(Il Tempo) Affrontare la morte con dignità e l’amore dei cari

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“Per gli omosessuali il figlio è un gioco”

Di Paolo Luigi Rodari

 

Il 70enne cardinale Alfonso Lopez Trujillo è a capo del Pontificio Consiglio per la Famiglia, un ufficio del Vaticano che si occupa di tutte le politiche in difesa della famiglia e della vita umana. Lo incontriamo nei suoi uffici a Trastevere, a pochi passi da piazza Farnese dove, qualche giorno fa, si è svolta la manifestazione promossa dai radicali e dai socialisti in favore dei Pacs. Ecco le sue parole, forti, circa eutanasia, coppie di fatto, e famiglia.

Eminenza, prima di parlare dei Pacs, parliamo di eutanasia e dell’ultima proposta della Rosa nel Pugno di legalizzare l’eutanasia e di estenderla, nel caso essa sia passiva (e si applichi cioè con la sola sospensione di cure e farmaci) anche ai minori. Cosa ne pensa?
«Innanzitutto preferirei affrontare il problema più in generale e dire che i malati non desiderano morire ma semmai essere aiutati nella loro sofferenza, nella loro condizione di dolore. Essi cioè desiderano amore, cure, desiderano non sentirsi soli. Fino a qualche anno fa era normale che un malato terminale fosse assistito sino alla morte. Oggi non è più così. Oggi la famiglia non assiste più il malato che sta per morire e così egli è costretto a vivere i dolorosi attimi che precedono la sua morte in totale isolamento. Tolto dalla famiglia, agonizzante, in fin di vita, il malato terminale muore oggi fuori dal focolare domestico. Questo è un segno di come oggi la morte non sia più un momento da vivere dignitosamente, “da cristiani” si diceva un tempo, ma sia un momento da affrontare di fatto nella desolazione».
È questa situazione che spinge alcune persone a chiedere la legalizzazione dell’eutanasia? È per eludere questa situazione desolante?
«Coloro che sono a favore dell’eutanasia cercano di produrre un sentimento di compassione che induca a credere che sia un bene far morire uno che soffre, che sia meglio per lui. Ma non capiscono che la morte artificiale non è una morte degna ma è un fuggire da un momento difficile. L’eutanasia è un approfittarsi del dolore di chi è malato. Ecco perché dico che è importante la famiglia, che deve rimanere vicina a chi sta morendo. Vorrei fare un esempio».
Prego…
«Io ho avuto mia mamma che è morta a 44 anni di cancro. È stata operata due volte negli Stati Uniti. Ha subito vari cicli di chemioterapia e tantissime trasfusioni di sangue. È morta con dolori atroci, ma è morta degnamente perché aveva accanto la sua famiglia. La morte deve essere accettata e non si può fare come si è fatto l’anno scorso con Terry Schiavo che addirittura le si è tolto il cibo pur di farla morire».
Ma il suo non era un caso di accanimento terapeutico?
«Bisogna distinguere tra accanimento terapeutico e invece il nutrimento naturale di cui ognuno ha diritto e che non si può negare a nessuno».
Eppure sono in tanti oggi a presentare l’eutanasia come appetibile…
«Sono soprattutto i mezzi di comunicazione a dirlo. Ad esempio ricordo un film in questo senso emblematico. Venne girato in Spagna nel 2004, si intitolava “Mar Adentro”. Quello è un caso di come si possa aprioristicamente difendere l’eutanasia senza tener contro del significato profondo e umano della sofferenza dei malati. Comunque, anche a fronte dei ripetuti episodi di eutanasia che si registrano soprattutto in Gran Bretagna, invito a legger il Lexicon redatto dal Pontificio Consiglio che dirigo».
Quanto alla possibilità di estendere l’eutanasia ai minori?
«Ancora peggio. È grave che vi sia una società che accetta a cuor leggero questa situazione. L’uomo non è arbitro, né padrone della vita di nessuno. Non può togliere la vita a nessuno, tanto meno ai minori. Giovanni Paolo II è stato un formidabile esempio di come il dolore, la limitatezza, le sofferenza possano essere accettate con dignità. Lui è un servo di Dio (speriamo presto un santo) e ha dato a tutti una lezione di umanità».
Parliamo di un altro tema caldo degli ultimi mesi. Le coppie di fatto. L’ultima viene dal Parlamento Europeo che ha approvato una Risoluzione che invita ad equiparare le coppie omosessuali a quelle tra uomo e donna e condanna come omofobici gli Stati e le Nazioni che si oppongano a questa equiparazione.
«Stato omofobico? È una visione senza fondamento perché non tiene conto di come l’uomo è naturalmente fatto. Si vogliono far passare queste leggi dicendo che altrimenti vi è discriminazione. Ma quale discriminazione? Qui c’è in ballo il rispetto della verità dell’uomo davanti a Dio, della sua struttura psicologica, della sua sessualità, della complementarietà esistente naturalmente tra uomo e donna. È un’ideologia quella che vuole imporre le coppie di fatto come legali. È un’ideologia quella che vuole imporre l’identità sessuale come un fatto non naturale ma assumibile. Vogliono far passare la scelta della sessualità come una conquista scientifica senza che lo sia. Chi propone questo non conosce la scienza. I vescovi della Spagna definiscono le coppie di fatto come una finzione. Una volta la famiglia la si difendeva perché era preesistente allo Stato e portava benessere allo Stato. Oggi non è più così. Non si sanno più riconoscere queste evidenze elementari».
Coloro che richiedono la legalizzazione delle coppie di fatto anche tra omosessuali, potrebbero richiedere anche la possibilità che questi ultimi adottino dei bambini?
«Lo chiederanno certamente. È singolare: non promettono un unione stabile ai figli, ma li vogliono avere comunque. Non è una vera unione fondata su delle promesse, ma vogliono i bambini come se fosse una vera unione. Che rispetto c’è verso il bambino adottato? Il bambino diventa soltanto un giocattolo e serve solo per darsi un po’ di pace e di felicità, ma non conta il suo bene. Il tutto contraddicendo la risoluzione della Nazioni Unite del 1989».
Cosa suggerirebbe di fare?
«Innanzitutto suggerirei di ripensare ad una visione più umana ed integrale della famiglia, in modo da dare speranza al futuro. Bisogna poi invitare i politici a dialogare. A far prevalere il dialogo al positivismo giuridico secondo il quale una legge è buona perché approvata dalla maggioranza».
Benedetto XVI sarà in Spagna il prossimo luglio a difendere la famiglia?
«Ancora non ha detto che verrà ufficialmente. Ma l’invito alle famiglie a recarsi in Spagna è suo e certamente farà di tutto per esserci».

© Il Tempo 21 gennaio 2006


(da www.palazzoapostolico.it)