C. Fabro: I Vangeli delle domeniche

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\"\"Cornelio Fabro, Vangeli delle Domeniche (Opere Complete Cornelio Fabro – Volume 15), ISBN: 978-88-89231-22-7 ; Euro € 25,00 ; 310 pp.  EDIVI, 2010

 

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AVVERTENZA

Queste riflessioni sul Santo Vangelo furono lette, nella maggior parte, alla Radio italiana (Programma nazionale) negli anni 1954-55 e vedono ora la luce per la pressione degli amici e la benevolenza dell’Editore. Si tratta di poca e povera cosa, per lo più improvvisata e grezza, senz’alcun ricorso alle risorse della tecnica e dell’acribia scientifica di cui sono fornite altre ben più valide esposizioni contemporanee del sacro testo. Questo testo è stato qui visto e letto nella povertà e desolazione di spirito del nostro tempo, quasi in forma di colloquio con i dubbiosi, i tribolati, gli sperduti in un mondo che promette progresso e lascia il cuore sempre più in pena e lo spirito senza bussola. Come allora quando leggevo agli ignoti cortesi ascoltatori, vorrei anche oggi che queste povere cose si dissipassero appena lette per far emergere soltanto Lui, il nostro Redentore e Salvatore, nella suasiva veemenza della sua Parola e nel conforto dolcissimo della sua Presenza in questo vespero folle dell’umanità che non osa credere più all’amore di Dio e si rassegna a vivere senza speranza.
L’Autore
Roma, Ognissanti 1958

 
Pasqua di Resurrezione
 
            In questo giorno che ha fatto il Signore, solennità delle solennità, e nostra Pasqua: la Resurrezione del Nostro Salvatore Gesù Cristo secondo la carne.
 
            Passato il sabato, Maria Maddalena e Maria madre di Giacomo, e Salome, comperarono aromi per andare a imbalsamare Gesù. E la mattina del primo giorno della settimana, molto per tempo, vennero al sepolcro, al levar del sole. E dicevano tra loro: «Chi ci toglierà la pietra dall’ingresso del sepolcro?». Ma, alzati gli occhi, osservarono che la pietra, benché fosse molto grande, era stata rimossa. Entrate nella tomba videro un giovanetto, seduto a destra vestito di una veste bianca e furono spaventate. Egli però disse loro: «Non vi spaventate! Voi cercate Gesù di Nazaret, che è stato crocifisso; egli è risorto; non è qui, ecco il luogo, dove lo avevan deposto. Ma andate a dire a’ suoi discepoli e a Pietro, che egli vi precede in Galilea; quivi lo vedrete, come vi ha detto» (Mc., 16,1-17).
 
