Lexicon. Termini ambigui e discussi su famiglia, vita e questioni etiche

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Pontificio Consiglio per la Famiglia, Lexicon. Termini ambigui e discussi su famiglia, vita e questioni etiche, Edizioni Dehoniane, Bologna 2003, 867 pp. ISBN 88-10-24109-6, €60

PREFAZIONE DEL CARDINALE ALFONSO LOPEZ TRUJILLO
Il Lexicon contempla una varietà di possibilità, come suggerito dal titolo completo.
Indicando il reale contenuto e la verità che deve guidare il suo uso appropriato, cerca di illuminare riguardo ad alcuni termini o espressioni ambigue o equivoche, che risultano di difficile comprensione. In questo campo già esiste una gravitazione culturale che complica ulteriormente una giusta interpretazione. In questo caso occorre seguire pazientemente l’origine e lo sviluppo delle espressioni e della loro diffusione. Non saranno rari i casi in cui si coniano termini che non giungono a occultare completamente un’intenzione precisa: evitare ciò che risulta sbalorditivo, in modo tale da addolcire l’espressione, al fine di evitare un rifiuto quasi istintivo. È il caso dell’abile formulazione "interruzione volontaria della gravidanza" o "pro-choice", di cui si parlerà in seguito.
Esistono numerose espressioni, in uso nei Parlamenti e nei fori mondiali, che possono occultare il loro reale contenuto e significato, e che sono perfino utilizzate senza che politici e parlamentari ne abbiano una piena consapevolezza e, in alcuni casi, per la mancanza di una completa formazione filosofica, teologica, giuridica, antropologica ecc. Ciò ostacola maggiormente la giusta comprensione di alcuni concetti. Vorremmo che il Lexicon costituisse un sussidio in questi casi e suscitasse l’interesse per una informazione seria e obiettiva e che stimolasse anche il desiderio di una formazione più approfondita in questo campo di frontiera tra varie scienze e discipline.

Il problema è accresciuto dalla mentalità imperante del positivismo giuridico, per il quale la bontà della legge non è più adeguata alla persona umana, integralmente concepita, ma la procedura concordata per la formulazione e accettazione della legge finisce per adeguarsi alla volontà della maggioranza. Si giunge così a una concezione della "verità politica" e di una democrazia che non saprà sottrarsi al concetto della legge come imposta dal più forte. Ci sono anche diversi concetti oscuri e di difficile comprensione, perché i contenuti stessi richiedono una paziente e serena precisazione. Ciò, naturalmente, si complica quando cresce la riluttanza ad accettare la legge naturale e a vincolare le leggi a un riferimento etico. Ovviamente, non possiamo porre al margine la ricchezza della fede che dà speciale profondità a ciò che la ragione può cogliere.

Molto opportuno è l’insegnamento del Catechismo della Chiesa cattolica: ""L’intima comunione di vita e di amore coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilita dal patto coniugale […]. Dio stesso è l’autore del matrimonio" (GS 48). La vocazione al matrimonio è iscritta nella natura stessa dell’uomo e della donna, quali sono usciti dalla mano del Creatore. Il matrimonio non è un’istituzione puramente umana, malgrado i numerosi mutamenti che ha potuto subire nel corso dei secoli, nelle varie culture, strutture sociali e attitudini spirituali. Queste diversità non devono far dimenticare i tratti comuni e permanenti. Sebbene la dignità di questa istituzione non traspaia ovunque con la stessa chiarezza, esiste tuttavia in tutte le culture un certo senso della grandezza dell’unione matrimoniale, poiché "la salvezza della persona e della società umana e cristiana è strettamente connessa con una felice situazione della comunità coniugale e familiare" (GS 47)" (n. 1603).

