Il pontefice denuncia il laicismo dei socialisti spagnoli

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Nelle parole del Pontefice riferimenti impliciti ad alcune scelte del governo Zapatero, o alle intenzioni manifestate in campo etico e sociale

«Con il laicismo a rischio in Spagna la libertà religiosa»


Appello ai cattolici perché rendano «una testimonianza pubblica e credibile». Alcuni ambiti di impegno: rispetto della vita in tutte le sue fasi, educazione religiosa dei figli, tutela del matrimonio e della famiglia, difesa del nome di Dio e del valore umano e sociale del cristianesimo


Da Roma Mimmo Muolo


C’è una nuova ideologia che attenta alla libertà religiosa. E si chiama laicismo. Lo ha detto ieri a chiare lettere il Papa, parlando a un gruppo di vescovi spagnoli, guidati dall’arcivescovo di Madrid, cardinale Antonio Maria Rouco Varela, ricevuti in visita ad limina. Parlando dell’attuale situazione della Spagna – «Paese dalle profonde radici cristiane» – , Giovanni Paolo II ha infatti sottolineato: «Nell’ambito sociale si sta diffondendo una mentalità ispirata al laicismo, ideologia che porta gradualmente, in modo più o meno consapevole, alla restrizione della libertà religiosa fino a promuovere il disprezzo o l’ignoranza dell’ambito religioso, relegando la fede alla sfera privata e opponendosi alla sua espressione pubblica». Perciò il Papa ha aggiunto: «Un corretto concetto di libertà religiosa non è compatibile con questa ideologia che a volte viene presentata come l’unica voce della razionalità. Non si può limitare la libertà religiosa – ha ammonito ancora il Pontefice – senza privare l’uomo di qualcosa di fondamentale».
A che cosa si riferisce il discorso pronunciato ieri da Giovanni Paolo II, è fin troppo chiaro. Sono note, infatti, le preoccupazioni più volte espresse dalla Chiesa spagnola in merito alle riforme che la sinistra ora al governo nel Paese iberico intende introdurre in diverse materie. E non a caso Papa Wojtyla, invitando i cattolici, «sostenuti dai loro vescovi», a rendere «una testimonianza pubblica e credibile», ha indicato alcuni ambiti prioritari di impegno: «Rispetto effettivo della vita, in tutte le sue fasi, educazione religiosa dei figli, tutela del matrimonio e della famiglia, difesa del nome di Dio e del valore umano e sociale della religione cristiana».
In particolare il Pontefice si è soffermato sul «diritto» della gioventù a «essere educata nella fede» fin dall’inizio del processo formativo. Un’educazione che «non può prescindere – ha detto – dall’insegnamento religioso anche nella scuola, quando lo richiedo no i genitori, con una valutazione accademica conforme alla sua importanza». Chiaro anche in questo caso il riferimento alla proposta di non far entrare più nella media finale il voto in religione. «I poteri pubblici – ricorda invece il Papa – hanno il dovere di garantire questo diritto dei genitori e di assicurare le condizioni reali del suo effettivo esercizio, come viene detto negli Accordi Parziali fra la Spagna e la Santa Sede del 1979, ancora in vigore». Sottolineatura, quest’ultima, che suona come severo richiamo all’indirizzo del governo Zapatero.
Più in generale Giovanni Paolo II ha voluto ricordare che «le profonde radici cristiane della Spagna non possono essere estirpate, anzi devono continuare ad alimentare la crescita armoniosa della società». Un messaggio rivolto soprattutto ai fedeli laici, ai quali in definitiva il Papa ha affidato il compito, insieme con i vescovi, di «non cedere alla tentazione di cancellare quella fede cattolica che ha lasciato segni profondi nella vita e nella cultura degli spagnoli».


