(CorSera) L’importanza del problema del limbo

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«Non si tratta semplicemente di un problema teologico isolato»



Il Papa: ripensare ai bimbi morti senza battesimo


Un luogo senza tormenti, ma lontano da Dio: il limbo deve tornare al centro della riflessione, per Giovanni Paolo II
MILANO – «Non ebber battesmo, ch’è porta de la fede che tu credi; e s’è furon dinanzi al cristianesmo, non adorar debitamente a Dio: e di questi cotai son io medesmo». Così Virgilio spiega a Dante, nel quarto canto dell’Inferno, il Limbo. Su questo luogo dove le anime pure vanno il Papa è tornato a interrogarsi, nel discorso rivolto giovedì alla Commissione Teologica Internazionale. Secondo il Pontefice la teologia deve «lavorare» sulla questione della sorte dei bambini morti senza battesimo. «Non si tratta semplicemente – ha spiegato – di un problema teologico isolato». Una dottrina di origine medioevale colloca i bambini morti senza aver commesso colpe, ma anche senza battesimo, e quindi con la colpa del peccato originale, nel limbo, ossia in un luogo senza tormenti, ma lontano da Dio, che alla fine dei secoli deciderà sulla loro sorte. Secondo il Papa, infatti, «tanti altri temi fondamentali si intrecciano intimamente con questo: la volontà
salvifica universale di Dio, la mediazione unica e universale di Gesù Cristo, il ruolo della Chiesa, sacramento universale di salvezza, la teologia dei sacramenti, il senso della dottrina sul peccato originale». «Toccherà a voi – ha detto Giovanni Paolo II ai teologi – scrutare il nesso fra tutti questi misteri, in vista di offrire una sintesi teologica che possa servire di aiuto per una prassi pastorale più coerente e illuminata».

LEGGE MORALE NATURALE – «Di non minore importanza» è stato poi definito dal Papa il secondo tema che sarà affrontato dalla Commissione: quello della legge morale naturale. «Come sapete – ha detto – ho parlato già su questo argomento nelle Lettere encicliche Veritatis splendor e Fides et ratio. È stata da sempre una
convinzione della Chiesa che Dio abbia dato all’uomo la capacità di arrivare con la luce della sua ragione alla conoscenza di verità fondamentali sulla sua vita e il suo destino, e in concreto sulle norme del suo retto agire». «Sottolineare davanti ai nostri contemporanei questa possibilità è di grande importanza per il dialogo con tutti gli uomini di buona volontà e per la convivenza ai più diversi livelli su una base etica comune. La rivelazione cristiana non rende inutile questa ricerca, anzi, ci spinge ad essa illuminandone il cammino con la luce di Cristo, nel quale tutto
ha consistenza».

 

7 ottobre 2004 – CorSera