Non è intenzione di questa iniziativa combattere o andare contro istituzioni e persone e, ancor meno, fare imposizioni. Vorremmo piuttosto proporre, persuadere con amore, indirizzando verso la verità, con rispetto, con la speranza che si instauri e si rafforzi un dialogo fecondo. Non possiamo eludere la verità alla quale l’uomo ha diritto per poter respirare secondo una genuina libertà. Certe espressioni approfittano della scarsa informazione o dell’ingenuità di quelli che ne fanno uso, i quali, sedotti dall’ambiguità, non si rendono perfettamente conto dell’inganno. In tal modo si cerca di manipolare la stessa opinione pubblica, occultando aspetti sgradevoli o scioccanti della realtà o della verità. Poiché i termini coniati non sono propriamente innocenti, coloro che ne sono gli autori cercano di far progredire i metodi per ottenere i fini che essi desiderano raggiungere alterando il significato dei termini. Ciò per evitare un rifiuto che essi stessi vedono come un rischio normale.

L’astuzia nella ricerca di espressioni ambigue, raggiunge livelli preoccupanti. Si inizia a parlare di un linguaggio orwelliano. Il prestigioso scrittore George Orwell, in 1984, faceva la critica delle forme totalitarie nelle quali, a scopo di propaganda, certi termini ripetuti per suscitare riflessi condizionati sfuggivano alla chiarezza dell’intelligenza e finivano per assumere un significato contrario; ad esempio, schiavitù significa libertà, il male si identifica col bene, la menzogna con la verità.
Si è denunciato il fatto che uno dei sintomi più preoccupanti dell’offuscamento morale è la confusione dei termini che porta a livelli estremamente degradanti quando essi vengono utilizzati, con freddo calcolo, per ottenere un cambiamento semantico, cioè del significato delle parole, in una maniera artificiosamente pervasiva. Questa incredibile capacità di mutazione semantica, che mostra il vuoto di un’antropologia, si manifesta anche nei concetti dei "diritti", che diventano selettivi e capricciosi.

Non sempre è coerentemente riconosciuta l’universalità dei diritti; si fanno infatti delle "eccezioni", le quali negano lo spessore e l’integralità dei diritti, specialmente riguardo a quanto detto nell’articolo 3 della Dichiarazione universale dei diritti umani: "Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona". L’impressionante dilagare del massacro dell’aborto mostra l’uso relativo di un diritto, che dovrebbe essere fondamentale. Giovanni Paolo II ha scritto: "I diritti umani, infatti, sono strettamente intrecciati tra loro, essendo espressione di dimensioni diverse dell’unico soggetto, che è la persona. La difesa dell’universalità e dell’indivisibilità dei diritti umani è essenziale per la costruzione di una società pacifica e per lo sviluppo integrale di individui, popoli e nazioni" (1).

