(CorSera) Una curiosa proposta per le riforme in Germania

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Germania, proposta di 47 deputati.
«Così le famiglie peseranno di più e penseranno al futuro»
«Un bambino, un voto. E’ la via per le riforme»
di PAOLO VALENTINO



BERLINO – Saranno i bambini a fare le riforme, salvando le società europee dalla bancarotta e dalla paralisi da invecchiamento? In Germania e in Austria è già qualcosa di più di un’opinione dal sicuro effetto mediatico. Per nulla imbarazzati che l’idea venisse già coltivata dal pensiero fascista negli anni Trenta, 47 deputati tedeschi, di tutte le forze politiche, hanno depositato al Bundestag una mozione che propone di modificare la Costituzione e concedere il diritto di voto sin dalla nascita. Il lettore ha capito bene. Propongono di portare alle estreme conseguenze il suffragio universale, in nome del principio «un bambino, un voto». Solo così, sono convinti, si potrà contrastare la tendenza di una popolazione che invecchia, a opporsi a ogni ridimensionamento dei privilegi e delle generose elargizioni dei sistemi di sicurezza sociale. Fino al raggiungimento della maggiore età, sarebbero naturalmente i genitori a disporre del voto dei pargoli, che andrebbe comunque a compensare il peso di quello delle generazioni più anziane. Padri e mamme con figli, è questo l’assunto di fondo, penserebbero di più all’avvenire della prole, che non alla difesa dello status quo.
La mozione ha già ricevuto appoggi importanti: si sono espressi in suo favore il presidente socialdemocratico del Bundestag, Wolfgang Thierse; la sua vice, l’ecologista Antje Vollmer; l’ex presidente della Repubblica, il cristiano-democratico Roman Herzog e perfino la signora Renate Schmidt, ministro socialdemocratico della Famiglia.
«È assurdo che un quinto della popolazione sia escluso dal voto», spiega il deputato liberale Klaus Haupt, fra i promotori dell’iniziativa. Il diritto di voto ai bambini è stato scelto come causa dell’anno dall’Associazione tedesca della famiglia, che chiede l’avvio di progetti pilota nelle elezioni locali. Di più, un’eccezione di costituzionalità, sull’esclusione dei bambini dai diritto di voto, è stata sollevata a nome di otto minori tedeschi, davanti alla Corte Suprema di Karlsruhe, dall’avvocato Kurt-Peter Merk, secondo il quale «i piccoli sono cittadini di seconda classe, mentre noi ci preoccupiamo soltanto di preservare l’alto livello di vita dei nostri pensionati».
Se il progetto passasse, le liste elettorali tedesche crescerebbero di circa 16 milioni di potenziali votanti. Una massa, in grado di far saltare tutti gli equilibri politici tradizionali. Ma anche, così dicono i fautori, l’unica possibilità di riponderare le varie fasce d’elettorato, evitando una guerra fra le generazioni, che prima o poi esploderebbe in un Paese dove, nel 2030, un terzo della popolazione avrà più di 60 anni. Già alle prossime elezioni federali, nel 2006, il 60 per cento dell’elettorato sarà ultracinquantenne.
Un dato, quest’ultimo, ben presente nella testa del cancelliere Gerhard Schröder, che, proprio in queste settimane, sperimenta di persona le resistenze dell’opinione pubblica ai suoi progetti di riduzione della spesa pensionistica. «Come si possono far passare le riforme contro 20 milioni di pensionati?», chiede l’avvocato Merk.
L’idea di dare ai bambini maggior influenza sulle decisioni politiche fa proseliti anche in Austria. «
Kinderwahlrecht jetz! », diritto di voto ai bambini subito, è il nome della piattaforma che vede riuniti militanti del partito popolare (OeVp) e della FPoe di Jörg Haider, con alcune organizzazioni cattoliche della famiglia. L’iniziativa è stata definita interessante dal cancelliere Schüssel e dal ministro dell’Economia, Martin Bartenstein, per inciso padre di sei figli. Il declino demografico angoscia anche la società austriaca, al punto che un deputato nazional-liberale ha proposto di tassare pesantemente ogni contraccettivo.
Ma è in Germania, che il progetto «un voto, un bambino» appare allo stadio più avanzato. E provoca anche perplesse reazioni, politiche e pratiche. «Gli adulti tengono già conto delle generazioni future al momento di votare», osserva scettico Karl-Rudolph Korte, politologo a Duisburg. Più terra terra, sono in molti a chiedersi cosa succederebbe, per esempio, se padre e madre non si trovassero d’accordo su come usare i voti dei figli. Li dividerebbero? E se avessero un solo bambino? In ogni caso, se l’idea passasse, varrebbe il vecchio detto di Flaiano, secondo il quale, «i giovani hanno quasi tutti il coraggio delle opinioni altrui». Ma questa volta, poverini, nessuno glielo avrebbe chiesto.

Corriere della Sera 26-11-2003