            Quindi la Risurrezione avvenne senza testimoni, nel cuor della notte o ai primi chiarori dell’alba quando gli unici possibili testimoni, i soldati messi a custodia del sepolcro, erano oppressi dal sonno. La Risurrezione di Cristo si compì unicamente alla presenza del Padre che teneramente l’attendeva vittorioso e dello Spirito Santo che riempiva di fulgori le brume di quel mattino annunziante all’umanità peccatrice la redenzione della colpa e dalla morte per la fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio risuscitato dai morti.
            Gesù che aveva patito in pubblico volle essere glorificato nella solitudine dell’Assoluto e alla presenza della vergine natura che gli fece corona, stupita e gioiosa che al sorgere del sole quotidiano faceva precedere il sorgere del Sole di giustizia. Secondo il nostro piccolo sentire umano noi avremmo voluto che Gesù fosse risorto al cospetto di tutti i suoi nemici: li aveva pur sfidati! Avrebbe dovuto mostrarsi all’iniquo Sinedrio che l’aveva condannato a morte, comparire nella piazza davanti nel Pretorio che tre giorni prima aveva echeggiato il Crucifige. Avrebbe dovuto, e perché no? – noi siamo impastati di retorica e di spettacolo – ripetere l’ingresso in Gerusalemme con il corteo delle legioni degli Angeli e fra il delirio della folla che avrebbe fatto giustizia sommaria dei suoi capi.
            Invece, nulla di tutto questo. La luce della Risurrezione è riservata alla fede e la fede è offerta anche ai persecutori e ai carnefici perché si convertano al Sole di giustizia, Salvatore del mondo. Così se la risurrezione non ebbe a testimonio alcun uomo, Cristo risorto nei quaranta giorni della Sua gloriosa permanenza sulla terra ebbe i testimoni preordinati da Dio.
            Dobbiamo a S. Matteo il cenno più prossimo dell’evento incomparabile: esso riguarda la rimozione della pietra che ostruiva l’ingresso al sepolcro: protagoniste Maria Maddalena, e l’altra Maria ch’è detta da S. Marco Maria madre di Giacomo: «Ed ecco vi fu un gran terremoto perché un Angelo del Signore scese dal cielo e, appressatosi, rovesciò la pietra e vi si sedette. Aveva aspetto di folgore e vesti bianche come la neve e prese a dire alle donne: …Non temete, io so che cercate Gesù ch’è stato crocifisso». L’Angelo questo lo sapeva perché le aveva viste, la sera innanzi, tutte intente alle amorose cure della sepoltura, perché ne aveva presentito l’arrivo in quell’alba dal fruscio dei passi lievi e veloci. L’Angelo, secondo l’evangelista, lo videro anche le guardie che s’erano svegliate sospettose ai passi delle donne e sentivano ora le incredibili, e per loro spaventose parole: «Non è qui: è risorto come aveva detto, venite a vedere…» Non occor dirlo che le fortunate non si fecero ripetere l’invito per constatare, nel sepolcro vuoto e ancor profumato delle loro amorose cure, che la morte aveva lasciato la sua preda.
            I primi testimoni son quindi le pie donne.
            Le donne sono le prime nella fede, perché sono le prime nell’amore: perciò sono le prime a partecipare della infinita gioia del ritrovato Bene. Sono le prime a uscire nella alba ancor umida per finire le amorose cure sul Corpo esanime ed ecco che ricevono dagli Angeli biancovestiti l’annunzio incredibile e strepitoso: incredibile perché troppo lieto, troppo vero per la certezza ch’esse celavano in cuore che il dolce Maestro non poteva restare preda della morte iniqua. Erano queste fortunate, ci dice S. Luca, Maria Maddalena, Giovanna, Maria di Giacomo e le altre… e il mattino di Pasqua, le primizie del Cristo risorto son tutte per queste donne. Ed ecco che mentre un gruppo di esse, facevan ritorno, portato dall’impeto della gioia – «con timore e gran gaudio» osserva S. Matteo – vedono venire loro incontro Gesù che porge loro il primo saluto della risurrezione: «Vi saluto». Per gli Apostoli il dolore della morte del Maestro aveva avuto invece un effetto paralizzante e all’annuncio delle donne, reduci dall’avventura del sepolcro vuoto e dell’annunzio angelico, le trattano da fantastiche e allucinate. Fortunatissima, fra le fortunate, la Maddalena. Aveva lasciato partire le altre: ancor tutta fremente dal dolore, se ne stava accanto al monumento piangendo per la perdita dell’amato bene. E mentre tornava a chinarsi, ecco che vede due Angeli biancovestiti che le chiedono il perché di quelle lagrime. Ed essa, fra i singulti: «Perché hanno portato via il mio Signore e non so dove l’abbiano posto». Ma nel dir questo, si voltò e vide ritto in piedi Gesù, senza però riconoscerlo: e come poteva riconoscerlo vivo se lo piangeva ancor morto? E Gesù le domanda: Donna perché piangi? Chi cerchi? Ella credendolo l’ortolano, gli dice – tanto era sconvolta dalla pena la poverina: «Signore, se tu l’hai portato via, dimmi dove l’hai messo ed io l’andrò a prendere». E Gesù: «Maria!» Fu la prima parola che il Risorto rivolse a creatura umana – il nome della peccatrice ch’era anche il nome della Madre sua. Quella voce, quel timbro, quel nome la scossero nella gioia dalla notte del dolore, come una volta l’avevano scossa in pianto dalla notte del peccato e proruppe anch’essa, con un grido, «Maestro mio!» che riempi l’orto circostante e fu la prima parola che creatura umana rivolse al Risorto.
            Il pomeriggio di Pasqua fu invece per gli Apostoli, per fondarli nella fede, come il mattino era stato alle donne il premio dell’amore. Una corsa al sepolcro in quel mattino l’avevano fatta anche Pietro e Giovanni, avevano potuto constatare che il sepolcro era vuoto, ma nulla più per essi, niente Angeli e di Lui nessun indizio; se ne tornarono perciò a casa con gli altri al Cenacolo dove si tenevano sprangati per paura dei Giudei. Il loro dubbio era soprattutto l’effetto della catastrofe troppo improvvisa e spaventosa e veniva stranamente alimentato proprio dall’amore intatto che tuttavia portavano al Maestro. Ormai padrone delle forze della natura Gesù entra a porte chiuse nel rifugio della loro costernazione e avanzando fra quegli sguardi incerti tra lo spavento e la gioia, li saluta: «La pace sia con voi» e dopo aver mostrato le mani e il costato coi segni delle trafitture, rinnova la scelta di essi ad Apostoli per la salvezza del mondo conferendo loro la podestà del sacramento della pace e del perdono, alitando su di loro il soffio della nuova sua vita dicendo: «Ricevete lo spirito Santo. A chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi li riterrete, saranno ritenuti».
            Dopo gli Apostoli, i discepoli; e Gesù sull’imbrunire apparve a Cleofa e all’amico che si recavano al castello di Emmaus, per togliersi dal frastuono della città e nascondere il dolore e attendere lo sviluppo degli avvenimenti. È questa la manifestazione pasquale più completa. Gesù, in figura di pellegrino si accompagna con loro e confutando i loro dubbi, senza risparmio di rimproveri: «O stolti e tardi di cuore a credere a tutte le cose che i profeti hanno detto» manifesta loro quel senso autentico delle Scritture che i loro occhi si ostinavano a non vedere.
            E i loro occhi non si aprirono e riconobbero Gesù che quando Egli benedì e diede loro il pane… Ma, mentre volevano trattenerlo ancora per gustarne la presenza visibile, Egli era già sparito ai loro sguardi, ch’erano rimasti così ostinatamente ciechi – pur nell’ardore del desiderio – durante l’intero viaggio, mentr’Egli esponeva loro la luce che si sprigionava dal testo dei profeti.

            Quel giorno incomparabile della prima Pasqua Gesù compare e scompare per fondare ed esercitare nei testimoni ufficiali la certezza della risurrezione. È risorto: Colui che si era lasciato prendere e uccidere, eccolo lieve e possente, senza piegare gli steli e le corolle del giardino ancor umidi di bruma in attesa del sole, senza inciampare nell’armatura inutile dei soldati che dovevano custodirlo. E risorge ogni anno, ogni giorno, ogni momento, nel canto dei suoi templi, nel sacrificio degli altari, nella testimonianza dei suoi dottori, nel profumo dei vergini e nella gioia degli umili: perché Cristo è risorto e il Regno dei Cieli è vicino.