Nell’equivocità crescente si arriva anche a proporre nuovi diritti, non come conquista in temi prima non riconosciuti che meritano di essere presi in considerazione, ma come nuove forme di manipolazione. A questo riguardo, è stato validamente affermato da p. Abelardo Lobato: "Presi separatamente, sembrano concetti affascinanti, ma non è una questione di novità ma più precisamente una propria diversità del linguaggio, con lo scopo di sottrarre alcuni diritti umani a ogni norma etica per relegarli nella privacy attraverso un linguaggio ambivalente che porta avanti idee e pratiche che contraddicono ciò che a prima vista significano. Un’espressione è manipolata, e camuffata per penetrare tutti gli ambienti attraverso i potenti mezzi di comunicazione. Esiste una separazione sempre più grande fra il pensiero, la realtà stessa, e la parola che esprime, la quale diventa oggetto di manipolazione. Alla fine vengono negate le tre cose che i termini sembrano affermare: la novità, i diritti, e "l’humanum". Per non offendere l’orecchio, si sostituiscono espressioni alternative, per esempio, interruzione di gravidanza per esprimere l’aborto, l’eutanasia per significare un mal morire, la pillola del giorno dopo per esprimere un abortivo" (2). Spesso la Chiesa è presentata come ostacolo alla libertà, sfiduciata e intollerante. Le seguenti affermazioni di Hegel diventano assai opportune: "Ma che l’uomo fosse libero in sé e per sé, per virtù della propria sostanza, che fosse nato libero come uomo, questo non seppero né Platone, né Aristotele, né Cicerone, né i giuristi romani, benché solamente in questo concetto stia la sorgente del diritto.
Soltanto nel principio cristiano lo spirito individuale personale assume essenzialmente valore infinito, assoluto; Dio vuole che si porti aiuto a tutti gli uomini. Nella religione cristiana si fece strada la dottrina secondo cui tutti gli uomini sono uguali davanti a Dio, perché Cristo li ha chiamati alla libertà cristiana". E aggiunge: "Queste affermazioni fecero sì che la libertà diventasse indipendente dalla nascita, dalla condizione sociale, dall’educazione, ecc. […]. Il sentimento di tale principio fermentò per secoli, per millenni, producendo i più giganteschi rivolgimenti" (3).
Ci sono alcuni termini, presenti dappertutto, che sono fonte di speciali difficoltà. È il caso del concetto di "discriminazione". L’equivocità è particolarmente pericolosa. Inizialmente suscita una reazione di simpatia: come non essere contro le discriminazioni? Questo sembra essere un effetto del rispetto dei diritti umani. Ma la prima e spontanea reazione favorevole cambia quando i contenuti concreti sono meglio esaminati. In nome della non-discriminazione nei Parlamenti vengono diffusi i progetti delle unioni di fatto, anche delle unioni omosessuali e lesbiche, e persino con la possibilità di adozione.

Un caso recente che meglio può illustrare il problema (e che è considerato concretamente) è quello del CEDAW. Tale sigla significa Convenzione sull’eliminazione delle discriminazioni contro le donne. C’è una evidente ostilità contro la famiglia, la quale rappresenterebbe un luogo di moderna schiavitù. Per cui, essere sposa e madre equivarrebbe a essere discriminata da coloro che sostengono i principi morali, ancorati ai veri diritti umani. E se direttamente non è invocato il "diritto" all’aborto, in forma subdola questa via non si esclude. Discretamente, senza fare chiasso, la possibilità sarà ripresa in altre forme, sia con l’interpretazione dei contenuti assai equivoci nella "salute riproduttiva", sia con il ricorso a strumenti abortivi, sia con l’introduzione di una nuova definizione dell’aborto, limitato al tempo posteriore e non dal concepimento all’annidamento dell’embrione. Ci troviamo di fronte a una bufera concettuale.

In alcuni casi le equivocità sono in realtà grossolane e più ampie. In nome dei diritti delle donne non soltanto l’aborto è stato presentato quale loro diritto, come se l’embrione fosse proprietà della madre e costituisse un’appendice, ma si è giunti a combattere la gravidanza come se si trattasse di una specie di malattia e il "nascituro" fosse un ingiusto aggressore. Si è arrivati così a parlare, per qualche tempo, del "vaccino anti-baby". Siamo nel pieno occhio del ciclone originato dal secolarismo e dal relativismo etico. Riguardo alla equivocità e alla verità nel linguaggio è ben noto il pensiero di Heidegger. L’equivocità non aiuta l’autenticità (4).
Il Santo Padre ha denunciato una "civiltà malata" da diversi punti di vista, poiché "la nostra società s’è distaccata dalla piena verità sull’uomo, dalla verità su ciò che l’uomo e la donna sono come persone" (5). Egli fa poi riferimento alla falsificazione prodotta da certi moderni strumenti di comunicazione sociale "soggetti alla tentazione di manipolare il messaggio, rendendo falsa la verità sull’uomo" (6). È in corso una pressione sistematica sull’opinione pubblica: "A volte sembra proprio che si cerchi in ogni modo di presentare come "regolari" e attraenti, conferendo loro esterne apparenze di fascino, situazioni che di fatto sono "irregolari"" (7).

