(CorSera) Perchè non bisogna cambiare la legge 40

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CorSera 12 aprile 2005







Il dibattito sulla fecondazione assistita

Diritti dell’Uomo? Cominciano dall’embrione






Caro direttore, Giuliano Amato e Giorgio Tonini sono due persone serie. Uno è laico, ma sensibile alle questioni di coscienza poste dai cattolici e dai laici non laicisti, non dogmatici, cioè da noi. L’altro è cattolico, ma sensibile alle questioni poste alla sua visione delle cose dalla società secolare, dai suoi comportamenti concreti, e dai riflessi che la legislazione intorno a questioni di coscienza e di cultura (e perfino di fede) possono avere sulla condizione delle donne, delle famiglie, della scienza medica. Sono due sconfitti che non mollano la ricerca di un compromesso che appare, forse non èma appare, fuori tempo massimo. Ci piacciono anche per questo.

Sull’aborto, per esempio, la pensano come noi, e come noi sono usciti sconfitti, almeno parzialmente, dalla pratica ormai trentennale dell’aborto legalizzato. È una pratica disumana, l’aborto, ma una legge che la regoli, che impedisca l’aborto clandestino, che affermi un drammatico primato della donna nella gestione della maternità, è divenuta assolutamente necessaria. La sconfitta è nelle cifre: la legalizzazione poteva essere uno strumento provvisorio di salvezza dalla dannazione della clandestinità, e dei suoi alti costi umani, e invece è diventata uno strumento barbarico di politica anticoncezionale.

Ciò che era un peccato contro l’umanità, dove «peccato» è in questo caso unione perfetta di significati morali laici e fideistici, ora è pratica ambulatoriale libera affidata alla sola volontà del soggetto, senza limiti e dunque senza alcuna spinta culturale a superare il suo costo. Molti milioni di esseri umani formati sono da tre decenni uccisi e scartati per le più varie ragioni, ma sempre e tutte legate, salvo quelle strettamente terapeutiche, al desiderio e alla volontà sovrana dell’individuo formato, accettato, ratificato come essere sociale, e forte del suo diritto-potere, nell’indifferenza verso l’individuo debole, senza difese naturali o legali.

Un progetto di mediazione/1. Giuliano Amato e Giorgio Tonini, parlamentari del centrosinistra, collaborano da tempo al progetto di una mediazione sulla fecondazione assistita, per adesso sconfitto dalla legge 40 e dal referendum che ne vuole abrogare le parti sostanziali. Vorrebbero comprendere alcune delle ragioni in campo: quelle non-dogmatiche, non direttamente discendenti dall’avversione di principio alla scienza libera e alla libertà di fecondazione artificiale, che attribuiscono alla Chiesa istituzionale, depositaria di una dottrina che essi giudicano pre-galileiana.

Vorrebbero parlare anche a quei laici, e qui ci sentiamo direttamente tirati in ballo, che si battono da tempo perché anche le ragioni di quella Chiesa siano valutate e pesate, e perché la discussione sul che fare sia libera da ogni pregiudizio, di ogni segno, e strettamente legata alla ragione che elabora le categorie del pensiero logico, ma anche all’intuizione umana, naturale, di ciò che è giusto e di ciò che è ingiusto alla luce di una visione non ottusa, aperta alla terra dei desideri e al cielo delle idee, dell’uomo e del suo posto nelmondo. Insomma, sono due persone che si pongono, nel XXI secolo della tecnica trionfante e dei costumi liberi, il problema del limite rispetto all’uso indiscriminato sull’altro, sugli altri, del nostro potere umano.

Ma contro quel che giudicano l’irrealismo dei divieti posti dalla legge 40, propongono un’altra soluzione, con una proposta di legge presentata in Parlamento e argomenti sottoscritti ieri da Amato in un lungo articolo del Corriere della Sera. La sostanza della mediazione proposta, che ha probabili addentellati riservati fin dentro la gerarchia cattolica, è la seguente. Punto primo. Voi dite che la vita comincia con la fecondazione, noi non lo possiamo negare. Non lo nega il biologo e genetista Edoardo Boncinelli, non lo nega la scienza.

