Il motu proprio “Summorum Pontificum” un anno dopo (1)

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ZI08070803 – 08/07/2008
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Il motu proprio “Summorum Pontificum” un anno dopo (I)

Padre John Zuhlsdorf ne analizza gli effetti

di Annamarie Adkins

MINNEAPOLIS (Stati Uniti), martedì, 8 luglio 2008 (ZENIT.org).- Il motu proprio di Benedetto XVI “Summorum Pontificum” sulla forma tradizionale della Messa ha suscitato un aumento dell’interesse nei confronti della liturgia in latino, soprattutto tra i sacerdoti, afferma un esperto di traduzioni liturgiche.

Padre John Zuhlsdorf, ex officiale della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, è un’autorità delle traduzioni liturgiche e del Messale del 1962. Scrive anche l’editoriale “What Does the Prayer Really Say?” (“Cosa dice realmente la preghiera?”) sul quotidiano The Wanderer ed è autore di un popolare blog con lo stesso nome.

Nella prima parte di questa intervista rilasciata a ZENIT, il sacerdote parla del nuovo interesse per la Messa in latino e delle varie questioni sollevate dal motu proprio

C’è stata una grande richiesta della Messa tradizionale in latino dopo il motu proprio “Summorum Pontificum”?

Padre Zuhlsdorf: Sì e no. Non abbiamo visto orde di fedeli battere alla porta dei rettorati per chiedere la Messa in latino, ma c’è stato un costante aumento delle parrocchie in cui la Messa tradizionale in latino viene ora celebrata regolarmente.

Le gocce stanno formando un ruscello.

All’inizio c’erano aspettative non realistiche. Molti di coloro che sostengono la Messa nel vecchio stile erano troppo ottimisti. Gli oppositori, spesso in posizioni di potere, hanno provato a fermare l’ondata parlando in modo molto negativo non solo della vecchia Messa, ma anche della gente che la desidera.

Molti Vescovi diocesani, incredibilmente, hanno posto ostacoli irragionevoli ai provvedimenti che il Santo Padre aveva generosamente promulgato. Questa resistenza si sta ora sgretolando sotto l’esame della gente e la pressione della Santa Sede.

L’altro fattore importante è che molti giovani sacerdoti vogliono imparare la Messa tradizionale in latino. Ad esempio, so che più di 1.000 sacerdoti hanno richiesto il nuovo DVD realizzato dalla Fraternità di San Pietro insieme a EWTN [Eternal World Television Network, ndt].

Molti sacerdoti stanno frequentando laboratori di formazione a Chicago e in Nebraska, a Oxford (Inghilterra) e in altri luoghi, dovunque siano proposti. Non appena i sacerdoti impareranno questa forma della Messa, inizieranno a implementarla nelle parrocchie.

Il Cardinale Darío Castrillón Hoyos, l’uomo di fiducia di Benedetto XVI nelle questioni di questo tipo, ha affermato che il Santo Padre spera che questa Messa verrà ampiamente offerta, anche se non è stata richiesta dai fedeli.

Si dice che la Pontificia Commissione Ecclesia Dei stia preparando un documento per chiarire alcune ambiguità relative all’implementazione del “Summorum Pontificum”. Quali sono state finora le maggiori difficoltà che questo documento potrebbe affrontare?

Padre Zuhlsdorf: Il documento probabilmente chiarirà certi termini del motu proprio usati da alcuni Vescovi e sacerdoti diocesani per fermare ciò che il Santo Padre sta cercando di fare.

Ad esempio, il Summorum Pontificum”afferma che i sacerdoti devono essere idonei, capaci e competenti a dire Messa nel vecchio stile. Idoneo, un termine tecnico, si riferisce ai requisiti minimi per la competenza, non alla perizia.

Il Cardinale Edward Egan di New York, noto canonista, ha affermato giustamente che idoneo, per quanto riguarda il latino, significa che il sacerdote deve saper pronunciare le parole in modo adeguato. E’ il minimo.