Un caso tipico è il riferimento all’"amore libero". Si usano espressioni che danno la sensazione di un universo di libertà, quando, in realtà, in luogo della libertà regna una vera e propria schiavitù. Giovanni Paolo II, senza giri di parole, così si esprime: "Certamente contrario alla civiltà dell’amore è il cosiddetto "libero amore" […]. Seguire in ogni caso il "vero" impulso affettivo in nome di un amore "libero" da condizionamenti significa, in realtà, rendere l’uomo schiavo di quegli istinti umani che san Tommaso chiama "passioni dell’anima". Il "libero amore" sfrutta le debolezze umane fornendo loro una certa "cornice" di nobiltà con l’aiuto della seduzione e col favore dell’opinione pubblica. Si cerca così di "tranquillizzare" la coscienza, creando un "alibi morale" […]. Una libertà senza responsabilità, costituisce l’antitesi dell’amore". Il Santo Padre ha denunciato anche alcune espressioni entrate diffusamente in circolazione come "pro choice", che si camuffa ugualmente con il libero esercizio della libertà: "Nel contesto della civiltà del godimento, la donna può diventare per l’uomo un oggetto, i figli un ostacolo per i genitori, la famiglia un’istituzione ingombrante per la libertà dei membri che la compongono. Per convincersene, basta esaminare certi programmi di educazione sessuale, introdotti nelle scuole, spesso nonostante il parere contrario e le stesse proteste di molti genitori; oppure le tendenze abortiste, che cercano invano di nascondersi dietro il cosiddetto "diritto di scelta" ("pro choice") da parte di ambedue i coniugi, e particolarmente da parte della donna. Sono soltanto due esempi tra i molti che si potrebbero ricordare" (9).

Negli Stati Uniti c’è una lotta semantica: per reagire al "pro choice" i difensori della vita dicono che il migliore "pro choice" è il "pro life".
Nell’Evangelium vitae il Papa, con vigore profetico, ha denunciato tutta la malizia sistematica che c’è nel convertire addirittura il "delitto" in "diritto": "La nostra attenzione intende concentrarsi, in particolare, su un altro genere di attentati, concernenti la vita nascente e terminale, che presentano caratteri nuovi rispetto al passato e sollevano problemi di singolare gravità per il fatto che tendono a perdere, nella coscienza collettiva, il carattere di "delitto" e ad assumere paradossalmente quello del "diritto", al punto che se ne pretende un vero e proprio riconoscimento legale da parte dello Stato e la successiva esecuzione mediante l’intervento gratuito degli stessi operatori sanitari. Tali attentati colpiscono la vita umana in situazioni di massima precarietà, quando è priva di ogni capacità di difesa. Ancora più grave è il fatto che essi, in larga parte, sono consumati proprio all’interno e ad opera di quella famiglia che costitutivamente è invece chiamata a essere "santuario della vita"" (10).
Di recente il Papa ha espresso la sua preoccupazione in occasione di un discorso rivolto a un gruppo di Vescovi del Brasile: "Una proposta pastorale per la famiglia in crisi presuppone, come esigenza preliminare, una chiarezza dottrinale, effettivamente insegnata nel campo della teologia morale, sulla sessualità e sulla valorizzazione della vita […]. Alla base della crisi della famiglia si percepisce la rottura fra l’antropologia e l’etica, caratterizzata da un relativismo morale secondo il quale si valorizza l’atto umano, non in riferimento a principi permanenti e oggettivi, propri della natura creata da Dio, ma conformemente a una riflessione meramente soggettiva su ciò che è più conveniente al progetto personale di vita. Si produce pertanto un’evoluzione semantica in cui l’omicidio si chiama morte indotta, l’infanticidio aborto terapeutico e l’adulterio diviene una semplice avventura extramatrimoniale. Non avendo più una certezza assoluta nelle questioni morali, la legge divina diviene una proposta facoltativa nell’offerta variegata delle opinioni più in voga" (11).

