7 agosto 2011 – XIX domenica del tempo ordinario

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Commento al Vangelo – XIX Domenica del Tempo Ordinario

Fino a dove deve arrivare la nostra fede
La barca con gli Apostoli è in balìa della tempesta: potrebbe essere l’immagine della Chiesa in lotta, nei mari di questo mondo, in piena notte, con l’obiettivo di approdare sulle rive del Regno Eterno.
João Scognamiglio Clá Dias
fondatore degli Evangeli Praecones
courtesy of
http://www.salvamiregina.it

Subito dopo ordinò ai discepoli di salire sulla barca e di precederlo sull'altra sponda, mentre egli avrebbe congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù. La barca intanto distava già qualche miglio da terra ed era agitata dalle onde, a causa del vento contrario. Verso la fine della notte egli venne verso di loro camminando sul mare. I discepoli, a vederlo camminare sul mare, furono turbati e dissero: "È un fantasma" e si misero a gridare dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro: "Coraggio, sono io, non abbiate paura". Pietro gli disse: "Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque". Ed egli disse: "Vieni!". Pietro, scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma per la violenza del vento, s'impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: "Signore, salvami!". E subito Gesù stese la mano, lo afferrò e gli disse: "Uomo di poca fede, perché hai dubitato?". Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca gli si prostrarono davanti, esclamando: "Tu sei veramente il Figlio di Dio!" (Mt 14, 22-33).

I – La moltitudine voleva proclamarLo re

Ecco il grande Profeta, atteso da secoli! Ecco colui che è stato annunciato da Mosè! Ecco il figlio di Davide!". Tra grida e acclamazioni, sembrava si stesse realizzando in Galilea il trionfo di Gesù. In forma sintetica, ma molto espressiva, San Giovanni è l’unico evangelista a narrare la forte impressione prodotta dalla moltiplicazione dei pani e dei pesci in coloro che ne beneficiarono, come abbiamo potuto contemplare la precedente domenica, XVIII del Tempo Ordinario.

I testimoni del miracolo, oltre ad aver molto apprezzato il cibo, rimasero psicologicamente colpiti dal potere di quel Gesù di Nazaret, convinti che fosse realmente Lui il Profeta che sarebbe dovuto venire al mondo.

Altra era, invece, la realtà vista dagli occhi di Gesù. Quello che sembrava il maggiore successo della sua vita, era, nella concretezza dei fatti, il maggior pericolo che la sua opera poteva correre. Ecco perchè Egli ha impiegato la sua forza e saggezza divina per indirizzare bene questo spontaneo e frizzante entusiasmo.

Concezioni erronee riguardo al messianismo

Tutti erano convinti di trovarsi dinnanzi a quel Messia tanto commentato e anelato. E, senza dubbio, avevano ragione! Infatti era Lui il preannunciato dai Profeti, l’atteso da Patriarchi e Re, e il promesso da Dio ad Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre. Era il Salvatore. Ma non corrispondeva al modello creato, nel corso dei tempi, dal Popolo Eletto. Non era un leader politico nazionalista, terrestre e carnale; ma piuttosto il Messia, nel contempo uomo e Dio, celeste e spirituale.

Egli stesso dirà a Pilato che il Suo Regno non è di questo mondo e, pertanto, con nulla in comune con gli altri regni tanto dibattuti e ambiti da un’opinione pubblica obnubilata.

Era dovuto a questo equivoco il desiderio del popolo, eccitato all’estremo, di appropriarsi del Signore e di proclamarLo immediatamente re di Israele, anche se contro la Sua Divina Volontà.

A questo punto della vita pubblica di Gesù – noi ci troviamo nel quattordicesimo capitolo di San Matteo, che corrisponde al sesto di San Giovanni -, nulla portava a blandire l’infondata ambizione del popolo, nemmeno le mirabolanti idee dei dottori della legge, farisei, sacerdoti, ecc. In ogni caso, né gli uni né gli altri hanno voluto comprendere e neppure vedere o intuire, le linee generali delineate dal Signore riguardo l’annuncio della Buona Novella. Pochi presenti si sono resi conto, e comunque anch’essi in modo insufficiente, delle bellezze che il Salvatore portava.

