Come viene islamizzato l’Occidente

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 L’Olanda “islamizzata” che nessuno racconta

  Si fa presto, a dire: Olanda. Quella che vediamo noi da qui è parziale e, soprattutto, effimera. Fateci caso: è trascorsa meno di una settimana e nessuno ne parla più.  Diciamoci la verità: nessuno avrebbe prestato attenzione alle elezioni politiche nei Paesi Bassi, se non ci fossero state la Brexit e l’elezione di Trump alla Casa Bianca e se non ci fosse stata la prospettiva di un successo, almeno relativo, del partito “populista” di Wilders. Che invece è arrivato secondo. L’establishment ha brindato alla vittoria e l’Olanda torna ad essere un Paese noioso.

In teoria, perché la realtà è un po’ diversa, e stavolta a dirvelo non è Marcello Foa ma una lettrice di questo blog, Luisa F. che vive da quelle parti, e che mi ha scritto una bella lettera, da cui emerge uno spaccato diverso da quello narrato dai grandi media internazionali.

Luisa scrive:

Non mi sembra che la “vittoria” di Rutte abbia decretato la sconfitta del populismo, anzi, richiamando la sua giusta analisi, né rappresenta proprio il frutto. Infatti credo (e solo per riferirsi all’Olanda) che se Rutte non dovesse proseguire quell’atto di coraggio, iniziato la settimana scorsa, con la Turchia (ed i connazionali turchi in patria), incontrerebbe non poche difficoltà in questo suo nuovo mandato. C’è molto più populismo nell’elezione di Rutte che in quella che sarebbe stata una vittoria schiacciante di Wilders. Inutile continuare a fare gli indifferenti e/o cantar vittoria per il nulla…

Io credo che il populismo europeo stia invece crescendo sempre più: le città tra Belgio, Olanda e Germania sono letteralmente invase dai Turchi e musulmani che non considero assolutamente integrati con noi. Hanno i loro quartieri, i loro negozi, i loro orari di lavoro, la loro lingua (molto di loro anche nati qui non parlano la lingua locale), insomma tutto diverso da noi (e per noi intendo l’altra faccia multieuropea di queste città); è questa l’integrazione?.

Potrebbe essere più chiara? Luisa F. continua con altre osservazioni alquanto interessanti:

Le racconto questo annedoto (sempre per parlare di Olanda), il mio ex marito ha votato per Rutte (di Wilders non condivide l’idea di uscire dall’Europa) tuttavia nostro figlio andrà ad una scuola cattolica perchè nelle scuole laiche (il sistema qui non è ugale al pubblico e privato in Italia) ci sono troppi turchi e musulmani (parole più sue che mie). Ovviamente io non solo condivido ma appoggio al 100% e non ho nessuna vergogna a dirlo. Quindi mi dica siamo sicuri che il populismo non sia in realtà molto più vasto di quanto i nostri bei governanti europei pensino?

Gli europei non vogliono distruggere l’Europa vogliono solo che l’Europa torni agli europei. C’è molto più populismo in questo che in quella che sarebbe stata un ipotetica vittoria di Wilders. Sull’impeto di questo momento di illusione gli Olandesi hanno riconfermato Rutte.

Aggiungete un dato interessante e passato sotto silenzio sui media. Alle ultime elezioni si è candidato un partito islamico, si chiama DENK. Ebbene nella bella e cosmopolita Amsterdam questo partito ha ottenuto più voti di quello di Wilders, ben il 7,5% contro il 7% del Pvv.

Questi sono i segnali che contano. E non sono affatto confortanti. (di Marcello Foa)

Da blog.ilgiornale.it del 20/3/2017

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Olanda vs Turchia, riflesso di una crisi più ampia

(di Lupo Glori) Alla vigilia delle importanti elezioni politiche olandesi, in cui si agita il temuto spettro di Geert Wilders, leader del Partito per la Libertà, fortemente anti-europo e anti-islam, si è aperta una profonda crisi diplomatica tra Olanda e Turchia. La tensione tra i due paesi è infatti alle stelle, a seguito della clamorosa decisione del governo dell’Aja di vietare il diritto di atterraggio al volo di Stato con a bordo il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, atteso a Rotterdam per un comizio a favore del referendum costituzionale di aprile organizzato per i cittadini turchi residenti all’estero.

Un secco e inatteso no, ribadito dopo poche ore, anche alla collega della Famiglia, Fatma Betuel Sayan Kay, alla quale è stato impedito di raggiungere il consolato di Rotterdam. Il doppio affronto ha scatenato l’immediata e veemente reazione del premier turco Recep Tayyip Erdogan che ha così tuonato: «L’Olanda pagherà il prezzo per aver danneggiato i rapporti con la Turchia. Insegneremo loro la diplomazia internazionale dopo il loro comportamento vergognoso».

Parole di fuoco, in linea con quelle del ministro degli Esteri Cavusoglu, che ha fatto sapere come “non basteranno” delle semplici scuse ad evitare serie ripercussioni, alcune delle quali già adottate: «Per cominciare abbiamo risposto dicendo che l’ambasciatore olandese non deve tornare nel nostro Paese. Prenderemo delle misure e l’Olanda si scuserà. Se non lo farà, continueremo a prendere altre misure».

