MICHAEL D. O’BRIEN, L’ISOLA DEL MONDO

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\"\"MICHAEL D. O\’BRIEN, L\’ISOLA DEL MONDO, SAN PAOLO ED. 07/2009, pp. 936, Prezzo: € 26,00, ISBN-13: 9788821565830, ISBN: 8821565831
 
Il lungo viaggio di Josip. Dall’infanzia alle atrocità della guerra

Ci sono libri che riconsegnano tutte le cose, perché ti aiutano a guardarle in modo nuovo, più vero e profondo: uno di questi è L’isola del mondo di Michael O’Brien.
Vi si racconta la storia di un poeta croato dalla prima infanzia alla vecchiaia in un lungo viaggio fisico e spirituale che abbraccia la Vecchia Europa ed il Nuovo Mondo: Josip vive un’infanzia povera, semplice e felice in un piccolo villaggio, circondato da affetti che lo fanno crescere e camminare, mentre già inizia a palesarsi il dono di saper esprimere con immagini e parole il cuore profondo della realtà, dell’infinito fuori e dentro di noi. (Clicca su "Leggi tutto" per continuare a leggere la recensione)

Con l’avvento delle feroci bande partigiane sul finire della Seconda Guerra Mondiale, la sua vita viene sconvolta da un male improvviso e radicale.
Nel giro di poche ore, tutto ciò che ha di più caro gli viene strappato via e questo sarà solo il primo passo di una serie di dolorose privazioni e spoliazioni.
L’isola felice sembra essersi inabissata per sempre e all’uomo non resta altro che affogare nel sangue, nelle tenebre, nella disperazione.
Proprio laddove tutto sembrava perduto, proprio laddove sembrava esserci solo la sconfitta sotto il tallone dei tiranni ed il buio dentro e fuori di noi, ecco farsi strada quello che nemmeno più si osava sperare: una mano che ci trae a riva, e ci propone un cammino che si snoda per tutto il mondo, un cammino per tornare a casa e ritrovare quello che sembrava perduto.
Eccoci, allora, capaci a nostra volta di gettare la mano nelle acque scure e sollevare chi in essa sta affondando, eccoci capaci di gettare un ponte tra noi e gli altri, e dare e ricevere amore e attenzione.
Questo libro così intenso, commovente e poetico ci rammenta quello che troppo spesso preferiremmo dimenticare e che tante bugie e false consolazioni attorno a noi cercano di negare o di sopire: nella vita c’è davvero un accumularsi di ferite patite e alle volte inflitte, che palesano la grande ferita originale del peccato nella vita di ogni uomo; ogni uomo è a suo modo crocifisso, ed in modi diversi sente il dolore dei chiodi nelle mani, la lancia nel costato, l’arsura della sete.
Ma il racconto di O’Brien mostra come proprio queste stesse ferite siano assolutamente fondamentali, perché possiamo decidere cosa farne, come viverle; possiamo apparentemente nasconderle e rinnegarle, magari sotto l’ubriacatura del potere nelle sue tanto molteplici forme (dalla brutalità sanguinaria delle ideologie, alla distaccata e complice indifferenza dei benpensanti); oppure possiamo attraverso di esse gridare tutto il nostro bisogno d’aiuto e d’amore e scoprire così come ci sia davvero Qualcuno che ci ama tanto da farsi piagare per noi e con noi, Qualcuno cui non è ignoto un singolo battito del nostro cuore e che attribuisce ad esso un valore infinito.
Le ferite diventano così misteriose feritoie per ricevere questo Amore e, a nostra volta, donarlo ai nostri fratelli uomini coi diversi linguaggi che ci sono donati.
L’ isola del mondo mostra con l’impareggiabile forza dell’arte come ogni vita umana sia a sua volta un messaggio per tutte le altre, una parola viva capace di illuminare e confortare.
Josip riceve molti messaggi, nei luoghi più inaspettati, grazie a molti e diversi messaggeri, persone apparentemente insignificanti, ma capaci di donare amore e comprensione e così farsi largo nelle prigioni più tenebrose, ed egli diventa così a sua volta un messaggero di speranza, cui l’amore e il dolore dell’amore hanno dato davvero qualcosa da offrire, da dire.
Il nuovo romanzo di O’Brien è stato paragonato alle opere di Bernanos e Mauriac per bellezza, intensità, profondità.
Io mi limito ad aggiungere che questo libro è a sua volta, come la vicenda del suo protagonista, una parola viva, un messaggio da cui i nostri animi feriti ricavano luce, conforto e sprone nel cammino in quest’isola del mondo, nell’oceano infinito che la circonda e che l’abbraccia e che non sono le acque oscure dell’ignoto, ma il Cuore stesso di Dio.
Questo è un libro che ruota attorno alle tre fondamentali domande che in esso ricorrono più volte: «Chi sei? Da dove vieni? Dove vai?», e che attraverso di esse ci consegna con rinnovato stupore la vastità e ricchezza della creazione, le dolorose e bellissime avventure della vita con le sue sconfitte, i suoi incontri, le sue aspettative ed i suoi miracoli, ma anche il valore del racconto, i diversi linguaggi delle cose e delle persone, e quel più profondo «silenzio che è la voce dell’amore».
(Edoardo Rialti per Tracce.it)