Tali concezioni erronee riguardo il messianismo, fermentate nel corso dei secoli all’interno del popolo eletto, hanno prodotto un’incompatibilità tra le moltitudini e Gesù, rendendo più profondo, ad ogni passo, l’immenso abisso che le separava dal Vangelo. Sarebbe proprio a partire da questo punto che molti discepoli Lo avrebbero abbandonato; infatti pensieri simili, sebbene con meno acume e sostanza, si annidavano perfino nello spirito degli Apostoli.

Problema quasi insolubile per l’intelligenza umana

Incomparabilmente più dinamica di loro, accecata dalle sue idee fisse, la moltitudine non riusciva a raggiungere le vette della dottrina predicata da Nostro Signore, a proposito del vero Regno messianico, né desiderava abbandonare i suoi preconcetti distorti sulla figura del Messia.

Quegli uomini vedevano in Gesù il capo che li avrebbe portati a conquistare il potere per mezzo di miracoli portentosi e, abbacinati dagli aspetti sovrumani della moltiplicazione dei pani e dei pesci, progettavano di condurre il Signore a Gerusalemme, per proclamarLo re.

Momenti di grande perplessità e suspense: che fare? Per un’intelligenza puramente umana, la situazione era intricata, confusa e quasi insolubile. Sappiamo quanto le agitazioni popolari siano terribili quando arrivano al parossismo: ingaggiano le personalità più forti e attirano quelli più abili, con decisioni molte volte impensate, frutto di puro impulso. Ma tutto questo costituisce per Gesù un problema estremamente facile da risolvere.

Incipiente rivoluzione sventata in un sol colpo

Subito dopo ordinò ai discepoli di salire sulla barca e di precederlo sull'altra sponda, mentre egli avrebbe congedato la folla.

Se Gesù fosse rimasto con la moltitudine, insieme con i suoi discepoli, probabilmente questi si sarebbero lasciati influenzare dall’esaltazione di tutti. Infatti, coltivavano anche loro il sogno di essere liberati dal giogo romano e di conquistare il mondo intero.

Se, d’altra parte, Egli fosse partito con i suoi discepoli per altri luoghi, l’esaltazione della folla non avrebbe fatto altro che aumentare e, all’improvviso, sarebbe potuta sfociare in una rivoluzione nella stessa Galilea. La Storia ci insegna quanto questi momenti portino, alle volte, a veri incendi le cui fiamme divorano tutto.

Gesù constatò fino a che punto la moltitudine si lasciasse prendere dall’idea di un trionfo politico-sociale. Non c’era chi fosse in grado di frenarla da una glorificazione umana del Signore. Era convinta che proclamarLo re avrebbe portato come conseguenza la fondazione brillante dell’atteso regno terreno.

Di fronte a questo delirio popolare, la prima preoccupazione di Gesù è stata quella di salvare i suoi discepoli. E così ha proceduto senza perdere un secondo. Per questo motivo "ha obbligato i suoi discepoli a salire in barca". Don Manuel Tuya, OP commenta in questo modo: "Così facendo, disfaceva in un sol colpo tutta quella incipiente rivoluzione pseudo-messianica" (1).

Gesù mira ad irrobustire la Fede dei discepoli

Visualizzando un altro aspetto di questo procedimento del Divino Maestro, San Giovanni Crisostomo analizza l’accaduto, dal punto di vista della vita spirituale e della formazione morale dei suoi Apostoli: "Volendo il Signore dare loro l’opportunità di fare un minuzioso esame di quello che era avvenuto, ordinò che si separassero da Lui tutti quanti avevano assistito al miracolo e ricevuto come prova i cesti con gli avanzi; perché poteva sembrare che, essendo Lui presente, avesse fatto loro immaginare una cosa che di fatto non si era realizzata; invece, essendo Lui assente, era impossibile dare al miracolo questa spiegazione" (2).

Teofilatto condivide la stessa opinione, ed è assolutamente possibile che l’intenzione di Gesù sia stata quella di rendere più robusta la Fede dei discepoli. Comunque, non c’è mai una ragione soltanto per spiegare i Suoi gesti, gli atteggiamenti e le parole. Per questo Matteo e Giovanni presentano ragioni diverse per spiegare la partenza degli Apostoli verso l’altra sponda (3).