Curiosamente, tante espressioni equivoche hanno la loro origine nell’idea che i cambiamenti siano esigenze della modernità, che è un termine anch’esso da chiarire. Ecco la descrizione che Thomas Mann offre della "modernità": "Uno dei caratteri del nostro tempo è la problematizzazione di ogni cosa, anche di quelle eterne, sacrosante, indispensabili e primordiali, divenute apparentemente impossibili, apparentemente scadute, oggigiorno, in modo irreversibile. […] La libertà, l’individualismo, un rafforzato senso della personalità […] l’idea del "diritto alla felicità", facilitano allo scontento, al desiderio di liberazione" (12).

Da alcuni anni, il Pontificio Consiglio per la famiglia è andato osservando la scalata di quel processo che genera confusione. Già in Francia era noto il ricorso all’espressione "interruption de la grossesse", per non impiegare il termine "aborto". Alcuni anni fa, durante la celebrazione dell’Anno internazionale della famiglia, ebbe inizio il gioco delle interpretazioni con la messa in circolazione, dall’istanza coordinatrice delle Nazioni Unite, dell’uso del termine "famiglie" soltanto al plurale, e con riluttanza all’impiego di "famiglia" al singolare, al fine di porre dolorosamente un veto al modello di famiglia voluto da Dio nel suo progetto della Creazione: la famiglia fondata sul matrimonio, patrimonio dell’umanità. Così, sotto il termine "famiglie", potevano essere salvaguardate tutte le forme di unione, come famiglie "club", alle quali faceva riferimento Louis Roussel nel suo libro La famille incertaine (13), dove si negava l’istituzione naturale della famiglia e la si riduceva a semplici accordi o patti mutevoli in una prospettiva di "privatizzazione". Egli fu attivo ideologo dell’Anno internazionale della famiglia. In tale occasione, come si ricorderà, venne adottato il logo che riproduceva un tetto sotto il quale si univano due cuori, con una freccia lanciata verso l’infinito. In tal modo si indicava il futuro incerto della famiglia, la sua scomparsa nel futuro, che è stata spesso annunciata, sebbene non abbia maggiore fondamento nella realtà e nelle previsioni. Le stesse ideologie contro la famiglia hanno dovuto riconoscere questo fatto.

Fu proprio intorno all’Anno internazionale della famiglia che si mostrò più decisivo l’intento di mettere in moto slogan ed espressioni ambigue per servirsi dei molti mal informati e, frequentemente, anche mal formati, almeno nel campo di un umanesimo integrale, come quello indicato dal Papa Paolo VI nell’enciclica Populorum progressio sulla dottrina sociale e, particolarmente, in un’antropologia di consistenza etica: "È un umanesimo plenario che occorre promuovere. Che vuol dire ciò, se non lo sviluppo di tutto l’uomo e di tutti gli uomini? Un umanesimo chiuso, insensibile ai valori dello spirito e a Dio che ne è la fonte, potrebbe apparentemente avere maggiori possibilità di trionfare. Senza dubbio l’uomo può organizzare la terra senza Dio, ma "senza Dio egli non può alla fine che organizzarla contro l’uomo. L’umanesimo esclusivo è un umanesimo inumano". Non v’è dunque umanesimo vero se non aperto verso l’Assoluto, nel riconoscimento d’una vocazione, che offre l’idea vera della vita umana. Lungi dall’essere la norma ultima dei valori, l’uomo non realizza se stesso che trascendendosi, secondo l’espressione così giusta di Pascal: "L’uomo supera infinitamente l’uomo"" (14).

