cellule staminali embrionali che sole potrebbero guarire malattie a oggi incurabili. Non si può permettere che questa presunta inderogabile necessità passi per verità assoluta. Occorre invece sottolineare l’esistenza di linee di ricerca altrettanto valide e prive di controindicazioni etiche.

di Samorindo Peci
medico professore universitario ricercatore, coordinatore dell’organizzazione Ricercatori per la vita, che opera a stretto contatto con l’Accademia pontificia Pro Vita

Una delle ragioni alla base dello scontro sulla legge che regolamenta la produzione di embrioni umani riguarda la possibilità di utilizzarli al fine di isolare cellule staminali embrionali pluripotenti. Essendo queste cellule in grado di produrre qualunque tipo di cellula matura dei tessuti del nostro organismo, esiste la possibilità (si noti bene la possibilità) che le cellule staminali embrionali possano essere utilizzate per lo sviluppo di numerose terapie rigenerative per patologie ad oggi incurabili, quali il diabete, il morbo di Alzheimer, eccetera.

Questa tesi ha una sua logica, ma non si può perdere di vista il fatto che si sta parlando di prospettive future e non di terapie già esistenti o disponibili entro breve tempo e che si sta parlando di una delle numerose vie percorribili .

Purtroppo il messaggio che, ad arte o per ignoranza, viene trasmesso alla popolazione dai mezzi di informazione, ma anche quello che viene fornito al legislatore, e’ di natura diametralmente opposta alla realtà dei fatti. Una parte consistente delle battaglie sulle questioni bioetiche si combatte notoriamente attraverso strategie divulgative che puntano a infondere “certezze” nell’opinione pubblica e a creare un clima culturale favorevole alla posizione che si intende promuovere. La maggioranza dei mezzi di comunicazione di massa non è purtroppo incline alla “cultura della vita” e lo dimostra attivando tattiche mistificatorie che tendono a oscurare o fraintendere i dati a essa conformi e a enfatizzare quelli che se ne allontanano.

La situazione è tale da farmi temere che lo svilimento e la mercificazione dell’embrione siano soltanto un tassello di un più generalizzato e subdolo attacco all’integrità della famiglia . Temo anche che si voglia creare una legislazione nazionale che permetta l’accesso ai ben 17.500 milioni di euro stanziati dalla Unione Europea per progetti di ricerca in questo settore.

Ci viene infatti spesso spiegato che le cellule staminali embrionali rappresentano se non l’unica, sicuramente la via migliore per lo sviluppo di terapie cellulari salvavita. Ci si spinge talmente oltre da far credere che le terapie a base di cellule staminali embrionali sarebbero addirittura già disponibili.

Il cittadino medio, chiamato a decidere della validità della legge sulla fecondazione assistita dopo aver ricevuto soltanto informazioni parziali e inveritiere, risulta facimente inducibile a una scelta apparentemente semplice e pressochè scontata. Davanti al dubbio se lasciare morire milioni di persone o permettere l’uso degli embrioni umani per generare cellule salvavita, la scelta non sarà a favore dei diritti dell’embrione

Quanti cittadini hanno cultura e cuore sufficienti da sentire, forse più che capire, che l’embrione non è soltanto un grumo di cellule sacrificabile sull’altare della ricerca scientifica? Quanti lo considerano qualcosa di facilmente riproducibile nel corpo delle donne come in laboratorio, in fondo un materiale di cui c’è abbondanza, senza avere la minima coscienza dei problemi etici che la loro scelta (il loro diritto di voto) comporta? Il messaggio che dobbiamo far passare è uno soltanto: il sacrificio degli embrioni non è affatto necessario.

Ad oggi non esistono terapie embrionali, questo deve essere chiaro a tutti, nemmeno sperimentali. Esiste soltanto un significativo potenziale terapeutico delle cellule staminali embrionali, potenziale tutto da verificare data la ancora scarsa conoscenza dei meccanismi che regolano l’attività di queste cellule e la loro intrinseca tendenza a produrre tumori.

Per contro esistono numerose terapie salvavita che rappresentano realtà cliniche importanti, quali le cure per la leucemia, le grandi lesioni ossee, le grandi ustioni, il trapianto di cornea. Esse si basano tutte sull’utilizzo di cellule staminali adulte. Inoltre, sono in fase di avvio nuove sperimentazioni sul paziente che implicano l’utilizzo di cellule staminali cerebrali umane.

Occorre inoltre ricordare che le terapie cellulari per le malattie degenerative non si basano solamente sul trapianto di cellule prodotte in laboratorio. Esistono tecniche altrettanto promettenti, se non più interessanti, basate sull’attivazione delle cellule staminali nella loro sede di residenza. In questo caso sono le cellule del paziente stesso che si occupano di curare la malattia, una volta stimolate con opportuni farmaci. Ovviamente, trattandosi delle cellule staminali del paziente stesso, i problemi di rigetto non sussistono, mentre essi devono comunque essere presi in considerazione nel caso di trapianto di staminali sia embrionali che adulte.

Consideriamo ora un altro aspetto: la produzione di cellule staminali embrionali può avvenire senza passare attraverso la produzione di embrioni. Sono infatti in corso studi grazie ai quali è possibile deprogrammare le cellule adulte fino a renderle uguali alle staminali embrionali senza mai produrre embrioni. Si tratta di una procedura che ha la stessa probabilità di funzionare della clonazione umana, senza però sollevare problemi etici ed esporre il paziente a rischi di rigetto.

Dobbiamo, quindi, fare in modo che il cittadino non subisca ricatti emotivi e psicologici, innestati sulla necessità, costruita ad arte, di utilizzare gli embrioni umani per produrre cellule staminali embrionali che sole potrebbero guarire malattie a oggi incurabili e di grave impatto sulla qualità della vita del singolo e sull’intero sistema sanitario.

Non possiamo permettere che questa presunta inderogabile necessità passi per verità assoluta. Occorre invece sottolineare l’esistenza di linee di ricerca altrettanto valide, e prive di controindicazioni etiche.

Dobbiamo comunicare le informazioni scientifiche si, ma anche i valori e le ragioni di una scelta. E dobbiamo essere in tanti sul territorio in queste poche settimane che ci separano dal referendum, a parlare la stessa lingua, una lingua che coniughi scienza e vita in un binomio inscindibile.

In questo contesto, mi permetto di concludere che, nella mia scala di valori il diritto alla vita dell’embrione precede inequivocabilmente il diritto alla procreazione.