Dominio sulla moltitudine

Su questo passaggio, nelle sue omelie 50 e 51, San Giovanni Crisostomo tesse altre considerazioni a beneficio della nostra vita spirituale: "È necessario tener presente che, quando opera grandi cose, il Signore congeda le moltitudini, facendoci capire che non dobbiamo mai cercare il plauso popolare, né fare in modo che il popolo ci segua" (4).

Gesù, nel suo potere umano-divino, incantava, seduceva e dominava la moltitudine, ma non permetteva mai che essa avesse su di Lui una qualche emprise. In quei tempi di frequenti insurrezioni e agitazioni, le turbe erano abituate ad acclamare come salvatori della patria questi e quegli pseudo eroi. Con Gesù, su questa materia, non sono approdati a nulla, poiché Lui era determinato a fare la volontà del Padre; e non solo nel caso Suo, ma anche per tutti i suoi discepoli lungo i secoli, la norma sarà sempre fuggire da tutti quelli che cercano di pregiudicare o deviare il richiamo di Dio.

Preghiera in cima al monte

Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù.

In che cosa sia consistita la preghiera di Gesù, in cima al monte, è per noi un mistero. La Sua anima si trovava nella Visione Beatifica e, pertanto, aveva una nozione chiara di quali erano i disegni di Dio. La Sua conoscenza divina è eterna, per il fatto che Egli è la seconda Persona della Santissima Trinità. Inoltre, la sua conoscenza sperimentale umana si svolgeva in ogni momento.

Certissimo è che questa preghiera è stata fervorosa e perfetta ed è consistita in rendimenti di grazia, lode, adorazione ed anche suppliche forti e definite. Attraverso queste preghiere Egli esercitava la Sua missione di Pontefice Supremo, Sacerdote dell’Altissimo.

Che cosa avrà chiesto? Lagrange solleva un’interessante ipotesi: "Essendo il miracolo dei pani un simbolo dell’Eucaristia, non è forse da pensare che in questa occasione Gesù abbia chiesto a Suo Padre di concedere questa grazia alla Sua Chiesa, ringraziandoLo anticipatamente a nome nostro per questo beneficio?" (5).

II – Onnipotenza di Gesù sul Suo proprio Corpo

Le circostanze del miracolo

La barca intanto distava già qualche miglio da terra ed era agitata dalle onde, a causa del vento contrario. Verso la fine della notte egli venne verso di loro camminando sul mare.

Mentre nella notte Gesù si ritirava, immerso nelle Sue orazioni, in cima alla montagna, la barca si trovava in mezzo al mare. L’atmosfera era agitata ed il vento di ponente si trasformava in terribile tempesta. Onde enormi, oltre al vento contrario, rendevano inutili tutti gli sforzi intrapresi sui remi. È risaputo che il Mar di Tiberiade ha di questi imprevisti repentini, che lasciano i rematori senza forze e scoraggiati. Ma Gesù, anche stando a distanza, umanamente parlando, col Suo potere divino li seguiva in ogni istante. Li vedeva nella grande difficoltà in cui si trovavano. Nella quarta vigilia, ossia, dopo le tre del mattino (5), ha camminato sopra le acque ed è giunto in prossimità della barca.

Avrà Egli assunto in quel momento l’agilità caratteristica del corpo glorioso o avrà compiuto un miracolo (6)? La cosa certa è che ha superato la distanza esistente dall’alto della montagna al centro del lago con estrema facilità.

Secondo quanto osserva Lagrange, Marco afferma che Gesù li vedeva da lontano, sebbene Matteo non dica nulla al riguardo (7). Da parte sua, Maldonado, basandosi su San Cirillo di Alessandria e Leonzio, tesse considerazioni molto interessanti sull’occasione scelta dal Maestro: "Gesù Cristo ha atteso una triplice circostanza per operare il miracolo: che i discepoli fossero in alto mare, dove non potevano aspettarsi aiuto da nessuna parte; che il vento fosse loro contrario e la barca fosse investita dalle grandi onde; e che arrivasse l’ultima vigilia della notte, affinché i naviganti provassero la loro fede e pazienza, e sentissero la necessità di un miracolo" (8).