 
Il nuovo romanzo di Michael D. O’Brien, autore del bestseller «Il Nemico», sulle sofferenze della Croazia, da Tito ai nostri giorni
Di Fabrizio Rossi
Tre anni di ricerche. Un an­no per scriverlo. C’è un lungo lavoro alle spalle de L’isola del mondo, il nuovo ro­manzo di Michael D. O’Brien, lo scrittore e pittore canadese au­tore dei bestseller Il Nemico e Il Libraio. Pubblicato in questi giorni dalla San Paolo, nella tra­duzione di Edoardo Rialti, L’isola del mondo ( pp. 848, euro 26) rac­conta l’avventurosa vita del poe­ta croato Josip Lasta. Un viaggio fisico e spirituale, dal vecchio continente al nuovo mondo.
Dall’armonia del villaggio in cui Josip nasce nel 1933, educato al­la fede cattolica da genitori e­semplari, al caos della seconda guerra mondiale e dell’avvento al potere di Tito. Scampato per miracolo alla violenza delle ban­de partigiane, che in poche ore gli strappano tutto ciò che ha di più caro, Josip inizia un lungo pellegrinaggio che lo porterà ol­treoceano, per poi tornare a casa e ritrovare quello che sembrava perduto. Fino a scoprire che, an­che nel male più estremo, c’è sempre la possibilità di conser­vare il proprio volto.
Davanti a una tazza di caffè a­mericano, l’autore stesso ci pre­senta il suo romanzo.
Perché ha scelto di raccontare le sofferenze del popolo croato?
«Per la loro dimensione profeti­ca. Questo popolo cattolico ha ricevuto attacchi in ogni epoca e ha dovuto difendere la sua iden­tità. Riuscendo a preservare la propria fede anche nelle situa­zioni più ostili, come il regime comunista di Tito. In questo senso rappresenta la battaglia che riguarda ogni cre­dente contro la forza del­l’ideologia in tutti i tem­pi».
Ricostruire le vicende dell’ultimo secolo in questa regione non deve essere stato semplice…
«Da subito, mi sono scontrato con diverse memorie in lotta tra loro: la versione comunista, quella dei nazionalisti serbi, quella degli storici cattolici croati. È stato un lavoro minuzioso e corale: un grosso aiuto m’è venuto dalle te­stimonianze di sopravvissuti ser­bi e croati emigrati in Canada, che m’hanno confermato molti fatti negati dalla versione ufficia­le. Anche perché, vista l’impor­tanza strategica dei Balcani dal punto di vista politico, economi­co e religioso, è ancora in corso una guerra di propaganda. Dove, a farne le spese, è la dignità delle persone e il loro diritto di scopri­re la verità».
Come può un popolo conserva­re la sua identità, contro tutte le forze che cercano di cancellarla?
«È la questione urgente che ho cercato di esplorare. Andando al cuore del romanzo, potremmo tradurla così: come può una per­sona restare tale, preservando la sua dignità, in circostanze radi­calmente disumane? Credo che l’unico modo sia approfondire la propria identità spirituale in Cri­sto. È Lui a dirci chi siamo dav­vero e quanto valiamo, e solo la Chiesa può comunicarcelo. L’i­deologia, al contrario, in nome dell’umanità distrugge il singo­lo».
Come ricorda Benedetto XVI nell’ultima enciclica: «L’umane­simo che esclude Dio è un uma­nesimo disumano» …
«La creazione di una società giu­sta può solo venire dal rispetto per la dignità e il valore di ogni vita. Anche quando questa di­gnità è calpestata, l’uomo deve tenere davanti agli occhi la visio­ne che siamo creati a immagine e somiglianza di Dio. È ciò che permette di restare uomini in qualunque situazione».
È quel che emerge nei capitoli ambientati a Goli Otok, l’ «Isola Calva» della Croazia trasforma­ta da Tito in campo di concen­tramento.
«Il male e le ideologie feriscono l’umanità. Il cuore di ogni ideo­logia è sempre antropologico, contiene una concezione del­l’uomo. L’ideologia materialisti­ca, qualunque forma assuma, nega il significato intero della persona, riducendola al compo­nente di un meccanismo. Pur non esistendo più i regimi del Novecento, quest’ideologia è an­cora viva».
In che forma?
«Pensi al nostro Occidente mate­rialista, dove s’introducono a­borto e eutanasia con il pretesto di difendere la libertà dell’uomo. Ecco la frattura: si difende l’u­manità, ma al tempo stesso si condanna una parte di essa ad una morte ingiusta. E lo si fa in nome dell’umanesimo. È un nuovo totalitarismo: molto soft, senza lager, ma estremamente potente. Davanti a tutto ciò noi cristiani non possiamo scendere a compromessi: siamo chiamati ad essere, come Gesù stesso, un segno di contraddizione. Un se­gno di verità e carità davanti al male. È l’unica via per resistere alle forze disumanizzanti del­l’ordine mondiale».
Certe pagine del suo romanzo riecheggiano Solzenicyn, quan­do nel discorso ad Harvard nel 1978 metteva in guardia l’Occi­dente da un’ideologia ancor più subdola di quella al potere in Urss…
«Non è un caso. Solzenicyn at­taccava la debolezza dell’Occi­dente davanti all’espansionismo sovietico. Ma la sua critica scen­deva più in profondità: era rivol­ta contro la perdita di carattere morale dell’Occidente. Ecco il problema. Per questo, davanti alle sfide della nostra epoca, dobbiamo riscoprire le nostre radici. È una rivoluzione interio­re, che coinvolge l’anima e il cuore di ciascuno. Dove l’arma che abbiamo, come per Josip, è una sola: il desiderio di conosce­re il vero».

"Avvenire" del 22 luglio 2009