Ma il problema non è la vita, bensì il nucleo embrionale della vita, la vita individuale, quella di un essere umano per la sostanza già formato in natura con tutto il suo codice genetico irripetibile. Ora, affermano Amato e Tonini, la scienza biologica e genetica ci dice che prima dell’esserci dell’embrione c’è il pre-embrione, cioè un ovocita che ha accolto il seme fecondo ma, questione di ore, questione di tempo, ancora non ha sviluppato quell’unione del maschile e del femminile che definisce l’individuo e ne è il segno di realtà, di esistenza in vita.

Amato dice che è così, e basta. Che questo è il verdetto della scienza, e rifiutarlo è tornare a prima di Galileo. E aggiunge: se è così, che si crioconservino gli ovociti fecondati, per poi impiantare solo e soltanto gli embrioni necessari alla procreazione. In questo modo non si produrranno, ciò che è anatema per i difensori della legge 40 e per una parte cospicua del pensiero filosofico anche laico moderno, embrioni, cioè esseri umani, per la manipolazione genetica a fini di ricerca. Sarebbe l’uovo di Colombo. Risolverebbe senza danni per nessuno la questione del limite dei tre embrioni da impiantare posto dalla legge 40.

Obiezione/1. Non essendo stupido né insensibile, Amato capisce che la distinzione tra una vita umana fecondata e una vita umana personale che arriva dopo una parentesi, una no man’s land abitata dagli ovociti non sviluppati, dagli ootidi, è troppo sottile anche per lui.È però vero che perfino Joseph Ratzinger, ragionando di queste cose con Ernesto Galli della Loggia, ebbe modo di essere prudente, e anche lui distinse tra vita in generale e vita personale, certamente vita umana. Così Amato dice: invocate il principio di precauzione, perché vi sembra esile la base di questo ragionamento sostenuto da dati empirici? Tenete però conto del fatto che il principio di precauzione deve essere ragionevole: a volte precauzione significa evitare il male maggiore, rassegnarsi a quello minore.

Il male maggiore sarebbe in questo caso impedire che il desiderio di figli abbia il suo corso con l’aiuto della tecnica, il male minore un residuo dubbio che ci sia continuità fra quello stadio dell’ootide, del pre-embrione, e quello successivo, e che dunque si torni all’uso della vita umana fecondata come mezzo, insomma alla sua negazione. La mia obiezione è semplice. Primo, inverto male maggiore e male minore. Quel residuo dubbio sull’uso come mezzo di una vita umana in corso di sviluppo pesa di più del desiderio di aver figli con l’assistenza della tecnica. Secondo, nego una premessa non verificata. È infatti poco empirico, poco galileiano, affermare che con questa legge 40, con i suoi divieti, si impedisce la fecondazione medicalmente assistita. E i dati sulla attività di fecondazione artificiale dopo il varo e l’esecutività della legge dimostrano che non c’è un drammatico o anche solo rilevante calo delle natalità ottenute con queste metodiche.

Il vero problema posto dalla legge e dal referendum abrogazionista è quello della illimitata libertà di ricerca scientifica, costi quel che costi, significhi quel che significhi. Secondo Amato i sostenitori della legge argomentano in modo dogmatico, ma è vero l’opposto: sono gli abrogazionisti che agitano una bandiera ideologica e miracolistica, qualche volta perfino una certezza sciamanica o stregonesca nelle magnifiche sorti e progressive della scienza. Loro vogliono inequivocabilmente: la diagnosi preimpianto sistematica, la privatizzazione assoluta di tutta la faccenda nel rapporto esclusivo tra utenti e medici, la produzione di embrioni in numero illimitato a scopo di ricerca scientifica, la fecondazione eterologa, la declassificazione del «concepito » a nullità giuridica senza individualità.

Un progetto di mediazione/2. La seconda mediazione proposta da Amato riguarda gli embrioni attualmente crioconservati, cioè i bambini prodotti nel disordine legislativo ed etico amigliaia, poi messi in frigorifero in attesa di un destino incerto, probabilmente il deperimento e la morte per la grande maggioranza tra loro: essendo truce e irrimediabile il loro destino, tanto vale usarli per la ricerca, questi bambini. Diciamo «bambini» perché implicitamente ma onestamente il ragionamento di Amato riconosce (in un passaggio usa perfino la parola incriminata dai politicamente corretti: «uccidere») che gli embrioni sono l’inizio di un bambino. Secondo Amato quegli embrioni sono figli pre-morti. Corpicini da cui si potrebbero prelevare materiali genetici per migliorare la vita degli altri. Insomma: la prima mediazione sta nel disegnare la figura del pre-embrione, escludendo quindi la sovrapproduzione e la messa in frigo degli embrioni, la seconda sta nella libertà di ricerca sugli embrioni già prodotti e crioconservati, i bambini pre-morti.