Mantenere la calma nella tempesta

Da questo avvenimento possiamo trarre una buona lezione per i momenti di difficoltà e tentazione, che molto spesso ci troviamo ad affrontare. Nel momento della tempesta, ci viene l’idea che siamo prossimi a morire. Molte volte neppure arriviamo a prevedere la burrasca nella quale, all’improvviso, siamo introdotti. È stato quello che è capitato agli stessi Apostoli. Chi di loro avrebbe potuto immaginare che, imbarcandosi su espresso ordine di Gesù, di incontrare un mare così agitato e tempestoso?

Ci imbattiamo in venti contrari e impetuosi? Dobbiamo saper mantenere la calma. Anche se in forma impercettibile, Gesù è sempre presente e, da un momento all’altro, Si farà vivo per noi.

Comprendiamo, allora, da questo episodio, quanto il pensiero di Dio non solo è infinitamente superiore al nostro, ma anche distinto. Se noi avessimo visto il terribile sforzo dei discepoli, che remavano contro le onde, nell’angoscia e nel pericolo, e l’inutilità del loro impegno, avremmo cercato immediatamente di soccorrerli. Dio invece ha fatto finta di essere assente, per far brillare il Suo potere e la Sua gloria, fortificando la loro fede, concedendogli più meriti e premiandoli, alla fine, con consolazioni inenarrabili.

Allo stesso modo è condotta anche la Chiesa: esposta a ogni specie di persecuzioni e drammi, da ognuna di queste situazioni risulta sempre vittoriosa e, non poche volte, trionfante.

"È un fantasma"

I discepoli, a vederlo camminare sul mare, furono turbati e dissero: "È un fantasma" e si misero a gridare dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro: "Coraggio, sono io, non abbiate paura".

Torniamo a considerare la situazione dei discepoli in mezzo al mare, nell’ardua lotta contro la tempesta. "Il quarto evangelista, uomo di mare come tutti loro, chiarisce il percorso fatto dalla barca fino all’alba: ‘Dopo aver remato circa 25 o 30 stadi (4,5 o 5,5 chilometri, probabilmente non in linea retta, per liberarsi dai colpi del mare, che lì misurava 60 stadi di larghezza, ossia, 11 chilometri) ‘videro Gesù che camminava sul mare’ (Gv 6, 19)" (9).

Erano comuni, tra i pescatori di quel tempo, certi miti e superstizioni a proposito di fantasmi marittimi (10). Di qui la reazione descrittaci da San Matteo, a partire dal momento in cui i discepoli cominciarono ad intravvedere un volto umano tra le ombre della notte. All’inizio, Egli apparve camminando parallelamente alla lunghezza della barca; ma una volta constatato l’avvicinamento, proruppero le grida.

Gesù ha avuto compassione della loro debolezza e, immediatamente, ha detto loro di farsi coraggio, dichiarando la sua identità. Le stesse impressioni passano nelle anime di persone che cominciano a convertirsi, ad uscire dalle tenebre del peccato e dell’infedeltà, da una vita debole e mondana! La luce che ancora non si è fatta forte davanti ai loro occhi non permette loro di distinguere perfettamente tutti gli oggetti. Per cui si impauriscono con facilità ed immaginano fantasmi da tutte le parti… Basta che queste anime si mettano in stato di pace e fiducia per sentire Gesù che dice loro: "Coraggio: sono Io, non abbiate paura!"

Dal panico all’entusiasmo

Pietro gli disse: "Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque".

La pittoresca scena che segue è riferita solamente da Matteo. Pietro, sempre pieno d’ardore e quasi mai valutando le conseguenze delle sue richieste ed azioni, nell’udire la voce del suo Maestro, passò dallo stato di panico a quello di entusiasmo e chiese a Gesù di raggiungerlo, camminando sopra le acque. Conosceva bene il potere di Gesù Cristo e sapeva che una parola di Lui sarebbe stata sufficiente per operare il prodigio. Il suo desidero era di unirsi al Signore, anche se fosse stato a nuoto. Non mirava ad un miracolo. Desiderava, questo sì, stare ben vicino al Maestro, che tanto amava.