Fatma Betul Sayan Kaya, la ministra turca della famiglia messa alla porta, ha invece commentato l’episodio che l’ha vista protagonista, attraverso il suo account Twitter, inveendo contro le autorità olandesi, ree di averla accompagnata senza complimenti al confine con la Germania: «Il mondo intero deve reagire contro questa prassi fascista! Un simile trattamento contro una donna ministro non può essere accettato».

La pietra al centro dello scandalo internazionale è la cruciale consultazione elettorale in programma il 16 aprile in Turchia con la quale il premier Erdogan potrebbe finalmente riuscire a “blindare” in maniera inattaccabile il sistema presidenziale, accentrando a sé tutti i poteri. Secondo quanto riportato in un comunicato diffuso dall’Aja, il governo di Mark Rutte aveva dato il via libera alle manifestazioni e ai comizi turchi, purché, per motivi di ordine pubblico, si fossero tenuti al chiuso, meglio se in ambasciata o al consolato. Condizioni che non hanno soddisfatto in alcun modo il governo turco che non ci ha pensato due volte a far partire ugualmente i suoi rappresentanti alla volta dell’Olanda.

Una mossa provocatoria e prepotente, evidentemente inaccettabile, che ha costretto il premier Rutte, a non concedere il permesso di atterraggio “per preservare l’ordine pubblico”. In breve tempo, la controversia tra Olanda e Turchia si è allargata, tramutandosi in uno vero e proprio scontro aperto Unione Europea-Turchia.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, intervenuto sul tema in un discorso tenuto nella provincia nordoccidentale di Kocaeli, dopo aver accusato l’Olanda di agire come una “repubblica delle banane”, ha infatti, puntato il dito contro la stessa Europa colpevole di essere rimasta muta sulla vicenda: «L’Europa ha detto qualcosa? No. Perché? Perché non si danno fastidio a vicenda. (…) Chiedo alle organizzazioni internazionali in Europa e ovunque di imporre sanzioni sull’Olanda». Il ministro turco per gli Affari Europei, Omar Celik, da parte sua, ha invece utilizzato nei confronti dell’Europa l’arma del ricatto, minacciando, come riportato dall’Agenzia di stampa turca Anadolu, un «riesame della questione dei transiti via terra» circa l’accordo sulla gestione dei flussi migratori tra il governo di Ankara e l’Unione Europea.

L’atto di accusa contro la UE è stato poi formalizzato in un comunicato del ministero degli Esteri turco, diffuso il 14 marzo, nel quale, come sottolinea il portale del giornale filo-governativo Sabah, vengono presi di mira l’Alto rappresentante Ue Federica Mogherini e il commissario per la politica di allargamento e vicinato, Johannes Hahn, responsabili di aver rilasciato dichiarazioni «miopi che non hanno alcun valore per Ankara».

La nota prosegue mettendo in dubbio la “democraticità” dell’Unione Europea, sottolineando come «le nostre controparti nell’Ue fanno esercizio solo in modo selettivo dei valori democratici, dei diritti fondamentali e delle libertà» e rendendo noto che la Turchia denuncerà il governo olandese presso le Nazioni Unite, l’Osce e il Consiglio d’Europa per aver violato con le sue decisioni la Convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche.

Dopo l’Olanda, anche la vicina Danimarca ha chiesto al premier turco, Binali Yildirim di rinviare per motivi di opportunità politica la visita programmata per il prossimo 20 marzo. Un improvviso dietrofront sul viaggio istituzionale in calendario, in quanto oggi evidentemente non più gradito, che il primo ministro danese, Lars Lokke Rasmussen, ha cercato di giustificare così: «potrebbe non aver luogo, alla luce degli ultimi attacchi della Turchia all’Olanda. Dunque, ho proposto al mio collega turco di rinviarlo. In circostanze normali, sarebbe stato un piacere accogliere Yildirim, con cui ho avuto un dialogo franco e costruttivo lo scorso 10 dicembre ad Ankara».

Turchia ed Europa non sono mai state così distanti e i motivi che le stanno irrimediabilmente allontanando sembrano essere almeno due. Da un lato, indubbiamente, la violenta repressione seguita al fallito golpe militare del 15 luglio 2016, da parte del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ha finalmente spalancato gli occhi agli Stati membri della UE sulla “realtà turca”. Dall’altro, in un’Europa sempre più invasa dai continui e massicci flussi migratori provenienti dal medio-oriente si leva ogni giorno più forte un vento anti immigrazione e in particolare anti Islam che avverte il pericolo dell’entrata in Europa di un paese di 80 milioni di mussulmani.

In questo mutato scenario geopolitico, anche i leader europei più moderati come il premier danese Rutte, se vogliono intercettare i sentimenti del popolo devono rivedere in chiave pragmatica i propri programmi politici, dirigendosi gioco forza verso dove soffia il vento. Un vento identitario, anti-immigrazione, anti-islam e contrario alla stessa Unione Europea che ha le sue prossime e decisive tappe nelle elezioni politiche di Olanda, Francia e Germania.

(Lupo Glori, per http://www.corrispondenzaromana.it/olanda-vs-turchia-riflesso-di-una-crisi-piu-ampia/)