Ovviamente speriamo che ci sia più di questo, ma alcuni Vescovi stanno sottoponendo i sacerdoti a esami in latino prima di stabilire se possono esercitare il diritto di dire Messa usando il Messale Romano del 1962, o anche in latino con il Novus Ordo, cioè la Messa nel proprio rito, come sacerdote della Chiesa latina.

Un’altra questione è quanto debba essere numeroso un gruppo che richiede la Messa nel vecchio stile prima che il parroco debba accogliere la loro richiesta. Questa e altre questioni appartengono all’interpretazione del motu proprio.

Sono emerse anche questioni pratiche. Ad esempio, la Santa Sede dovrebbe dare delle direttive sul rapporto tra i due calendari liturgici. Penso che la Santa Sede dovrebbe emettere un ordo per la Messa tradizionale, un opuscolo annuale indicando quale Messa debba essere detta ogni giorno.

Potrebbero essere utili anche delle chiarificazioni sullo stile dei paramenti da usare, o sul tipo di musica. Ci sono questioni relative alla Comunione in mano o alle chierichette, su come si inseriscono nello spirito della Messa preconciliare.

Dovrebbero essere chiariti inoltre dettagli minori, come il cosiddetto secondo Confiteor prima della Comunione o alcune tradizioni precedenti al Messale del 1962 desiderate dai fedeli.

Questo documento, e le sue autorevoli risposte, aiuteranno a rendere l’implementazione del “Summorum Pontificum” ordinata e serena.

Lei ha affermato che il “Summorum Pontificum” è la base del “Piano Marshall” di Benedetto XVI per la Chiesa, ma la definizione “Piano Marshall” implica la ricostruzione dalle fondamenta. Può descrivere questo piano e il ruolo che crede abbia in esso la Messa tradizionale in latino?

Padre Zuhlsdorf: Per quanto possano essere utili, le analogie zoppicano un po’. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti hanno ricostruito l’Europa devastata dalla guerra sia per ragioni umanitarie che per avere partner commerciali e un forte baluardo contro il comunismo.

Dopo il Concilio Vaticano II molte sfere della Chiesa sono state devastate e sconvolte dal dissenso interno, con una perdita di continuità con la nostra tradizione, e dall’erosione da parte del secolarismo e del relativismo del mondo moderno prevalente.

Il Cardinale Joseph Ratzinger si è preoccupato per anni della perdita dell’identità cristiana, che è alla base della civiltà occidentale. Ora credo che Papa Ratzinger stia lavorando per rinvigorire la nostra identità cattolica, all’interno della Chiesa stessa tra i suoi membri e le sue sfere d’azione, perché possiamo resistere alle influenze negative del secolarismo e del relativismo.

Solo con un’identità solida possiamo, come cattolici, avere qualcosa di positivo e salutare da offrire al mondo, una voce chiara per dare importanti contributi nella sfera pubblica.

La nostra identità come cattolici è indissolubilmente legata al modo in cui preghiamo come Chiesa. Per dare forma e forza alla nostra identità cattolica in questi tempi difficili, abbiamo bisogno di un autentico rinnovamento liturgico che ci riporti alla nostra tradizione, mantenendoci in continuità con le profonde radici della nostra bimillenaria esperienza cristiana.

Contrariamente a quanto sostengono i più progressisti, “la cosa cattolica” non è iniziata negli anni Sessanta. Benedetto XVI ci sta guidando verso una visione più salutare della dottrina della Chiesa, della storia, dell’adorazione pubblica e della nostra identità come cristiani. Non ci può essere vero cambiamento in vista di un futuro migliore senza continuità con il nostro passato. La liturgia è la punta della lancia.

Traduzione dall’inglese di Roberta Sciamplicotti

[Mercoledì, la seconda parte dell’intervista]