Il sangue dell’agnello

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\"\"Rodolfo Casadei, Il sangue dell\’agnello, Ed. Guerini e Associati 2008, 17,50 € , pag. 206

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Dove la croce è straniera
Introduzione al libro "Il sangue dell\’agnello" di Rodolfo Casadei
di Magdi Cristiano Allam

Pubblichiamo ampi stralci dell’introduzione firmata da Magdi Cristiano Allam al libro Il sangue dell’agnello di Rodolfo Casadei. Il volume, presentato al Meeting di Rimini, uscirà a settembre per l’editore Guerini.

Viviamo in un mondo in cui ci vuole coraggio per essere se stessi. Ci vuole coraggio per esprimere liberamente il proprio pensiero tramite la parola, la scrittura e l’azione. Ci vuole coraggio per manifestare pienamente la propria fede, tramite la preghiera individuale, il culto collettivo e la testimonianza personale. Viviamo in un mondo in cui ahimè si viene perseguitati, condannati a morte e massacrati semplicemente perché si esprime liberamente il proprio pensiero e si manifesta pienamente la propria fede. Noi, che viviamo nell’area del Mediterraneo, in questo angolo della Terra che il Signore ha voluto erigere a culla delle grandi civiltà umane e delle grandi religioni monoteiste, prendiamo atto che oggi chi perseguita, condanna a morte e massacra lo fa nel nome dell’islam e di Maometto: di un dio manicheo, impietoso e vendicativo, di un profeta guerriero, tiranno e carnefice. Così come prendiamo atto che le vittime di una ideologia di odio, violenza e morte eretta a religione globalizzata sono principalmente i cristiani, gli ebrei e gli stessi musulmani che non si sottomettono in tutto e per tutto all’arbitrio di chi si è autoproclamato l’incarnazione dell’unico “vero islam”. Si stima che nell’insieme del Medio Oriente dalla fine della seconda guerra mondiale si sia verificato un esodo massiccio di almeno un milione di ebrei, dieci milioni di cristiani e un numero ancora maggiore di musulmani. Sono dati che attestano che c’è una guerra in atto tra il nichilismo di quanti violano la sacralità della vita elevando la morte a valore supremo da perseguire immaginando che il suicidio-omicidio spalanchi loro la porta del Paradiso islamico, e quanti difendono il proprio diritto alla vita. (…) La tragedia nella tragedia è che i carnefici sono musulmani e la gran parte delle vittime sono anch’esse musulmani.
Ciò ci deve certamente indurre a distinguere tra l’islam, come religione, e i musulmani come persone. A prendere atto del fatto che, da un lato, ci sono dei versetti coranici che al di là di qualsiasi interpretazione e dei fatti commessi da Maometto che al di là di qualsiasi dubbio sono legittimanti di un’ideologia di odio, violenza e morte. Ma, al tempo stesso, dobbiamo essere consapevoli che con i musulmani come persone si può e si deve dialogare, si può e si deve operare per costruire insieme una comune civiltà dell’uomo, a condizione che in partenza si condividano quei diritti e quei valori che non possono essere violati né negoziati in quanto sostanziano l’essenza della nostra umanità. (…)
Ebbene ciò oggi in Medio Oriente non è possibile. I cristiani sono sempre più nel mirino degli integralisti, degli estremisti e dei terroristi islamici. (…) La loro vita è minacciata, le donne vengono stuprate e costrette a sposare dei musulmani, le chiese vengono assaltate, profanate e date alle fiamme, le loro proprietà vengono requisite o distrutte. Tutto ciò per costringerli con la forza a convertirsi all’islam. (…) Ci vuole coraggio per essere cristiani e ci vuole coraggio per testimoniare la propria solidarietà ai fedeli in Gesù denunciando la loro persecuzione. Rodolfo Casadei è un testimone di fede che ha il coraggio di affermare la verità e ha la capacità, tramite la sua esposizione obiettiva, sincera ed appassionata, di comunicarci la corretta rappresentazione della realtà e di sensibilizzare la nostra coscienza sui temi che sono il cardine della nostra umanità.

Un testimone appassionato
È andato personalmente a vedere e a sentire i cristiani in difficoltà e che subiscono ogni forma di vessazione in Turchia, Giordania, Siria, Libano e soprattutto in Iraq, la terra più martoriata dal terrorismo islamico che ha individuato nei cristiani la minoranza da sottomettere con la forza all’arbitrio dell’islam. Ci offre una documentazione giornalisticamente ineccepibile ma che è tutt’altro che neutra, decisamente schierata dalla parte di chi soffre e viene perseguitato per il solo fatto di essere cristiano. È quel giornalismo responsabile ed etico che è diventato sempre più raro in un Occidente soggiogato da un sistema mediatico all’insegna della mistificazione della realtà, del sensazionalismo e dello scandalismo a tutti i costi pur di vendere il proprio prodotto, ammalato di relativismo che lo porta a mettere tutto e il contrario di tutto sullo stesso piano, succube dell’islamicamente corretto che lo induce ad autocensurarsi per non dire nulla che possa urtare la suscettibilità dei musulmani.
Questo quadro d’insieme ci fa comprendere come l’impegno principale che abbiamo di fronte è quello di riscattare, in primo luogo dentro casa nostra, quei valori e quell’identità occidentale che hanno storicamente il loro radicamento profondo nella fede e nella cultura giudaico-cristiana, prima ancora di immaginare di poter essere credibili e rispettati come modello di civiltà altrove nel mondo. Perché se noi non siamo forti dentro, forti della nostra fede, dei nostri valori e dei nostri ideali, non potremo mai instaurare un dialogo autentico e un rapporto costruttivo con gli altri. (…) Viviamo purtroppo in un contesto in cui, perfino all’interno stesso dell’Occidente, la libertà religiosa non è del tutto garantita e rispettata. Perché mentre se un occidentale si converte all’islam non gli succede assolutamente nulla, nessuno si sognerebbe mai di rimproverarlo e meno che mai di minacciarlo, se all’opposto un musulmano residente in Occidente si converte al cristianesimo, contro di lui si scatena una guerra. Fatta di condanne a morte per apostasia da parte dei musulmani, ma anche di critiche da parte dei non musulmani che arrivano a immaginare che quella conversione sia di per sé una provocazione e la condannano per paura delle conseguenze che potrebbero ritorcersi contro se stessi. Si comprende bene che se non si è liberi di professare la propria fede cristiana in terra cristiana, diventa estremamente arduo salvaguardare la libertà di fede dei cristiani nei paesi a maggioranza islamica. (…)

da Tempi.it 01 Settembre 2008