(GWN) Ogm, i cattolici e lo Zambia

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Green Watch n.3 — gennaio 2003 GWN ­ Continua a destare sgomento la decisione dello Zambia di non accettare
aiuti alimentari che contengono prodotti ogm.
Da mesi la polemica sugli aiuti di mais ogm divide l¹Africa australe, alle
prese con una gravissima crisi alimentare. Solo la Zambia si è mantenuta
ferma sulla propria posizione, rifiutando il mais geneticamente modificato
offerto dagli Stati Uniti.
Nel dibattito sono intervenuti anche i gesuiti zambiani, che hanno
pubblicato uno studio sul problema.
Mondo E Missione, la rivista missionaria del Pontificio Istituto Missioni
Estere (PIME) ha pubblicato nel numero di gennaio due interviste. Una con
Piero Morandini, biologo dell’Università di Milano e l¹altra con Peter
Henriot, direttore del Jesuit Centre for Theological Reflection (Jctr,
Centro dei gesuiti
per la riflessione teologica) di Lusaka.
per i lettori di GWN ne riportiamo le parti salienti.
Peter Henriot sostiene che: «La raccomandazione al governo di rifiutare
l¹offerta degli Stati Uniti è basata sul nostro studio scientifico, il quale
conclude che l¹accettazione di “aiuti” di mais ogm aumenta quello che è già
un chiaro e ben presente pericolo riguardante l¹introduzione di ogm nel
nostro sistema agricolo, con conseguenze sulla capacità dei piccoli
coltivatori di continuare a dare il loro contributo alla sicurezza
alimentare dello Zambia, la distruzione della produttività delle
coltivazioni organiche e la perdita dei mercati europei».
Il padre gesuita teme che con gli ogm l¹Europa non accetti più i prodotti
agricoli dello Zambia e per questo difende le coltivazioni organiche e per
questo ha detto che: «Solo come ultima risorsa consideriamo che
esclusivamente il mais ogm macinato possa essere fatto entrare, anche se
continuiamo ad avere un legittimo dubbio circa la sua sicurezza».
Sulla sicurezza Peter Henriot ammette che: «Non abbiamo approfondito nello
specifico l¹aspetto della sicurezza alimentare, come invece hanno fatto
altri. Operando sul piano del “principio di precauzione”, abbiamo, però,
sollecitato che gli ogm vengano tenuti fuori dal Paese ­ a meno che e fino a
quando le conseguenze sulle nostre infrastrutture agricole non siano
adeguatamente affrontate».
Piero Morandini ha spiegato che: «Il Sud deve fare la scelta che crede più
opportuna. Ma la scelta richiede la possibilità di acquistare la semente e
di coltivare senza vincoli estranei. Saranno i contadini stessi a giudicare.
Dove questa possibilità è stata data, i coltivatori, nei Paesi progrediti
(Usa, Canada’, Spagna..) come nei Paesi meno avanzati (India, CinaS) hanno
subito adottato gli ogm. Quanto alla dipendenza dalle multinazionali, non
dimentichiamo che la produzione mondiale di mais ibrido (la semente
convenzionale usata nei Paesi sviluppati) è già nelle mani delle
multinazionali: solo in Italia, ad esempio, i due terzi del mercato sono in
mano ad una sola multinazionale. Di fatto però nessuno si lamenta per il
semplice motivo che questa semente produce 2,3 o 5 volte più delle varietà
di un tempo. L¹uso di varietà a bassa resa ci costringerebbe a coltivare
ogni angolo di Italia per sfamare bestie e uomini».
In merito all¹impatto ambientale degli ogm, Morandini ha precisato: «La
favola della “contaminazione genetica” e dei catastrofici danni che essa
porterebbe sono frutto di una profonda ignoranza rispetto all¹agricoltura. È
necessario quindi ripetere che le piante coltivate non sono piante
“naturali” nel senso che non crescono spontaneamente, ma hanno sempre
bisogno dell¹uomo, il quale provvede a piantarle, irrigarle, concimarle,
proteggerle dal freddo, dal caldo e da tutti i nemici (insetti, funghi,
batteri, virus, roditoriS) e persino dalle erbacce. Ciò che molti chiamano
biodiversità, spesso è una maledizione per i contadini: chiunque coltivi un
orto sa bene che le piante coltivate sono deboli e non se ne vanno in giro a
contaminare i campi selvatici. Al contrario sono le piante selvatiche che,
se non vengono controllate, fanno crollare la produttività. Un campo
coltivato lasciato a se stesso diventa un campo selvatico, non viceversa!
Gli ogm hanno portato una riduzione nell¹uso dei pesticidi di milioni di
litri. E il motivo per cui milioni di agricoltori anche in paesi poveri
hanno scelto le piante transgeniche era proprio per avere accesso ai
benefici. Chi vuole negare agli agricoltori questa possibilità lo fa per
ignoranza oppure perché teme che venga scoperto il grande imbroglio: gli ogm
non sono il cibo di Frankenstein e neanche delle super-erbacce e quindi chi
sostiene il contrario non è credibile».
Circa la sicurezza alimentare degli ogm, Morandini ha affermato: «Numerosi
studi hanno accertato che gli ogm attualmente in commercio sono altrettanto
sicuri quanto le controparti convenzionali e, in alcuni casi come ad esempio
il mais Bt, più sicuri. A titolo di esempio, la Ue ha pubblicato i risultati
di uno studio eseguito da centri di ricerca pubblici durato diversi anni
(per un costo di 70 milioni di euro) la cui conclusione era appunto che gli
ogm non sono meno sicuri, per quanto riguarda l¹ambiente e la salute umana,
delle varietà normali. Ricordiamoci che l¹agricoltura convenzionale (come la
scienza in generale) non garantisce una sicurezza assoluta, ma solo relativa
e solo in base alle conoscenze scientifiche del momento. Per chi non lo
sapesse le piante convenzionali, o anche quelle dell¹agricoltura biologica
presentano rischi: spesso contengono tossine, ma in genere ad un livello
accettabile. Qualche volta durante il processo di selezione di nuove varietà
capita che il livello delle tossine salga drasticamente, come è capitato per
esempio ad una varietà di patata e ad una di sedano, fino a rappresentare un
pericolo per l¹alimentazione o anche per il contatto prolungato. Accettare
anche per gli ogm un piccolo livello di rischio significa permettere
l¹avanzamento della ricerca, della tecnologia e delle loro possibili
applicazioni. Come dice l¹economista americano Tom De Gregori, “il rischio
più grande oggi è non correre rischi».