Ad informazione degli insipienti: cosa ha detto il Papa

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La frase contestata 1990: Ratzinger e il brano del filosofo contro lo scienziato

Quella citazione di Feyerabend l’epistemologo che smitizzò Galileo CorSera 16 gennaio 2008

di Antonio Carioti

Paul K. Feyerabend, lo studioso citato dal Papa, prendeva di mira il metodo galileiano perché non riconosceva alla rivoluzione scientifica un valore oggettivo. Era convinto che si fosse imposta non per la sua razionalità, ma per via delle «macchinazioni propagandistiche di Galileo». A suo dire, Galileo non si basa su evidenze empiriche, ma «inventa un’esperienza che contiene ingredienti metafisici».
Si spiega così, con lo spirito dissacratore del filosofo della scienza nato in Austria e affermatosi nel mondo anglosassone, la citazione che l’allora cardinale Joseph Ratzinger fece in una conferenza del febbraio 1990 proprio alla Sapienza di Roma. «La Chiesa all’epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione »: queste parole di Feyerabend, tratte dall’edizione tedesca del suo saggio Contro il metodo,
sono la pietra dello scandalo.
L’epistemologo, allievo ribelle di Karl Popper, non stava però tessendo l’elogio dell’Inquisizione. Si proponeva semmai di dimostrare che non esistono regole invariabili nello sviluppo della conoscenza scientifica e che in particolare Galileo vinse la sua battaglia per l’affermazione della cosmologia copernicana soprattutto «grazie al suo stile e alle sue capacità di persuasione», ricorrendo ai «mezzi della propaganda» e utilizzando anche «trucchi psicologici», perché in realtà non disponeva di prove sufficienti ad affermare la propria tesi. Il punto di partenza delle rivoluzione scientifica galileiana, secondo Feyrabend, «è costituito da una forte convinzione, che contrasta con la ragione e l’esperienza contemporanee ». Perciò il filosofo mostra comprensione per il cardinale Roberto Bellarmino, accusatore di Galileo, che suggeriva di considerare l’eliocentrismo solo una congettura, anche per non compromettere «la pace sociale» con teorie capaci di turbare la fede dei semplici.
C’è anche un elemento provocatorio nelle affermazioni di Feyerabend, che nega l’esistenza di un confine netto tra ciò che è scientifico e ciò che non lo è, giungendo a rivalutare stregoneria e astrologia, fino a reclamare una «separazione fra Stato e scienza» simile a quella fra Stato e Chiesa. La sua polemica contro l’oggettività della conoscenza scientifica è peraltro condivisa da un pensatore assai lontano da Ratzinger, Gianni Vattimo, secondo il quale il valore delle teorie dipende soprattutto dal fatto che riescano a convincere, a trovare consenso nella comunità degli studiosi. Viceversa Marcello Pera, oggi grandissimo ammiratore del Papa, da filosofo della scienza avanzava precise riserve in materia, nell’introduzione scritta nel 1984 per il libro di Feyerabend
Scienza come arte, difendendo l’idea di un «progresso *censura*ulativo» nella conoscenza scientifica, pur consapevole che le sue tesi potevano «apparire conservatrici».
Quanto a Ratzinger, è evidente dal contesto della citazione che il Papa non sposa la visione di Feyerabend, né intende usarla retrospettivamente per giustificare la condanna di Galileo. Ma vuole affermare che la razionalità scientifica ha dei limiti, posti in rilievo dalla critica più spregiudicata, e quindi va ricompresa «in una ragionevolezza più grande» di carattere filosofico e aperta alla trascendenza.
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«Ratzinger su Galileo? Leggetelo»
 

 Il professor Giorgio Israel non ha firmato l’appello e spiega perché: «È stato costruito su spezzoni del discorso fatto»

 DI PAOLO VIANA
 È una sorta di sindrome Wikipedia quella che sta provocando tanto sconcerto nei fisici della Sapienza che si oppongono all’intervento del Papa all’inaugurazione dell’anno accademico. Con una punta d’ironia, Giorgio Israel, docente di storia della matematica, spiega perché è decisamente contrario all’appello dei suoi colleghi della facoltà di Scienze contro Ratzinger: «sarebbe meglio documentarsi e ragionare, invece troppo spesso si legge decontestualizzando e fraintendendo. Così chi ha scritto l’appello contro il Papa fondandolo sulla citazione di una frase di Feyerabend, avrebbe fatto meglio a leggersi tutto il discorso dell’allora cardinale Ratzinger e avrebbe capito che questo Papa non attaccava affatto la scienza né la ragione». Di più Israel non dice, ma il sospetto di un documento nato sulla lettura sbrigativa di documenti scaricati da internet è nell’aria.
 I suoi colleghi si indignano, sobbalzano, si offendono e lei ci ride su?

 Diciamo che allargo le braccia e spero che la protesta si eclissi in fretta, per decenza.
  Dovranno pur rendersi conto di aver scritto una lettera assurda, citando un discorso del Papa che dimostra l’esatto contrario di quel che loro sostengono.
 Sia più preciso.

 Gli estensori dell’appello al rettore accusano il Papa citando una sua citazione e precisamente la frase di un filosofo della scienza in cui si dice che all’epoca di Galileo la chiesa fu più fedele alla scienza dello stesso Galileo e che quindi il processo a quello scienziato fu ragionevole e giusto. Se uno, invece di indignarsi per un presunto vulnus al metodo razionale, si leggesse il discorso integrale dell’allora cardinale Ratzinger in cui appare questa citazione coglierebbe che nel suo discorso essa veniva interpretata in senso esattamente contrario a quel che sostengono i contestatori.
  Il cardinale, oggi Papa Benedetto XVI, parlava della crisi di fiducia della scienza in sé stessa e dimostrava che, mentre per secoli si è creduto che il processo a Galileo fosse la prova del carattere oscurantista della Chiesa, in seguito, nell’ambito della cultura scientifica erano emerse posizioni diverse, le quali sostenevano che Galileo non aveva fornito prove dimostrative dell’eliocentrismo e che Feyerabend era arrivato al punto di sostenere che il punto di vista della Chiesa era più razionale. Ratzinger con quel discorso voleva mostrare che la scienza stava perdendo la fiducia in se stessa e, di fatto, difendeva il punto di vista di Galileo. Altro che attacco alla scienza…
 Com’è possibile che nel mondo scientifico nessuno abbia colto questo significato?

 Diciamo che non l’hanno colto i firmatari della lettera.
  Come non hanno colto il senso delle parole di Ratzinger, il quale nel discorso di Parma ha detto esplicitamente che la sua intenzione non era quella di porre delle rivendicazioni e ha sottolineato che la fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della modernità.
 Si può dire lo stesso del mondo scientifico italiano?

 Non credo proprio. Sono convinto che questa sia una minoranza, anche se tra di essi vi è il presidente del Cnr. Il peso specifico delle firme non è trascurabile, ma i numeri della contestazione sono per ora modesti. Si tratta di una sessantina di persone in una facoltà di seicento docenti e in un ateneo che conta migliaia di professori. Ciò detto, sì, vi sono atteggiamenti ostili. C’è anzi il fastidio di alcuni ambienti, che non sopportano che il Papa parli di scienza. Del resto, in un paese in cui Oddifreddi vende 200.000 copie di un libro contro la religione e Veltroni continua a tenerselo stretto e lo vuol far convivere con la Binetti, perché stupirsi? Questi fenomeni riflettono il fatto che a una parte del mondo scientifico piace questo laicismo ateo e aggressivo e che a sinistra pochi se la sentono di opporsi a questi eccessi.

Avvenire 15-1-2008