Inoltre, era senz’altro possibile che non fosse estraneo al suo spirito il desiderio di constatare positivamente che si trattava del Maestro, e non di un fantasma.

San Giovanni Crisostomo, con i suoi lumi speciali, così commenta la Fede di San Pietro: "Vedete come è grande la sua Fede, come è grande il suo fervore. Egli non ha detto: ‘prega, supplica’, ma ‘ordina’. Questo perché ha creduto che Cristo poteva, non solamente andare sulle acque, ma anche far andare altri. E ha desiderato vivamente andare fino a Lui, non per fare ostentazione di questo prodigio, ma per il grande amore che aveva per Gesù, perché non ha detto ‘fammi andare sopra le acque’, ma ‘fammi andare fin dove sei Tu" (11).

A sua volta, Don Manuel de Tuya mette in evidenza, in questo episodio, l’impetuoso amore dell’Apostolo: "Alla paura subentra la fiducia; al timore di un maligno fantasma, la fiducia nel suo Maestro. Quello che egli chiede non è lo spettacolare prodigio di camminare sulle acque: Gli chiede con amore e come garanzia " di andare dove tu sei’. Perché non aspettare che venisse con tutti nella barca? Perché questo impeto? Pietro! Sei il Pietro di sempre: quello dell’impeto, quello dell’amore e della debolezza" (12).

"Signore, salvami!"

Ed egli disse: "Vieni!". Pietro, scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma per la violenza del vento, s'impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: "Signore, salvami!".

Nell’udire l’ordine di Gesù – "Vieni" -, Pietro, pieno di gioia, salta dalla barca e comincia a camminare sulle acque in cerca del Maestro. Ma, una cosa è la tempesta stando dentro la barca e un’altra, più violenta, stando fuori di questa, senza la sua protezione. Il discepolo smette di guardare verso il Maestro e presta attenzione al furore delle onde. Quella fede iniziale e spontanea diminuisce, cedendo il posto nuovamente alla paura, fortemente basata, questa volta, sull’istinto di conservazione. Indebolita la sua fiducia, il mare ha perso consistenza sotto i suoi piedi.

Questa è la nostra storia: nel corso del nostro cammino verso il Regno eterno, accade sempre, presto o tardi, che diminuisca il fervore o, alle volte, che perfino la sua sensibilità arrivi al livello zero. Così siamo provati nella nostra fede. Guai a noi, se in queste circostanze ci dimentichiamo che tutto quanto abbiamo di buono viene da Dio! Se alla prima tentazione perdiamo l’entusiasmo e la fiducia, finiamo per sentire la legge della gravità che si riprende il peso della nostra propria miseria: infallibilmente moriamo. L’unica soluzione per noi è di imitare San Pietro, gridando: "Signore, salvami!"

San Pietro si rendeva senz’altro conto di quanto fosse inutile la sua grande esperienza di navigazione, in quella tempesta. A nulla o a pochissimo gli sarebbe servito usare la sua abilità per nuotare di nuovo fino alla barca. Nuovamente appaiono le caratteristiche proprie della sua anima così espressiva e trasparente. Pieno di fede, generoso, intrepido e persino imprudente, facilmente passa dal maggior fervore al timore più dichiarato.

Non viene mai a mancare l’aiuto di Dio, ma la nostra Fede

E subito Gesù stese la mano, lo afferrò e gli disse: "Uomo di poca fede, perché hai dubitato?".

San Giovanni Crisostomo, ancora una volta, si distingue dagli altri commentatori focalizzando questo versetto con le seguenti parole: "Il Signore non ha ordinato ai venti di placarsi, ma ha afferrato Pietro, poiché era necessario che lui avesse fede; perché quando ci manca ciò che è propriamente nostro, mai ci manca quello che è di Dio. E per manifestargli che non era il furore del vento, ma la sua poca fede che lo faceva temere per la sua vita, gli ha detto: ‘Uomo di poca fede, perché hai dubitato?’" (13).