Nella Conferenza internazionale su popolazione e sviluppo, svoltasi al Cairo nel 1994, si doveva sfruttare tutto un concentrato carico ideologico, dinamico e funzionalmente organizzato, nel quale, oltre che attivare meccanismi che si sarebbero dimostrati miti inconsistenti, come quello della "rivoluzione o dell’esplosione demografica", volti a suscitare l’allarme della sovrappopolazione, si ricorreva a espressioni come "sexual rights", "reproductive rights" (come in precedenza era stato fatto con "family planning", per incoraggiare la contraccezione e rifiutare come inutili i metodi naturali).

In tali espressioni, in realtà si cercava di sottrarre gli adolescenti e i giovani alla famiglia, all’educazione e all’autorità dei genitori, riempiendoli di informazioni riguardanti le "libere" scelte per evitare la gravidanza, le malattie a trasmissione sessuale, diffondendo, senza altre "pressioni", ogni tipo di contraccettivo. Naturalmente nella Conferenza del Cairo non si escludeva come un diritto il ricorso all’aborto. Fu necessario il messaggio che il Santo Padre indirizzò ai capi di Stato e alla signora Nafis Sadik per richiamare l’attenzione sullo "stile di vita" che si voleva imporre ai giovani e sulla responsabilità dei governanti al riguardo (15). Un caso interessante fu successivamente la preparazione e lo svolgimento della Conferenza di Pechino sulla donna, per ciò che concerne il termine "gender". Il Pontificio Consiglio per la famiglia mise in evidenza l’uso ambiguo e ideologizzato che si stava introducendo, nonostante si assicurasse alla delegazione della Santa Sede la volontà di ricorrere all’uso "tradizionale" del termine. Non dovette trascorrere molto tempo prima di rilevare quanto la questione implicava e come fosse necessario chiarire le cose. La famiglia e la vita sono come poli inseparabili di una stessa realtà, di una stessa verità che è una buona novella, un vangelo: "Spetta altresì ai cristiani il compito di annunciare con gioia e convinzione la "buona novella" sulla famiglia, la quale ha un assoluto bisogno di ascoltare sempre di nuovo e di comprendere sempre più a fondo le parole autentiche che le rivelano la sua identità, le sue risorse interiori, l’importanza della sua missione nella Città degli uomini e in quella di Dio" (16). La famiglia e la vita sono letteralmente sotto il bombardamento di un linguaggio ingannevole, che non favorisce, ma offusca il dialogo tra gli uomini e i popoli. Senza la ricerca della verità, l’universo della libertà è contaminato e posto in grave pericolo. Non esiste libertà senza la verità.

Tutto ciò che ho riferito è stato il contesto che ha fatto sorgere in me l’idea di realizzare un servizio impegnativo di paziente chiarimento. Il momento in cui venne decisa l’elaborazione di questo Lexicon fu in occasione di un incontro con le Organizzazioni non governative (ONG) a Roma, dal 26 al 27 novembre 1999, durante il quale affiorò drammaticamente la preoccupazione e l’opportunità di informare i partecipanti nelle diverse conferenze e riunioni delle Nazioni Unite, come pure i Parlamenti, i Movimenti apostolici ecc. riguardo ai termini e alle espressioni ambigue, per evitare che essi rimanessero sorpresi e disorientati nella loro buona volontà. Dall’incontro con le ONG fu tratta una prima lista di espressioni ambigue più generalizzate e correnti, che poi, in occasione di riunioni successive, venne ampliata. Inizialmente sembrò sufficiente precisare il contenuto di alcune di queste espressioni, ma in seguito si vide che occorreva compiere uno sforzo maggiore e che era necessario ricorrere alla collaborazione di esperti. L’accoglienza del progetto fu generosa e quindi stimolante. Siamo così giunti a raccogliere 78 espressioni che sono state elaborate, nella maggior parte, da persone di riconosciuta competenza e prestigio, cosa che risulta evidente già a un primo sguardo, e da altri esperti, forse meno noti, ma con una buona conoscenza del tema loro affidato.