Avvenire 25-1-2005


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Il laicismo ideologia paralizzante



Elio Maraone


«Non si può mortificare la libertà religiosa senza privare l’uomo di qualcosa di fondamentale». Rivolgendosi ai vescovi spagnoli convenuti a Roma per la visita ad limina apostolorum, il Papa insiste nel suo personalissimo magistero, che anche quando si rivolge, con toni e argomenti ben soppesati, a una realtà particolare, non perde di vista lo sfondo più vasto, il quadro generale. Di recente, oggetto di vibrante attenzione del Pastore sono state l’Olanda dell’eutanasia e l’Unione europea dimentica – nel Trattato costituzionale – delle sue autentiche, irrinunciabili fondamenta cristiane. Oggi è in primo piano la Spagna di Zapatero, dove la stessa libertà religiosa, in prospettiva, appare in pericolo.
Quasi paradossalmente, la nazione che fu cattolica per antonomasia rischia di diventare la protagonista, o comunque una delle protagoniste, della deriva materialista, in ogni caso relativista sotto il profilo morale, che vuol sedurre – minacciandolo nel suo intimo – il Vecchio Continente. Soltanto due anni fa, ricorda Giovanni Paolo II, nel corso della sua ultima visita pastorale egli poteva riferirsi pur tra qualche preoccupazione alle «vive radici cristiane della Spagna», nutrici della «crescita armoniosa della società». E questo lungo «un glorioso percorso» storico «di generosità e sacrificio, di forte spiritualità e di altruismo». Oggi purtroppo e a un ritmo sorprendentemente serrato «nell’àmbito sociale si va diffondendo una mentalità ispirata al laicismo, ideologia che punta gradualmente, in forma più o meno cosciente, a restringere la libertà religiosa, sino a promuovere un disprezzo o una ignoranza del religioso, relegando la fede nella sfera del privato e opponendosi alla sua espressione pubblica».
Si tratta, è evidente, di un gr ido di allarme che si tinge di dolore, perché, nella valutazione del Papa, è come se il laicismo (definito «ideologia», con tutto il peso che ha la parola) si sostituisse ad altre ideologie di cui la Spagna e l’Europa, in decenni non lontani, hanno fatto triste esperienza. Non siamo (non siamo ancora?) alla repressione e al confinamento tassativo, per legge, dell’espressione e della pratica religiose nella sfera privata, anche perché, osserva il Papa, è assai difficile immaginare che si possa ridurre del tutto al silenzio una fede, quella cattolica, che tanto profondamente ha segnato la storia del Paese. Tuttavia, se la sua cancellazione risulta impossibile, non si può escludere – se non si vigila, se non si corre ai ripari – la progressiva riduzione della pratica religiosa ad uno stato marginale, per così dire catacombale.
Giovanni Paolo II, nel suo accorato discorso ai vescovi spagnoli, ricorda la necessità di un giusto e puntuale rispetto, da parte del governo Zapatero, degli Accordi Parziali (1979, e tuttora in vigore) fra Spagna e Santa Sede, specialmente per quanto attiene al diritto dei giovani di «essere educati nella fede sin dall’inizio del loro processo formativo». Le spinte contrarie a questo e altri momenti di piena libertà non fanno parte, annota il Papa con una punta di amarezza, della «più nobile tradizione spagnola». Quale sia la meno nobile – della Spagna come, per estensione, dell’intera Europa contemporanea – il Papa apertamente non dice. Ma gli basta osservare che un giusto concetto di libertà «non è compatibile con l’ideologia» laicista «che a volte si presenta come unica voce della razionalità». Voce di torbida sirena, specie per i giovani parallelamente «esposti alla tentazione del permissivismo morale»


Avvenire 25-1-2005


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Madrid replica alle critiche del Vaticano


Il governo di Zapatero al Papa «La fede non è affare di Stato»


DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MADRID – Il governo spagnolo reagisce alle severe parole del Papa contro le riforme laiche e invita la Chiesa cattolica alla non ingerenza negli affari di Stato. José Bono, ministro della Difesa e cattolico praticante, ha dichiarato che il governo socialista non è la causa del laicismo nella Spagna di oggi e ha invitato la Chiesa cattolica a fare autocritica sulle sue posizioni riguardo a roblemi come l’uso del preservativo o l’omosessualità. «La fede non è una questione che appartiene allo Stato e non si può incolpare quest’ultimo di essere la causa del laicismo – ha detto il ministro in una intervista a Tve , la rete televisiva pubblica -. Alcune gerarchie della Chiesa cattolica dovrebbero pensare che i loro atteggiamenti, eccessivamente antiquati, fanno sì che la gente si allontani dalle chiese». Nella sua mente era ben presente, pronunciando queste parole, il risultato del recentissimo rapporto, da cui emerge che soltanto il 14 per cento dei giovani spagnoli va regolarmente a messa. Nel 2000 la percentuale era il doppio. Dopo avere letto il rapporto, il cardinale di Madrid e presidente della Conferenza Episcopale Rouco Varela ha detto che gli spagnoli «peccano in modo massiccio» e che comincia a essere una realtà «l’apostasia silenziosa».
Il compito di rispondere alle dure dichiarazioni del Papa contro la politica del governo di José Luis Rodriguez Zapatero, accusato di promuovere «il disprezzo verso ciò che è religioso» e «una mentalità ispirata al laicismo», è ricaduto in primo luogo su Bono, un personaggio peculiare, non alieno alla demagogia, uomo dalla lingua pronta e dalla voglia di protagonismo. La sua condizione di cattolico praticante, palesata in ogni occasione, gli ha offerto l’ imprimatur per esternare la reazione di un governo colpito dalle parole del Papa, ma non lo ha frenato nelle critiche. Dopo avere manifestato il suo rispetto per la persona di Giovanni Paolo II, da lui considerato un «referente morale», Bono ha sostenuto di essere «radicalmente contrario» alle critiche papali ritenute ingiuste, poiché «in Europa non c’è nessun Paese che tratti la Chiesa meglio di quanto la tratti il governo di Spagna, nell’adempimento degli accordi bilaterali» una allusione al finanziamento della Chiesa cattolica e all’insegnamento religioso, punti caldi nella controversia. E per quanto riguarda le critiche della Chiesa al matrimonio gay e all’uso del preservativo, si è chiesto perché la Chiesa è «in permanenza obnubilata dal sesso» mentre, a suo giudizio, «Cristo si preoccuperebbe oggi più per i 25 mila bambini che muoiono di fame ogni giorno o a causa delle guerre. Credo che Cristo si schiererebbe al fianco della gente pacifica».
Le parole del Papa hanno suscitato naturalmente ampia eco nei media spagnoli. Fra i giornali vicini al governo socialista particolarmente critico è il Periodico , giornale catalano che in un lungo articolo ha agitato lo spauracchio di un ritorno del «nazionalcattolicesimo». «Nazionalcattolico» era definito il regime di Francisco Franco, che aveva trasformato la Spagna in una miscela di caserma e di monastero, riconoscendo alla Chiesa un ruolo dominante.
Secondo l’opinionista, la mobilitazione dei cattolici contro la politica del governo, stimolata dai commenti della gerarchia cattolica contro «il fondamentalismo laico» e contro «le aggressioni governative», ha ora la benedizione del Papa. E questa benedizione può avere un effetto destabilizzante. E’ una analisi forse esagerata, ma è interessante notare che anche giornali non vicini al partito socialista non hanno elogiato le parole di Giovanni Paolo II. El Mundo ha sottolineato che quella del Papa sulla Spagna «è una diagnosi troppo severa». «Non si può – ha scritto – imputare a Zapatero e ai suoi ministri un processo di secolarizzazione comune a tutti i Paesi sviluppati che ci circondano».


Mino Vignolo –


CorSera 26-1-2005