(Avvenire) Testimoni di Cristo nella Germania nazista

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GERMANIA
Altro che una Chiesa complice del nazismo: ecco la mappa dei sacerdoti e laici uccisi per la loro resistenza al regime. Tante vicende inedite, oltre ai casi più noti di Edith Stein e della Rosa Bianca

Cattolici tedeschi, martiri di Hitler

Di Marco Roncalli

Quarantaquattro sacerdoti diocesani, sessantuno laici e laiche, trentuno religiosi e religiose. Tutti tedeschi, cattolici, e martiri sotto la dittatura nazista. Raggruppati secondo le diocesi di appartenenza, diversi territori sotto la giurisdizione di visitatori apostolici, le varie congregazioni o i rispettivi istituti di vita consacrata. Scelti perché avversarono i disegni satanici del nazionalsocialismo in nome della fede. Sono loro i tanti protagonisti del nuovo martirologio curato da Helmut Moll e da oggi in libreria con il titolo Testimoni di Cristo (San Paolo, pagine 654, euro 55).
Si apre questo nuovo tomo e – dopo due pagine di Karl Lehmann, presidente della Conferenza Episcopale Tedesca che ha commissionato quest’opera, e tre pagine del prefetto della Congregazione delle cause dei santi José Saraiva Martins (tutti e due a richiamare il dovere della memoria così come l’aveva formulato Giovanni Paolo II nella Tertio millennio adveniente, oltre che l’universale vocazione alla santità indicata dal Concilio Ecumenico Vaticano II) – ecco l’introduzione del curatore.
Sacerdote, ex allievo del professor Joseph Ratzinger con il quale si laureò nel 1973 a Ratisbona, professore di cristianesimo delle origini, monsignor Moll mette subito le mani avanti premurandosi di indicare i tre criteri principali con i quali ha condotto la sua selezione per poter «accettare i candidati proposti». E cioè «causa di morte violenta, motivo di odio religioso e di odio verso la Chiesa da parte dei persecutori, cosciente e intima accettazione della volontà di Dio nonostante il pericolo di vita», pur riconoscendo che la loro applicazione pratica non è avvenuta senza difficoltà. Chiarito questo, al lettore viene spalancata la porta di una lunghissima galleria gremita di piccoli ritratti, ricostruiti da decine di autori che si sono avvalsi di archivi pubblici e privati, civici ed ecclesiastici, epistolari e carte di famiglia, dichiarazioni testimoniali, fonti a stampa datate e recenti, con risultati talora differenti: alcuni profili appaiono più intensi e nitidi, altri lo sono meno. Lavori non facili considerata la distruzione sistematica di tante tracce. In ogni caso, si tratta di una serie davvero impressionante da affiancare idealmente ad altri martirologi: da quello ecumenico di Bose a quello dei cattolici russi di Bronislas Czaplicki.
Una serie che mostra ampiamente come ci sia stata anche una Germania davanti alla quale inchinarsi nell’ex Terzo Reich; e quanto rilevante sia stato il contributo di sangue versato da Berlino a Magonza, da Treviri a Monaco, da Aquisgrana a Würzburg, da Colonia ad Amburgo, ecc. – praticamente in ogni diocesi, comprese quelle di territori oggi polacchi. È il frutto dunque di una ricerca storica che non ha voluto vedere solo crimini, colpe, omissioni, silenzi, ma anche gesti straordinari, prove eroiche, esempi di carità, di amore: nel segno della fede. Anche a ricordare – ce ne fosse bisogno – quanto poco fondamento abbiano quei luoghi comuni sempre pronti a coprire con le uniformi delle SS tutti i tedeschi durante il regime hitleriano; e a ribadire ancora che non c’era solo una Germania fatta di persecutori e carnefici, ma pure di anime limpide che hanno lasciato i loro corpi dilaniati a Dachau, Auschwitz, Sachsenhausen…., o nelle prigioni di Halle, Amburgo, Berlino…
Nella lunga “galleria” spiccano nomi ben noti anche in Italia come Edith Stein , il gesuita Alfred Delp, lo studente Christoph Probst della cerchia di amici della “Rosa Bianca”. Ma la “lista” presenta tantissimi medaglioni tutti da scoprire, identità e vicende mai sentite. Uomini e donne dalla professioni più disparate: impiegati e studentesse, ingegneri e avvocati, maestri e sindacalisti, operatrici sanitarie e giornalisti, operai, muratori, artigiani, commercianti… Persone di ogni età, giovani e anziani. Accomunati dall’essere andati incontro alla morte – per fucilazione, i mpiccagione, ghigliottina, attraverso il gas, nelle forme più brutali -, pregando a voce alta. Come i protomartiri cristiani.
Non è difficile trovare fra loro figure di convertiti. Balzano agli occhi percorsi biografici che richiamano paralleli sorprendenti con la Stein, ad esempio quello di suor Elisabeth Michaelis – uccisa nelle camere a gas di Auschwitz – (definì il suo martirio come «la sofferenza dell’Antico testamento per il Nuovo»), oppure del laico di origine ebraica Siegfried Fürst, del quale viene riferito che si occupò Pio XII in persona, pure lui finito in una camera a gas di Auschwitz. Si leggono storie dolorose che hanno all’origine tradimenti o delazioni, ma si concludono con il perdono, la preghiera, o la ripetizione di versetti come «Per me è il morire un guadagno» (Fil, 1,21), come accadde a Bruno Binnebesel, parroco della diocesi di Danzica, morto nel carcere di Brandeburgo e le cui ceneri riposano presso quelle del grande apostolo di Berlino Carl Sonnenschein e del sacerdote poeta Ernst Thrasolt. Parroco – e assai più famoso perché beatificato nel 1996 – era anche il berlinese Bernhard Lichtenberg, morto in prigionia per aver celebrato una messa in favore degli ebrei dopo la Notte dei Cristalli del 8-9 novembre 1938.
Laici erano invece la coppia Maria e Bernhard Kreulich, messi a morte nel marzo 1944 per aver criticato il regime. E Nikolaus Gross, padre di sette figli, redattore di «Kettelerwache», l’organo dell’Associazione dei lavoratori Cattolici tedeschi, giustiziato nel carcere di Plötzensee nel gennaio del 1945. Oppure il diciannovenne apprendista meccanico di Monaco Walter Klingenbeck, ghigliottinato nell’agosto 1943 dopo aver scritto ad un amico: «Ho appena ricevuto i sacramenti e ora sono pronto, se vuoi fare qualcosa per me, recita un Pater noster».
Il nuovo Martyrologium continua presentando tante altre storie, che si assomigliano eppure sono uniche, testimonianze di un cattolicesimo che preferì la morte al cedimento. Una lista di cattolici sì, che non ci fa dimenticare nemmeno un istante le molte analoghe esperienze offerte dal protestantesimo tedesco (si pensi al teologo Dietrich Bonhoeffer o al conte Helmut James von Moltke), ma che traduce una risposta concreta all’appello rinnovato tante volte da Giovanni Paolo II. Anche in un incontro con alcuni superstiti di Mauthausen nel 1988. In quell’occasione il papa venuto dall’Est aveva detto: «Uomini di ieri e di oggi… diteci, abbiamo forse noi dimenticato con troppa fretta il vostro inferno?».