Quando, in occasione del concistoro straordinario svoltosi nel mese di maggio del 2001, ebbi modo di informare i cardinali presenti riguardo al progetto di Lexicon, l’accoglienza fu molto calorosa, e anche dopo da parte dei giornalisti. Poiché abbiamo ricevuto proposte di case editrici di differenti lingue e nazioni, la nostra intenzione è quella di offrire il volume in diversi idiomi.
Abbiamo stabilito di iniziare con la versione italiana, affidandola alle Edizioni Dehoniane di Bologna, con le quali abbiamo avuto la positiva esperienza della buona diffusione del nostro Enchiridion, che è giunto rapidamente alla sua seconda edizione.

È stata di grande soddisfazione l’approvazione della Congregazione per la dottrina della fede, che ha appoggiato pienamente i nostri propositi. Il presente testo, curato da competenti professionisti, raccoglie i contributi ricevuti in un unico volume, realizzato secondo criteri tecnici e lessicografici, quali l’ordine alfabetico dei termini, una sintetica introduzione al contenuto di ciascun articolo (opportunamente differenziato dal corpo di quest’ultimo mediante un differente carattere tipografico) e un breve profilo biografico di ognuno dei redattori.
Speriamo che questo Lexicon possa rappresentare uno strumento utile per la nobile e urgente causa della famiglia e della vita. Siamo consapevoli che il campo delle equivocità è grande e forse una prossima edizione potrebbe essere arricchita con nuove voci. In questo sforzo di chiarire le ambiguità attraverso una ricerca approfondita della verità, guidati dalla ragione e illuminati dalla fede, in totale obbedienza al magistero, il lettore troverà, come speriamo, i contenuti genuini e gli obiettivi che fanno parte della proclamazione del vangelo "sine glossa".

Festa dell’Immacolata Concezione, 8 dicembre 2002

ALFONSO Card. LÓPEZ TRUJILLO

NOTE

1) Messaggio di Sua Santità Giovanni Paolo II per la celebrazione della Giornata mondiale della pace, 1 gennaio 1999.
2) Cfr su questo aspetto A. Lobato, Homo loquens, Uomo e linguaggio, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1989.
3) G.W.F. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia, vol. 1, La Nuova Italia, Firenze 1998, 61.
4) Per Heidegger, nel suo linguaggio complicato e nel suo interessante pensiero, l’uomo è "pastore dell’essere"; la verità non è la conformità del giudizio con l’essere, ma un modo di rivelarsi della realtà (è la a-lethe-ia) che non si occulta e che ha nel linguaggio "la mansione dell’essere". La verità è uno svelarsi. Attentano contro l’autenticità di questo svelarsi la chiacchiera, la curiosità e l’equivoco (cfr M. Heidegger, Tempo ed essere, Fratelli Bocca Editori, Milano-Roma 1953, 174-179).
5) Lettera alle famiglie Gratissimam sane, 20.
6) Gratissimam sane, 20.
7) Gratissimam sane, 5.
8) Gratissimam sane, 14.
9) Gratissimam sane, 13.
10) Enciclica Evangelium vitae, 11.
11) "Allocuzione durante la visita ad limina dei Vescovi della Regione est II della Conferenza nazionale dei Vescovi del Brasile", in L’Osservatore Romano, 17 novembre 2002.
12) T. Mann, Lettera sul matrimonio.
13) Cfr L. Roussel, La famille incertaine, Éd. Odile Jacob, Paris 1989.
14) Enciclica Populorum progressio, 47.
15) Cfr Lettera del Papa Giovanni Paolo II ai capi di Stato, in L’Osservatore Romano, 15 aprile 1994, 1; cfr "Messaggio del Santo Padre alla sig.ra Nafis Sadik, Segretario generale della Conferenza internazionale su popolazione e sviluppo", in L’Osservatore Romano, 19 marzo 1994, 7.
16) Esortazione apostolica Familiaris consortio, 86