(Avvenire) Dove c’è la Chiesa, c’è lo Spirito di Dio

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Ieri Benedetto XVI ha proseguito la sua riflessione sulla Chiesa


«I successori degli apostoli sono i custodi della verità»



L’Udienza Del Mercoledì

Cari fratelli e sorelle,
nella nuova serie di catechesi, iniziata poche settimane fa, vogliamo considerare le origini della Chiesa, per capire il disegno originario di Gesù, e così comprendere l’essenziale della Chiesa, che permane nel variare dei tempi. Vogliamo così capire anche il perché del nostro essere nella Chiesa e come dobbiamo impegnarci a viverlo all’inizio di un nuovo millennio cristiano.
Considerando la Chiesa nascente, possiamo scoprirne due aspetti: un primo aspetto viene fortemente messo in luce da sant’Ireneo di Lione, martire e grande teologo della fine del II secolo, il primo ad averci dato una teologia in qualche modo sistematica. Sant’Ireneo scrive: «Dove c’è la Chiesa, lì c’è anche lo Spirito di Dio; e dove c’è lo Spirito di Dio, lì c’è la Chiesa ed ogni grazia; poiché lo Spirito è verità» (Adversus haereses, III, 24, 1: PG 7,966). Quindi esiste un intimo legame tra lo Spirito Santo e la Chiesa. Lo Spirito Santo costruisce la Chiesa e dona ad essa la verità, effonde – come dice san Paolo – nei cuori dei credenti l’amore (cfr Rm 5,5). Ma c’è poi un secondo aspetto. Questo intimo legame con lo Spirito non annulla la nostra umanità con tutta la sua debolezza, e così la comunità dei discepoli conosce fin dagli inizi non solo la gioia dello Spirito Santo, la grazia della verità e dell’amore, ma anche la prova, costituita soprattutto dai contrasti circa le verità di fede, con le conseguenti lacerazioni della comunione. Come la comunione dell’amore esiste sin dall’inizio e vi sarà fino alla fine (cfr 1 Gv 1,1ss), così purtroppo fin dall’inizio subentra anche la divisione. Non dobbiamo meravigliarci che essa esista anche oggi: «Sono usciti di mezzo a noi – dice la Prima Lettera di Giovanni -, ma non erano dei nostri; se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; ma doveva rendersi manifesto che non tutti sono dei nostri» (2,19). Quindi c’è sempre il pericolo, nelle vicende del mondo e anc he nelle debolezze della Chiesa, di perdere la fede, e così anche di perdere l’amore e la fraternità. È quindi un preciso dovere di chi crede alla Chiesa dell’amore e vuol vivere in essa, riconoscere anche questo pericolo e accettare che non è possibile poi la comunione con chi si è allontanato dalla dottrina della salvezza (cfr 2 Gv 9-11).
Che la Chiesa nascente fosse ben consapevole di queste tensioni possibili nell’esperienza della comunione lo mostra bene la Prima Lettera di Giovanni: non c’è voce nel Nuovo Testamento che si levi con più forza per evidenziare la realtà e il dovere dell’amore fraterno fra i cristiani; ma la stessa voce si indirizza con drastica severità agli avversari, che sono stati membri della comunità e ora non lo sono più. La Chiesa dell’amore è anche la Chiesa della verità, intesa anzitutto come fedeltà al Vangelo affidato dal Signore Gesù ai suoi. La fraternità cristiana nasce dall’essere costituiti figli dello stesso Padre dallo Spirito di verità: «Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio» (Rm 8,14). Ma la famiglia dei figli di Dio, per vivere nell’unità e nella pace, ha bisogno di chi la custodisca nella verità e la guidi con discernimento sapiente e autorevole: è ciò che è chiamato a fare il ministero degli apostoli. E qui arriviamo ad un punto importante. La Chiesa è tutta dello Spirito, ma ha una struttura, la successione apostolica, cui spetta la responsabilità di garantire il permanere della Chiesa nella verità donata da Cristo, dalla quale viene anche la capacità dell’amore.
Il primo sommario degli Atti esprime con grande efficacia la convergenza di questi valori nella vita della Chiesa nascente: «Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna (koinonìa), nella frazione del pane e nelle preghiere» (At 2,42). La comunione nasce dalla fede suscitata dalla predicazione apostolica, si nutre dello spezzare il pane e della preghiera, e si esprime nella carità fraterna e nel servizio. Siamo di fronte alla descrizione della comunione della Chiesa nascente nella ricchezza dei suoi dinamismi interni e delle sue espressioni visibili: il dono della comunione è custodito e promosso in particolare dal ministero apostolico, che a sua volta è dono per tutta la comunità.
Gli apostoli e i loro successori sono pertanto i custodi e i testimoni autorevoli del deposito della verità consegnato alla Chiesa, come sono anche i ministri della carità: due aspetti che vanno insieme. Essi devono sempre pensare alla inseparabilità di questo duplice servizio, che in realtà è uno solo: verità e carità, rivelate e donate dal Signore Gesù. Il loro è, in tal senso, anzitutto un servizio di amore: la carità che essi devono vivere e promuovere è inseparabile dalla verità che custodiscono e trasmettono. La verità e l’amore sono due volti dello stesso dono, che viene da Dio e che grazie al ministero apostolico è custodito nella Chiesa e ci raggiunge fino al nostro presente! Anche attraverso il servizio degli apostoli e dei loro successori l’amore di Dio Trinità ci raggiunge per comunicarci la verità che ci fa liberi (cfr Gv 8,32)! Tutto questo che vediamo nella Chiesa nascente ci spinge a pregare per i successori degli apostoli, per tutti i vescovi e per i successori di Pietro, affinché siano realmente insieme custodi della verità e della carità; affinché siano, in questo senso, realmente apostoli di Cristo, perché la sua luce, la luce della verità e della carità, non si spenga mai nella Chiesa e nel mondo.


Avvenire 6-4-2006