Banca con sexy shop? Protestiamo!

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Cari amici di FattiSentire.net,
Vi invio per conoscenza e per darne diffusione, se ritenuto opportuno, una copia della lettera che ho appena spedito alla Direzione della Unicredit.
La notizia trova conferma nei seguenti siti d\’informazione:
http://www.affaritaliani.it/economia/unicredit-sexyshop220708.html – http://www.ticinonews.ch/articolo.aspx?id=86537&rubrica=22 – http://news.kataweb.it/item/471016/unicredit-si-butta-sui-sexy-shop .
Ho scritto (un po\’ alla cieca, perché non è facile orientarsi nei meandri del sito Unicreditgroup) questa email contemporaneamente a:
azionisti@unicreditgroup.eu – csr@unicreditgroup.eu – communication@unicreditgroup.eu – investorrelations@unicreditgroup.eu . Per conoscenza ho scritto a Famiglia Cristiana, Avvenire, Tempi e Il Timone.
Per parte mia potete procedere con la distribuzione del testo.
Un caro saluto,
Franco Serafini

(cliccando su "Leggi tutto" la lettera da me inviata)
Spettabili Signori,\"Ci
mi chiamo Franco Serafini, sono un normale cittadino italiano, risiedo a Bologna dove faccio il medico, sono un padre di famiglia.
Sono uno dei milioni di vostri clienti in Europa. In famiglia abbiamo un conto corrente (il xxxxxxx), un mutuo per pagare la prima casa e un deposito titoli. Niente di speciale, un cliente e una famiglia come tanti altri.
Leggo sui giornali che la "mia" banca avrebbe comprato il 10% della catena di sexy shop Beate Uhse (Sueddeutsche Zeitung del 22 luglio 2008); evidentemente in tempi difficili per la finanza non bisogna temere investimenti "spregiudicati".
Bene: la stessa "spregiudicatezza" mi riservo di usarla anche io nelle prossime settimane salutandovi e spostando conto corrente, mutuo e deposito titoli in un altro istituto bancario.
Concludo ammettendo realisticamente l\’insignificanza di questo mio gesto isolato (infatti mi propongo di pubblicizzarlo nella rete dei media cattolici che leggo o di cui faccio parte).
Non mi ritengo un idealista sprovveduto e so bene che la banca "ideale" non esiste; vorrei solo una banca di cui non vergognarmi troppo.
Franco Serafini, Bologna