Già Sant’Agostino trae da questo avvenimento una bella lezione spirituale: "Ognuno ha la sua tempesta nella passione che lo domina. Ami Dio? – cammini sulle acque e tieni ai tuoi piedi la paura del mondo. Ami il mondo? – esso ti sommergerà. Quando, però, il tuo cuore sarà agitato dal piacere, invoca la divinità di Cristo in modo da vincere le passioni" (14).

Il famoso Maldonado, su questo passo, ci rievoca altri commenti fatti da grandi dottori: "È dubbioso il motivo per il quale Cristo ha permesso che il suo Apostolo affondasse o dubitasse. Crisostomo e Teofilatto dicono che è stato perché egli non si insuperbisse per un così grande miracolo. E Girolamo scrive queste parole: ‘La fede ardeva nell’anima, ma la fragilità umana lo trascinava verso il fondo. Si permette a Pietro un po’ di tentazione affinché la sua fede aumenti ed egli intenda che è conservato, non per la facilità della richiesta, ma per il potere del Signore’" (15).

I discepoli adorano il Figlio di Dio

Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca gli si prostrarono davanti, esclamando: "Tu sei veramente il Figlio di Dio!"

Gesù poteva perfettamente concludere il viaggio sostenendo San Pietro e camminando insieme a lui sulle acque; invece, con la sua paternità insuperabile, è venuto incontro al desiderio di coloro che si trovavano nella barca e ha deciso di salire nella stessa.

Non appena è salito sull’imbarcazione, seguito da San Pietro, il mare si è placato completamente. Come ci racconta un altro evangelista, sono approdati poco tempo dopo. I grandi sforzi impiegati durante l’intera notte, li avevano fatti procedere solo fino a metà traversata, ma è bastato che Gesù salisse nella barca perché questa giungesse a riva "senza indugio" (Gv 6, 21).

Lo spirito dei discepoli era limitato, come quello dei loro compatrioti. I loro cuori erano ancora ciechi, al punto da non trarre tutte le conseguenze sul piano del soprannaturale, basate sulla Fede, dei fatti che si stavano verificando nella vita pubblica del Signore, o della stessa moltiplicazione dei pani e dei pesci. Così, di fronte ad ogni nuovo miracolo, erano colti di sorpresa e rimanevano sbalorditi.

Qui esiste, certamente, un parallelo con coloro che si fanno guidare più dai sensi e dall’immaginazione che dalla fede e dalla ragione. Solo ora, dopo tutte queste realizzazioni uscite dalle mani del Salvatore, essi si prosternano e Lo adorano, lodandoLo nella sua Filiazione Eterna e Divinità.

Maldonado, a proposito di questo episodio, arriva alla seguente conclusione: "Si sono realizzati, dunque, cinque miracoli in una sola occasione: Cristo, secondo la mia opinione, ha camminato per aria incontro agli Apostoli; ha camminato sul mare; ha fatto camminare anche Pietro; ha dominato la tempesta e il vento; e la barca, non appena vi è salito, è giunta a terra" (16).

Tutti questi miracoli, enumerati da Maldonado, mostrano quanto – al contrario della realtà terrestre, disprezzata ed evitata dal Salvatore al fine di preservare la sua vera vocazione messianica – il Padre conceda a Gesù una sovranità divina. Egli saprà approfittarne come un mezzo per strappare i suoi discepoli da un cammino interamente mondano di seduzione del potere e renderli, così, testimoni dell’autentica gloria del Regno.

III – L’invincibile aiuto di Gesù

Dando da mangiare a quella moltitudine, partendo da un così ristretto numero di pani e di pesci, Gesù ha dimostrato il suo potere sull’alimento, fatto, del resto, già constatato nelle nozze di Cana. Scendendo dal monte, dopo aver trascorso la notte in preghiera, ha mostrato il suo dominio sulle acque, i venti e le onde in agitazione. E servendoSi di questi elementi per raggiungere i suoi discepoli, ha manifestato anche quanto la sua onnipotenza si applichi al Suo Sacro Corpo. La sensibilità dei suoi testimoni era, così, preparata alla rivelazione sull’Eucaristia, che in breve sarebbe stata fatta.