Obiezione/2.Ma stavolta la distinzione balza agli occhi. Un bambino pre-morto è un bambino atteso che non arriva alla vita dispiegata e muore prima di poter fiorire, mentre un embrione crioconservato è un bambino fabbricato da noi, che ci è venuto male o è da noi scartato per qualche ragione o è per nostra scelta in sovrannumero nella catena produttiva. Più Amato piange sul destino amaro dell’embrione abbandonato, più dovrebbe santificare una legge che intende vietarne la sovrapproduzione. Più capisce, e lo capisce, l’assurdo etico di un potere illimitato di creazione e distruzione in mano alla tecnica umana senza guida etica, più dovrebbe adoperarsi non per fare la lezione a noi, in nome di Galileo, ma per dare qualche scossa ai suoi, in nome di Kant.

Una voce americana ha detto di recente: gli embrioni crioconservati sono esseri umani condannati a morte, e nessuno pensa che i condannati a morte possano, in ragione della ineluttabilità del loro destino, essere usati come cavie per la ricerca scientifica. Non sapremmo dire meglio. Sapremmo solo aggiungere che qualcuno questo lo ha pensato, negli anni Trenta in Germania.

Ed è curiosa circostanza che eugenetica, eliminazione dei disabili attraverso il distacco del tubo nutritivo (caso di Terri Schiavo), e ora queste altre bellurie si affaccino al nuovo secolo come inconsapevole portato del secolo appena scomparso, in particolare del suo decennio nero.

Gran finale. Amato riconduce tutto il senso più profondo della discussione, quello non banalmente medico ma culturale e filosofico, alla sua base, facendo però qualche pasticcio. La base della controversia, dice lui, è il dettato dottrinale della Chiesa, che nella sostanza è contraria alla fecondazione artificiale perché lega la procreazione all’amore coniugale, e dunque al sesso. Invece, sostiene Amato citando Tonini, l’amore riguarda la vita di coppia o la vita coniugale, e non si realizza attraverso il sesso se non in modo capriccioso e volubile. Se dunque escludiamo la fecondazione eterologa e limitiamo alle sole coppie sterili le metodiche di procreazione assistita, conclude Amato, che problema c’è?

Anche qui c’è un progresso, bisogna ammetterlo, e Amato e Tonini sono candidati alla sconfitta nel loro campo per il solo fatto di sostenere queste limitazioni alla fecondazione artificiale, arrivate peraltro solo con la contestata legge 40. Basta che si guardino d’intorno. Mail punto di fondamentale importanza è un altro. La Chiesa non sostiene affatto che il sesso ha significato esclusivamente in relazione alla procreazione. Al contrario. Ad Amato sarebbe bastato leggere una recente conferenza di Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, per capire che la Chiesa moderna e conservatrice (la migliore, quella di Giovanni Paolo II) considera il sesso donazione totale di sé all’altro, e i figli come frutto di un’attesa della totalità dell’uomo e della donna piuttosto che produzione del desiderio senza sesso. La Chiesa moderna e conservatrice è più amica del sesso di quanto lo sia la Chiesa laicista e secolarizzatrice che affida l’eros al condom, all’aborto e alla provetta.

Senatore Amato, senatore Tonini. Le vostre intenzioni sono le migliori. Ma per mediare bisogna partire da una base oggettiva riconosciuta. Voi non volete riconoscere, perché politicamente non potete farlo, che la posizione di chi sostiene la legge 40 è nella sostanza questa: sarebbe meglio farne niente di queste provette, mavista la situazione, che servano solo a modificare le conseguenze dell’infertilità, non a devastare con una nuova eugenetica il panorama etico del nostro tempo.

È una posizione di compromesso, di mediazione già raggiunta tra parlamentari laici e cattolici. Mentre la posizione abrogazionista dice: provetta libera, ricerca libera, e nessun limite alla libertà di ricerca, perché l’embrione è un ricciolo di materia o un grumo di materia inerte (definizioni testuali di LidiaRavera e diDaniele Capezzone). Noi abbiamo già mediato il mediabile. Voi, se volete mediare, non dovete rivolgervi a noi, ma ai vostri amici galileiani.

Giuliano Ferrara