D’altro canto, la barca degli Apostoli, scossa dalla tempesta, potrebbe ben rappresentare l’immagine della Chiesa in lotta, nei mari di questo mondo, in piena notte, con l’obiettivo di sbarcare sulle rive del Regno Eterno. Essa è invincibile perché in questa solidità è stata eretta dal suo Fondatore e, per questo, resiste a tutte le forze che insorgono contro di lei.

Sulla montagna di Dio, si trova Gesù, solo, a pregare. Nei momenti più critici, Egli viene in aiuto dell‘umana debolezza dei suoi. Niente costituirà un ostacolo per coloro che chiederanno la sua protezione. Si tratta di sapere cosa chiedere. Chi si lascia soggiogare dal timore, di fronte ai rischi e alle minacce, confidando più nelle proprie forze che in Gesù Cristo, sarà sconfitto. Al contrario, armandosi di una robusta e indistruttibile fede, tutto gli sarà possibile.

Malgrado i dolori, se qualcuno che sta vicino a Gesù sente l’impotenza della propria natura, un grido di soccorso sarà sufficiente a che Lui gli tenda la mano e lo porti alla barca. Salendovi, gli elementi si placheranno con la sua semplice presenza e riuscirà ad approdare alle spiagge dell’Eternitá. Sbarcando, intenderà con enorme consolazione il ruolo di Colei che ad un certo punto ha raccomandato: "Fate tutto quanto Lui vi dirà" (Gv 2, 5).

È con molta saggezza e a proposito, che Sant’Ilario così conclude: " E quando verrà il Signore, troverà la sua Chiesa stanca e accerchiata dai mali che l’Anticristo e lo spirito del mondo susciteranno. E come i costumi dell’Anticristo spingeranno i fedeli ad ogni genere di tentazioni, essi avranno paura persino della venuta di Cristo, per il timore che l’Anticristo infonderà loro per mezzo di false immagini e dei fantasmi che gli presenterà. Ma il Signore, che è tanto buono, allontana da loro questo timore, dicendo: ‘Sono Io’, e allontana, con la fede nella sua venuta, l’imminente pericolo" (18).

NOTE

1 TUYA, OP, P. Manuel de. Bíblia Comentada – II Evangelios. Madrid: BAC, 1964, pag. 343.

2 Apud AQUINO, San Tommaso de. Catena Aurea

3 MALDONADO, SJ, Pe. Juan de. Comentarios a los cuatro Evangelios – I Evangelio de San Mateo. Madrid: BAC,1950, pagg. 536-537.

4 Apud AQUINO, San Tommaso de. Op. Cit.

5 LAGRANGE, Don M. J. Évangile selon Saint Matthieu. 7ª ed. Paris: J. Gabalda et Cie. Éditeurs, 1948, pag. 293.

6 Secondo la divisione del tempo creata dai romani e adottata dai giudei, la notte cominciava alle sei del pomeriggio e si divideva in quattro vigilie di tre ore ciascuna: la prima dalle sei alle nove, e così di seguito, in modo che l’ultima andava dalle tre alle sei del mattino. Pertanto, alla fine della notte, gli Apostoli si trovavano ancora a metà di una traversata che poteva essere stata fatta in due o al massimo in tre ore.

7 Cfr. AQUINO, San Tommaso de. Summa Teologica, Supl. q. 84, a. 1.

8 Cfr. LAGRANGE, Op. cit. pag. 294.

9 MALDONADO, Op. cit. pag. 538.

10 GOMA Y TOMAS, D. Isidro, El Evangelio explicado, Barcelona: Ediciones Acervo, 1966, pag. 672.

11 Cfr. MALDONADO, Op. cit, pag. 540.

12 Apud AQUINO, San Tommaso de. Op. Cit.

13 TUYA, Op. cit., pag. 345.

14 Apud AQUINO, San Tommaso de. Catena Aurea.

15 Sant’ Agostíno, De verb. Dom., serm. 13 y 14.

16 MALDONADO, Op. cit., pag. 542.

17 Idem, ibídem, pag. 543.

18 Apud AQUINO, San Tommaso de. Catena Aurea.